writer58
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domenica 15 gennaio 2017
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gaijin
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Il Giappone ha sempre vissuto rapporti conflittuali con gli stranieri, con chi veniva da altre terre.
Fin dal 1543, quando i primi mercanti portoghesi approdarono sulle coste dell'isola di Tanegashima proveniendo da Macao, gli stranieri venivano percepiti come esseri indecifrabili, potenzialmente pericolosi, alieni alla cultura nipponica, apprezzati solo in quanto posessori di archibugi (a quel tempo sconosciuti nel paese del Sol Levante). Non stupisce quindi che i tentativi di evangelizzazione portati avanti dai Gesuiti venissero contrastati con determinazione e ferocia. In realtà, la penetrazione occidentale in Giappone si tradusse in un fiorente commercio di schiavi, nella rapida diffusione delle armi da fuoco presso le milizie ashigaru e nella conversione di circa 300.
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Il Giappone ha sempre vissuto rapporti conflittuali con gli stranieri, con chi veniva da altre terre.
Fin dal 1543, quando i primi mercanti portoghesi approdarono sulle coste dell'isola di Tanegashima proveniendo da Macao, gli stranieri venivano percepiti come esseri indecifrabili, potenzialmente pericolosi, alieni alla cultura nipponica, apprezzati solo in quanto posessori di archibugi (a quel tempo sconosciuti nel paese del Sol Levante). Non stupisce quindi che i tentativi di evangelizzazione portati avanti dai Gesuiti venissero contrastati con determinazione e ferocia. In realtà, la penetrazione occidentale in Giappone si tradusse in un fiorente commercio di schiavi, nella rapida diffusione delle armi da fuoco presso le milizie ashigaru e nella conversione di circa 300.000 giapponesi - soprattutto contadini che vivevano nella vicinanze di Nagasaki- al cattolicesimo.Storicamente, i rapporti tra Occidente e Giappone si configurano come un contrasto tra due sistemi economici, militari e culturali fondati su principi assoluti: la parola di Dio, le monarchie europee, la penetrazione mercantile, da un lato; una struttura feudale fondata su signori locali, il buddismo rivisitato secondo le scuole zen, una vocazione geografica e culturale all'isolamento, dall'altro.
Il film di Scorsese prende avvio all'interno di questo scenario e narra il viaggio di due padri gesuiti (Rodriguez e Garupe) alla ricerca del loro maestro spirituale (padre Ferreira) disperso in Giappone e sospettato di apostasia. All'arrivo, i padri portoghesi trovano una situazione tremenda: i pochi cattolici sopravissuti vivono in una clandestinità totale per timore alle persecuzioni: loro stessi sono obbligati a dimorare in una capanna senza poter uscire di giorno e a nascondersi in un sottoscala per evitare di essere catturati e torturati dalle milizie dell'inquisitore. Allo stesso tempo, tuttavia, i padri si trovano a guidare una comunità di fedeli mossi da forti esigenze spirituali, simili a quelle dei primi cristiani, che vedono nei due gesuiti un punto di riferimento imprescindibile, come se fossero gli emissari di Dio. La spiritualità delle comunità cattoliche giapponesi è profonda e sincretica: sono attratti dalla nozione di "paradiso", lo immaginano come un luogo privo di dolore, di lavori forzati e di tasse; la loro immagine di Dio è simile a quella del sole che porta calore e vita sulla terra.
Il film descrive la parabola dei due missionari. Lo fa con immagini che restituiscono la grandiosità dei paesaggi e della lotta interiore dei due protagonisti, in un panorama spirituale segnato dal silenzio di Dio. Il film di Scorsese ha il linguaggio delle grandi opere, è pieno di momenti cinematograficamente molto alti (la crocefissione dei tra contadini, Dominguez che si specchia in un'immagine deformata, i dialoghi con l'inquisitore, il tormento interiore di fronte alla scelta che li aspetta).
Il film si presta a più letture, a più significati tra di loro connessi: è una storia di perdizione (o di ritrovamento, a seconda dei punti di vista), è un apologo sui crimini commessi in nome della fede e del mantenimento dello statu quo, è una parabola sulla solitudine dell'essere umano di fronte a situazioni-limite, è una metafora sul peccato, la redenzione e l'abbandono.
Due ore e quaranta minuti di grande cinema da parte di un autentico maestro.
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loland10
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domenica 15 gennaio 2017
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nubi sul dolore
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“Silence” (id., 2016) è il ventiquattresimo lungometraggio del regista Martin Scorsese.
Silenzio senza alchimia, silenzio senza pausa, silenzio della vita, silenzio di Dio. Già l’inizio dice proprio tutto della pellicola. Schermo nero, fruscio di piccoli rumori dalla natura e del suo intorno, fruscio e brusio che cresce minimamente: poi tutto tace ed entra ‘silence’ come logo e titolo. Ecco in silenzio per ascoltare e ascoltarci dentro.
Introspettivo, interiore, intenso, ispirato, irrazionale, inverecondo e infausto. Il film della pochezza terrena, della estrema violenza, delle mura ricolme e dell’acqua purificatrice.
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“Silence” (id., 2016) è il ventiquattresimo lungometraggio del regista Martin Scorsese.
Silenzio senza alchimia, silenzio senza pausa, silenzio della vita, silenzio di Dio. Già l’inizio dice proprio tutto della pellicola. Schermo nero, fruscio di piccoli rumori dalla natura e del suo intorno, fruscio e brusio che cresce minimamente: poi tutto tace ed entra ‘silence’ come logo e titolo. Ecco in silenzio per ascoltare e ascoltarci dentro.
Introspettivo, interiore, intenso, ispirato, irrazionale, inverecondo e infausto. Il film della pochezza terrena, della estrema violenza, delle mura ricolme e dell’acqua purificatrice. E’ il destino che cambia ogni strada, è la strada che si cambia in un incontro.
Lezione di cinema silente, di abbassamento degli sguardi, di nature nascoste e delle ostilità in ogni cultura. La fede non si (s)vende, la speranza è il tragitto, gli uomini annientano ogni volo (pindarico).
