stenoir
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giovedì 12 novembre 2020
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un film che non lascia indifferenti
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Ostia, metà anni ’90, la vita di Cesare e Vittorio, due ragazzi che tirano a campare con lavoretti saltuari, spacciando droga (e tenendosela un po’ per sé) e compiendo furtarelli; fin quando uno dei due, dotato di più buon senso rispetto all’altro, capisce che la propria esistenza necessita di un cambio di rotta, ma un amico non si può lasciare indietro… Caligari, autore di soli tre lungometraggi in più di trent’anni di carriera, conclude la sua “trilogia” con un film dal sapore dolce e amaro allo stesso tempo.
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biscotto51
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martedì 8 settembre 2020
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sarebbe bello se fosse parlato comprensibilmente
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... e non in romanesco stretto che non so quanti spettatori siano riusciti a comprendere, a meno che non siano romanacci de roma. Metteteci i sottotitoli no?
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samuele rossoni
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venerdì 14 febbraio 2020
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tutti je vogliamo bene a quel disastro
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Crudo. Violento. Emozionate. Ci sarebbero tanti aggettivi per descrivere questo film, ma quello che più gli si addice è misurato. È misurata la sceneggiatura. Sono misurate le interpretazioni i, la messa in scena, la regia, la fotografia. Claudio Caligari ha realizzato un’opera d’arte che sa parlarti allo stesso di svariate tematiche: sicuramente al centro di tutto troviamo l’amicizia, ma non si può ignorare la descrizione della periferia romana, la crescita e maturazione delle persone (sarebbe riduttivo definirli personaggi). Sono trattati anche argomenti sociali come la droga e il lavoro. Tutto quello che è stato detto finora si potrebbe sintetizzare con una semplice frase: questo film pala della vita.
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Crudo. Violento. Emozionate. Ci sarebbero tanti aggettivi per descrivere questo film, ma quello che più gli si addice è misurato. È misurata la sceneggiatura. Sono misurate le interpretazioni i, la messa in scena, la regia, la fotografia. Claudio Caligari ha realizzato un’opera d’arte che sa parlarti allo stesso di svariate tematiche: sicuramente al centro di tutto troviamo l’amicizia, ma non si può ignorare la descrizione della periferia romana, la crescita e maturazione delle persone (sarebbe riduttivo definirli personaggi). Sono trattati anche argomenti sociali come la droga e il lavoro. Tutto quello che è stato detto finora si potrebbe sintetizzare con una semplice frase: questo film pala della vita. Una vita bastarda, che fa soffrire, ma allo stesso tempo fa gioire, innamorare ed emozionare. Una vita, che per quanto sia tosta da affrontare i nostri protagonisti imparano ad accettare, e a non essere cattivi, come dice il titolo. Una vita che finisce e che nasce. Il personaggio di Cesare risulta essere il più poetico: lui vuole avere successo, vuole essere uno rispettato. Ma, quando sempre la stessa vita decide di fargli l’ennesimo sgambetto, deciderà di “Non essere cattivo”, fregando completamente lo spettatore. Questo è un film che ti sa prendere lo stomaco, come fanno solo i veri capolavori, e non lasciarlo più andare; anche grazie ad un reparto tecnico fenomenale, che non ti stanca mai grazie a una serie di virtuosismi impercettibili. Si spazia tra primi piani, campi larghi, campo-controcampo, pianosequenza e carrellate con una naturalezza sbalorditiva. Sicuramente un film tanto misurato che solo un italiano poteva realizzare.
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felicity
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lunedì 31 dicembre 2018
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umanità perduta, tra baratro e redenzione
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Girato con freddezza e padronanza registica.
Suggestive e mozzafiato sono le sequenze dello sballo notturno, con ralenti, montaggio frenetico, carrellate eleganti e mai inopportune.
A rompere il ritmo vertiginoso ci sono gli squarci sentimentali sulle difficoltà emotive dei protagonisti.
Non essere cattivo è un invito, una raccomandazione, una speranza.
Ma il fatto è che nessuno è davvero cattivo in questo bellissimo film.
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felicity
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lunedì 31 dicembre 2018
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umanità perduta, tra baratro e redenzione
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Girato con freddezza e padronanza registica.
