giovanni
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sabato 25 giugno 2022
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azioni?
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Bella recensione, però è improprio il riferimento a "pacchetti azionari", perché in questa vicenda di tratta di non di azioni, bensì di obbligazioni (CDO, per usare il linguaggio del film).
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onufrio
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martedì 28 gennaio 2020
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il grande bluff
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Pur usando un linguaggio tecnico e delle tematiche che difficilmente possono attirare l'interesse del grande pubblico, il film riesce nell'impresa, aprendo gli occhi del cittadino medio americano ( e non solo) descrivendo la grande crisi finanziaria immobiliare avvenuta nel 2008, e come alcuni veggenti del mestiere furono in grado di scovare questa grande falla pronta a cadere a breve causando un tonfo per l'economia americana e mondiale.
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alberto pezzi
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venerdì 23 novembre 2018
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autentico, originale e pungente
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UN GRANDE FILM. CHE DIRE? MAGISTRALE. LA PIU’ GRANDE FRODE NELLA STORIA AMERICANA RACCONTATA IN MODO DIRETTO E PUNGENTE, MA ALLO STESSO TEMPO UN AMMASSO DI TERMINI FINANZIARI ED ECONOMICI RIDOTTO FINALMENTE A CONCETTI SEMPLICI E FACILMENTE ASSIMILABILI. “LA GRANDE SCOMMESSA” E’ UNA DI QUELLE PELLICOLE DESTINATE A RESTARE IMPRESSE NELLA MENTE DELLE PERSONE. QUANDO SI PARLA DI CRISI, DI ECONOMIA, DI BORSA E DI SOLDI, E’ DIFFICILE RISULTARE FLUIDI ED ELASTICI NELL’ IMPOSTAZIONE DI UN DISCORSO DI BASE. ADAM McKAY RIESCE NELL’ IMPRESA TITANICA DI RENDERE SINTETICI E PRECISI DEI CONTENUTI MOLTO PESANTI E PERICOLOSI DA AFFRONTARE. IL FILM VIAGGIA VELOCE, SORRETTO DA UN CAST ECCEZIONALE.
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UN GRANDE FILM. CHE DIRE? MAGISTRALE. LA PIU’ GRANDE FRODE NELLA STORIA AMERICANA RACCONTATA IN MODO DIRETTO E PUNGENTE, MA ALLO STESSO TEMPO UN AMMASSO DI TERMINI FINANZIARI ED ECONOMICI RIDOTTO FINALMENTE A CONCETTI SEMPLICI E FACILMENTE ASSIMILABILI. “LA GRANDE SCOMMESSA” E’ UNA DI QUELLE PELLICOLE DESTINATE A RESTARE IMPRESSE NELLA MENTE DELLE PERSONE. QUANDO SI PARLA DI CRISI, DI ECONOMIA, DI BORSA E DI SOLDI, E’ DIFFICILE RISULTARE FLUIDI ED ELASTICI NELL’ IMPOSTAZIONE DI UN DISCORSO DI BASE. ADAM McKAY RIESCE NELL’ IMPRESA TITANICA DI RENDERE SINTETICI E PRECISI DEI CONTENUTI MOLTO PESANTI E PERICOLOSI DA AFFRONTARE. IL FILM VIAGGIA VELOCE, SORRETTO DA UN CAST ECCEZIONALE. CHRISTIAN BALE, RYAN GOSLING, BRAD PITT…..MA ANCHE UNO STRAORDINARIO STEVE CARELL. LE BANCHE RACCONTATE FINALMENTE IN MODO NITIDO E TRASPARENTE, LE CAUSE DI UNA CRISI ECONOMICA SENZA PRECEDENTI RESE NOTE IN MANIERA EFFICACE ED ALLO STESSO TEMPO SCONVOLGENTE. OPERA GRANDIOSA ED ASSOLUTAMENTE DA VEDERE. PER POI GUARDARE AL MONDO IN MODO COMPLETAMENTE DIVERSO, IN MODO AUTENTICO.
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greatsteven
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lunedì 10 settembre 2018
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i milioni fecero gola agli audaci investitori.
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LA GRANDE SCOMMESSA (USA, 2015) diretto da ADAM MCKAY. Interpretato da RYAN GOSLING, STEVE CARELL, CHRISTIAN BALE, BRAD PITT, MELISSA LEO, FINN WITTROCK, JOHN MAGARO, MARISA TOMEI
Ispirato ad una storia realmente accaduta e al romanzo bestseller The Big Short: Inside the Doomsday Machine di Michael Lewis, lo stesso autore di The Blind Side e Moneyball. Molti giornali e riviste statunitensi l’hanno definito geniale ed esplosivo, fra cui il New York Times e People, e in effetti, se è stato inserito nel National Board of Film Awards che premia i dieci migliori film dell’anno e ha ricevuto l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale, c’è più d’un motivo.