Elenco di visi, occhi, incontri, discorsi, regole, abiuri, credenze e credi. Film dove la lotta è all’ultimo respiro e dove ogni respiro si ritrae verso ogni sguardo. E’ la persecuzione che manifesta la vita da respirare.
Nulla da barattare, nulla da opporre, nulla da controbattere: il mentore nasconde l’atroce verità.
Cristiani non proprio amati nel Giappone del Seicento. E poi abiurare per non soffrire pene indicibili. Gocce di sangue, onde fino alla bocca, lavacri di dolore e vittime bruciate.
Eil giudizio Tokugawa segna ogni villaggio, ogni famiglia, ogni convertito. Vere storie di dolore. Atrocemente e senza allontanare(ci) la macchina segue ogni stllicidio, ogni sudore, ogni pianto e ogni maschera umana.
Due gesuiti portoghesi (Padre Padre Sebastião Rodrigues e Padre Francisco Garupe) vanno in Giappone (siamo a metà del ‘600) per cercare e incontrare il loro mentore Padre Cristòvao nFerreira. La verità che trovano in quel Paese è duplice: una fede incrollabile in persone che vivono allo stremo per luoghi e cibo come una cultura completamente avversa alla credenza cristiana. Destini di sangue e morte oltre il silenzio del Soprannaturale. La sceneggiatura di Jay Cocks e dello stesso regista è tratta dal romanzo ‘Silenzio’ dello scrittore giapponese Shusaku Endo, dove si parla delle persecuzioni contro i cristiani in seguito alla rivolta di Shimabara (1637) contro il governo per la forte opposizione alla religione cattolica (in gran parte gente povera e contadini).
Il cinema di Scorsese è complementare nelle storie, è discesa agli inferi come il metabolizzare discorsi di purezza indistinta. Ogni film ne deduce la dura battaglia virulenta e l’ideale umano viatico di estrema illogicità e spirito (superiore).
Da “Taxi Driver” a “L’ultima tentazione di Cristo”, da “Fuori Orario” a “The Wolf of Wall Street”, i film del newyorkese sono intrisi di paradigmi insperati, di forvianti fisicità, di stranezze illogiche e di paradisi laccati e istrionici. Uno scorrimento di (il)legalità, di (s)banda(menti), di chiaroscuri, di bella-vita, di borghesi-sunti, di città nefaste e di logorroici ardimenti vuoti. E’ senza orario vero, il film di ogni stagione, del cineasta americano: tutto è atemporale. I sogni, la realtà, l’alienazione e la violenza sono tutt’uno: ecco che il cinema diventa specchio di un ‘silenzio’ ancestrale, di un ‘rumore’ ammiccante. La sordità del soprannaturale come la cecità umana sono all’unisono il destino di un uomo pervaso da segni del Nulla e dalla difficoltà estrema del quotidiano.
L’omaggio iniziale (è) rosselliniano a tutti gli effetti o una congiura quasi distaccata con la ripresa asciutta e scarna di un certo neorealismo affrancato e povero (né Pasolini, né Visconti antepongono al maestro ogni decisione culturale). E la pioggia incessante come gli sguardi contrapposti e, come ancora, il villaggio (segnato e melmoso) danno il gusto di un Akira Kurosawa che di indizi, occhi e false verità ne godeva con parsimonia giocando (con noi) acutamente nella storia di un Giappone (ancora) da scoprire.
Andrew Garfield, Adam Driver e Liam Neeson sono gli interpreti dei tre Padri gesuiti.
Menzione speciale (ed ennesima) per Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo: coppia costumi e scenografie da esaltare ogni volta. Poi il connubio col regista è diventato sinonimo di franchezza, sincerità e senso di appartenenza.
La regia di Scorsese è di una spanna sotto la storia che racconta ma, contemporaneamente, è di una spanna sopra al livello di orrore da rappresentare.
Per chi ne volesse vedere un’opera, la pellicola è un capolavoro, ‘tipicamente’ scorsesiana.
Voto: 10/10.
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zarar
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lunedì 23 gennaio 2017
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il silenzio di dio
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Questo interessante film si ispira al romanzo storico ''Silenzio'' di Shūsaku Endō, che tratta delle persecuzioni subite dai cristiani durante il periodo Tokugawa nella prima metà del XVII secolo in Giappone. Il regista Scorsese ha dichiarato di aver avuto in regalo il libro nel 1988 e di averlo trovato molto inquietante, capace di muovere le corde più profonde del suo essere. E’ iniziato allora per lui un lunghissimo processo di elaborazione e di riflessione sulla fede a partire da quei temi, un vivere insieme a quella storia, che si è concretizzato alla fine nella realizzazione di ''Silence''.
