liuk!
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martedì 31 maggio 2016
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ko
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Un pugno in pieno mento a Wall Street. McKay spiega a tutti, in un linguaggio comprensibile, il perchè della crisi mondiale e lo fa in grande stile con una pellicola ritmata, adrenalinica e dal grande cast. Ora mi aspetto un prossimo lavoro sull'UE, la piaga successiva.
Consigliatissimo.
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no_data
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sabato 14 maggio 2016
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incomprensibile
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Per guardare questo film ci vuole una laurea in economia alla Bocconi e un master ad Harvard. Malgrado gli sforzi e l'utilizzo di bionde nella vasca da bagno o chef famosi per spiegare concetti complicati, non si capisce niente. Quello che si comprende benissimo è la gran quantità di termini volgari, veramente eccessiva e stomachevole.
Buone le intenzioni, scarso il risultato.
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sergiofi
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domenica 6 marzo 2016
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al cinema l'autoreferenzialismo non paga
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Se l'obiettivo di "The big short" era quello di spiegare alla gente comune il meccanismo fraudolento che ha fatto scoppiare la bolla sub-prime, che continua a trascinare verso il baratro l'economia mondiale, il fallimento è totale. Il fatto è, come spiega il secondo il report "Grandi disuguaguanze" stilato da Oxfam, che nel 2016 più della metà della ricchezza globale sarà in mano all’1% della popolazione del mondo. I ritmi di crescita portano a ipotizzare che a breve si supererà il 50%. I quattro personaggi messi al centro della storia (interpretati da Christian Bale, Ryan Gosling, Steve Carrell e Brad Pitt) sono parte integrante di questo 1% che si sta arricchendo alle spalle degli altri.
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Se l'obiettivo di "The big short" era quello di spiegare alla gente comune il meccanismo fraudolento che ha fatto scoppiare la bolla sub-prime, che continua a trascinare verso il baratro l'economia mondiale, il fallimento è totale. Il fatto è, come spiega il secondo il report "Grandi disuguaguanze" stilato da Oxfam, che nel 2016 più della metà della ricchezza globale sarà in mano all’1% della popolazione del mondo. I ritmi di crescita portano a ipotizzare che a breve si supererà il 50%. I quattro personaggi messi al centro della storia (interpretati da Christian Bale, Ryan Gosling, Steve Carrell e Brad Pitt) sono parte integrante di questo 1% che si sta arricchendo alle spalle degli altri. Le parole che usano e le loro personali paranoie sono incomprensibili per gli umani confinati sul fronte opposto, quelli chiamati sempre e comunque a pagare il conto. Il regista Adam McKay, con un linguaggio cinematografico sincopato e per niente attinente, non riesce a trasmettere alcun messaggio di denuncia (come fa invece, magistralmente, "Spotlight"). Si limita a costruire una storia poco coinvolgente incentrata sui quattro protagonisti, liberi di gigioneggiare a ruota libera, senza che lo spettatore medio comprenda alla fine dei giochi chi sono i buoni e chi i cattivi. Un flop, dunque, anche sul piano del puro intrattenimento. L'autoreferenzialismo, al cinema, non è (quasi) mai vincente.
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gabriella
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venerdì 4 marzo 2016
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lezione di economia
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Se Michael Burry, medico d’ospedale che non riusciva a prendere sonno la notte tanto da appassionarsi alla finanza fino a sceglierlo come lavoro, aprendo una propria società di investimenti è riuscito a leggere tra le righe molto tempo prima , la crisi immobiliare del 2008 scommettendo contro il mercato e portandosi a casa un sacco di soldi, lascia supporre che non sia necessaria una laurea in economia per comprendere il film . Benchè il regista spieghi bene anche semplificando i vari linguaggi di settore, non è così scontato per i non addetti ai lavori districarsi nelle perverse storture di un sistema capitalistico al collasso, eppure la lunghezza di oltre due ore non pesa, Adam Mc Kay riesce a mantenere un tono leggero e umoristico coinvolgendo anche lo spettatore digiuno di finanza, investimenti e speculazione L’dea poi di avvalersi di una voce narrante che illustra allo spettatore i vari passaggi , rendendolo partecipe e divertito è un buon espediente a tenere alta la soglia di attenzione.