Suggestive e mozzafiato sono le sequenze dello sballo notturno, con ralenti, montaggio frenetico, carrellate eleganti e mai inopportune.
A rompere il ritmo vertiginoso ci sono gli squarci sentimentali sulle difficoltà emotive dei protagonisti.
Non essere cattivo è un invito, una raccomandazione, una speranza.
Ma il fatto è che nessuno è davvero cattivo in questo bellissimo film.
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sellerone
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martedì 21 agosto 2018
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parliamo di fatti!
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Come in un cerchio vizioso, il protagonista vero, l'amico, quello che cerca di mettere la testa a posto e prendersi le sue responsabilità, finisce sempre per ritornare al punto di partenza. Una vita già scritta con un destino ineluttabile? forse, ma la speranza di un figlio, la sfida costante di un uomo che di fronte ai soldi e alle promesse, anche di chi poi ti sputa in faccia le sue aspettative che vanno oltre le reali possibilità, decide stavolta di tenere duro. Un fratello è andato, ha lasciato un nuovo inizio, una speranza che la vita, a volte anche per quelli che sono ai margini e obbligati a restarci, può andare diversamente. Bel film profondo e tristemente speranzoso.
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rob8
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sabato 28 luglio 2018
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non guardare il mare, che ti vengono i pensieri
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La realtà marginale vissuta dai personaggi di questo film si identifica, socialmente e geograficamente, con il margine costiero di Ostia, divenuta vera e propria banlieue di Roma. Una Ostia piena di cantieri, simbolo di un’edilizia del malaffare e del riciclaggio dei capitali sporchi del grande traffico della droga, ma anche delle baracche e delle villette abusive, abitati e frequentati dai balordi che quella droga consumano (con tanto di allucinazioni di sirene marine) e che se possono spacciano al minuto.
Un’umanità disperata, che pure trova suoi codici di vita e di sentimento: nella solidale amicizia dei due protagonisti; nei loro strazianti rispettivi rapporti affettivi; nelle liberatorie partite a pallone sulla spiaggia.
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La realtà marginale vissuta dai personaggi di questo film si identifica, socialmente e geograficamente, con il margine costiero di Ostia, divenuta vera e propria banlieue di Roma. Una Ostia piena di cantieri, simbolo di un’edilizia del malaffare e del riciclaggio dei capitali sporchi del grande traffico della droga, ma anche delle baracche e delle villette abusive, abitati e frequentati dai balordi che quella droga consumano (con tanto di allucinazioni di sirene marine) e che se possono spacciano al minuto.
Un’umanità disperata, che pure trova suoi codici di vita e di sentimento: nella solidale amicizia dei due protagonisti; nei loro strazianti rispettivi rapporti affettivi; nelle liberatorie partite a pallone sulla spiaggia.
«Non guardare il mare, che poi ti vengono i pensieri» dice a un certo punto uno dei protagonisti, Cesare (un bravissimo Luca Marinelli) all’amico Vittorio (un convincente Alessandro Borghi, che ritroveremo nello stesso anno in Suburra): come dire che l’unica risposta alla propria dura condizione esistenziale è accettarla senza vagheggiare improbabili fughe. Non a caso, infatti, in una delle inquadrature il mare si vedrà lontano ed ostile da dietro la maglia fitta di una rete metallica di un casotto.
Così Cesare, a differenza dell’amico che proverà a riscattarsi, resterà impigliato in quella rete, accontentandosi di una sdraia in cucina con la scritta “Miramare” e di un poster con sole e palme tropicali. Verso un inevitabile e drammatico destino.
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supersantos
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lunedì 13 novembre 2017
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dura è la vita
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Non credo proprio possa essere definito un film cult o il ritratto sincero della generazione anni novanta.
Certamente ci sono alcuni spunti interessanti ed alcuni momenti molto veri tipo le difficoltà lavorative e quelle di una integrazione civile difficile da attuarsi,ma in particolare modo il personaggio interpretato da Marinelli mi è sembrato "forzato".
Oggettivamente è troppo eccessivo e brutale ogni oltre comprensibile ragione e la rabbia di fondo che lo accompagna spesso non è giustificabile,almeno negli eventi narrati.
