felicity
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mercoledì 24 febbraio 2021
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film non immediato, di forte tensione ideologica
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Silence è un film veramente personale, la prova inconfutabile della tenuta del cinema di Scorsese, un cinema espressionista, estremo nei sentimenti e nella violenza, carico di religiosità, blasfemia, allucinazione, rigore, passione.
E' un film di pura precisione, di ragionato, inevitabile controllo. Non un esempio di ascetismo dell’immagine quanto, piuttosto, il risultato di un lungo lavoro di analisi e separazione della propria estetica; l’essenza del cinema di Scorsese, ciò che ne resta dopo anni di riflessioni più o meno esplicite sulla fede, la predestinazione, il legame fra umano e divino, l’appartenenza a un mondo e il dubbio sulla propria sopravvivenza al suo interno.
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Silence è un film veramente personale, la prova inconfutabile della tenuta del cinema di Scorsese, un cinema espressionista, estremo nei sentimenti e nella violenza, carico di religiosità, blasfemia, allucinazione, rigore, passione.
E' un film di pura precisione, di ragionato, inevitabile controllo. Non un esempio di ascetismo dell’immagine quanto, piuttosto, il risultato di un lungo lavoro di analisi e separazione della propria estetica; l’essenza del cinema di Scorsese, ciò che ne resta dopo anni di riflessioni più o meno esplicite sulla fede, la predestinazione, il legame fra umano e divino, l’appartenenza a un mondo e il dubbio sulla propria sopravvivenza al suo interno.
Silence è un film girato il più possibile in continuità, cioè facendo coincidere l’ordine delle riprese con l’ordine delle sequenze: questo potrebbe spiegarne la compattezza visiva e soprattutto emotiva, una voce uniforme che comprende senza soffocarli o annientarli anche i picchi drammatici del racconto.
La voce over aiuta le immagini ad ancorarsi alla materia di cui è fatto il film, a cogliere il senso imperscrutabile e misterioso di una storia di fede e violazione, rinuncia e paura.
Il tono piano e sconsolato delle voci degli interpreti fa pensare alle invocazioni tipiche del cinema di Malick: ma in Silence la parola non è preghiera; è testimonianza, a volte semplice resoconto.
In Silence c’è qualcosa che Scorsese non aveva mai affrontato in maniera così evidente e naturale: il rapporto fra il racconto, la sua origine e il suo andamento, e l’immagine di Cristo.
Scorsese mantiene un tono distaccato, algido, controllatissimo. Senza le solite carrellate, le classiche zenitali, le proverbiali gimcane della macchina da presa. Senza cercare mai la scorciatoia, l’empatia, lo spettacolo, senza prendere per mano lo spettatore (che si ritrova così nella medesima situazione del gesuita “abbandonato” dal Signore). Silence non è un film immediato. Va meditato. Visivamente è molto bello e molte scene hanno notevole qualità pittorica e potenza allegorica. D’altra parte i contributi tecnici di Rodrigo Prieto (fotografia), di Dante Ferretti e di Francesca Lo Schiavo (scenografia) non si discutono. Nulla da ridire nemmeno sul talento di Andrew Garfield e di Adam Driver o sulla maestria di Liam Neeson, ma mai come stavolta il peso dell’attore deve fare i conti con una messa in scena dall’ingegneria implacabile.
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dandy
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sabato 6 febbraio 2021
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"e'' una semplice formalità"
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Dopo "L'ultima tentazione di Cristo" Scorsese torna dedicarsi a un progetto da lui fortemente sentito e voluto,covato per molti anni.Adattando fedelmente il romanzo "Silenzio" di Shushaku Endo(dal quale erano già stati tratti i film "Silenzio" del '71 e "Os Olbos da Asia" del '96,entrambi inediti da noi)il regista espone nuovamente i temi del sacrificio cristiano,dell'accettazione del proprio tragico destino e della consapevolezza tormentata di un destino di dolore sia tanto nel corpo quanto nello spirito,dal momento che qui l'estremo sacrificio non consiste nel martirio ma nell'apostasia.Un discorso indubbiamente potente e non di facile gestione,confezionato con impeccabile cura e suggestione visiva(di grande impatto le sequenze delle crocefissioni in mare e degli annegamenti che Garupe cerca invano di impedire)ma non sempre azzeccato nei momenti decisivi.