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Se Michael Burry, medico d’ospedale che non riusciva a prendere sonno la notte tanto da appassionarsi alla finanza fino a sceglierlo come lavoro, aprendo una propria società di investimenti è riuscito a leggere tra le righe molto tempo prima , la crisi immobiliare del 2008 scommettendo contro il mercato e portandosi a casa un sacco di soldi, lascia supporre che non sia necessaria una laurea in economia per comprendere il film . Benchè il regista spieghi bene anche semplificando i vari linguaggi di settore, non è così scontato per i non addetti ai lavori districarsi nelle perverse storture di un sistema capitalistico al collasso, eppure la lunghezza di oltre due ore non pesa, Adam Mc Kay riesce a mantenere un tono leggero e umoristico coinvolgendo anche lo spettatore digiuno di finanza, investimenti e speculazione L’dea poi di avvalersi di una voce narrante che illustra allo spettatore i vari passaggi , rendendolo partecipe e divertito è un buon espediente a tenere alta la soglia di attenzione. Alla rischiosa operazione finanziaria ,oltre a Burry, si aggiungono l’investitore Jared Venett , il trader Mark Baum e due giovani investitori, Charlie Geller e Jamie Shipler, i quali non essendo navigati, chiedono l’aiuto e la consulenza di un banchiere in pensione, Ben Rickert. Alla fine non rimane che attendere fino all’esplosione della bolla con conseguente tracollo finanziario la cui crisi ovviamente peserà sulle fasce più deboli. Il regista per dare vita a questo show del disastro si avvale di attori brillanti e in gran forma, ma se Christian Bale ci ha abituati a personaggi controversi ed eccentrici ( fantastico il dottor Burry in calzoni corti, scalzo che si cimenta in assoli metal alla batteria sotto lo sguardo sgomento dei suoi collaboratori), altresì non dicasi di Steve Carrell ( Mark Baum), che conosciamo esclusivamente in ruoli comici e che dimostra di essere all’altezza anche in quelli drammatici. Ryan Gosling e Brad Pitt fanno la loro parte brillantemente. Dopo due ore abbondanti di dialoghi serrati e inquadrature strette, forse non tutto viene compreso, ma quello che invece si capisce che tanti si sono arricchiti e moltissimi hanno perso la casa e il lavoro, i risparmi di una vita “ Non c’è niente da festeggiare” come fa osservare Brad Pitt ai due giovani investitori. Adam Mc Kay spiega un capitolo di storia economica mondiale , qualcosa che è difficile da spiegare e vince la scommessa.
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andrejuve
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giovedì 11 febbraio 2016
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la pigrizia mentale dell'uomo conduce all'inganno
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“La grande scommessa” è un film del 2015 diretto da Adam McKay. Negli Stati Uniti d’America negli ultimi decenni sono state esponenziali le vendite di obbligazioni che contenevano differenti tipologie di mutui. La popolazione ha cominciato ad acquistare queste obbligazioni al fine di costruire e comprare case, sulla base di prestiti concessi dalle banche ad un tasso variabile che molto probabilmente i singoli risparmiatori sarebbero riusciti a restituire. Il mercato immobiliare da sempre ha costituito un punto di riferimento saldo all’interno del mondo economico. Nel 2005 l’introverso, enigmatico e bizzarro manager di nome Michael Burry però si rende conto, analizzando le singole obbligazioni, che nell’arco di due anni il mercato immobiliare avrebbe subito un crollo vertiginoso che comporterebbe tassi esorbitanti sui mutui e l’impossibilità per coloro che ne hanno usufruito di ripagare quanto ricevuto.
