l''imbecille
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giovedì 22 marzo 2018
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fuori dalla grazia di dio
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Tutte le varie Nomination acquisite, la vincita del Leone d’Oro e di un Golden Globe, ancorché per la regia, migliore colonna sonora, migliore scenografia ecc. ecc. (è proprio il caso di esprimersi così) costituiscono di certo interrogativi atroci. Come mai ciò? Ai posteri l’ardua sentenza? Perché no; ma intanto proviamoci noi che posteri non siamo!! Non mi permetterei mai di dire Premi immeritati, ma io non glieli avrei dati! Vediamo un po’ perché. Intanto mi chiedo ma è possibile mostrare per 40 minuti circa le due attrici principali che si dimenano e “scorrazzano” tra sale salette, corridoi e scale di un non ben definito “centro di ricerche” con scope e pattumiere varie a tutte le ore intralciando gli addetti principali dello stesso? Ma non basta; sicuramente mi è sfuggito il nesso, ma perché far figurare l’attrice principale muta? Non ho finito: la scena del “rapporto sessuale” con il Mostro (con la M maiuscola), onestamente è proprio fuori dalla grazia di Dio.
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Tutte le varie Nomination acquisite, la vincita del Leone d’Oro e di un Golden Globe, ancorché per la regia, migliore colonna sonora, migliore scenografia ecc. ecc. (è proprio il caso di esprimersi così) costituiscono di certo interrogativi atroci. Come mai ciò? Ai posteri l’ardua sentenza? Perché no; ma intanto proviamoci noi che posteri non siamo!! Non mi permetterei mai di dire Premi immeritati, ma io non glieli avrei dati! Vediamo un po’ perché. Intanto mi chiedo ma è possibile mostrare per 40 minuti circa le due attrici principali che si dimenano e “scorrazzano” tra sale salette, corridoi e scale di un non ben definito “centro di ricerche” con scope e pattumiere varie a tutte le ore intralciando gli addetti principali dello stesso? Ma non basta; sicuramente mi è sfuggito il nesso, ma perché far figurare l’attrice principale muta? Non ho finito: la scena del “rapporto sessuale” con il Mostro (con la M maiuscola), onestamente è proprio fuori dalla grazia di Dio. Ma come può venir in mente ad un regista di quella portata mostrare pochezze e scemenze siffatte? Non per entrare nel tecnicismo, ma qualche appunto in più lo farei: che dire dei colori? Artatamente sul verdognolo marcio per catapultare la scenografia in un mondo surreale, il Mostro (con la M maiuscola, ripeto) che non si capisce bene se è uscito da qualche fumetto o è un umanoide del terzo millennio ed oltre. Tutto ciò a che fine, come è possibile riconoscere premi a iosa a stupidaggini siffatte; last but not least il Mostro (ancora una volta con la M maiuscola) in piedi davanti all’attrice nuda dentro una vasca da bagno pronti a fare l’amore: orrendo!! Ho concluso.
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shiva
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lunedì 26 marzo 2018
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l'apoteosi del politicamente corretto
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il film è un sapiente cocktail di scaltro mestiere cinematografico e scoperta captatio benevolentiae: sorretto da una scenografia spettacolare (che denuncia vaghi ricordi di "metropolis" e "blade runner") e raccontato con diligente abilità, si incarna in una favoletta di imbarazzante banalità (che ha poco vaghi ricordi de "la bella e la bestia"), ben congegnata secondo i crismi di un politicamente corretto piuttosto manicheo (tutto il bene dalla parte di femmine, gay e disabili, tutto il male dalla parte dei maschi) al fine di ottenere il consenso: che glielo dia il pubblico ci può anche stare, ma che siano i critici e soprattutto le giurie a premiarlo (leone d'oro a venezia e academy awards) è il sintomo preoccupante della perdita di senso del valore artistico, svenduto alle logiche della opinione pubblica.
