Anno | 2017 |
Genere | Azione, Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 139 minuti |
Regia di | Woo-seok Yang |
Attori | Woo-sung Jung, Do Won Kwak, Daniel Joey Albright, Kristen Dalton, Dean Dawson Andreas Fronk, Jo Sin-je, Eui-sung Kim. |
MYmonetro | 3,03 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 20 aprile 2018
Un colpo di stato in Corea del Nord ha conseguenze tragiche sulla popolazione. Il rischio di un conflitto nucleare è vicino.
CONSIGLIATO SÌ
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Eom Cheol-woo è un agente dei servizi segreti nordcoreani implacabile, chiamato dalla sua nazione a sventare un possibile golpe. Dopo che si trova nel bel mezzo del colpo di stato, accanto al Leader Supremo gravemente ferito, non gli resta che attraversare il confine e cercare una soluzione di emergenza in Corea del Sud. Le coincidenze del caso lo metteranno in contatto con un suo omonimo, Kwak Cheol-woo, anche lui agente dei servizi segreti per il Sud.
Il "cinema della riunificazione", fortunato sottogenere della cinematografia sudcoreana, aggiunge un fondamentale tassello alla collezione, per di più sotto l'egida di Netflix.
L'intento del regista Yang Woo-suk è infatti chiaro fin dal principio: confezionare un solido action movie, servirsi senza discutere dei luoghi comuni convenzionalmente attribuiti a Nord e Sud e infine far comprendere che le affinità possono più delle divergenze.
Se già dal precedente film di Yang, il legal The Attorney, emergeva un punto di vista chiaramente liberal sulle faccende di Corea, una volontà democratica e pacificatrice, in Steel Rain la lettura tra le righe diviene lettura sopra le righe. Non bastassero la visione quasi agiografica del presidente sudcoreano entrante e oltremodo negativa di quello uscente a far comprendere il parallelismo con l'attualità politica, arriva anche un libro di Willy Brandt, posto sulla scrivania del neo-presidente, per mettere in chiaro le cose su ragioni e torti. Eccesso di sottolineatura ed enfasi "educativa" a parte, comunque, la ricostruzione fantapolitica di Yang Woo-suk risulta meticolosa e drammaticamente credibile. Le cose potrebbero andare così, da un momento all'altro. E la consapevolezza di questo, la sottile linea di inquietudine che talora sfocia in puro terrore aumenta esponenzialmente l'impatto di Steel Rain. Scene strazianti come la carneficina delle cheerleader a Pyongyang o le esplosioni nucleari sono sempre più vicine a noi di quanto vorremmo.
Se la componente di spy story che vira verso il war movie è pressoché impeccabile, la parte buddy movie suona un po' più risaputa: Yang non sfugge mai agli stereotipi sui nordcoreani - malvestiti, creduloni convinti della supremazia del loro N. 1 e ignari su cosa sia un hamburger - come a quelli sugli astuti sudcoreani, che sopperiscono ai loro deficit con la sagacia. Inevitabile quindi che la riconciliazione tra i due Cheol-woo avvenga tra noodles, brani K-pop condivisi e qualche lacrima. L'epilogo sfiora quasi la bromance, a ribadire il ruolo subalterno che il femminino recita ancora una volta nel cinema mainstream sudcoreano. Sulla dinamica tra i protagonisti si regge comunque buona parte del film: la perfezione da automa dei movimenti di Jung Woo-sung si rispecchia nei sorrisi un po' nerd di Kwak Do-won, che - dopo il ruolo iconico in The Wailing - sembra sempre più lanciato nello star system coreano.