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“La grande scommessa” è un film del 2015 diretto da Adam McKay. Negli Stati Uniti d’America negli ultimi decenni sono state esponenziali le vendite di obbligazioni che contenevano differenti tipologie di mutui. La popolazione ha cominciato ad acquistare queste obbligazioni al fine di costruire e comprare case, sulla base di prestiti concessi dalle banche ad un tasso variabile che molto probabilmente i singoli risparmiatori sarebbero riusciti a restituire. Il mercato immobiliare da sempre ha costituito un punto di riferimento saldo all’interno del mondo economico. Nel 2005 l’introverso, enigmatico e bizzarro manager di nome Michael Burry però si rende conto, analizzando le singole obbligazioni, che nell’arco di due anni il mercato immobiliare avrebbe subito un crollo vertiginoso che comporterebbe tassi esorbitanti sui mutui e l’impossibilità per coloro che ne hanno usufruito di ripagare quanto ricevuto. Michael allora, nonostante le forti opposizioni dei suoi superiori, utilizza gran parte del fondo della società “scommettendo” contro il mercato immobiliare al fine di ricavare un ingente profitto qualora quest’ultimo entrasse in crisi e crollasse inesorabilmente. Nel frattempo anche il trader Mark Baum, diventato una sorta di paladino della giustizia e ossessionato dalle truffe del sistema economico a seguito del tragico suicidio del fratello, il quale era disperato per le tragiche condizioni economiche in cui versava, assieme al suo team, a seguito delle dichiarazioni del presuntuoso e avido investitore Jared Vennett, indaga e scopre ciò che aveva constatato Michael Burry. Lo stesso accade con riferimento ai due giovani investitori Charlie Geller e Jamie Shipley, i quali, grazie all’aiuto dell’ex banchiere Ben Rickert, vogliono trarre un cospicuo guadagno. La pellicola focalizza la sua attenzione sull’inganno e la menzogna. Con particolare riferimento alle figure di potere, in questo caso incarnate dalle più importanti banche, queste ultime ricorrono quasi sempre a falsità e bugie al fine di raggiungere i rispettivi obiettivi prefissati, spesso coincidenti col guadagno economico. Al fine di perseguire questi egoistici interessi coloro che ricoprono posizioni di comando celano la realtà, mutandola e strumentalizzandola a proprio piacimento. Ingannare la popolazione risulta tremendamente semplice grazie all’utilizzo dei mezzi di comunicazione i quali condizionano e indirizzano i pensieri di ognuno, inducendo a compiere determinate azioni e ad assumere specifici comportamenti. Attraverso notizie false o di marginale importanza, programmi di intrattenimento e pubblicità di ogni tipologia, il pubblico diventa facilmente manipolabile e malleabile, in quanto viene distratto e la sua attenzione viene rivolta nei confronti di problematiche futili o addirittura inesistenti. Cosi facendo la concentrazione è focalizzata nei confronti di aspetti che esulano e si distaccano nettamente dalla realtà degli eventi, consentendo ai Governi, alle banche e a qualsiasi rappresentante del potere di compiere azioni becere, ciniche, disumane e disdicevoli mirate a danneggiare coloro grazie ai quali ricoprono quelle determinate posizioni di comando. Il popolo, ignaro delle operazioni sottotraccia compiute a sua insaputa, viene inconsapevolmente truffato, danneggiato e defraudato senza alcuna possibilità di opporsi o ribellarsi. L’uomo si sta trasformando in un essere incapace di ragionare, pensare e formulare opinioni, in quanto viene privato della propria libertà di pensiero, creando un processo di disumanizzazione terrificante. L’essere umano quindi viene paragonato ad un oggetto identificato con un numero, inserito all’interno di uno scacchiere comandato da pochi soggetti che perseguono come unico obiettivo quello del maggiore profitto economico sfruttando l’ingenuità delle persone, le quali ormai appartengono ad un mondo fondato sul consumismo che rende difficile la distinzione tra gli uomini e gli oggetti inanimati che vengono incessantemente pubblicizzati. Parte della colpa è senza dubbio da attribuire a noi stessi, che a causa della nostra ignoranza, della staticità e della superficialità non siamo in grado di ribellarci e di opporci