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il film è un sapiente cocktail di scaltro mestiere cinematografico e scoperta captatio benevolentiae: sorretto da una scenografia spettacolare (che denuncia vaghi ricordi di "metropolis" e "blade runner") e raccontato con diligente abilità, si incarna in una favoletta di imbarazzante banalità (che ha poco vaghi ricordi de "la bella e la bestia"), ben congegnata secondo i crismi di un politicamente corretto piuttosto manicheo (tutto il bene dalla parte di femmine, gay e disabili, tutto il male dalla parte dei maschi) al fine di ottenere il consenso: che glielo dia il pubblico ci può anche stare, ma che siano i critici e soprattutto le giurie a premiarlo (leone d'oro a venezia e academy awards) è il sintomo preoccupante della perdita di senso del valore artistico, svenduto alle logiche della opinione pubblica...
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francesco2
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domenica 22 aprile 2018
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in sospeso
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La sceneggiatura, all’inizio, promette qualcosa di diverso, lascia sperare in un’”Amélie” ( che, secondo chi scrive, non è sinonimo di buonismo o qualcosa del genere). Tuttavia, come già è avvenuto con un altro film proveniente da Venezia 2017, “Tre pannelli”, anche per quest’opera mi chiedo se mantenga le aspettative iniziali. Se alcuni sembrano non averne colto il significato, peraltro ben riassunto nel titolo (L’acqua è come l’amore della “bestia”, un qualcosa che prende forma in varie accezioni: credo che lui stesso lo dice alla fine), resta il sospetto che si tratti di una “favola intelligente”, con personaggi maschili macchiettistici e poco credibili, che finiscono per inficiare il risultato finale.
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La sceneggiatura, all’inizio, promette qualcosa di diverso, lascia sperare in un’”Amélie” ( che, secondo chi scrive, non è sinonimo di buonismo o qualcosa del genere). Tuttavia, come già è avvenuto con un altro film proveniente da Venezia 2017, “Tre pannelli”, anche per quest’opera mi chiedo se mantenga le aspettative iniziali. Se alcuni sembrano non averne colto il significato, peraltro ben riassunto nel titolo (L’acqua è come l’amore della “bestia”, un qualcosa che prende forma in varie accezioni: credo che lui stesso lo dice alla fine), resta il sospetto che si tratti di una “favola intelligente”, con personaggi maschili macchiettistici e poco credibili, che finiscono per inficiare il risultato finale. E, rispetto allo stesso “Amélie”, mi chiedo se esistano concetti come la crescita interiore del personaggio. Per questo, come anche per "Tre pannelli", mi astengo dal dare "stelle", col dubbio che il film con la McDormand resti un'opera più matura.
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domenicoargondizzo
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venerdì 3 agosto 2018
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nel nostro elemento?
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Non conosciamo le origini del "Diverso", potremmo iniziare da quel "allora sei un Dio", esclamato dal cattivo prima di essere punito con la morte. Ma voglio inizialmente soffermarmi sull'elemento acqua, luogo di primogenitura della vita sulla Terra, luogo che accomuna Lei e il Diverso, luogo che la accoglie, l'unico luogo dove è consentito finire la storia con "e vissero felici e contenti".
Sottotraccia, dietro il pannello della storia avvincente, cruda, vividamente colorata, si possono ritrovare, lasciati lungo il film come i sassolini Hansel, gli stereotipi del razzismo, dell'avversione alla diversità, della sua soppressione.
Elisa, tra la variegata umanità che la circonda, popolata anche di belle persone, trova la sua anima gemella in quello apparentemente meno umano.
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Non conosciamo le origini del "Diverso", potremmo iniziare da quel "allora sei un Dio", esclamato dal cattivo prima di essere punito con la morte. Ma voglio inizialmente soffermarmi sull'elemento acqua, luogo di primogenitura della vita sulla Terra, luogo che accomuna Lei e il Diverso, luogo che la accoglie, l'unico luogo dove è consentito finire la storia con "e vissero felici e contenti".
Sottotraccia, dietro il pannello della storia avvincente, cruda, vividamente colorata, si possono ritrovare, lasciati lungo il film come i sassolini Hansel, gli stereotipi del razzismo, dell'avversione alla diversità, della sua soppressione.
Elisa, tra la variegata umanità che la circonda, popolata anche di belle persone, trova la sua anima gemella in quello apparentemente meno umano. E con Lui ha una diversa possibilità di vita, una vita forse più appagante, nell'elemento acqua.