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Questo interessante film si ispira al romanzo storico ''Silenzio'' di Shūsaku Endō, che tratta delle persecuzioni subite dai cristiani durante il periodo Tokugawa nella prima metà del XVII secolo in Giappone. Il regista Scorsese ha dichiarato di aver avuto in regalo il libro nel 1988 e di averlo trovato molto inquietante, capace di muovere le corde più profonde del suo essere. E’ iniziato allora per lui un lunghissimo processo di elaborazione e di riflessione sulla fede a partire da quei temi, un vivere insieme a quella storia, che si è concretizzato alla fine nella realizzazione di ''Silence''. Questo coinvolgimento profondo è evidente e costringe prepotentemente lo spettatore a condividere problemi morali così estremi che generalmente si preferisce aggirarli, piuttosto che tentare l’impresa disperata di dare delle risposte. Il regista non arretra di fronte al compito: in un contesto di violenza estrema (e la violenza ti può mettere alla prova in qualsiasi momento) come agire coerentemente con i propri valori? L’estrema fedeltà al proprio credo può diventare esaltazione dell’ ego e sofferenza e morte per altri? Che fare di fronte al silenzio di Dio quando devi comunque scegliere tra bene e male e non capisci più con i tuoi miseri mezzi dove è il bene e dove è il male? Quando non riesci più a capire se quel che credi o fai è frutto di raziocinio, o di fede, o semplicemente di umanissima debolezza? E’ l’angoscia crescente del giovane padre gesuita portoghese Rodrigues, all’inizio baldanzoso nell’assolutezza della sua fede, poi progressivamente distrutto dentro fino all’accettazione esteriore dell’abiura, perché i persecutori hanno deciso per lui la più terribile delle torture, non il suo personale martirio, ma il martirio di altri innocenti che la sua abiura può evitare. Intorno a lui gira lungo tutto il film la figura chiave di Kichijiro, un debole poveraccio che sente il richiamo di Dio, che potrebbe essere un cristiano fedele in tempi ‘normali’, ma che è incapace di resistere alla violenza e ha già tradito una volta. Kichijiro diventerà l’ombra di Rodrigues, attratto da ciò che il gesuita rappresenta, ossessionato dal rimorso, ma sempre incapace di riscatto. Tornerà a tradire ancora e ancora, ma sempre poi esigerà la confessione e l’assoluzione. E’ in lui che Rodrigues riconosce il simbolo del dilemma che progressivamente lo divora, nel confronto tra debolezza umana e bisogno di assoluto, tra coerenza e necessità di aver compassione degli altri e di se stessi. Man mano che si perdono le certezze, le parole lasciano il campo al silenzio e sono piuttosto le immagini a parlare con grande intensità, partecipando allo smarrimento del cuore di fronte alla continua violenza fisica e psicologica. Questa interiorizzazione toglie ogni formalismo alla cura filologica della ricostruzione d’ambiente e ogni traccia di estetismo alla bella fotografia, in cui pure sentiamo gli echi di antiche stampe giapponesi. La macchina da presa crea infatti atmosfere che sono stati d’animo: confronto visivo tra ritualismo estremo di costumi e gesti e violenza degli atti, sfondi in cui estesi paesaggi si misurano con figurine smarrite, nebbiose atmosfere d’albe e crepuscoli, distese increspate di acque in cui la presenza umana si perde, notturni appena illuminati da bagliori di luci. Buona la recitazione di Andrew Garfield (Rodrigues) e dei coprotagonisti, anche se, soprattutto all’inizio, ha un tono un po’ troppo enfatico e apodittico.
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ashtray_bliss
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giovedì 12 gennaio 2017
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un'esperienza cinematografica a 360 gradi.
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Silence riporta allo spettatore che entra nelle sale cinematografiche quell'emozione che da tempo mancava nel cinema; riporta lo stupore visivo, il coinvolgimento emotivo e sopratutto riporta una più che mai importante ed attuale riflessione filosofica ma anche laica sul concetto di fede, religione e di religiosità. Silence rappresenta infatti un'opera artistica di indubbio valore coadiuvata da una fotografia potente, magnetica ed evocativa, sopratutto quando riprende la grandeur paesaggistica del Giappone e ne rievoca il misticismo. Anche se l'atmosfera mistica accompagnerà questa pellicola per tutta la sua durata.
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Silence riporta allo spettatore che entra nelle sale cinematografiche quell'emozione che da tempo mancava nel cinema; riporta lo stupore visivo, il coinvolgimento emotivo e sopratutto riporta una più che mai importante ed attuale riflessione filosofica ma anche laica sul concetto di fede, religione e di religiosità. Silence rappresenta infatti un'opera artistica di indubbio valore coadiuvata da una fotografia potente, magnetica ed evocativa, sopratutto quando riprende la grandeur paesaggistica del Giappone e ne rievoca il misticismo. Anche se l'atmosfera mistica accompagnerà questa pellicola per tutta la sua durata. Supportata dalla regia nitida e sapiente di Martin Scorsese, alle prese con quella che probabilmente è la sua opera migliore, e accompagnata da una colonna sonora appena percepibile fatta di silenzi e quiete ma intervallata da canti religiosi e tradizionali, Silence si presenta come un viaggio alla scoperta di sè, un viaggio di maturazione interiore che scava nel profondo dell'animo umano e mette in evidenza la potenza e la resistenza interiore. Ma è a contempo un'opera avvincente ed emozionante su tutti i suoi livelli di lettura ponendo lo spettatore di fronte a molteplici questioni scottanti e importanti quali lo scontro tra culti e culture, l'evangelizzazione forzata di popoli completamente estranei al Cristianesimo, l'uso della religione come l'ennesima forma di prevaricazione e imperialismo culturale e la persecuzione religiosa a scapito di persone innocenti, inermi ed indifese.
Scorsese infatti non ha alcuna intenzione di raccontare i fatti unilateralmente. La sua pellicola diventa cosi il campo di battaglia e di scontri tra i due poli di diversità: la filosofia, la religione e lo stile di vita Orientale contro quello Occidentale e Cristiano. Due mondi, due storie e due lingue che si confrontano e si scontrano ma al tempo stesso trovano il loro punto d'incontro sul medesimo elemento: la religione. Le versioni e le ragioni dei giapponesi non vengono omesse o silenziate. L'ago della bilancia non pende da un'unica parte e sullo sfondo di un'epoca storica particolarmente instabile, segnata (ieri come oggi) dalla violenza, dalla tortura, dal sangue e dalla morte insensata di innocenti, si cerca di trovare un equilibrio nelle ragioni e negli errori commessi sia da una parte che dall'altra. Se da una parte è atrocemente sbagliata la feroce persecuzione dei cristiani (convertiti) nipponici atrettanto errata è stata la loro evangelizzazione che ha snaturato un elevato numero di persone dalle loro radici culturali. La verità, in fondo, è un bene universale che trascende i credo religiosi e le culture e non può appartenere unicamente ad una parte.