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Dopo "L'ultima tentazione di Cristo" Scorsese torna dedicarsi a un progetto da lui fortemente sentito e voluto,covato per molti anni.Adattando fedelmente il romanzo "Silenzio" di Shushaku Endo(dal quale erano già stati tratti i film "Silenzio" del '71 e "Os Olbos da Asia" del '96,entrambi inediti da noi)il regista espone nuovamente i temi del sacrificio cristiano,dell'accettazione del proprio tragico destino e della consapevolezza tormentata di un destino di dolore sia tanto nel corpo quanto nello spirito,dal momento che qui l'estremo sacrificio non consiste nel martirio ma nell'apostasia.Un discorso indubbiamente potente e non di facile gestione,confezionato con impeccabile cura e suggestione visiva(di grande impatto le sequenze delle crocefissioni in mare e degli annegamenti che Garupe cerca invano di impedire)ma non sempre azzeccato nei momenti decisivi.Lo scontro tra differenti culture e religioni è poco approfondito,limitato all'importanza di evitare sofferenze inutili(i dialoghi tra Rodriguez e l'inquisitore o il rinnegato Ferreira sulla "palude del Giappone")e la figura del protagonista assume una connotazione cristologica troppo forzata(che comprende l'immagine di Gesù in una pozzanghera e alla fine lo sente chiedere di caplestrare la sua immagine)così come quella di Kichijiro il ruolo di Giuda con i suoi continui tradimenti.Anche l'ultimissima sopresa su Rodriguez smorza l'impatto stesso del suo sacrificio spirituale.Prodotto tra gli altri da Vittorio Cecchi Gori e lo stesso Scorsese.Il regista Shinya Tsukamoto è Mokichi.
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giulio andreetta
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domenica 19 luglio 2020
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capolavoro assoluto
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Ci troviamo indubbiamente di fronte ad un altro grande capolavoro di Martin Scorsese. Impossibile enumerare in modo sintetico tutti i pregi di questa pellicola, che contiene anche notevoli, profonde e raffinate considerazioni di carattere teologico ed etico. I dialoghi colpiscono per la loro intelligenza, e per l'acume con cui viene tratteggiata la testimonianza di vita del Vangelo. La vicenda è anch'essa concepita in modo originale e narra della spedizione di due preti missionari portoghesi in Giappone, alla ricerca di un altro padre, interpretato da Liam Neeson. In buona sostanza la pellicola descrive le persecuzioni che dovettero subire alcuni abitanti dei villaggi del Giappone a causa della fede cristiana.
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Ci troviamo indubbiamente di fronte ad un altro grande capolavoro di Martin Scorsese. Impossibile enumerare in modo sintetico tutti i pregi di questa pellicola, che contiene anche notevoli, profonde e raffinate considerazioni di carattere teologico ed etico. I dialoghi colpiscono per la loro intelligenza, e per l'acume con cui viene tratteggiata la testimonianza di vita del Vangelo. La vicenda è anch'essa concepita in modo originale e narra della spedizione di due preti missionari portoghesi in Giappone, alla ricerca di un altro padre, interpretato da Liam Neeson. In buona sostanza la pellicola descrive le persecuzioni che dovettero subire alcuni abitanti dei villaggi del Giappone a causa della fede cristiana. Le immagini dolorose e commoventi del martirio di questi innocenti riporta lo spettatore ad una continua e intuitiva comparazione con il racconto evangelico, con la Passione di Gesù. Come si sa Martin Scorsese è profondamente religioso, e lo testimonia la sua biografia, in quanto da giovane frequentò per un anno il seminario con l'intento di predere i voti per divenire prete. Oltre a questa pellicola, inoltre, si può menzionare, sempre per il tema religioso, il film del maestro intitolato L'ultima tentazione di Cristo. Scorsese interpreta il Vangelo a mio avviso in modo molto simile a Pasolini, come testimonianza di un anelito di amore nei confronti degli 'ultimi', degli emarginati. Insomma un film ricco di riflessioni, profondo, e che testimonia anche molto bene la personale visione poetica e di vita di Scorsese, ricca di pietas, solidarietà, e di condanna della violenza. La recitazione dei due giovani attori che interpretano i due preti (Andrew Garfield e Adam Driver) è credibile e ben diretta, come anche la prova di Liam Neeson. La figura del Grande Inquisitore è tratteggiata con sapienza da Issei Ogata. Per tutti questi elementi - non ultima una splendida fotografia che ritrare i villaggi del Giappone non meno che stupendi paesaggi costieri -, e per alcune frasi che si stampano nella memoria in modo indelebile, il film è da ritenersi un capolavoro.