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LA GRANDE SCOMMESSA (USA, 2015) diretto da ADAM MCKAY. Interpretato da RYAN GOSLING, STEVE CARELL, CHRISTIAN BALE, BRAD PITT, MELISSA LEO, FINN WITTROCK, JOHN MAGARO, MARISA TOMEI
Ispirato ad una storia realmente accaduta e al romanzo bestseller The Big Short: Inside the Doomsday Machine di Michael Lewis, lo stesso autore di The Blind Side e Moneyball. Molti giornali e riviste statunitensi l’hanno definito geniale ed esplosivo, fra cui il New York Times e People, e in effetti, se è stato inserito nel National Board of Film Awards che premia i dieci migliori film dell’anno e ha ricevuto l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale, c’è più d’un motivo. Mentre le banche realizzavano la più grande frode nella storia americana, quattro outsiders, memori della lezione che diede negli anni 1980 Louis Ranieri in merito all’acquisto dei titoli di ipoteca, autentico metodo che rivoluzionò l’universo economico d’oltreoceano, decisero di rischiare ogni cosa per scommettere contro il sistema investendo obbligazioni ipotecarie contro il mercato immobiliare. Michael Burry, dirigente della Scion Company, dovette sudare sangue per convincere i colleghi del folle intrigo in cui andava cacciandosi, ma aveva già previsto il collasso del sistema, nonostante poi, al termine del lavoro, la sua banca avesse chiuso, dopo le sue definitive dimissioni, con un bilancio del 489% in più. Mark Baum, sposato e ancora depresso per il suicidio del fratello, si fece persuadere dall’investitore affabulante di Deutsche Bank Jared Vennett a vendere titoli azionari sperando che gli americani non pagassero il mutuo, finendo per concludere la vicenda ad una festa, seguita da conferenza con tanto di pubblico e banchieri molto meno realisti di lui, a Las Vegas in cui si rese conto che, pur avendo trionfato nella scommessa, questa vittoria avrebbe arricchito soltanto i banchieri e gettato sul lastrico milioni di persone negli USA, lasciandoli senza casa e senza lavoro. Analoga sorte capitò ai due giovani azionisti Charlie Geller e Jamie Shipley, interessati ad incrementare gli incassi e rivoltisi ad un banchiere in pensione, Ben Rickert, per rimpinguare le casse alle spalle dei contribuenti, essi però senza accorgersi che, così facendo, avrebbero (e hanno) decretato la disgrazia degli immigrati e della povera gente, su cui nel Paese più celebre al mondo ricade sempre la colpa quando qualcosa non funziona per il giusto verso. La storia copre un arco di tempo di tre anni (2005-2008) e, se da un lato risulta molto complessa per chi non conosce a menadito i meccanismi su cui si basa il lavorio di una banca, dall’altro appare estremamente interessante per come spiega le ragioni effettive per cui scoppiò la terrificante crisi economica che ha messo in ginocchio l’intero pianeta a partire da dieci anni fa. Un saggio di economia intelligente e dalla spaventosa e agghiacciante veridicità, sostenuto da un quartetto di interpreti principali (Bale istrionico, Carell autodistruttivo, Gosling gran parlatore e Pitt pragmatico) che regalano agli spettatori una performance corale davvero eccezionale ritagliandosi ciascuno il proprio spazio nelle vesti di banchieri che dapprima partono in quarta con una felicità e una speranza da far rabbrividire di gioia e poi chiudono con una tristezza malinconica per il fatto d’aver compreso, e purtroppo in ritardo eccessivo, che la scommessa del secolo nel mondo economico made in USA ha causato un crollo finanziario addirittura peggiore di quello di Wall Street nel 1929. La finanza non è un argomento molto trattato nel cinema di questa nazione, ma le poche volte, come anche accade in The Big Short, soprattutto per merito del regista McKay che coniuga con abilità mimetica e proteiforme contributi tecnici e artistici, che se ne parla, se ne traggono vicende appassionanti non da burocrati grigi e intabarrati nei loro uffici, ma da entusiastici avventurieri che tentano il tutto per tutto per intascare il dio denaro. I quattrini sono il movente vero della trama, ma al centro ci sta anche un abbinamento assai ben riuscito fra commedia e dramma, nel quale il pathos per la mutazione psicologica dei quattro protagonisti permette di immedesimarsi nei loro panni e comprendere il perché del loro tardivo, ma giustificato, pentimento. Nel reparto femminile, ottime anche le prove di M. Leo nel ruolo di Georgia Hale e di M. Tomei come Cynthia Baum, moglie premurosa di Mark. Aggancia all’amo anche l’idea di far parlare i caratteri direttamente col pubblico inquadrandoli col volto nell’obiettivo mentre narrano la storia dal proprio punto di vista, condendola con osservazioni personali e considerazioni brillanti sulle magagne onnipresenti che popolano il sistema finanziario non solo americano, ma mondiale. Intervallato, soprattutto nella prima metà, da balletti variopinti da videoclip, accompagnati dalle stupende musiche di Nicholas Britell. B. Pitt figura pure come produttore.
