saintloup
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lunedì 5 febbraio 2018
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omaggio alla bellezza
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CHIAMAMI COL TUO NOME - Omaggio al grande cinema di Bertolucci - di cui ricorda tanto " La luna " -, Guadagnino ci regala una raffinata pellicola sull'educazione sentimentale omoerotica tra il 17 enne Elio Perlman e l'atletico 24 enne americano Oliver, piombato a casa di Elio in una calda giornata estiva del 1983 come stagista archeologo di suo padre. Paesaggi lussureggianti e assolati della bassa cremasca fanno da cornice a questo affresco sull'Amore senza limiti di genere, e sulla scoperta autentica e sofferta del proprio universo interiore. Sorretto dalla sceneggiatura solida e senza sbavature di James Ivory, il film è dominato dalla bellezza declinata in tutte le sue forme : i reperti archeologici delle statue greche ritrovati a Sirmione, i centri storici di Crema e Bergamo Alta, la campagna irrigua e bucolica dei dintorni di Crema, la villa secentesca dove vive la benestante famiglia Perlman, non sono mai oggetto di compiacimento estetizzante, ma assurgono quasi sempre a simbolo di una verità di natura che si rivela ai due protagonisti come irresistibile e fatale attrazione erotica.
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CHIAMAMI COL TUO NOME - Omaggio al grande cinema di Bertolucci - di cui ricorda tanto " La luna " -, Guadagnino ci regala una raffinata pellicola sull'educazione sentimentale omoerotica tra il 17 enne Elio Perlman e l'atletico 24 enne americano Oliver, piombato a casa di Elio in una calda giornata estiva del 1983 come stagista archeologo di suo padre. Paesaggi lussureggianti e assolati della bassa cremasca fanno da cornice a questo affresco sull'Amore senza limiti di genere, e sulla scoperta autentica e sofferta del proprio universo interiore. Sorretto dalla sceneggiatura solida e senza sbavature di James Ivory, il film è dominato dalla bellezza declinata in tutte le sue forme : i reperti archeologici delle statue greche ritrovati a Sirmione, i centri storici di Crema e Bergamo Alta, la campagna irrigua e bucolica dei dintorni di Crema, la villa secentesca dove vive la benestante famiglia Perlman, non sono mai oggetto di compiacimento estetizzante, ma assurgono quasi sempre a simbolo di una verità di natura che si rivela ai due protagonisti come irresistibile e fatale attrazione erotica. I primi, anzi primissimi piani sui corpi dei due ragazzi ne sono la cartina tornasole.
Il rischio che il regista ha sapientemente evitato è stato quello di cedere alle pericolose seduzioni del mélo sentimentale : obiettivo centrato sacrificando però a tratti il calore empatico con lo spettatore. Il film infatti risulta a volte troppo distaccato, quasi vitreo. Ma questa veniale sbavatura è ampiamente compensata dalla seconda parte del film, dove la sofferenza per il turbamento amoroso si fa dolore autentico che trasuda quasi dal corpo dell' adolescente Elio. E poi il finale inaspettato, dove il discorso paterno rivolto al figlio 17 enne dopo la partenza senza ritorno dell' americano ( una sorta di outing al rovescio ), è una lezione di puro stile, un compendio magistrale di verità sull'amore e sul dolore, la rivelazione della migliore tra tutte le utopie sentimenti possibili.
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robertalamonica
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martedì 9 gennaio 2018
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un parallelo...
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‘Call me by your name’ è un film del 2017 diretto da Luca Guadagnino. La sceneggiatura è scritta da James Ivory ed è un adattamento cinematografico del romanzo ‘Chiamami col tuo nome’ di André Aciman.
‘Il Giardino dei Finzi Contini’ è un film del 1970 diretto da Vittorio De Sica, tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Bassani.
‘Call me by your name’ è il grande escluso dai premi dei Golden Globe per cui era stato nominato in tre categorie ma non potrà essere escluso dai pensieri e dalle riflessioni di chi sarà tanto fortunato da vederlo.