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onufrio
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giovedì 24 gennaio 2019
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questione di fede
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Giappone, 1633. Alla notizia che Padre Ferreira, in missione in Giappone per diffondere il cattolicesimo, si sia convertito, due giovani preti seguaci di Ferreira non credono alla notizia, decidono di partire per il Giappone alla ricerca dell'uomo. Inizia così un lungo e doloroso viaggio spirituale che metterà costantemente alla prova le certezza di Padre Rodrigues e Padre Garupe. Il rapporto di Scorsese con la fede venne già affrontato in altre suo opere come ad esempio "L'ultima tentazione di Cristo". Con questa pellicola il regista pone un'altra visione della religione, attuata in un mondo diverso da quello europeo, in quell'epoca infatti i giapponesi che si professano cristiani venivano perseguitati e torturati duramente per indurli alla conversione.
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Giappone, 1633. Alla notizia che Padre Ferreira, in missione in Giappone per diffondere il cattolicesimo, si sia convertito, due giovani preti seguaci di Ferreira non credono alla notizia, decidono di partire per il Giappone alla ricerca dell'uomo. Inizia così un lungo e doloroso viaggio spirituale che metterà costantemente alla prova le certezza di Padre Rodrigues e Padre Garupe. Il rapporto di Scorsese con la fede venne già affrontato in altre suo opere come ad esempio "L'ultima tentazione di Cristo". Con questa pellicola il regista pone un'altra visione della religione, attuata in un mondo diverso da quello europeo, in quell'epoca infatti i giapponesi che si professano cristiani venivano perseguitati e torturati duramente per indurli alla conversione.
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roberto
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giovedì 20 settembre 2018
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finalmente un giudizio negativo!
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Sono d'accordo. Dissento dal tuo giudizio solo per quanto riguarda la fotografia che a mio avviso è banale e per quanto riguarda gli attori: io la penso esattamente al contrario. Anzi, l'inquisitore mi sembra il personaggio più azzeccato, più "umano" (non nel senso di un'ipotetica bontà, ma nel senso di "verosimiglianza" cioè con tutte le sfaccettature di una persona reale; perché gli altri hanno ben poco di "reale"). Se vuoi leggere la mia recensione è qua pubblicata a nome Roberto. Ciao e complimenti!
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roberto
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mercoledì 19 settembre 2018
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noiosissimo
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Lentissimo, noiosissimo, senza un appiglio emotivo accattivante sincero. Sembra tutto artificioso, anche se i sapidi contenuti avrebbero avuto la possibilità di essere "vibranti", direi molto vibranti. I grandi attori americani non riescono ad essere convincenti: bravissimi solo quelli giapponesi. Fotografia senza spicco. Ho visto tutto, a fatica, fino alla fine, solo per curiosità personale, certamente non indotta dalla narrazione del film, che non è riuscito a toccare minimamente il mio spirito. Che peccato! Secondo me Scorsese stavolta ha fatto fiasco, e mi dispiace!
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xerox
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domenica 16 settembre 2018
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il silenzio di un dio che non esiste.
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Il film è bello, e a me è piaciuto. Ben fatto. Ma entrando nel merito dei tormenti religiosi di Scorsese, riporto una mia considerazione che fa andare in tilt tutti i ferventi cattolici a cui la rivolgo, e cioè: ma vi rendete conto che se foste nati 2000 chilometri più in basso, invece che in una chiesa andreste a pregare in una moschea e avreste la testa infazzolettata? Che se foste nati qualche chilometro più a est, andreste ad accendere i bastoncini d'incenso in un tempio nel quale si venera un tizio accovacciato in evidente sovrappeso? Che senso ha tutto questo?