Al centro del racconto cinematografico di Silence prevale l'esposizione del rapporto tra Uomo e Dio, una tematica riccorente anche in precedenti pellicole di Scorsese, ma qui l'argomento trae nuova forza grazie alla trasposizione dell'omonimo libro di Shusako Endo. Silence però non si limita mai ad essere soltanto una trasformazione fedele di un'opera letteraria in arte cinematografica. Con ogni sequenza, ogni sguardo dei sofferti protagonisti (i Padres di Garfield e Driver), i loro dialoghi e monologhi si delinea un rapporto conflittuale con la religiosità e con Dio, un rapporto travagliato caratterizzato dai dubbi, dalle sofferenze, debolezze e incertezze. Il silenzio nel quale va ricercato Dio, quel silenzio al quale devono abbandonarsi i preti gesuiti per mettersi in contatto con lui viene in netto contrasto con il dolore e le grida dei cristiani perseguitati e martirizzati i quali si riducono a vivere la loro fede clandestinamente. Eppure, quella fede che svanisce poco a poco per padre Rodriguez e Garupe, quella stessa fede resta l'unica fonte di speranza e di salvezza per i contandini poveri, disagiati e ignoranti nel Giappone del 17o secolo.
Quella promessa di paradiso, sinonimo di prosperità, serenità, quiete ed uguaglianza rappresenta l'unico spiraglio di salvezza da una vita vissuta in povertà, miseria, clandestinità e persecuzione religiosa. Anche quando la conoscenza della fede che professano si rivela essere superficiale, i due preti rimangono sbaragliati dalla potenza che esercita la fede su queste persone. Una potenza che si traduce in speranza, una speranza che li aiuta a sopportare i martìri e le persecuzioni più brutali. Anche padre Rodriguez si identificherà con questa versione della religiosità e vestirà egli stesso il manto del martirio e della sofferenza, percorrendo la sua personale Via Crucis, parallela a quella dei cristiani giapponesi e anch'essa sarà vissuta nella clandestinità e nell'ombra. Lontano dallo sguardo vigile e severo delle guardie di shogun dell'inquisitore Inoue per portare avanti la sua doppia missione: di evangelizzare ed essere di conforto ai cristiani del posto e scoprire la verità sul suo mentore e padre spirituale Ferreira, del quale gira voce abbia commesso apostasia e abbracciato la filosofia orientale.
Il confronto con la verità, quella tangibile e dolorosa del posto in cui si trova, metterà ancora di più a dura prova la fede del giovane gesuita il quale viene arrestato e costretto ad assistere giorno dopo giorno alle violenze psicologiche e fisiche che subiscono i cristiani, la "sua" gente e non più la "loro". E in quel momento che Rodriguez dovrà riconsiderare il suo rapporto con la fede e con Dio, ma anche riconsiderare i suoi valori morali: E' più utile aiutare le persone pregando o agendo? Si possono salvare pregando per e con loro, confessandoli e lasciandogli la promessa di una vita eterna in paradiso o abiurando la propria fede in modo formale (come richiesto dai Giapponesi) e salvare le loro vite? Dio in tutto questo rimane silenzioso e per l'uomo è difficile capacitarsi di un tale assordante silenzio. Come può un Dio onnipotente restare inerme davanti a tanta sofferenza e sangue versato? Come può abbandonare i suoi figli, proprio come ha abbandonato Gesù sulla croce? Le domande, legittime e comprensibili prima o poi se le pongono tutti i credenti e religiosi allo stesso modo.
Eppure in quello stesso silenzio troverà la forza interiore di distaccarsi dalla sua esaltazione del martirio e dissociarsi dalla visione di una fede che va vissuta dolorosamente. L'incontro poi con l'ex padre Ferreira sarà catalitica ed innesterà un cambiamento di presa di posizione e una forzata accettazione del modus vivendi offerto dai Nipponici. Ovviamente la sua fede, tanto combatutta e considerata talmente ostile e pericolosa nel paese del Sol Levante, in segno di resa dovrà essere letteralmente calpestata, insieme al proprio ego e alla propria smania di identificarsi con Gesù e il suo calvario. Rodriguez, accetterà il male minore (abiurare la propria fede) per abbracciare un bene più grande ed ecumenico: salvare la vita agli innocenti e quindi abbracciare il vero senso della religione cristiana: sacrificarsi per il prossimo.
Ma la vera forza della fede, come suggerisce Silence non è nemmeno nelle esteriorità, nel Vangelo, nei crocefissi o nei rosari. La fiamma della fede è in grado di rimanere viva, e di sopravvivere a lungo, anche quando risulta osteggiata e combatutta dallo Stato. Anche quando formalmente ogni simbolo di appartenenza cristiana è stato allontanato e distrutto. In fondo, la vera essenza della fede, quella più pura, consolatrice e potente va ricercata dentro di noi. In silenzio.
Pellicola di rara fattura, Silence non è un film facile o adatto a tutti. Ma rimane una pellicola potente, emozionante, coinvolgente ed evocativa. E' arte allo stato puro, dove ogni ripresa, ogni particolare e ogni dettaglio sono curati nei minimi particolari. La fotografia e la scenografia che accompagnano il film ricreano un'atmosfera poetica ed evocativa al tempo stesso. Quasi se la natura del luogo potesse parlare attravverso il suo silenzio e le sue nebbie, la sua acqua, le sue caverne buie che ospitavano i cristiani in fuga. Le recitazioni dei protagonisti sono di indiscusso livello. Per la prima volta troviamo un Andrew Garfield totalmente calato nel ruolo, che si emoziona, si arrabbia, si abbandona e si dispera; salvo poi rialzarsi tenendo viva la fede in Dio come unica ancora di speranza e salvezza. Ma su tutti spicca Yozuke Kabozuka nella parte del fragile Kichijiro che appare come una moderna reincarnazione di Giuda che tradisce più volte il suo mentore (padre Rodriguez) ma poi lo segue, lo implora di assolverlo e perdonarlo. Attraverso il suo personaggio si delinea in modo limpido il rapporto conflittuale e tormentato che accompagna i giapponesi credenti e la loro stessa fede. Convicenti risultano pure le interpretazioni di Neeson, Driver e dello stoico (e un po' caricaturale) Inoue l'inquisitore, i panni del quali veste un versatile Issei Ogata.
In definitiva? Per me Silence è un grande capolavoro, di quelli storici dei quali se ne sentiva da tempo la mancanza. Di quelli curati dal punto di vista estetico, recitativo e di contenuti. Per me è già un film indelebile, ma ne consiglio la visione anche a chi abbia semplicemente voglia di vedere un film curato su un argomento storico e delicato ma quanto mai importante e duraturo nei secoli. 4.5/ 5.