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dandy
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martedì 26 settembre 2017
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la tragedia come commedia.
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Dal romanzo "The big short" di Michael Lewis.Nonostante l'apparente scanzonata leggerezza,un film incredibilmente potente,lucido e spietato non solo sulla crisi finanziaria che ha travolto gli USA e buona parte del mondo,ma anche su chi l'aveva anticipata passando per pazzo,e ignobilmente,cercato di approfittarsene secondo una propria perversa visione dell'american dream.Anzichè scegliere una struttura classica da film di denuncia,il regista punta invece sulla commedia,inserendo lo spettatore in un mondo di linguaggi e concetti impossibili da comprendere per chi non è dell'ambiente con l'aiuto di cartelli,didascalie,semplificazioni tanto spicce quanto efficaci,dialoghi in macchina(appartenenti in maggioranza a Vennett,che fa da narratore).
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Dal romanzo "The big short" di Michael Lewis.Nonostante l'apparente scanzonata leggerezza,un film incredibilmente potente,lucido e spietato non solo sulla crisi finanziaria che ha travolto gli USA e buona parte del mondo,ma anche su chi l'aveva anticipata passando per pazzo,e ignobilmente,cercato di approfittarsene secondo una propria perversa visione dell'american dream.Anzichè scegliere una struttura classica da film di denuncia,il regista punta invece sulla commedia,inserendo lo spettatore in un mondo di linguaggi e concetti impossibili da comprendere per chi non è dell'ambiente con l'aiuto di cartelli,didascalie,semplificazioni tanto spicce quanto efficaci,dialoghi in macchina(appartenenti in maggioranza a Vennett,che fa da narratore).E irresistibili intermezzi che vedono protagonisti star come Margot Robbie(che spiega in una vasca la pericolosità dei subprime);il cuoco Anthony Bourdain(che paragona la zuppa d'halibut vecchio alla truffa dei CDO(obbligazioni di debito collateralizzate);Selena Gomez che gioca a Black Jack per i CDO sintetici(scommesse che generano altre scommesse e così via,destinate a perdersi se lei non vince).Ma trova anche il tempo di soffermarsi sui personaggi,tutti ironicamente strambi o odiosi(ma c'è chi come Baum alla fine prende coscienza della catastrofe che avverrà),con i quali si finisce per patteggiare,sebbene siano null'altro che una versione in sedicesima di coloro su cui vorrebbero prendersi una rivincita.Ritmo incalzante,dialoghi avvincenti e spassosi(l'intervista alla spogliarellista,o al creatore dei CDO),e un cast in gran forma(Pitt è anche produttore).Un film riuscito al 100%,che con toni lievi e irriverenti mette in scena senza filtri l'allucinante spregiudicatezza e irresponsabilità di chi gestisce l'economia mondiale.Che come si evince nel finale,non subirà ovviamente alcun tipo di punzione,mentre a farne le spese saranno come sempre i cittadini comuni(quasi 20 milioni solo negli Stati Uniti,tra disoccupati e gente che ha perduto la casa,mentre le banche hanno trovato il modo di far circolare nuovamente i CDO cambiandogli il nome).Marisa Tomei è la moglie di Baum.Adeguata colonna sonora con musiche dei Nirvana,Metallica,Guns N'Roses,Led Zeppelin,Gorillaz,Neil Young,Frank Lloyd Webber.Oscar alla migliore sceneggiatura non originale,su 5 nominations.Da confrontare con "Margin Call" e "Inside Job".