Ci voglio vedere un messaggio di speranza per l'umanità: accogliere il diverso non solamente è giusto, ma forse è l'unica opportunità che la specie umana ha di sopravvivere a sè stessa. In questo pianeta sempre più piccolo, sempre più povero di risorse, e sempre più iniquamente distribuite, l'incontro con il diverso può consentire di ricostruire, dalla base, le regole sociali, economiche, ovviamente nella direzione di cui all'art. 2 della nostra Costituzione: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale."
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tmpsvita
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sabato 17 febbraio 2018
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capolavoro firmato del toro
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Dopo il suo, a mio parere ottimo, horror "Crimson Peak", Guillermo Del Toro torna cambiando completamente genere passando a quello romantico a sfondo fantasy.
Certo cambia genere ma non stile ed infatti sin dalle prime inquadrature si riconosce immediatamente l'inconfondibile approccio artistico e stilistico del famoso regista messicano. Uno stile coerente, affascinante e sempre e comunque inquietante, per certi aspetti.
In questo caso però si supera e realizza un'opera visivamente monumentale e cinematograficamente sublime. Il film è semplicemente una vera e propria bellezza per gli occhi, per l'anima e per il cuore.
Tutto questo grazie alle straordinarie immagini che la fotografia di Dan Laustsen (Crimson Peak, John Wick 2) esalta e decora con dei colori surreali tendenti al verde acqua (non a caso colore che richiama l'elemento principale del film) e un'illuminazione dolce, una fotografia veramente meravigliosa; e che l'intima e minuziosa regia di Del Toro riesce ad inquadrare con precisione, passione e tanta personalità.
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Dopo il suo, a mio parere ottimo, horror "Crimson Peak", Guillermo Del Toro torna cambiando completamente genere passando a quello romantico a sfondo fantasy.
Certo cambia genere ma non stile ed infatti sin dalle prime inquadrature si riconosce immediatamente l'inconfondibile approccio artistico e stilistico del famoso regista messicano. Uno stile coerente, affascinante e sempre e comunque inquietante, per certi aspetti.
In questo caso però si supera e realizza un'opera visivamente monumentale e cinematograficamente sublime. Il film è semplicemente una vera e propria bellezza per gli occhi, per l'anima e per il cuore.
Tutto questo grazie alle straordinarie immagini che la fotografia di Dan Laustsen (Crimson Peak, John Wick 2) esalta e decora con dei colori surreali tendenti al verde acqua (non a caso colore che richiama l'elemento principale del film) e un'illuminazione dolce, una fotografia veramente meravigliosa; e che l'intima e minuziosa regia di Del Toro riesce ad inquadrare con precisione, passione e tanta personalità.
Una regia che si dimostra in diverse scene anche abbastanza esplicita, verrebbe da dire quasi coraggiosa, Guillermo Del Toro infatti in alcune scene non ha paura di inquadrare dei corpi, per quanto puri, nudi; questo sembrerebbe andare in contrasto con l'estrema delicatezza e l'incredibile romanticismo con il quale tutto il film è caratterizzato, ma ciò viene perfettamente inserito nel suddetto contesto, riuscendo così a mostrare, come è giusto che sia, questo splendido amore nella migliore della sua Forma.
Le meravigliose immagini si trasformano in sequenze emozionanti e legate l'una all'altra attraverso un montaggio dinamico ed intelligente che utilizza piccoli escamotage (come due gocce d'acqua su un finestrino) per sorprendere lo spettatore già completamente immerso nel film.
Grazie alla grande maestria di Del Toro non si può non essere immersi in questa bellissima storia (assimilabile a quella de "La Bella e la Bestia") e nemmeno non essere travolti da questo amore; fosse stato realizzato da qualcun altro probabilmente l'effetto sarebbe stato contrario ovvero disgusto e incomprensione ma in questo caso invece di fare ciò, invece di discriminare questo amore, non lo si può che desiderare.
Grazie principalmente, non solo al regista, ma anche alla bravura indiscutibile di Sally Hawkins, prima tra tutti, di Octavia Spencer, perfetta per il ruolo a lei affidato, e di Richard Jenkins (tutti e tre nominati all'Oscar); fondamentale è stata anche l'interpretazione di Doug Jones che è riuscito a rendere credibile e apprezzabile "l'uomo anfibio".