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nanni
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lunedì 23 gennaio 2017
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silence
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A Padre Felipe ed a Padre Garupe è giunta notizia che la loro guida spirituale, in Giappone per Evangelizzare quelle popolazioni, avrebbe abiurato. Nonostante fossere a conoscenza dei pericoli e dei gravi rischi che avrebbero corso decidono di partire alla ricerca della verità sulla sorte di padre Ferreira e continuare li la loro opera. Si imbatterano a loro volta nello Shogunato; l'inquisizione Giapponese. Sarà un percorso personale, doloroso e drammatico, che costringendoli a rivedere ed accettare i limiti propri ed altrui li cambierà in profondità. Sarà la presa d'atto che ogni chiesa essendo legata a precisi contesti storici è priva di validità universale.
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A Padre Felipe ed a Padre Garupe è giunta notizia che la loro guida spirituale, in Giappone per Evangelizzare quelle popolazioni, avrebbe abiurato. Nonostante fossere a conoscenza dei pericoli e dei gravi rischi che avrebbero corso decidono di partire alla ricerca della verità sulla sorte di padre Ferreira e continuare li la loro opera. Si imbatterano a loro volta nello Shogunato; l'inquisizione Giapponese. Sarà un percorso personale, doloroso e drammatico, che costringendoli a rivedere ed accettare i limiti propri ed altrui li cambierà in profondità. Sarà la presa d'atto che ogni chiesa essendo legata a precisi contesti storici è priva di validità universale. Impareranno, perciò, che non esiste una religione più vera di un'altra: bisogna solo agire per il Bene. Fare il Bene per amore del Bene stesso. Tre stelle e mezzo. Ciao Nanni
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sergio dal maso
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lunedì 11 settembre 2017
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silence
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“Quali terribili sofferenze mi è costata questa sete di credere, che tanto più fortemente si fa sentire nella mia anima quanto più forti mi appaiono gli argomenti ad essa contrari!” Fëdor Dostoevskij
Ci sono voluti 28 anni a Martin Scorsese per sentirsi pronto ad affrontare il progetto a cui teneva di più, il suo film più desiderato e inseguito. Da quando lesse l’omonimo romanzo di Shusaku Endo, regalatogli dall’arcivescovo di New York subito dopo l’uscita de L’ultima tentazione di Cristo, il cineasta americano non ha avuto dubbi, doveva assolutamente portarlo sullo schermo. Ne valeva la pena. Silence non è solo una maestosa ed epica storia di missionari gesuiti che nel seicento partirono per evangelizzare l’impero giapponese del Sol Levante.
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“Quali terribili sofferenze mi è costata questa sete di credere, che tanto più fortemente si fa sentire nella mia anima quanto più forti mi appaiono gli argomenti ad essa contrari!” Fëdor Dostoevskij
Ci sono voluti 28 anni a Martin Scorsese per sentirsi pronto ad affrontare il progetto a cui teneva di più, il suo film più desiderato e inseguito. Da quando lesse l’omonimo romanzo di Shusaku Endo, regalatogli dall’arcivescovo di New York subito dopo l’uscita de L’ultima tentazione di Cristo, il cineasta americano non ha avuto dubbi, doveva assolutamente portarlo sullo schermo. Ne valeva la pena. Silence non è solo una maestosa ed epica storia di missionari gesuiti che nel seicento partirono per evangelizzare l’impero giapponese del Sol Levante. E’ un’opera imponente, complessa, ricca di significati teologici e implicazioni filosofiche e antropologiche. Il fascino della rigorosa ricostruzione storica e il pathos della vicenda raccontata non devono però mettere in secondo piano che la visione di Silence è un’esperienza intima, introspettiva, che richiede pazienza, riflessione e abbandono. Il drammatico viaggio che Padre Rodrigues e Padre Garupe intraprendono per ritrovare il loro padre spirituale, da tempo scomparso, forse apostata e convertito al buddismo, è infatti, prima di tutto, un viaggio interiore e mistico. Fin dallo sbarco in terra nipponica la fede e la vocazione dei due gesuiti saranno messe a dura prova, dovranno affrontare situazioni tremende, umiliazioni e torture ai limiti dell’immaginabile. Il contesto storico è quello della persecuzione delle prime comunità cristiane da parte dello shogunato di Tokugawa, massima autorità del Giappone feudale, deciso a stroncare qualsiasi tentativo di proselitismo da parte dei missionari cattolici. Le brutalità e la violenza che attraversano le varie tappe della via crucis di Padre Rodrigues, però, non offuscano le questioni religiose e sociali, tra l’altro quanto mai attuali, che via via si presentano: è legittimo ignorare l’identità culturale e religiosa di un popolo per cercare di diffondere la propria fede? Considerare il proprio credo la Verità rivelata ne comporta l’effettiva superiorità? Dall’altra parte, la difesa dei valori della propria tradizione ha dei limiti o giustifica qualsiasi reazione? Domande e questioni spinose, certo, ma non centrali. A Scorsese non interessa tanto lo scontro tra culture ma l’intima tragedia umana, la solitudine dell’uomo di fronte alla violenza e al lacerante silenzio di Dio. Non sono solo fisici i tormenti attorno a cui ruota la crisi di Padre Rodrigues. La scelta tra l’abiura, calpestando il fumie, la tavoletta con l’immagine di Cristo, e il martirio dei fratelli cristiani, mette a nudo non la sua fede ma il suo orgoglio, la sua superbia. E’ vera fede arrivare a immedesimarsi in Cristo, identificarsi in lui? Alla superbia culturale di considerare come assoluta la propria religione ne subentra una più intima, soggettiva. Sarà l’agognato incontro con il convertito Padre Ferreira a ridare un senso alla fede di Padre Rodrigues, trasformando l’abiura e l’apostasia nell’atto d’amore più grande: accogliere il messaggio di Cristo amando il prossimo come se stessi. Come tutte le opere d’arte Silence non finisce con i titoli di coda. E’ una visione che certamente disturba e confonde, ma anche arricchente sotto il punto di vista spirituale e intellettuale. La profondità delle tematiche che affronta emerge pian piano. Personalmente ho compreso solo nei giorni successivi l’importanza della figura di Kichijiro, che continua a tradire e chiedere perdono, quasi come Giuda, tanto miseramente umano da contrapporsi alla vanità di Rodrigues. Come non è facile cogliere immediatamente i numerosi rimandi ai Vangeli, disseminati nella storia con grande rispetto e senso della misura. Dal punto di vista cinematografico le ammalianti e rigorose inquadrature di un maestro come Scorsese sono esaltate dalla straordinaria fotografia di Rodrigo Prieto, fredda e cupa nella prima parte per poi passare a colori più caldi nel finale. Magnifiche anche le interpretazioni di tutti gli attori, credibili e toccanti a partire da Andrew Garfield, finalmente liberato dai ruoli più commerciali nell’anno della sua consacrazione. Silence rappresenta per l’opera di Scorsese quasi un testamento spirituale. “E’ stato fondamentale realizzarlo in questo momento della mia vita – ha affermato – prima sarebbe stato presuntuoso. Questo lungo processo di gestazione è diventato un modo di vivere con la storia del romanzo, di vivere la mia vita attorno ad essa. Uno sprone continuo a riflettere sulla fede e sulla vita.” In quest’epoca “usa e getta”, dove tutto è frenetico, una rara opportunità di riflessione e introspezione che ricompensa ampiamente la fatica e l’impegno della visione.