Il Giardino dei Finzi Contini vinse un Oscar come miglior film straniero e De Sica rese il romanzo di Bassani immortale.
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‘Call me by your name’ è un film del 2017 diretto da Luca Guadagnino. La sceneggiatura è scritta da James Ivory ed è un adattamento cinematografico del romanzo ‘Chiamami col tuo nome’ di André Aciman.
‘Il Giardino dei Finzi Contini’ è un film del 1970 diretto da Vittorio De Sica, tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Bassani.
‘Call me by your name’ è il grande escluso dai premi dei Golden Globe per cui era stato nominato in tre categorie ma non potrà essere escluso dai pensieri e dalle riflessioni di chi sarà tanto fortunato da vederlo.
Il Giardino dei Finzi Contini vinse un Oscar come miglior film straniero e De Sica rese il romanzo di Bassani immortale.
Oreste Del Buono disse sul romanzo di Bassani: “Il Giardino dei Finzi Contini è un romanzo sulla giovinezza e sull’amore e nella sua vernice di rispetto per ciò che è decorosamente antiquato è radicalmente nuovo. La vita continua e il dolore di un’età diventa una favola. È un romanzo d’amore solo che, nella storia, l’amore è impossibile perché è “per gente destinata a sopraffarsi a vicenda”. Bassani detestò il film firmato da Vittorio De Sica tanto da non voler essere menzionato nei titoli di coda. Lo detestò perché ritenne la sceneggiatura sentimentale e didascalica.
Nulla di didascalico o sentimentale può essere imputato invece al film di Luca Guadagnino che sta ricevendo consensi unanimi oltreoceano e la cui sceneggiatura è tesa a esaltare il nucleo tematico del romanzo.
Al di là dell’imparagonabile contesto storico il cui accostamento fa anche sorridere (la seconda guerra mondiale nel film di De Sica e l’ascesa del PSI nell’Italia dei primi anni ‘80 nel film di Guadagnino), le somiglianze tra le due opere sono evidenti. Le famiglie al centro delle vicende sono entrambe appartenenti a un’ alta borghesia ebraica al cui interno si respirano stimoli culturali e intellettuali importanti ed esclusivi.
Entrambi i film sono ambientati nella Pianura Padana con le sue umide suggestioni estive e il suo calore sensuale, soffocante e indolente.
In entrambi c’è una storia d’amore. Ma laddove l’amore può esistere solo come sopraffazione nel terrificante e catastrofico panorama storico e sociale a cavallo degli anni ‘40, nel film di Guadagnino l’amore prende la forma di esperienza totalizzante e irripetibile in cui ‘non provare e non sentire sarebbe un terribile spreco’ nelle parole del professor Perlman, il padre di Elio, il protagonista.
‘Call me by your name’ non è un film sull’amore omosessuale. Questo è piuttosto un film sull’Amore e sulla nascita del desiderio. È un passaggio dall’adolescenza all’età adulta, un Bildungsroman secondo la prospettiva delle emozioni e dei sentimenti.
Saper ‘sentire’ e provare emozioni diventa rappresentativo dell’adulto che diventerai, sembra volerci dire Guadagnino. Il focus sull’arte e sulla pluralità linguistica come cifra significativa dell’apertura al mondo è estremamente moderna e travalica i confini di genere senza porre il genere come limite a ciò che il cuore può esperire.
Se nel ‘Giardino dei Finzi Contini’ proprio il giardino era il confine entro cui le possibilità di relazioni significative prendevano vita,
in ‘Call me by your name’ non c’è un confine alla possibilità di amare e il superamento del limite e la conseguente esposizione al fallimento sentimentale rappresentano il punto di partenza per l’ingresso nell’età adulta.
“È meglio parlare o morire?”, si chiede Elio.
Lui sceglie di parlare e ‘...this has made all the difference’.
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[+] non confondiamo
(di evak.)
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giajr
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mercoledì 7 febbraio 2018
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un film colto e molto gradevole
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La miglior definizione per questa gradevole pellicola è quella di un "film colto".
