Due società apparentemente così diverse sono in fondo accomunate dalle stesse preoccupazioni. Al cinema.
di Roy Menarini
Il rapporto di noi spettatori occidentali con la cultura iraniana è ondivago. Non conoscendo bene quella realtà, incredibilmente dinamica pur all'interno di forme politiche e sociali conservatrici, non sappiamo mai come rapportarci alle contraddizioni secolari e religiose che vi albergano. Anche i registi iraniani - sia quelli più liberi, sia quelli costretti alla semi-libertà come Jafar Panahi - sembrano interrogare queste insanabili aporie, magari in maniera più "interna" alla nazione ma sempre in grado di farsi portatori di interrogativi universali.
L'equivoco per cui il cinema iraniano è stato una sorta di mera rielaborazione del neorealismo (almeno quello di Kiarostami e della sua generazione), rischiando di non comprenderne la specificità moderna, è stato superato dalla nuova generazione, quella di Asghar Farhadi, che non è stato semplicemente il più distribuito dei cineasti iraniani nel contesto internazionale, ma anche il modello di nuove forme narrative.
Il dubbio - Un caso di coscienza (guarda la video recensione) appartiene chiaramente a questa costellazione cinematografica: il meccanismo è quello di partire da una frattura, un trauma, un problema e di farlo via via crescere sino ad abbracciare questioni morali ben più ampie. Vahid Jalilvand lavora sull'interrogativo etico di un medico, che sospetta di essere la causa della morte di un bambino (in seguito a un incidente), anche se la ragione parrebbe invece da ricercarsi in un avvelenamento da cibo, e in questo caso la responsabilità cadrebbe sul padre, a sua volta incolpevole perché ingannato in una compravendita di polli.
Il medico legale benestante, protagonista del film, non può essere più diverso dalla figura di precario e poveraccio che sbarca il lunario come può, cercando di proteggere la sua famiglia ma trascinandola nel baratro senza volerlo. La disperazione del secondo appare più profonda e urgente dei dubbi morali del primo, che in qualche modo si può permettere il rimorso di coscienza perché protetto dallo status borghese. E la presenza di classi fortemente laicizzate nella società iraniana, pur sotto governi che rispettano la rivoluzione islamica da cui è nato l'Iran contemporaneo, appare come un ingrediente fondamentale delle storie di questo nuovo cinema persiano.