Those Who Are Fine

Film 2017 | Drammatico 71 min.

Regia di Cyril Schäublin. Un film Da vedere 2017 con Sarah Stauffer, Nikolai Bosshardt, Fidel Morf, Belgouidoum Chihanez, Toni Majdaladi. Cast completo Titolo originale: Dene Wos Guet Geit. Genere Drammatico - Svizzera, 2017, durata 71 minuti. - MYmonetro 3,31 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 23 novembre 2018

Una giovane riesce a ricavare una fortuna grazie alla nonna e al suo lavoro in un call center. Il film ha ottenuto 1 candidatura agli European Film Awards,

Consigliato sì!
3,31/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 3,11
CONSIGLIATO SÌ
Un film alienato dove le relazioni umane passano per i numeri.
Recensione di Marzia Gandolfi
venerdì 23 novembre 2018
Recensione di Marzia Gandolfi
venerdì 23 novembre 2018

Alice è una giovane donna occupata presso un call center di Zurigo. Abile nel suo lavoro, vende abbonamenti internet e polizze assicurative per venti franchi all'ora. Maturata al telefono l'esperienza della persuasione, decide di arrotondare il salario raggirando vecchie signore abbienti. Fingendosi nipotina in ambasce, le convince a consegnarle ingenti somme di denaro. Due agenti indagano sulla frode lungo le strade asettiche della città, battuta da gendarmi armati per un allarme bomba alla stazione metropolitana.

Numeri di polizza, numeri di passaporto, numeri cliente, codici di accesso, password, coordinate bancarie dominano i dialoghi e sono la 'cifra' di Those Who Are Fine.

Le relazioni umane nel film alienato di Cyril Schäublin passano per i numeri. Numeri 'sociali' che regolano la comunicazione e governano ogni aspetto della vita quotidiana. Numeri di telefono, di estratti conto, di carte di credito che ossessionano personaggi iperconnessi, concentrati sugli schermi dei loro cellulari e occupati tutto il tempo a confrontare promozioni e a consigliarsi reciprocamente le migliori offerte. Uomini e donne incapaci ormai di parlare, di guardare, di ricordare. Cyril Schäublin, giovane autore svizzero al suo debutto, descrive un mondo non troppo lontano dal nostro, che ha esaurito l'empatia e cerca il mezzo più veloce per raggiungere il proprio fine. Precipitato lo spettatore in una sorta di monotonia morale e spaziale, il film non risparmia nemmeno l'arte, con improbabili discussioni su film di cui ci si scordano i titoli, come se contenuti fossero interscambiabili.

Those Who Are Fine segue la vicenda di Alice, una ragazza che accumula cospicue somme di denaro rimanendo impassibile davanti alla sua fortuna. Un bottino defraudato e depositato in una banca 'in guanti bianchi' che garantisce competenza e discrezione. Alice avanza indifferente a tutto, anche alla solitudine infinita delle sue vittime che nessuna ricchezza può consolare. Gli esterni, spazi verdi da cui emergono strutture metalliche, grandi facciate grigie, dispositivi elettronici, piloni interminabili, sezioni di strade pattugliate da agenti di polizia armati, convertono Zurigo in un décor distopico. Nemmeno gli interni brillano per accoglienza e calore, con i loro quadri astratti, i fiori artificiali e le prospettive disperatamente ortogonali. Gli edifici, banche, ospedali, uffici, sono pronti a inghiottire quelli che stanno bene, individui insignificanti e prigionieri del proprio benessere. Marionette mute, agite da fili invisibili, i personaggi del film camminano per le strade senza uno scopo apparente, senza una spinta emozionale.

A partire dalla protagonista, nessuno nel film tradisce un trasalimento, una viva emozione, conducendo lo spettatore negli anfratti oscuri della società liquida. Una società iper-tecnologica, sicura (in apparenza), economicamente prospera. Il titolo inglese, tradotto dal tedesco bernese, fa riferimento a una canzone di Mani Matter ("Dene wos guet geit"), avvocato brillante e cantautore anarchico svizzero. I suoi versi rotondi, le allitterazioni nonsense, le strofe filosofiche e le riflessioni fenomenologiche (sul panino al prosciutto) rinviano a una "Svizzera verde", riparata e al riparo, così neutra e incapace di affrontare le tragedie.

Ma se le melodie imprevedibili del giurista di Berna rovesciano la logica e offrono una via d'uscita alla burocratica uniformità elvetica, le immagini di Cyril Schäublin traducono un Paese inerte e sospeso, dove gli uomini non sono più umani del contesto in cui vivono. Allevati all'ombra della "vita sana" e della Svizzera neutrale, le loro vite stabili non sono che una ripetizione infinita di gesti automatici, spogliati di qualsiasi passione, garbo e malinconia del vivere. Del resto, bisogna averla una vita per rimpiangerla.

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