Lo sono i dialoghi, le ambientazioni tanto da creare uno scorcio di una Italia del nord che negli anni ottanta non era così facile da trovare (e forse nemmeno adesso).
Un film sicuramente ben fatto, anche se non possiamo non evidenziare la trascuratezza per alcuni particolari che alla fine, davanti ad un occhio attento, si palesano in veri e propri anacronismi (ad esempio, una Fiat Regata la cui commercializzazione è partita nel 1983 che nel film è invece vecchia e logora.
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La miglior definizione per questa gradevole pellicola è quella di un "film colto".
Lo sono i dialoghi, le ambientazioni tanto da creare uno scorcio di una Italia del nord che negli anni ottanta non era così facile da trovare (e forse nemmeno adesso).
Un film sicuramente ben fatto, anche se non possiamo non evidenziare la trascuratezza per alcuni particolari che alla fine, davanti ad un occhio attento, si palesano in veri e propri anacronismi (ad esempio, una Fiat Regata la cui commercializzazione è partita nel 1983 che nel film è invece vecchia e logora...); nulla di grave comunque, che di certo non intacca la valutazione globale del film.
Bravi gli attori inclusi quelli minori, così come la scenografia, fotografia e la regia...
Il film che mi ha ricordato in più momenti qualcosa di già visto, ed in particolare un altro film degli anni ottanta dal titolo "Maurice" (film del 1987 diretto da James Ivory, con James Wilby ed un giovanissimo Hugh Grant)... contesti analoghi che narravano la storia troncata e non sviluppata di un vero amore tra due giovani uomini.
Per un attimo poi, ma solo per pochi istanti, sarà stato per via delle colonne sonore, mi è tornato alla mente un film cult sempre anni ottanta "il tempo delle mele"... ed anche con annesso un Pierre Cosso reincarnato in Oliver...
Comuque, si tratta di un film veramente gentile (d'essai) e con un messaggio sociale che oggigiorno può essere utilmemte ribadito.
...E vuoi vedere che "chiamami con il mio nome", forse, vince anche un Oscar?
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valeverte
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venerdì 26 gennaio 2018
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l'amore.
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Un film che parla d’amore, dolce che lascia l’amaro in bocca, di quella consapevolezza che l’amore non si comanda, che non vi sono istruzioni su come debba funzionare. Una sceneggiatura che aiuta a riflettere sui vari aspetti che non solo negli anni ottanta, ma anche oggi, incitano a giudicare l’amore di per sé, come se ci fosse una strana regola non scritta. Ambientato in un pittoresco ed inaspettato paesaggio tra Crema e Bergamo, aiutato da una fotografia buona ed una regia fluida. Riuscire a raccontare un amore puro, rendere questo concetto facile da comprendere, non è un aspetto da sottovalutare, e la sceneggiatura di Ivory, insieme all’espressività di Chalamet e Hammer, è la parte più difficile, più complicata di questo film.
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Un film che parla d’amore, dolce che lascia l’amaro in bocca, di quella consapevolezza che l’amore non si comanda, che non vi sono istruzioni su come debba funzionare. Una sceneggiatura che aiuta a riflettere sui vari aspetti che non solo negli anni ottanta, ma anche oggi, incitano a giudicare l’amore di per sé, come se ci fosse una strana regola non scritta. Ambientato in un pittoresco ed inaspettato paesaggio tra Crema e Bergamo, aiutato da una fotografia buona ed una regia fluida. Riuscire a raccontare un amore puro, rendere questo concetto facile da comprendere, non è un aspetto da sottovalutare, e la sceneggiatura di Ivory, insieme all’espressività di Chalamet e Hammer, è la parte più difficile, più complicata di questo film. Viene facile soffermarsi e rendere superficiale questo amore adolescenziale tra Elio ed Oliver, quando invece il regista cerca di porlo su un piano molto più alto, ed è un po’ come se fosse ambientato anche nel presente, perché non tutti sono pronti ad accogliere il concetto di amore per quello che è.