Ma è veramente così dura per l'uomo accettare l'idea che non esista NESSUN dio? Che si nasce e si muore, e poche chiacchiere?
Da laici non possiamo che provare infinita pietà per tutti quegli uomini e donne che si sono fatti uccidere per qualcosa che non esiste e che è avvolta nel silenzio di un dio inesistente.
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Il film è bello, e a me è piaciuto. Ben fatto. Ma entrando nel merito dei tormenti religiosi di Scorsese, riporto una mia considerazione che fa andare in tilt tutti i ferventi cattolici a cui la rivolgo, e cioè: ma vi rendete conto che se foste nati 2000 chilometri più in basso, invece che in una chiesa andreste a pregare in una moschea e avreste la testa infazzolettata? Che se foste nati qualche chilometro più a est, andreste ad accendere i bastoncini d'incenso in un tempio nel quale si venera un tizio accovacciato in evidente sovrappeso? Che senso ha tutto questo?
Ma è veramente così dura per l'uomo accettare l'idea che non esista NESSUN dio? Che si nasce e si muore, e poche chiacchiere?
Da laici non possiamo che provare infinita pietà per tutti quegli uomini e donne che si sono fatti uccidere per qualcosa che non esiste e che è avvolta nel silenzio di un dio inesistente.
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liuk!
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martedì 2 gennaio 2018
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pessimo
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Esco totalmente dal coro e mi distacco dagli entusiasti giudizi della critica su Silence. Il nuovo lavoro di Scorsese è terribilmente noioso, ridondante per quasi tre ore. La semplice trama di due gesuiti che vanno nel giappone seicentesco tentando l'inutile strada della conversione si esaurisce in meno di mezz'ora e quello che rimane sono torture ed inquisizioni sempre uguali. Buona la fotografia anche se l'utilizzo della computer grafica è molto banale ed imprecisa. Discreti gli attori occidentali mentre quelli asiatici sono dilettantistici. Il doppiaggio è scandaloso, soprattutto per quanto riguarda l'inquisitore che diventa una macchietta fumettistica.
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Esco totalmente dal coro e mi distacco dagli entusiasti giudizi della critica su Silence. Il nuovo lavoro di Scorsese è terribilmente noioso, ridondante per quasi tre ore. La semplice trama di due gesuiti che vanno nel giappone seicentesco tentando l'inutile strada della conversione si esaurisce in meno di mezz'ora e quello che rimane sono torture ed inquisizioni sempre uguali. Buona la fotografia anche se l'utilizzo della computer grafica è molto banale ed imprecisa. Discreti gli attori occidentali mentre quelli asiatici sono dilettantistici. Il doppiaggio è scandaloso, soprattutto per quanto riguarda l'inquisitore che diventa una macchietta fumettistica.
Pellicola veramente da dimenticare.
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rogerhopkins
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martedì 7 novembre 2017
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grande scorsese
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Ottimo film di Martin Scorsese che definirlo profondo sarebbe quasi scontato. La fotografia è qual cosa di sensazionale per non parlare della storia interessante quanto il significato che prende appunto molto dal titolo. Il silenzio appunto lo so capirá nel finale. Degne le interpretazioni di Andrew Garfyeld e Adam Driver mentre fantastica è stata quella di Liam Neeson. Buona la caratterizzazione dei personaggi anche se alcuni risultano più approfonditi di altri. Scenografie splendide di una terra come il Giappone e ottimi anche gli effetti visivi. Consigliato ma non per tutti.
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silvana
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venerdì 29 settembre 2017
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un profondissimo viaggio attraverso la fede!
