Anno | 2016 |
Genere | Documentario, Drammatico |
Produzione | Colombia |
Durata | 80 minuti |
Regia di | Clare Weiskopf |
Attori | Valerie Meikle, Diego Weiskopf, Nicolas van Hemelryck, Noa Van Hemelryck Weiskopf Clare Weiskopf. |
Tag | Da vedere 2016 |
MYmonetro | 3,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento domenica 18 giugno 2017
Questa è la storia di Val e Clare: una madre e una figlia. Dopo la tragica morte della figlia maggiore, Val ha lasciato i suoi figli e la famiglia scappando nella giungla colombiana per cercare la sua identità.
CONSIGLIATO SÌ
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Val, la madre della regista, decise di andare a vivere lontano dalle luci e dal rumore della città, nella foresta amazzonica, quando morì sua figlia, la sorella di Clare. Quando scopre di aspettare un bambino, Clare ritiene che sia arrivato il momento di affrontare una situazione per lei da sempre irrisolta e di cercare delle risposte che non ha mai avuto. Così insieme al suo compagno Nicolas, l'occhio dietro alla telecamera, si reca dalla madre, che conduce una vita senza le comodità che una città può offrire, prima su tutte l'elettricità. Le giornate di Val sono scandite dai ritmi della natura, dove vige una ritualità del quotidiano: lo yoga al mattino, la maglia e l'uncinetto e qualche faccenda domestica al pomeriggio, le canzoni suonate alla chitarra all'imbrunire. Tutto vissuto con gran calma e serenità. Ben presto Clare si rende conto che sua madre non è disposta ad ammettere errori del passato su come ha cresciuto i propri figli, perché per lei "la vita è la vita stessa" e nessuna analisi è possibile.
L'opera prima di Clare Weiskopf - colombiana, di professione giornalista e per due volte vincitrice del Simon Bolivar Colombian National Journalism Award - è un film documentario biografico il cui racconto si compone di materiali vari, quali le riprese sul posto, le foto e i filmati dalla raccolta di famiglia.
L'immagine è grezza, amatoriale, probabilmente frutto di riprese con una telecamera handicam: la fotografia a bassa risoluzione è la cifra essenziale di questo cinema, ormai un vero e proprio marchio di fabbrica di uno sguardo improntato a documentare la realtà in maniera immediata.
Il film ci dà uno spaccato di vita vissuta lontana dalle consuetudini della società contemporanea, dalla morale e dai costumi socialmente accettati, dove è la natura a far da padrona con i suoi propri ritmi.
Da un racconto all'apparenza intimista, si approda a un tema di più ampio respiro. Un confronto tra due madri, passata e futura, su come si debba crescere un bambino. La figlia, memore della sua infanzia "selvatica" e sempre itinerante, critica la madre e rivendica il bisogno (il diritto) alla stabilità del bambino, a una vita con dei punti di riferimento, con un'idea di appartenenza. La madre dal canto suo è per la libertà a tutti i costi: il bambino deve essere libero e felice. Questo è ciò che importa. Ben presto lo spettatore realizza di essere al centro di un dibattito molto più ampio, quello che vede la natura contrapposta alla cultura e quanto una possa (debba) prevalere sull'altra.
L'opera intimista, di primo acchito difficile da penetrare e che può generare qualche resistenza nello spettatore, vista la tematica fin troppo personale, rivela la sua indagine della natura umana, del rapporto con il dolore, con la maternità, con la natura e di un modo altro di vivere la propria vita.