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silvanobersani
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domenica 4 febbraio 2018
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lezione di cinema
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Vorrei innazitutto essere esentato dal commentare il film alla luce della cinematografia gay: non è un film di genere o almeno non è un film di questo genere. E' un film diretto e guidato con maestria ed intelligenza.
Vorrei farne cogliere le valenze non immediatamente osservabili: parte con la lentezza sorniona di un racconto incentrato sulla estate adolescenziale di tanti bildungsroman (e quanti ne abbiamo visti, nel bene e nel male?!) e lentamente veniamo trascinati nel climax di una passione travolgente e totalizzante. A Guadagnino il merito assoluto di avere intessuto un'opera elegante, raffinata, mai banale, con la corerenza stlistica che gli abbiamo riconosciuto nelle opere precedenti, priva di cortocircuiti e della minima sbavatura.
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Vorrei innazitutto essere esentato dal commentare il film alla luce della cinematografia gay: non è un film di genere o almeno non è un film di questo genere. E' un film diretto e guidato con maestria ed intelligenza.
Vorrei farne cogliere le valenze non immediatamente osservabili: parte con la lentezza sorniona di un racconto incentrato sulla estate adolescenziale di tanti bildungsroman (e quanti ne abbiamo visti, nel bene e nel male?!) e lentamente veniamo trascinati nel climax di una passione travolgente e totalizzante. A Guadagnino il merito assoluto di avere intessuto un'opera elegante, raffinata, mai banale, con la corerenza stlistica che gli abbiamo riconosciuto nelle opere precedenti, priva di cortocircuiti e della minima sbavatura.
Dirige l'occhio della macchina da presa con padronanza assoluta ma rifuggendo effetti estetizzanti se non congegnali alla narrazione: le lunghe inquadrature fisse, i lunghi primi piani sono sempre della lunghezza giusta, mai un secondo di più o di meno. I tempi sono gestiti con padronanza, il taglio dell'inquadratura è sempre significante e mai gratuito.
Ottima la fotografia che, partendo dai toni lievi delle prime scene, prende corpo via via con aderenza totale alla logica dell'opera.
Stupefacente la sceneggiatura del grandissimo James Ivory (a quando, maestro, la prossima opera?).
Bellissima la musica, che non è solo sottofondo, ma è il personaggio in più.
Ed infine, ma non ultimi, grandi interpretazioni. Vorrei citare il sorprendente Michael Stuhlbarg, nel ruolo del padre, personaggio un po' piatto ma che sul finale si riscatta con un potente lungo monologo. Da vedere.
Ma soprattutto sbalorditivo, veramente sbalorditivo il giovane protagonista. Il lungo primo piano della scena finale da solo meriterebbe un Oscar.
Veramente un grande film, un'opera bella da tutti punti di vista, un film che rimarrà negli annali. Merita le nomination e meriterebbe alcune statuette, se non altro per farci perdonare da statuette pervenute al cinema italiano (cinema?!) non per merito ma per conformismo militante.
Una sola domanda: la scena internazionale è costellata da produzioni dirette veramente alla grande da nomi italiani. Ma siamo proprio scemi a regalare queste produzioni agli stranieri?
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stefanoconti
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mercoledì 14 febbraio 2018
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dal capolavoro di aciman
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Ho letto il testo di A. Aciman qualche anno fa e mi aveva colpito per i colori, quella quasi 'sospensione' della dimensione temporale nella narrazione in prima persona, dove a tutto ciò che é esterno corrisponde una risonanza interiore. Guadagnino ha realizzato un capolavoro, e dal punto di vista visivo e da quello narrativo. La storia si snoda con naturalezza, e il progressivo innamoramento ha i suoi tempi, i suoi primi piani, l'attenzione ai particolari, come nel testo di Aciman questa non é mai volgare, mai sopra le righe. La recitazione del giovane Chalamet merita la candidatura agli Oscar. Film che raccomando.
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michelecamero
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domenica 4 marzo 2018
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un film che viene da lontano, dal mondo classico.