fermamente ad un sistema che ci sta distruggendo, privandoci della libertà, delle emozioni e soprattutto della speranza. La società all’interno della quale viviamo non permette di nutrire un senso di fiducia e di conforto nei confronti di un futuro che appare sempre meno roseo e gioioso. La natura bestiale dell’uomo emerge in maniera preponderante generando avidità, opportunismo e indifferenza nei confronti dei bisogni e delle necessità di coloro che ci circondano. I proclami e le propagande abbindolano le persone, le quali manifestano il loro consenso e la loro approvazione senza neanche sapere precisamente di cosa si stia parlando. E’ proprio questo che è accaduto all’interno di questa storia vera che conferma la facilità con la quale le banche inducono i risparmiatori a compiere operazioni economiche delle quali non conoscono il vero significato. Con l’illusione di poter possedere una propria abitazione milioni di persone sono state ingannate e, nonostante le banche centrali fossero a conoscenza dell’imminente crollo economico, hanno continuato a vendere obbligazioni prive di valore, truffando anche le piccole banche. L’egoismo, la spietatezza e l’insensibilità conducono ad un atteggiamento di disinteresse e di apatia nei confronti di coloro che, a causa di queste azioni illegali e crudeli, hanno perso la casa e il lavoro, vedendo rovinata irrimediabilmente la propria esistenza. Ciò che inquieta e che spaventa è che anche le stesse persone che hanno smascherato la frode bancaria hanno voluto approfittare di tale visione lungimirante cercando di trarne un guadagno incalcolabile. Sostanzialmente il ritratto che viene descritto nel film è crudele e spietato, in quanto sottolinea l’ipocrisia dell’uomo il quale, in fin dei conti, è semplicemente un essere egoista e avaro e venera un unico e impareggiabile Dio: il denaro. La narrazione molto complessa, a causa del ricorso a terminologie tecniche appartenenti al settore economico, probabilmente è stata appositamente utilizzata per far comprendere allo spettatore quale sia lo stato di confusione e di perplessità all’interno del quale noi viviamo in relazione a situazioni che vengono appositamente rese complesse al fine di creare un senso di inferiorità del pubblico. Tutto dipende da come un messaggio viene inviato e dal modo in cui una problematica viene spiegata al fine di renderla trasparente e chiara. In questo senso è emblematico e bizzarro l’utilizzo di personaggi totalmente estranei al mondo economico i quali, in alcune sequenze del film, spiegano alcune teorie economiche. A mio avviso questo espediente è stato utilizzato per far capire che informandosi e uscendo dallo stato di “letargo mentale” ognuno possa comprendere ciò che accade attorno a noi e che ci coinvolge direttamente, come per l’appunto l’acquisto di obbligazioni bancarie. Se l’uomo comprende ciò che accade intorno a lui è in grado di ragionare e, grazie alla capacità di raziocinio, può generarsi una propensione alla critica, all’indignazione e all’opposizione. E’ proprio questo che i massimi esponenti del potere vogliono evitare, rendendo l’uomo un essere incapace di pensare con la propria mente e condizionato da affermazioni ritenute socialmente condivisibili e incontestabili perché appartenenti al comune sentire. Bisogna trovare il coraggio di “uscire dal coro” formulando opinioni proprie e incondizionate. Un bel film che ricorre spesso ad un’amara ironia, sottolineata da svariate sequenze fuori campo che spezzano la linearità della narrazione rendendola frenetica ed imprevedibile, riuscendo però a porre in essere problematiche purtroppo attuali e allarmanti. L’unico difetto del film, anche se si ipotizza che costituisca un pretesto voluto, è l’eccessiva difficoltà nel comprendere la maggior parte dei dialoghi che si delineano all’interno della storia narrata. Ma le tematiche sociali affrontate a mio avviso vengono perfettamente illustrate, creando nell’animo dello spettatore un senso di rigetto e disgusto. Una commedia dai risvolti drammatici che si caratterizza per la sua originalità. Il cast è spettacolare e sono ottime le interpretazioni di tutti gli attori, con particolare riferimento a Christian Bale, Steve Carell e Ryan Gosling. Da vedere.