Aiutato anche da un ottimo trucco nonostante in alcune scene la presenza di in costume sia percepibile.
Splendida anche la colonna sonora.
Meno buona è la sceneggiatura (anch'essa nominata dalla'Academy Awards) che, nonostante la sua oggettiva qualità, non riesce a regalare al pubblico dei dialoghi indimenticabili come, invece, lo è tutto il resto.
Voto 9/10
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giuliacortella
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domenica 18 febbraio 2018
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omnia vincit amor
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Atmosfere bluastre di ambienti chiusi e claustrofobici in cui tuttavia una storia spazia nell'infinito. Alla fine '"La forma dell'acqua'" azzurra e prenatale avvolge il dio marino abbracciato ad Elisa di rosso vestita, il colore dell'amore e della passione. Tutto sfuma in lontananza mentre nel caldo abbraccio della tenerezza si conclude la fiaba d'amore tra la dolce, muta, timida ma forte e passionale giovane ragazza delle pulizie di un laboratorio americano in piena guerra fredda e la "cosa", un mostro bluastro dagli occhi sporgenti, dalle branchie spaventose e squamose, incatenato, percosso, imprigionato in un silos che sfocia in una piccola piscina. Emerge solo al richiamo dell'amore dell'unica persona che lo può capire e che può comunicare con lui attraverso il linguaggio dei segni, la muta Elisa che gli porta un uovo, il simbolo della vita che vince su tutto, nonostante la cattiveria del mondo.
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Atmosfere bluastre di ambienti chiusi e claustrofobici in cui tuttavia una storia spazia nell'infinito. Alla fine '"La forma dell'acqua'" azzurra e prenatale avvolge il dio marino abbracciato ad Elisa di rosso vestita, il colore dell'amore e della passione. Tutto sfuma in lontananza mentre nel caldo abbraccio della tenerezza si conclude la fiaba d'amore tra la dolce, muta, timida ma forte e passionale giovane ragazza delle pulizie di un laboratorio americano in piena guerra fredda e la "cosa", un mostro bluastro dagli occhi sporgenti, dalle branchie spaventose e squamose, incatenato, percosso, imprigionato in un silos che sfocia in una piccola piscina. Emerge solo al richiamo dell'amore dell'unica persona che lo può capire e che può comunicare con lui attraverso il linguaggio dei segni, la muta Elisa che gli porta un uovo, il simbolo della vita che vince su tutto, nonostante la cattiveria del mondo. USA e URSS sulla stessa linea, divisi da muri di spie e agenti segreti desiderano solo la distruzione del mostro che, estratto a forza dalle acque dell'Argentina in cui è venerato come un dio, deve essere soppresso perché nessuno delle due superpotenze ne entri in possesso. Il film racconta la metafora della volontà di potenza che mira all'autodistruzione e la violenta sopraffazione del direttore del centro di sperimentazione americano ne è il simbolo, e alla fine soffocherà nel suo sangue; il film esprime con forza visionaria la condanna di un mondo in cui vige la legge del più forte ma che alla fine nulla potrà contro la forza dell'innocenza; la scena dell'amore nella stanza piena di acqua a casa di Elisa fa da specchio di tenerezza contro la violenza del sesso della famiglia borghese del direttore. Il film è la metafora della vita che trionfa sulla morte, una fiaba con gli archetipi della violenza truculenta da un lato e la bellezza nascosta nel mostro dall'altro, la rivincita del nuovo mondo e della sua potenza primigenia e selvaggia contro il mondo dell'Occidente violento e vorace. Una storia in cui, con una richiamo a "Birdman" del regista coetaneo messicano Aleandro Gonzalez Inarritu, Guillermo Del Toro canta la libertà e la poesia che sanno trionfare alla fine anche sulla violenza e sulla morte.
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antoniodetrizio
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lunedì 19 febbraio 2018
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per fortuna è bravo il regista!
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Ribadendo ciò che è già stato recensito da molti, il film è una sorta di "la bella e la bestia" ambientata a Baltimora negli anni 60 nel pieno della della guerra fredda. Per fortuna la discutibile trama è nelle mani di un buon regista che ne fa un film che si lascia guardare e incuriosisce fino, alla più o meno prevedibile, scena finale. Ovvio che il messaggio è a livello simbolico mettendo in evidenza l'atteggiamento dicriminatorio che percorre su molti fronti gli USA anni 60. Una nazione contrastata tra l'essere proiettata nella evoluta modernita spaziale e incollata a terra da una mentalità conservativa e emarginante.