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Potrebbe definirsi “di formazione” se ci riferissimo al libro da cui è tratto il film che è ambientato in Italia, in una splendida casa della campagna lombarda, dove vive, almeno periodicamente, una famiglia borghese ebrea, padre professore, madre donna solare, amorevole, dotta, affascinante e figlio diciassettenne con interessi nella lettura e nella musica. Intellettuale e plurilingue, questa famiglia che annovera amicizie diverse senza porsi limiti di alcun genere, né politici, né sociali, né tanto meno provenienti dalla morale comune, è solita ospitare nella bella stagione uno studente americano diverso ad ogni estate, impegnato nel suo dottorato di ricerca, cui il professore farà da tutor.
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Potrebbe definirsi “di formazione” se ci riferissimo al libro da cui è tratto il film che è ambientato in Italia, in una splendida casa della campagna lombarda, dove vive, almeno periodicamente, una famiglia borghese ebrea, padre professore, madre donna solare, amorevole, dotta, affascinante e figlio diciassettenne con interessi nella lettura e nella musica. Intellettuale e plurilingue, questa famiglia che annovera amicizie diverse senza porsi limiti di alcun genere, né politici, né sociali, né tanto meno provenienti dalla morale comune, è solita ospitare nella bella stagione uno studente americano diverso ad ogni estate, impegnato nel suo dottorato di ricerca, cui il professore farà da tutor. Ci viene raccontata l’estate del 1983 quando ad essere ospitato è uno studente ventiquattrenne di cui si innamorerà il giovane rampollo di casa ancora alla ricerca della propria identità sessuale. E’ dunque una storia di innamoramento progressivo ma potente, di amore forte che si sviluppa nella relazione tra i due, una storia di sentimento, sensuale, delicata, anche di sesso e dolorosa per il senso di solitudine ed abbandono che lascerà in Elio, la partenza di Oliver. Una storia che ancora una volta apre lo scenario della mancanza di vincoli al sentimento più alto, meno che mai da quelli provenienti dal vincolo della eterosessualità. Una matrice classica che potrebbe far definire il film, da parte di alcuni, manieristico e fine a se stesso. Sarebbe tuttavia un giudizio inesatto e non onesto nei confronti delle intenzioni del film stesso che in fondo vuole introdurci al concetto di amore e bellezza, seguendo appunto l’insegnamento dei classici, ma anche di dolore, quello che sovente siincontra nelle storie d'amore, Non a caso tra le cose più belle della pellicola mi sensto di indicare il dialogo tra padre e figlio verso la fine. Da annoverare anche la presenza di questo giovane attore che interpreta Elio, del quale credo sentiremo parlare ancora nei prossimi anni.
michelecamero
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[+] l'amore al di là di ogni barriera.
(di rigel1938)
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cate_rina
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venerdì 2 marzo 2018
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la pura bellezza
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Ho avuto il piacere di assistere alla proiezione di questo film al Festival di Berlino 2017.
A fine proiezione, la sala, gremita di appassionati di cinema mescolati ad addetti ai lavori, tutta in piedi ad applaudire .
Un anno dopo in Italia leggo più critiche che elogi.
Vado a rivedere il film (in lingua originale perchè il doppiaggio come sappiamo modifica totalmente la percezione), confermo la mia opinione.
Si tratta di un'opera d'arte totale.
I colori, le atmosfere, il paesaggio, sembrano dipinti con maestria da un pennello esperto, il che può destare emozioni oppure no ma è pur sempre di arte che si parla.
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Ho avuto il piacere di assistere alla proiezione di questo film al Festival di Berlino 2017.
A fine proiezione, la sala, gremita di appassionati di cinema mescolati ad addetti ai lavori, tutta in piedi ad applaudire .
Un anno dopo in Italia leggo più critiche che elogi.
Vado a rivedere il film (in lingua originale perchè il doppiaggio come sappiamo modifica totalmente la percezione), confermo la mia opinione.
Si tratta di un'opera d'arte totale.
I colori, le atmosfere, il paesaggio, sembrano dipinti con maestria da un pennello esperto, il che può destare emozioni oppure no ma è pur sempre di arte che si parla.