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elpanez
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venerdì 13 gennaio 2017
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potente, immersivo, toccante e riflessivo!
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Ho cercato di informarmi il meno possibile sull'ultima fatica di Scorsese semplicemente per entrare in sala senza pregiudizi inutili.
Silence ti catapulta in un'era di odio fra religioni, in un'era in cui il cristianesimo vuole espandersi a tutto il mondo sottomettendo così usi e costumi dei popoli. Apprezzo moltissimo il coraggio di Scorsese nel cimentarsi in una pellicola azzardata, diversa e fuori dai suoi tipici canoni.
La regia è pazzesca, il film vola, non ci sono punti morti e scorre tutto chiaramente. Nota di merito a molte inquadrature davvero spettacolari e che possono tranquillamente rientrare tra le migliori degli ultimi anni, mozzafiato.
La sceneggiatura è nel complesso più che buona, lascia spazi a monologhi davvero ben costruiti e toccanti, usando similitudini degne di un'opera poetica rinascimentale (chiaramente non la sto parlando a quest'ultime).
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Ho cercato di informarmi il meno possibile sull'ultima fatica di Scorsese semplicemente per entrare in sala senza pregiudizi inutili.
Silence ti catapulta in un'era di odio fra religioni, in un'era in cui il cristianesimo vuole espandersi a tutto il mondo sottomettendo così usi e costumi dei popoli. Apprezzo moltissimo il coraggio di Scorsese nel cimentarsi in una pellicola azzardata, diversa e fuori dai suoi tipici canoni.
La regia è pazzesca, il film vola, non ci sono punti morti e scorre tutto chiaramente. Nota di merito a molte inquadrature davvero spettacolari e che possono tranquillamente rientrare tra le migliori degli ultimi anni, mozzafiato.
La sceneggiatura è nel complesso più che buona, lascia spazi a monologhi davvero ben costruiti e toccanti, usando similitudini degne di un'opera poetica rinascimentale (chiaramente non la sto parlando a quest'ultime). D'altronde ,riscontro, soprattutto nel finale, un buco enorme a me ingiustificato (l'olandese?!) che mi ha dato parecchio fastidio.
La fotografia varia dal frame che risulta un' opera d'arte all'eccessivo colore surreale, qualche errore ma nel complesso alcuni frame non ve li toglierete dalla testa.
La colonna sonora non potrebbe essere più azzeccata: Il NULLA, non esiste, questo silenzio ti catapulta nell'animo del protagonista e nell'ambiente che lo circonda, i rumori della natura, il silenzio di Dio... mozzafiato.
Attori eccellenti nel complesso, Adam Driver perfetto nel suo ruolo come Andrew Garfield che ha dato la certezza di rivelarsi un grande attore.
Infine un film azzardato e che fa riflettere su quanto una persona possa spingersi per diffondere una fede e, così facendo, distruggere le fedi altrui. Una pellicola umana che usa la religione come provocazione al comportamento umano.
Caro Martin, hai guadagnato un punto in più superandoti in un campo a te sconosciuto, ottimo lavoro.
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samanta
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lunedì 6 febbraio 2017
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il silenzio e la fede
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Complessa è la storia dei cristiani giapponesi. L'evangelizzazione cominciò con i gesuiti nel 1549 e per alcuni decenni progredì, non solo nelle classi umili ma anche tra i samurai. alla fine del '500 i cattolici erano circa 300.000. Poi cominciarono le persecuzioni a varie ondate e fra il 1620e il 1640 vennero praticamente uccisi tutti i preti stranieri e giapponesi e circa 40.000 fedeli moltissimi sottoposti a tortura furono costretti all'abiura. Ci fu anche una rivolta dei samurai cristiani che dopo varie battaglie furono sconfitti. Il Giappone si chiuse ai contatti con gli stranieri e si riaprirà all'esterno solo intorno al 1860. Il film di Scorsese si colloca intorno al 1640 nel pieno dele persecuzioni : due gesuiti giovani a macao convincono il loro superiore ad andare clandestinamente in giappone per appurare se veramente Padre Ferreira che era stato il loro maestro abbia abiurato.