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Ribadendo ciò che è già stato recensito da molti, il film è una sorta di "la bella e la bestia" ambientata a Baltimora negli anni 60 nel pieno della della guerra fredda. Per fortuna la discutibile trama è nelle mani di un buon regista che ne fa un film che si lascia guardare e incuriosisce fino, alla più o meno prevedibile, scena finale. Ovvio che il messaggio è a livello simbolico mettendo in evidenza l'atteggiamento dicriminatorio che percorre su molti fronti gli USA anni 60. Una nazione contrastata tra l'essere proiettata nella evoluta modernita spaziale e incollata a terra da una mentalità conservativa e emarginante. Ma anche su questo piano ci sono forzature e troppa carne al fuoco: discriminazione della disabilità, dell'omosessualità, del colore della pelle e pure della creatura anfibia dalla sensibilita umana. Miglior film dell'anno? per me no!
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carlosantoni
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lunedì 19 febbraio 2018
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amélie, la bella, la bestia e tanto maccartismo
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Punti di forza del film: i movimenti lenti e avvolgenti della m.d.p., che ti fanno davvero sembrare di trovarti continuamente sott'acqua; poi la fotografia, dalle tonalità cupe e calde, pastello anni '50. Buona la buona recitazione, ma soprattutto interessante la descrizione sarcastica dell'American Dream per quel che è sempre stato realmente, specialmente negli anni '50, ovvero un incubo fobico, razzista e iperviolento, dove gli ottusi e gli omologati al sistema di potere la fanno da padroni. Notevole lo Shannon a fare il cattivo, simpaticissimo Jenkins, e brava la Hawkins, nella sua "sfavillante" mediocrità. Non manca niente di "tipico" a fare da contorno al quadro: la Cadillac sfavillante, le casette ben curate, la mogliettina in vena giocare col maritozzo, i bambini venuti su a latte e cornflakes, come si conviene in una tipica famiglia americana.
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Punti di forza del film: i movimenti lenti e avvolgenti della m.d.p., che ti fanno davvero sembrare di trovarti continuamente sott'acqua; poi la fotografia, dalle tonalità cupe e calde, pastello anni '50. Buona la buona recitazione, ma soprattutto interessante la descrizione sarcastica dell'American Dream per quel che è sempre stato realmente, specialmente negli anni '50, ovvero un incubo fobico, razzista e iperviolento, dove gli ottusi e gli omologati al sistema di potere la fanno da padroni. Notevole lo Shannon a fare il cattivo, simpaticissimo Jenkins, e brava la Hawkins, nella sua "sfavillante" mediocrità. Non manca niente di "tipico" a fare da contorno al quadro: la Cadillac sfavillante, le casette ben curate, la mogliettina in vena giocare col maritozzo, i bambini venuti su a latte e cornflakes, come si conviene in una tipica famiglia americana. Però, a mio parere, un po' troppo melenso e un po' troppo strascicato. Bellissima la lunga sequenza iniziale. Finale aperto (?), forse happy (?): se è così, una volta tanto direi che va bene. Da vedere, senza spellarsi le mani dagli applausi.
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flyanto
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martedì 20 febbraio 2018
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una storia d'amore poetica
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Vincitore all'ultimo Festival del Cinema a Venezia lo scorso anno, "La Forma dell'Acqua" del regista Guillermo del Torio è una bellissima e delicata favola sull'amore sbocciato tra due esseri che vivono come emarginati dal resto del mondo. La protagonista, una giovane donna che laviora come addetta alle pulizie in un Centro di Ricerca Sperimantale negli Stati Uniti, è muta e per nulla attraente fisicamente; il personaggio maschile, di cui la suddetta donna si innamora, è una creatura mostruosa, metà uomo e metà pesce, che deve vivere sempre dentro l'acqua e che al momento della storia si trova nel Centro di Ricerca come cavia al fine poi, in un prosssimo futuro, di essere inviato in Russia e probabilmente, in seguio, nello spazio.