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mariaflavia
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mercoledì 11 gennaio 2017
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appassionato omaggio agli outsider
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"La grande scommessa" è un film interessante come lo è un documentario, avvincente come un giallo e agghiacciante come un thriller. Non ci si aspetterebbe mai un simile effetto da una storia finanziaria, eppure questo film riesce a stupire, proprio come nel 2007 tutti furono stupiti dallo scoppio della tremenda crisi economica. Il nucleo centrale del film è proprio la previsione di questo drammatico evento da parte di un eccentrico outsider, lucido nella sua follia visionaria. Di conseguenza, "La Grande Scommessa" non può essere soltanto la fedele cronistoria delle vicissitudini finanziarie che hanno portato alla recessione del 2007-2008, ma necessariamente è anche e soprattutto un appassionato omaggio a coloro che hanno il coraggio di contraddire l'establishment pur di restare fedeli ad una propria intuizione.
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laurence316
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lunedì 31 ottobre 2016
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importante e da vedere per capire come va il mondo
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Narrato in una sua maniera del tutto particolare (fra il personaggio di Gosling che, nel corso del film, si rivolge più di una volta direttamente agli spettatori, e la comparsa di alcune star (Robbie, Bourdain e Gomez) e di un economista (Thaler) per spiegare i concetti più complessi allo spettatore medio), La grande scommessa, tratto dall’omonimo saggio di M. Lewis, analizza nel dettaglio, senza per questo risultare pesante o macchinoso, le cause che hanno portato al terribile tracollo finanziario prima della Lehman Brothers, poi dell’economia statunitense e di conseguenza del mondo intero.
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Narrato in una sua maniera del tutto particolare (fra il personaggio di Gosling che, nel corso del film, si rivolge più di una volta direttamente agli spettatori, e la comparsa di alcune star (Robbie, Bourdain e Gomez) e di un economista (Thaler) per spiegare i concetti più complessi allo spettatore medio), La grande scommessa, tratto dall’omonimo saggio di M. Lewis, analizza nel dettaglio, senza per questo risultare pesante o macchinoso, le cause che hanno portato al terribile tracollo finanziario prima della Lehman Brothers, poi dell’economia statunitense e di conseguenza del mondo intero. Lo fa da un punto di vista particolare: da quello di quel pugno di persone che, al contrario della maggioranza, dalla crisi ci hanno guadagnato, e pure bene.
Tutto inizia nel 2005 quando Michael Burry (Bale), gestore di un fondo d’investimento privato (o hedge fund manager, che dir si voglia), studiando attentamente le carte, per così dire, scopre che il mercato immobiliare statunitense è estremamente instabile, essendo basato in gran parte su mutui subprime ad alto ri- schio (il prefisso “sub-” sta proprio ad indicarne l’inferiorità rispetto ai prestiti “prime”). Arrivando alla conclusione che il mercato crollerà entro il secondo trimestre del 2007, ne ricava anche che da tale situazione si potrebbero trarre enormi profitti. Pianifica dunque di creare un mercato di “credit default swap” (strumenti finanziari che permettono di trasferire il rischio di credito (ovvero il ri- schio che il debitore non assolva ai suoi obblighi nei confronti del creditore) ad una terza parte, in modo tale che il creditore possa per l’appunto proteggersi in caso di eventuale insolvenza), che gli permette si scommettere contro il mercato immobiliare. L’operato di Burry giunge alle orecchie di Jared Vennett (Gosling), che decide di imitarlo, portando nell’affare anche il trader Mark Baum (Carell). Infine, due giovani investitori, Charlie Geller e Jamie Shipley, incappano per caso in uno dei volantini di Vennett e a loro volta decidono di partecipare all’operazione: essendo giovani e inesperti, per approfittare della situazione chiedono aiuto allo stravagante banchiere in pensione Ben Rickert (Pitt). Ed ecco dunque tutti i protagonisti della “grande scommessa” del titolo.
Come sappiamo, alla fine le previsioni di Burry si riveleranno corrette e lui e tutti gli altri ne ricaveranno enormi profitti. Il film di McKay però, non finisce per celebrare l’operato di tali protagonisti, anzi. Li usa per entrare nelle ottiche di mercato che hanno portato alla grande recessione (e che sono frutto delle forti campagne di “deregulation” dell’epoca reganiana) e per offrire al pubblico uno sguardo lucido all’interno di un sistema corrotto e criminale.