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“Silence”, contrariamente a quanto si pensa, non vuole far commuovere o inorridire di fronte alle pratiche di tortura spiattellate senza filtri; “Silence” vuole fare semplicemente RIFLETTERE. E non vuole far riflettere su pratiche anticristiane oramai anacronistiche o su problemi di spiritualità circoscritti ad un ben preciso arco cronologico. “Silence” fa riflettere su una questione universale, senza tempo: LA FEDE. È proprio la fede quell’impalpabile motore narrativo, senza il quale i due preti protagonisti non si sarebbero imbattuti nel periglioso cammino che li conduce a padre Ferreira. Padre Rodriguez e Padre Francisco sono a conoscenza delle spietate persecuzioni anticristiane in cui versa il Giappone, ciononostante ottengono a tutti i costi di approdarvi: il desiderio di rivedere il loro mentore, guidati dalla forza della fede (per l’appunto), surclassa la paura dell’inquisizione nipponica.
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“Silence”, contrariamente a quanto si pensa, non vuole far commuovere o inorridire di fronte alle pratiche di tortura spiattellate senza filtri; “Silence” vuole fare semplicemente RIFLETTERE. E non vuole far riflettere su pratiche anticristiane oramai anacronistiche o su problemi di spiritualità circoscritti ad un ben preciso arco cronologico. “Silence” fa riflettere su una questione universale, senza tempo: LA FEDE. È proprio la fede quell’impalpabile motore narrativo, senza il quale i due preti protagonisti non si sarebbero imbattuti nel periglioso cammino che li conduce a padre Ferreira. Padre Rodriguez e Padre Francisco sono a conoscenza delle spietate persecuzioni anticristiane in cui versa il Giappone, ciononostante ottengono a tutti i costi di approdarvi: il desiderio di rivedere il loro mentore, guidati dalla forza della fede (per l’appunto), surclassa la paura dell’inquisizione nipponica.
Quello che i due padri portoghesi scoprono nel villaggio è brutalmente sorprendente: un gruppo di christian (questo è il nome con cui si identificano) vive nel fango, di nascosto, al buio, al “silenzio”. Si tratta di un gruppo di cristiani intrisi di una fede profondissima! Tanto profonda da spingerli a condurre una vita disumana, regolata da soli sotterfugi pur di scampare agli occhi dell’inquisitore. Una vita che snerva già dal secondo giorno di permanenza i nostri due preti. Quest’ultimi toccano con mano la fame vera, non dovuta a mancanza di cibo ma dovuta all’assenza di segni di spiritualità. Non una chiesa in quel villaggio, non un simbolo dell’eucarestia, non un crocefisso, non un prete che possa dissolverli dai peccati. In quel villaggio esiste solo un inconsistente “deus” che dà loro speranza di un aldilà migliore: “Nel paradiso non si pagano le tasse, non c’è la guerra, si vive bene”. Sono proprio queste le parole pronunciate da una giovane christian che sta per essere imbacuccata con la paglia e arsa viva per ordine dell’inquisitore (ed è solo una delle tante tipologie di condanne a morte che Scorsese non risparmia ai suoi spettatori).
Ma la fede professata dai christian coincide con i dettami del Vangelo? Credono davvero che il loro Deus abbia voluto per loro una sorte simile e li abbia destinati tutti ad un Paradiso in cui vivere in eterno? Pregare Dio “silenziosamente” (da cui il titolo) sarebbe l’additivo a tutte le guerre e persecuzioni scatenate dalla supremazia della Chiesa? Papabili risposte sembrano provenire dalla seconda parte del film, che vede il fitto dialogo tra uno dei due padri sopravvissuti e il ritrovato Padre Ferreira (magistralmente interpretato da Liam Neeson), il quale rivela le motivazioni della sua abiura con fredda razionalità.
Quello che descrive “Silence” è lo spaccato di due culture agli antipodi che sembrano non trovare un punto di congiunzione; è la rappresentazione di un capitolo di storia seicentesca in parte camuffato dai libri, che stimola alla ricerca di risposte di senso anche a distanza di secoli. Bellissimo, a mio modesto parere, il modo attraverso cui viene affrontato il tema dell’iconografia cristiana. Non è un caso che la più toccante delle scene sia proprio quella in cui Padre Rodriguez distribuisce pezzi del suo rosario, riempiendo di gioia gli occhi dei christian, come se quelle perline sfamassero più di enormi razioni di cibo. Buona riflessione!
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