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Complessa è la storia dei cristiani giapponesi. L'evangelizzazione cominciò con i gesuiti nel 1549 e per alcuni decenni progredì, non solo nelle classi umili ma anche tra i samurai. alla fine del '500 i cattolici erano circa 300.000. Poi cominciarono le persecuzioni a varie ondate e fra il 1620e il 1640 vennero praticamente uccisi tutti i preti stranieri e giapponesi e circa 40.000 fedeli moltissimi sottoposti a tortura furono costretti all'abiura. Ci fu anche una rivolta dei samurai cristiani che dopo varie battaglie furono sconfitti. Il Giappone si chiuse ai contatti con gli stranieri e si riaprirà all'esterno solo intorno al 1860. Il film di Scorsese si colloca intorno al 1640 nel pieno dele persecuzioni : due gesuiti giovani a macao convincono il loro superiore ad andare clandestinamente in giappone per appurare se veramente Padre Ferreira che era stato il loro maestro abbia abiurato. Li accompagno un giapponese ubriacone Kichijiro che poi si scoprirà che ha abiurato e abiura ancora e che li tradirà. I due gesuiti vivono insieme ai contadini cristiani che conducono una vita misera e sono vessati dai feudatari e dai giudici che cercano di scoprire se sono cristiani. Uno dei due Padre Garrupe morirà martire in modo atroce cercando di difendere alcuni contadini torturati e uccisi, l'altro padre Rodrigues viene mantenuto in vita è convinto che sopporterà il martirio ma le sue certezze vengono meno quando incontra padre Ferreira che è diventato buddista e che cerca di convnicerlo nell'inutilità della sua missione, il gesuità cederà per impedire che cinque contadini vengano uccisi in maniera atroce. Scorsese in modo veramente elevato cerca di approfondire il silenzio di Dio, che non fa nulla davanti a queste atrocità. da una parte si vede la fede dei semplici fedeli che tutto sopportano nell'attesa di andare in paradiso e avere una vita migliore e dall'altra la debolezza della fede del gesuita. Però il film al contrario del libro a cui si è ispirato assai fedelmente da una risposta: Dio parla attraverso l'interprete traditore che chiede per l'ennesima volta a padre Rodrigues ormai apostata ma ancora sacerdote di essere assolto e nel finale quando il gesuita muore sua moglie (si era ormai sposato costretto dalle autorità) gli mette tra le mani un piccolo crocefisso che era stato fabbricato dai suoi fedeli, non tutto era quindi perduto. Un film intenso di cui si deve assoparare la lentezza, bei costumi e una bella fotografia, ottime l'interpretazioni di Ferreira (Liam Neeson) e di Rodrigues (Andrew Garfield) e anche degli altri attori. Scorsese ha fatto un grande film. Due secoli dopo quando il Giappone si riaprì agli stranieri i missionari trovarono con il loro stupore alcune migliaia di cristiani che avevano nascostamente mantenuto la loro fede. A proposito l'ammiraglio Yamamoto comandante della flotta giapponese e che ordinò l'attacco di Pearl Habour era un convertito cattolico.
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andrea1974
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sabato 14 gennaio 2017
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il silenzio, viaggio da togliere il fiato
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Non è un film, Silence, ma un viaggio. Un viaggio nella coscienza umana, scandagliandone follia e fraternità, ragione e fede, risposta etica e incoerenza umana; un viaggio nella storia, paradigma di quanto e come il cristianesimo abbia fondato la civiltà occidentale, si sia incontrato e scontrato con altre culture, con la politica e il potere, vittima e carnefice al contempo; un viaggio spirituale, veramente, profondamente e assurdamente spirituale: non troveremo un film religioso, ma un capolavoro spirituale; un viaggio cinematografico, con i tempi lunghi, dialoghi e silenzio immensi,scene da togliere il fiato; un viaggio intellettuale, in cui non si trovano facili risposte, ma una ricerca sincera e appassionata della vita e della fede, del senso e dell'assurdo.
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Non è un film, Silence, ma un viaggio. Un viaggio nella coscienza umana, scandagliandone follia e fraternità, ragione e fede, risposta etica e incoerenza umana; un viaggio nella storia, paradigma di quanto e come il cristianesimo abbia fondato la civiltà occidentale, si sia incontrato e scontrato con altre culture, con la politica e il potere, vittima e carnefice al contempo; un viaggio spirituale, veramente, profondamente e assurdamente spirituale: non troveremo un film religioso, ma un capolavoro spirituale; un viaggio cinematografico, con i tempi lunghi, dialoghi e silenzio immensi,scene da togliere il fiato; un viaggio intellettuale, in cui non si trovano facili risposte, ma una ricerca sincera e appassionata della vita e della fede, del senso e dell'assurdo. Capita così di rado di immergersi completamente in un film e di uscirne potentemente consapevoli ed emotivamente provati: per questo lo ritengo un grande film, un immenso cinema.
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lgiulianini
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domenica 30 aprile 2017
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il coraggio di scorsese.
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Se esistono due visioni religiose destinate a coesistere, esse sono proprio il cristianesimo ed il buddhismo. Se esse differiscono e notevolmente per visione cosmologica e prospettiva escatologica, sono praticamente assimilabili sotto il profilo etico: l'amore per gli altri e la compassione, la solidarietà ed il dono disinteressato di se stessi caratterizzano il messaggio di Shiddarta Gautama Sakyamuni (il Buddha storico), quanto se non di più di quello di Gesù di Nazareth, vissuto peraltro circa seicento anni dopo il Maestro orientale. Le persecuzioni e le violenze perpetrate ai danni dei cristiani e dei sacerdoti dal potere politico nel corso delle prime fasi del tentativo di penetrazione commerciale in Oriente, da parte delle potenze mercantili del tempo correttamente ricordate dall'inquisitore a padre Rodrigues durante una delle numerose conversazioni tra loro intercorse, Inghilterra, Spagna, Olanda e Portogallo appunto, è quanto di meno buddhistico si possa immaginare in assoluto: infliggere sofferenze ad un essere vivente in qualsiasi forma, e maggiormente nella forma umana, danneggia il Karma di chi agisce in forma irrimediabile in misura proporzionale al dolore inferto.