La sceneggiatura e i dialoghi sono agili e veloci, il film è ritmato e persino divertente, a tratti, prima di diventare, giustamente, un dramma difficile da digerire. Milioni e milioni di persone, negli USA come nel resto del mondo, hanno perso la casa o il lavoro, le banche sono state salvate grazie ai massicci interventi degli Stati (e quindi dei cittadini), e a rendere la pillola ancora più difficile da mandar giù arriva la consapevolezza che nulla è stato fatto per tentare di regolamentare il mercato e che i CDO (lett. obbligazioni di debito collateralizzate, ovvero quei gruppi di prestiti poveri inseriti nello stesso pacchetto finanziario e con un rating massimo non corretto di AAA, assegnato loro a causa della compiacenza della agenzie di rating), altri fattori determinanti dello scoppio della crisi, sono ritornati sul mercato sotto altro nome: “bespoke tranche opportunities” (traducibile in opportunità di tranche fatte su misura).
La grande scommessa è un film da vedere, un film necessario (sugli stessi temi, comunque, da vedere è anche l’interessantissimo Inside Job, che è però un documentario). Ben recitato e dal montaggio frenetico, è un film benemerito e importante da vedere e da far vedere, anche e soprattutto nelle scuole, per capire come va il mondo.
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iuriv
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venerdì 22 luglio 2016
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milionari che mettono in scacco i miliardari.
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Ogni dodici mesi Eddie Murphy e Dan Aycroyd ci raccontano di quanto sia semplice mettere in mutande gli squali di Wall Street utilizzando la loro stessa avidità. Purtroppo le cose non stanno così e i grandi banchieri sono in grado di rigenerarsi eternamente scaricando la propria incompetenza su altri.
Questo è il messaggio, duro ed esatto, che ci vuole proporre Adam McKay attraverso il suo film. Per veicolarlo sceglie una via di mezzo tra un mockumentary e la narrazione più convenzionale.
Non sapendo bene da che parte stare, il regista utilizza un montaggio esasperato, cercando di colpire lo spettatore con un linguaggio orientato al sarcasmo.
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Ogni dodici mesi Eddie Murphy e Dan Aycroyd ci raccontano di quanto sia semplice mettere in mutande gli squali di Wall Street utilizzando la loro stessa avidità. Purtroppo le cose non stanno così e i grandi banchieri sono in grado di rigenerarsi eternamente scaricando la propria incompetenza su altri.
Questo è il messaggio, duro ed esatto, che ci vuole proporre Adam McKay attraverso il suo film. Per veicolarlo sceglie una via di mezzo tra un mockumentary e la narrazione più convenzionale.
Non sapendo bene da che parte stare, il regista utilizza un montaggio esasperato, cercando di colpire lo spettatore con un linguaggio orientato al sarcasmo. Inoltre, nel ricercare la naturalezza documentaristica, riempie la pellicola di dialoghi gestiti come interviste, sfondamenti della quarta parete e voci fuori campo. Quando fa uso di licenze poetiche, poi, il film si premura di comunicarlo esplicitamente allo spettatore, onde evitare fraintendimenti.
L'argomento trattato è ostico e la trama si butta a capofitto su tecnicismi di difficile comprensione, senza che le brillanti semplificazioni offerte dalle guest star riescano ad aiutare molto. Tutto ciò è pensato per contribuire a costruire un'atmosfera simile a quella che si può ammirare in alcuni documentari di recente foggia.
Eppure l'effetto ottenuto è esattamente contrario. Il cast stellare che popola la pellicola consegna a McKay interpretazioni di altissimo livello, ma smaschera l'animo fiction di questo lavoro, bruciando ogni velleità mockumentaristica del regista. Così i personaggi vengono sfruttati in quanto tali e il lavoro si trova smarrito in un ambiguità strana.
In alcune situazioni il regista da l'impressione di capire il problema e sembra sul punto di concedere qualcosa allo spettacolo. Ma finisce per cedere al pudore di fronte a una vicenda così cruda e recente, chiudendo subito il rubinetto dell'emotività.
L'intellighenzia hollywoodiana, inoltre, dimostra di non fidarsi dello spettatore (o del proprio modo di comunicare per immagini), e chiude tutto esplicitando il proprio monito, di fatto smorzandone parecchio l'effetto.
La Grande Scommessa non è un brutto film in generale, anzi a tratti funziona bene e si lascia guardare. Ma questo suo stare in mezzo non gli consente di sfruttare tutte le frecce conservate nella faretra e, di fatto, lo tiene lontano dalle migliori opere basate sull'argomento.
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aristoteles
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domenica 19 giugno 2016
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cdo sintetico
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Sicuramente brilla in originalità.