All'interno di queste atmosfere, i due protagonisti: attori perfetti per la parte perchè rispecchiano uno la bellezza vergine e pulita, affamata di sapere di ogni tipo, l'altro la bellezza dettata dai canoni estetici antichi. Perfetto nelle proporzioni e nelle forme.
La musica accompagna egregiamente il susseguirsi delle vicende, come se si stesse assistendo ad un balletto classico i cui protagonisti sono i personaggi, a volte pittoreschi (persino Mafalda con le sue poche battute è perfettamente delineata) , che continuamente si incrociano ed hanno un forte impatto emotivo gli uni su gli altri.
Di arte si parla durante tutto il film, musica, letture di livello, dibattiti sull'arte ed il tema principale che è appunto la bellezza classica .
"La natura ha metodi ingegnosi per scavare il nostro punto debole." E' questo che il padre di Elio dice al figlio per parlare di quello che gli stava accadendo.
Un dialogo, quasi monologo, che resta impresso nella mente di chi lo ascolta.
La nascita di questo sentimento puro, è scandita da ciò che li circonda,dalla natura appunto, in special modo l'acqua che diventa un testimone vivo.
La splendida vasca (costruzione scenografica impeccabile), è inizialmente il loro punto d'incontro, lì dove tutto è fermo e l'acqua è intrappolata i due sono bloccati allo stesso modo nei loro sentimenti che non riescono ad esprimere.
Il mare (in cui sono estasiati per il ritrovamento della statua ed è come se si vedessero ora per la prima volta) ed il fiume (luogo di libertà totale per Elio) li accompagnano con il loro scorrere ed il loro respiro, verso l'evolversi della loro passione.
Infine le cascate sono l'espressione pura del vortice che li ha travolti.
Una celebrazione dell'amore, quello puro e spontaneo che solo una volta nella vita può dirsi tale.
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139pp
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martedì 6 febbraio 2018
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bellissimo flilm, soprattutto nel finale
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Film molto bello, libro da cui è tratto forse ancor piu' bello. Nella ricostruzione dell'Italia negli anni '80 ci sono delle imprecisioni (ad es. girano troppe auto degli anni 70, confusione tra Pentapartito e Compromesso Storico, che ne era invece l'opposto politico), ma le immagini sono meravigliose, i paesaggi stupendi ed i dialoghi alquanto efficaci. Forse la parte migliore del film è il finale: sia il bellissimo ed opportuno discorso del padre al figlio (praticamente lo stesso riportato nel libro), sia la stupenda scena finale della telefonata. Dal profondo sospiro di Oliver si capisce che il suo ritorno alla cosiddetta "normalità etero", seppur da lui voluto è solo di facciata (non a caso si salutano ancora chiamandosi l'uno col nome dell'altro, a significare che le loro identità sono ancora un unicum).
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Film molto bello, libro da cui è tratto forse ancor piu' bello. Nella ricostruzione dell'Italia negli anni '80 ci sono delle imprecisioni (ad es. girano troppe auto degli anni 70, confusione tra Pentapartito e Compromesso Storico, che ne era invece l'opposto politico), ma le immagini sono meravigliose, i paesaggi stupendi ed i dialoghi alquanto efficaci. Forse la parte migliore del film è il finale: sia il bellissimo ed opportuno discorso del padre al figlio (praticamente lo stesso riportato nel libro), sia la stupenda scena finale della telefonata. Dal profondo sospiro di Oliver si capisce che il suo ritorno alla cosiddetta "normalità etero", seppur da lui voluto è solo di facciata (non a caso si salutano ancora chiamandosi l'uno col nome dell'altro, a significare che le loro identità sono ancora un unicum). Ma soprattutto dalla bellissima mimica facciale di Elio (che passa lentamente dalle lacrime di dolore ad un sorriso quasi compiacente) risulta che questo lui l'ha ben capito ed accettato, perché nella vita a volte un bel ricordo di cio' che è stato ma non è proseguito puo' comunque illuminare i giorni a venire.
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