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mrraff71
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sabato 6 febbraio 2016
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da non perdere!
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Ero un pò titubante nel vedere questo film, perchè pensavo che per via del tema trattato (crisi finanziara del 2007-2008) mi sarei dovuto sorbire il solito polpettone ripieno di terminologia tecnica finanziara con annessi dialoghi e schemi contabili vari.
Invece è stata una piacevole sorpresa, il film fin dall'inizio si fa seguire senza troppe difficoltà, i ritmi sono frenetici e incalzanti ma soprattutto gli attori partecipanti (due su tutti Steve Carell e Christian Bale) danno ancora più coinvolgimento ed emozione alla pellicola.
Merita di essere visto soprattutto perchè è il racconto vero di una crisi che ha realmente devastato e collassato l'intero sistema finanziario globale.
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jacopo b98
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sabato 6 febbraio 2016
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un non-film interessante, che difetta di pathos.
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2005. Michael Burry (Bale), manager di un fondo investimenti, si rende conto che il mercato immobiliare americano è molto meno stabile di quel che sembra ed è destinato a crollare entro pochi anni. Un impiegato (Gosling) della Deutsche Bank viene a sapere delle previsioni di Burry, indaga e ne comprende la veridicità. L’uomo allerta allora il trader Mark Baum (Carell) riguardo a quello che sta per succedere e lo convince ad unirsi a lui nella scommessa sul crollo del mercato immobiliare. Basandosi sul romanzo di Michael Lewis (Moneyball), McKay e il suo co-sceneggiatore Charles Randolph hanno messo in scena in maniera dettagliata gli eventi che portarono alla terribile crisi del 2008.
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2005. Michael Burry (Bale), manager di un fondo investimenti, si rende conto che il mercato immobiliare americano è molto meno stabile di quel che sembra ed è destinato a crollare entro pochi anni. Un impiegato (Gosling) della Deutsche Bank viene a sapere delle previsioni di Burry, indaga e ne comprende la veridicità. L’uomo allerta allora il trader Mark Baum (Carell) riguardo a quello che sta per succedere e lo convince ad unirsi a lui nella scommessa sul crollo del mercato immobiliare. Basandosi sul romanzo di Michael Lewis (Moneyball), McKay e il suo co-sceneggiatore Charles Randolph hanno messo in scena in maniera dettagliata gli eventi che portarono alla terribile crisi del 2008. Il film è pieno di invenzioni registiche ed è interpretato molto bene, ma ha il suo indubbio punto debole nella sceneggiatura: McKay sceglie di spiegare il tutto tramite fluviali dialoghi di natura economica, di indubbia attendibilità, ma di ben poca comprensibilità. Non che il film non si segua, ma alla lunga i dialoghi macchinosi, gli strambi esempi che vengono sfruttati per la spiegazione e questo marasma dialogico finisce per annoiare. Anche perché guardare La grande scommessa equivale più o meno a leggere una pagina di Wikipedia che talvolta riesce a strappare qualche sorriso. Il problema essenziale del film è il suo essere non-cinematografico: è documentaristico, preciso, puntiglioso (troppo), ma difetta di senso cinematografico, di pathos, di emozione (quell’emozione che pervadeva ad esempio Margin Call, il capolavoro di J.C. Chandor, in cui il crollo della borsa diventava tragedia umana). Qui ci sono solo parole, numeri, e ancora parole e numeri e lo spettatore, pur comprendendo il senso della vicenda, finisce per essere travolto e conseguentemente annoiato. E non bastano i siparietti (peraltro geniali) in cui Selena Gomez, Margot Robbie e Anthony Bourdain spiegano complessi concetti economici per rendere La grande scommessa appetibile o riuscito. Inoltre i personaggi non sono minimamente approfonditi: sono macchine che producono