Non era per nulla facile parlare di titoli,obbligazioni,tasso variabile,mutui,movimenti di mercato immobiliare con relativa "bolla",etc.etc. senza provocare noia almeno in chi non "gioca" in borsa e ha molti soldi in banca.
Eppure il prodotto finale si fa seguire volentieri anche da chi conserva ancora le vecchie mille lire,grazie ,in buona parte, alle ottime prove degli attori coinvolti.
Le banche ,in questa pellicola,non fanno bella figura.
Purtoppo lo sappiamo bene che,in molti casi, siete dei truffatori,sostenuti da governi compiacenti.
Basti vedere gli ultimi spiacevoli episodi accaduti in Italia a gente che addirittura si è suicidata.
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Sicuramente brilla in originalità.
Non era per nulla facile parlare di titoli,obbligazioni,tasso variabile,mutui,movimenti di mercato immobiliare con relativa "bolla",etc.etc. senza provocare noia almeno in chi non "gioca" in borsa e ha molti soldi in banca.
Eppure il prodotto finale si fa seguire volentieri anche da chi conserva ancora le vecchie mille lire,grazie ,in buona parte, alle ottime prove degli attori coinvolti.
Le banche ,in questa pellicola,non fanno bella figura.
Purtoppo lo sappiamo bene che,in molti casi, siete dei truffatori,sostenuti da governi compiacenti.
Basti vedere gli ultimi spiacevoli episodi accaduti in Italia a gente che addirittura si è suicidata.
Quando qualcuno crolla c'è sempre lo speculatore di turno pronto al massimo profitto,in questo,il film è di una crudeltà e un cinismo senza pari (nonostante qualche ipotetico scrupolo di coscienza).
In fondo,non ci viene raccontato nulla di nuovo,ma ricordare a tutti quanto fanno schifo alcuni "sistemi" è sempre cosa gradita.
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enrico danelli
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lunedì 6 giugno 2016
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davide contro golia. didattico.
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La grandezza del film è questa: per l'uomo comune sarebbe piuttosto difficle, sia umanamente che tecnicamente, immedesimarsi nei tre o quattro personaggi principali del film, speculatori finanziari di Wall Street che nel peggiore dei casi maneggiano fondi da 30 milioni di dollari: tuttavia gli eroi positivi di questo film rispetto a quelli negativi (le grandi banche e, soprattutto, le agenzie di rating, la Federal Reserve e la Securities and Exchange Commision) traducono esemplarmente in un materia molto ostica uno dei più classici miti senza tempo: Davide contro Golia. La forza del film è proprio questa: mettersi dalla parte dei "piccoli" e coinvolgere lo spettatore in una materia sconosciuta spiegando i meccanismi e i tecnicismi del mondo finanziario, senza mai annoiare.
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La grandezza del film è questa: per l'uomo comune sarebbe piuttosto difficle, sia umanamente che tecnicamente, immedesimarsi nei tre o quattro personaggi principali del film, speculatori finanziari di Wall Street che nel peggiore dei casi maneggiano fondi da 30 milioni di dollari: tuttavia gli eroi positivi di questo film rispetto a quelli negativi (le grandi banche e, soprattutto, le agenzie di rating, la Federal Reserve e la Securities and Exchange Commision) traducono esemplarmente in un materia molto ostica uno dei più classici miti senza tempo: Davide contro Golia. La forza del film è proprio questa: mettersi dalla parte dei "piccoli" e coinvolgere lo spettatore in una materia sconosciuta spiegando i meccanismi e i tecnicismi del mondo finanziario, senza mai annoiare. Ho voluto rivedere il film per la seconda volta con i miei figli, studenti del quinto anno di liceo scientifico, e ho visto che il fine del film è stato pienamente raggiunto anche con loro. In ogni aspetto della vita quotidiana non ci si deve fermare alle apparenze ("all'ultima riga del bilancio"), ma ci si deve sporcare le mani andando sul campo a vedere come è la situazione. A parte il signficato e il fine del film, la modlità di esecuzione dello stesso è veramente accattivante: ritmo elettrico, inquadrature frenetiche, originalissimi intermezzi esplicativi, stacchi musicali assordanti. Tutto per coinvolgere al 100% lo spettatore e metterlo in guardia sulle truffe dei potenti e su una storia che purtroppo si ripete ogni giorno: nessuno dei colpevoli ha pagato. Le disfunzioni del sistema si sono riversate sui poveracci. Una pietra miliare della nostra storia contemporanea e del cinema. Didattico.
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