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Vincitore all'ultimo Festival del Cinema a Venezia lo scorso anno, "La Forma dell'Acqua" del regista Guillermo del Torio è una bellissima e delicata favola sull'amore sbocciato tra due esseri che vivono come emarginati dal resto del mondo. La protagonista, una giovane donna che laviora come addetta alle pulizie in un Centro di Ricerca Sperimantale negli Stati Uniti, è muta e per nulla attraente fisicamente; il personaggio maschile, di cui la suddetta donna si innamora, è una creatura mostruosa, metà uomo e metà pesce, che deve vivere sempre dentro l'acqua e che al momento della storia si trova nel Centro di Ricerca come cavia al fine poi, in un prosssimo futuro, di essere inviato in Russia e probabilmente, in seguio, nello spazio. Quando scoppierà l'amore tra i due, la protagonista cercherà in ogni modo di salvarlo ed evitargli così la partenza e di continuare a venire sfruttato per degli esperimenti. Ma ovviamente ciò non si rivelerà uncompito facile in quanto la suddetta creatura fantastica è fortemente ambita da tutti gli studiosi del Centro npe ri vari esperimenti.
"La Forma dell'Acqua" non riflette assolutamente una storia possibile nel momdo reale, ma al di là della trama fantastica (in ogni caso delicata e toccante da emozionare nel profondo lo spettatore) essa deve essere capita a fondo e conseguentemente apprezzata per l'insieme di tutte le tematiche espresse. Come inno all'amore puro e semplice, il film, che è ambientato negli Stati Uniti all'inizio degli anni '60, mette in evidenza quanto odio e discriminazioni varie esistevano nei confronti di chi non veniva consideato come appartenente alla norma: le persone con handicap fisici, quali la protagonista, quelle dal colore della pelle nera, gli omosessuali considerati come dei malati e moralmente depravati , ecc... E questo microcosmo composto da tali individui che Del Toro presenta in questa sua ultima opera è l'unico a cui egli permette un'interazione tra i suoi esponenti, che si aiutano e si accettano gli uni con gli altri e per quello che realmente sono senza rermore e pregiudizi.E l'amore così profondo e sincero non poteva che nascere, appunto, tra due di questi individui!
Sally Hawkins qui troneggia sugli altri in quanto riesce a dare un'ottima prova di sè come attrice recitandio stando sempre zitta e solo attarverso le espressioni del volto e degli occhi, ma non sono da meno nemmeno gli altri co-protagonisti, ognuno ovviamente con le caratteristiche attinenti al propro ruolo, compreso colui che interpreta la creatura fantastica dallo sgurado dolce e dolente allo stesso tempo.
Sicuramente consigliabile.
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simoalex
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giovedì 22 febbraio 2018
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un inno d'amore verso il cinema americano
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Del Toro finalmente fa centro con questa prova che ha nella regia e nell'ambientazione il punto di forza. Una regia senza sbavature per condurre in porto un'opera che senza pietismi da forza alla diversità dei più deboli che davanti all'amore diventano dei giganti. Il film non è solo una favola fantasy ma una trasposizione della realtà con sfumature fantasy ed è sopratutto un inno d'amore verso il cinema di genere USA come il Mostro della laguna nera, Inseguendo la flotta, i soft horror anni 50. Grande interpretazione della Hawkins in odore di oscar ma non paragonaible a Frances McDormand di tre manifesti a Ebbing road, cosi come il film non può competere con Dunkirk.
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Del Toro finalmente fa centro con questa prova che ha nella regia e nell'ambientazione il punto di forza. Una regia senza sbavature per condurre in porto un'opera che senza pietismi da forza alla diversità dei più deboli che davanti all'amore diventano dei giganti. Il film non è solo una favola fantasy ma una trasposizione della realtà con sfumature fantasy ed è sopratutto un inno d'amore verso il cinema di genere USA come il Mostro della laguna nera, Inseguendo la flotta, i soft horror anni 50. Grande interpretazione della Hawkins in odore di oscar ma non paragonaible a Frances McDormand di tre manifesti a Ebbing road, cosi come il film non può competere con Dunkirk. Comunque un film da vedere senza se e senza ma.
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