fluviali dialoghi incomprensibili anche allo spettatore più ben disposto, mancano di tridimensionalità e, se si esclude forse il personaggio di Baum (interpretato da uno Steve Carell in stato di grazia, senza dubbio il migliore tra i pur bravi interpreti), sono sostanzialmente personaggi inesistenti e piatti: il Michael Burry di Bale sfiora quasi la macchietta, sempre chiuso in ufficio a effettuare complesse operazioni economiche, immerso nella musica rock più dura. Non mancano le sequenze riuscite: i già citati siparietti, la partenza delle automobili da Las Vegas, ecc., ma La grande scommessa rimane un film superficialmente interessante, specie a livello puramente storico e teorico, ma assolutamente inesistente dal punto di vista cinematografico. Sicuramente è stata una scelta ponderata, ma purtroppo ci troviamo a non condividerla assolutamente. Una delusione inaspettata. Incomprensibili le molte nomination agli Oscar e, se si voleva nominare uno degli attori, toccava senza dubbio a Carell e non a Bale. VOTO 5½
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maramaldo
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lunedì 1 febbraio 2016
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banksters movie
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La Grande Scommessa non dice niente di nuovo ma mi ha indotto nel parlarne ad usare questo neologismo in quanto connota la tipologia criminale che vi viene descritta. Una specie, i banksters, in espansione; proliferano anche in habitat lontani da Wall Street.
Per il resto , se non è un déjà vu, poco ci manca. Characters, situazioni, escandescenze, turpiloquio ci sono familiari. Il tutto con leggerezza, nessun complesso nonstante il film si inserisca in un filone importante con precedenti illustri. Coadiuvato da una manciata di attori, giocolieri nell'intrattenimento e nel battibecco da commedia, McKay si diverte e ci diverte.
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La Grande Scommessa non dice niente di nuovo ma mi ha indotto nel parlarne ad usare questo neologismo in quanto connota la tipologia criminale che vi viene descritta. Una specie, i banksters, in espansione; proliferano anche in habitat lontani da Wall Street.
Per il resto , se non è un déjà vu, poco ci manca. Characters, situazioni, escandescenze, turpiloquio ci sono familiari. Il tutto con leggerezza, nessun complesso nonstante il film si inserisca in un filone importante con precedenti illustri. Coadiuvato da una manciata di attori, giocolieri nell'intrattenimento e nel battibecco da commedia, McKay si diverte e ci diverte. Lo spettatore viene travolto dal ritmo, dall'agitazione e non si accorge che si tratta di pseudo-concitazioni mirate ad una pseudo-suspense. Una sequela di sketch, intercalati da stacchetti divertenti e rilassanti (il lapdance, l'assolo di batteria...). Gigioneggia l'iperattivo Christian Bale, un po' schizzato. Non sai mai che andrà a fare, forse neanche lui, cosicchè, quando ha esaurito gli exploit, si butta per terra e si distende sulla moquette. Con quella Tshirt blu, griffata ma così abusata...niente a che vedere con le bretelle leggendarie di Michael Douglas in Wall Street: altro stile,altro modo di essere iconici.
Un po' come fa il vostro promoter di investimenti, McKay sposta l'attenzione dello spettatore su dati superflui, su delucidazioni oziose, impedendogli una penosa presa di coscienza del marcio insito nell'intera faccenda. Nessuno ne ha fatto un dramma, importante è non annoiarsi. E, poi, risparmiarsi il "sermone"... Non mancano, a dir il vero, un paio di "allusioni" e qualche tendenziosità, lasciano il tempo che trovano. Ma non c'è, dicono, un'autentica riflessione morale. Se ne accorge anche McKay, a montaggio ultimato. Vi rimedia alla meno peggio. Ai titoli di coda aggiunge una nota stringata con qualche cifra: tot disoccupati; tot senza tetto; in galera, uno. Lasciando così al pubblico libertà di coscienza se e quanto indignarsi per la gigantesca turlupinatura che ha appena raccontato.