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Se esistono due visioni religiose destinate a coesistere, esse sono proprio il cristianesimo ed il buddhismo. Se esse differiscono e notevolmente per visione cosmologica e prospettiva escatologica, sono praticamente assimilabili sotto il profilo etico: l'amore per gli altri e la compassione, la solidarietà ed il dono disinteressato di se stessi caratterizzano il messaggio di Shiddarta Gautama Sakyamuni (il Buddha storico), quanto se non di più di quello di Gesù di Nazareth, vissuto peraltro circa seicento anni dopo il Maestro orientale. Le persecuzioni e le violenze perpetrate ai danni dei cristiani e dei sacerdoti dal potere politico nel corso delle prime fasi del tentativo di penetrazione commerciale in Oriente, da parte delle potenze mercantili del tempo correttamente ricordate dall'inquisitore a padre Rodrigues durante una delle numerose conversazioni tra loro intercorse, Inghilterra, Spagna, Olanda e Portogallo appunto, è quanto di meno buddhistico si possa immaginare in assoluto: infliggere sofferenze ad un essere vivente in qualsiasi forma, e maggiormente nella forma umana, danneggia il Karma di chi agisce in forma irrimediabile in misura proporzionale al dolore inferto. Da quello che si vede nel film, con la quantità immane di sofferenze inflitte, secondo il messaggio del Buddha, l'inquisitore ed il suo manipolo di sgherri e funzionari si condannano irrimediabilmente a quello che è il vero inferno buddhista: un ciclo eterno di rinascite in forma sempre più abbietta nel Samsara (il mondo terreno) subendo sofferenze inenarrabili, preclusa ormai senza rimedio la possibilità di acquisire la Bodycitta, la conoscenza illuminante indispensabile a conseguire Nirvana, il vero Paradiso Buddhista, interrompendo per sempre il ciclo di rinascite che condanna a vecchiaia, malattia, sofferenza, morte. Premesso questo appare chiaro che allora come oggi purtroppo, il potere politico di turno ha sempre piegato il messaggio religioso, malinteso umiliato e contraddetto come si vede, per perpetrare i propri fini, i propri nazionalismi, la propria mefitica influenza su popoli e nazioni, scatenando guerre ferocissime in nome di messaggi incentrati in maniera sostanziale sull'amore universale senza se e senza ma. Certo le differenze culturali si fanno sentire soprattutto in alcuni dei convertiti, come ad esempio la coppia di sposi che battezzando la loro bambina pensano si realizzi il “paraiso” in terra, ovvero l'ineffabile Kichijiro (interpretato da un bravissimo Yosuke Kubozuka), convinto che basti confessarsi per ricominciare beatamente a peccare come e più di prima in attesa della prossima confessione. Così come sull'altro fronte non mancano esempi di sacerdoti (padre Juan, di cui i Padres Rodrigues e Garrupe hanno notizia dai “khiristan” del villaggio di Goto), che rifiutano di imparare la lingua pur predicando, ma comunque la visione di molti convertiti è sostanzialmente corretta, il messaggio di Gesù-Deus è un messaggio salvifico ed egualitario, in nome di esso molti affronteranno coraggiosamente ogni forma di martirio. Perché Silence, è qui riluce il grande coraggio di Martin Scorsese nel concepire e realizzare quest'opera, è sostanzialmente un film di martirio. Infatti la strategia del Governo giapponese del diciassettesimo secolo per estirpare una fede cristiana che diventava via via sempre più rigogliosa, cambiò nel corso del tempo. Se nella prima fase direttamente i sacerdoti venivano catturati, torturati ed uccisi con sottigliezza tutta orientale, in una fase successiva, siccome questo modo di fare creava veri martiri ed aumentava i proseliti, i sacerdoti venivano sottoposti ad ogni forma di tortura soprattutto spirituale, per piegarne la determinazione e costringerli ad abiurare, soffocando così la nuova religione “ab origine”. Così i Padres venivano condannati ad assistere alle torture, seguite da crudelissimi martiri, dei propri fedeli, perlopiù contadini che contavano meno di nulla per il Potere, sofferenze inenarrabili, che loro avrebbero potuto interrompere abiurando, cioè semplicemente calpestando una immagine del Cristo. Assistiamo perciò all'incredibile serie di sofferenze dei propri fedeli cui Padre Rodrigues (un ottimo Andrew Garfield), sarà costretto a presenziare, soffrendo pene indicibili in solitudine assoluta, rivolgendo disperate preghiere sempre più mute, di fronte all'inesorabile silenzio di Dio. Peggiore sorte toccherà al confratello Padre Garrupe, che morirà nel tentativo di salvare una convertita dall'annegamento. Il tormento di Rodrigues è lungo, doloroso e brutale, un uomo che si sente sempre più solo di fronte al Male che urla e si realizza senza pietà, di fronte al silenzio del bene cui Padre Rodrigues ha consacrato ed affidato la sua vita fisica e spirituale, al cospetto di una umanità vilipesa, torturata, crocefissa, uccisa brutalmente di fronte ai suoi occhi ogni giorno, cosa che cesserebbe subito se solo lui abiurasse. E' in questo momento che Rodrigues non casualmente viene “fatto incontrare” dall'inquisitore con Padre Ferreira, suo Padre spirituale, che lui insieme al confratello erano venuti a cercare non credendo alla sua abiura, che lo convincerà a questo punto con relativa facilità, a compiere la sua stessa scelta: abiurare per salvare tanta gente, tanti inermi seguaci destinati altrimenti a torture inumane, persecuzioni brutali e morti ferocissime, perché ormai è chiaro che “la preghiera non aiuta, l'abiura sì” di fronte all'ineffabile silenzio di Dio. Così si compirà il destino di Padre Rodrigues, apostata per amore degli esseri inermi altrimenti destinati al martirio, destinati all'orrore se anche lui rimanesse silente, come Dio. Come Padre Ferreira prima di lui, anche Rodrigues assumerà nome giapponese e moglie, e vivrà fedele al governo per il resto dei suoi giorni, fino alla rivelazione finale del suo vero essere, celata nel silenzio e nel mistero dell'urna funeraria, tenuto stretto tra le mani. Silence è un film commovente, impegnativo e stupendo, splendidamente fotografato e realizzato, un film da vedere e rivedere, da pensare e ripensare, che tocca sapientemente corde profondissime e riesce ancora a farle vibrare, illuminante per capire molti aspetti dell'umana brutalità, così come dell'anelito salvifico che santifica anche se solo per un attimo ciascuno di noi. Da non perdere, assolutamente.
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(di lgiulianini)
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