Solo che da noi, il pubblico ha ben altro per la testa che i subprime del 2008. Facce scure a fine proiezione. Palpabile l'apprensione di tanti per il pericolo di dissolvimento che incombe sui loro asset (tradotto in italiano: i risparmi di una vita). Non poteva uscire in un altro momento il film per non rigirare il coltello nella piaga al popolo delle obbligazioni subordinate?
La Grande Scommessa è forse un milestone, nel senso che, data la levità che l'avvicina alla parodia, denota la stanchezza se non l'esaurimento creativo del genere, come è avvenuto per il western, la spystory, ecc.
Che aspettiamo, allora, di impadronirci del Banksters Movie, facendolo rivivere in versione spaghetti? Abbiamo già tutto, da sempre. Casi specifici, guasti sociali che ne derivano, criticità politiche, drammi personali. E non venite a dirmi che non si trovano i banksters...
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gianleo67
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domenica 31 gennaio 2016
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broker-comedy...col senno di poi
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Quando l'eccentrico e riservato gestore di un Edge Fund Michael Burry (Christian Bale) inizia a scommettere con largo anticipo sullo scoppio della bolla speculativa immobiliare che trascinerà nel baratro la finanza e l'economia mondiali, altri due gruppi di investitori indipendenti gli andranno dietro, esponendosi pesantemente con le banche d'affari che quella stessa bolla avevano contribuito ad alimentare. Il rischio di bancarotta è dietro l'angolo come la possibilità di far saltare le fondamenta di un sistema speculativo che non sembra avere nessun rispetto per l'etica e per la legalità.
Contro canto (del cigno) dell'ultimo grande inganno della follia speculativa americana, il film dell'irriverente Adam McKay (sodale delle commedie stralunate con Will Ferrell) è il racconto corale ed ammiccante dell'eversivo trasformismo del sogno americano ed un divertito abbecedario per i non addetti ai lavori sugli ineffabili artifici che consentono di trasformare l'universo tangibile dell'economia reale nell'empireo immaginifico di un'economia finanziaria quale jackpot impazzito di un arricchimento senza regole costantemente sul baratro di un default senza precedenti.
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Quando l'eccentrico e riservato gestore di un Edge Fund Michael Burry (Christian Bale) inizia a scommettere con largo anticipo sullo scoppio della bolla speculativa immobiliare che trascinerà nel baratro la finanza e l'economia mondiali, altri due gruppi di investitori indipendenti gli andranno dietro, esponendosi pesantemente con le banche d'affari che quella stessa bolla avevano contribuito ad alimentare. Il rischio di bancarotta è dietro l'angolo come la possibilità di far saltare le fondamenta di un sistema speculativo che non sembra avere nessun rispetto per l'etica e per la legalità.
Contro canto (del cigno) dell'ultimo grande inganno della follia speculativa americana, il film dell'irriverente Adam McKay (sodale delle commedie stralunate con Will Ferrell) è il racconto corale ed ammiccante dell'eversivo trasformismo del sogno americano ed un divertito abbecedario per i non addetti ai lavori sugli ineffabili artifici che consentono di trasformare l'universo tangibile dell'economia reale nell'empireo immaginifico di un'economia finanziaria quale jackpot impazzito di un arricchimento senza regole costantemente sul baratro di un default senza precedenti.
Costruito con intelligenza e con sagacia sulla convergenza di storie individuali quali singolarità statistiche di un universo che sembra andare in tutt'altra direzione, Mckay ci presenta i suoi personaggi come outsider disadattati cui il talento ed i trascorsi hanno insegnato che bisogna sempre diffidare delle apparenze (esemplare il motto Di Charles Dickens che apre il film) e ad avere una fiducia incrollabile solo nella forza della ragione più che nelle rassicurazioni del senso comune, unica Stella Polare in grado di guidare il cammino dell'uomo verso l'affermazione personale e la libertà etica.
Forte di un montaggio che ci traghetta attraverso i 130 minuti del film con pirotecnica irriverenza, questa broker-commedy aggiorna il mito sempiterno dello yuppismo degli anni '80 alla defilata marginalità degli analisti indipendenti del terzo millennio le cui strategie di indagine (dalla mera elaborazione dei numeri alla detection sul campo, dalla fortuna dei principianti alla rivalsa dell'ex) fanno emergere non solo le connivenze di un diffuso sistema di illegalità che lega tutti i soggetti in campo (banche d'affari, istituzioni di controllo, agenzie di rating) in una inestricabile trama di interessi indicibili ma soprattutto ci mostra la scomposta reazione immunitaria di un organismo malato pronta al rimbalzo anche quando la situazione appare ormai disperata. Cinema di impegno civile che mette alla berlina le fondamenta stessa di quel gigante coi piedi d'argilla che ben rappresenta il capitalismo finanziario americano, blandisce con gli avvincenti meccanismi della finzione romanzesca gli spiriti nobili del facile revisionismo storico (Te l'avevo detto io!) finendo per adombrare solo nelle sequenze documentarie che precedono i titoli di coda l'esito scontato di un colpo di coda (di spugna?) politico che salvi i grandi capitali scaricandone il peso e la responsabilità sul parco buoi di quella silent majority che non ha mai avuto voce in capitolo. Parterre di attori di primissimo piano, tra cui spiccano la disillusa tenacia di un ebreo agnostico con annessi sensi di colpa di un superlativo Steve Carell e l'eclettico trasformismo dell'inarrivabile barefoot-broker di Christian Bale che, dismesso l'edonismo psicotico dei suoi trascorsi a Wall Street, riesce a tirare su 1,3 billions of dollars anche con l'handicap di un occhio di vetro.
Cinque nominations agli Oscar 2016 ed una lunghissima carrellata di altri riconoscimenti di valore. Sul risultato verrebbe voglia di scommettere allo scoperto!
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monax
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domenica 31 gennaio 2016
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strepitoso
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La materia finanziaria è quasi sempre estremamente complessa e assai poco cinematografica. Di solito, i film che affrontano questo tema sono o noiosissimi e didascalici oppure troppo elementari nel trattare le parti tecniche. In questo caso, grazie anche ad alcuni magnifici colpi d'ala (ad es. Selena Gomez) si assiste invece ad una narrazione cinematografica avvincente, in cui vengono dati appropriati spunti allo spettatore per la parte tecnica. Recitazione formidabile e corale da parte di tutti gli attori, ritmo, battute fulminanti e personaggi non banali. Regia interessantissima, Mc Kay da rivedere all'opera con grande curiosità: ben di rado si vede un film così ben riuscito che tratta, in modo non banale, una materia ostica e, al contempo, così importante per la vita delle persone.
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La materia finanziaria è quasi sempre estremamente complessa e assai poco cinematografica. Di solito, i film che affrontano questo tema sono o noiosissimi e didascalici oppure troppo elementari nel trattare le parti tecniche. In questo caso, grazie anche ad alcuni magnifici colpi d'ala (ad es. Selena Gomez) si assiste invece ad una narrazione cinematografica avvincente, in cui vengono dati appropriati spunti allo spettatore per la parte tecnica. Recitazione formidabile e corale da parte di tutti gli attori, ritmo, battute fulminanti e personaggi non banali. Regia interessantissima, Mc Kay da rivedere all'opera con grande curiosità: ben di rado si vede un film così ben riuscito che tratta, in modo non banale, una materia ostica e, al contempo, così importante per la vita delle persone.
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