Anche le scene davanti al Bar,in alcuni casi sfiorano il ridicolo.
Molto più vicino alla realtà Vittorio,che lotta quotidianamente con la realtà circostante,che passo dopo passo fa dell'umiltà uno stile corretto di vita.
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Non credo proprio possa essere definito un film cult o il ritratto sincero della generazione anni novanta.
Certamente ci sono alcuni spunti interessanti ed alcuni momenti molto veri tipo le difficoltà lavorative e quelle di una integrazione civile difficile da attuarsi,ma in particolare modo il personaggio interpretato da Marinelli mi è sembrato "forzato".
Oggettivamente è troppo eccessivo e brutale ogni oltre comprensibile ragione e la rabbia di fondo che lo accompagna spesso non è giustificabile,almeno negli eventi narrati.
Anche le scene davanti al Bar,in alcuni casi sfiorano il ridicolo.
Molto più vicino alla realtà Vittorio,che lotta quotidianamente con la realtà circostante,che passo dopo passo fa dell'umiltà uno stile corretto di vita.
Proprio come è capitato a tanti di noi.
Il prodotto finale non è affatto malvagio sia chiaro,ma da qui a parlare di capolavoro ci passa molta,troppa acqua sotto i ponti.
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francesca.montaguti
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martedì 10 ottobre 2017
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un film che ritrae una generazione
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Personalmente ho trovato il film molto interessante, capace di restituire allo spettatore l'immagine di una generazione - passata ma vicina - di cui tutti noi abbiamo memoria. Quello che ho apprezzato particolarmente è stata la capacità di mettere in scena la desolazione umana, la morbosità dei suoi rapporti e, come in un'opera di Vega, l'impossibilità di una redenzione.
Completa il tutto una fotografia d'eccezione e un'ottima tenuta attoriale. Un film da non perdere, ma da Caligari non potevamo aspettarci di meno.
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parsifal
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sabato 16 settembre 2017
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ultimo capitolo
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Caligari, regista di grande spessore e abile narratore del disagio suburbano, conclude con quest'opera la sua preziosa trilogia. L'erede morale di Pasolini fa in modo che la vicenda si concluda proprio lì dove era iniziata, ad Ostia , simbolo sin dall'immediato dopoguerra, di un crescente ed irrisolto errato concetto di sviluppo edilizio e non solo ovviamente. I protagonisti sono Cesare ( autocitazione dal primo film) interpretato dal poliedrico Marinelli e Vittorio, il ruvido e tenebroso Alessandro Borghi, affondano le proprie radici esistenziali nella rabbia di esistere in luogo dove l'unica cosa che esiste è la mancanza. E la suddetta rabbia li spinge a mordere il freno, a non rispettare alcuna regola, a volere tutto e subito e a voler raggiungerlo senza compromessi di sorta : la frase " La vita è dura e se non sei duro come la vita , non vai avanti" è decisamente emblematica della forma mentis di Cesare.
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Caligari, regista di grande spessore e abile narratore del disagio suburbano, conclude con quest'opera la sua preziosa trilogia. L'erede morale di Pasolini fa in modo che la vicenda si concluda proprio lì dove era iniziata, ad Ostia , simbolo sin dall'immediato dopoguerra, di un crescente ed irrisolto errato concetto di sviluppo edilizio e non solo ovviamente. I protagonisti sono Cesare ( autocitazione dal primo film) interpretato dal poliedrico Marinelli e Vittorio, il ruvido e tenebroso Alessandro Borghi, affondano le proprie radici esistenziali nella rabbia di esistere in luogo dove l'unica cosa che esiste è la mancanza. E la suddetta rabbia li spinge a mordere il freno, a non rispettare alcuna regola, a volere tutto e subito e a voler raggiungerlo senza compromessi di sorta : la frase " La vita è dura e se non sei duro come la vita , non vai avanti" è decisamente emblematica della forma mentis di Cesare. Vivono la loro amicizia come una simbiosi, fino a quando non giunge il momento di separarsi. Vittorio si innamora di una madre nubile e decide di cambiare vita, va a lavorare. IL cantiere è l' unica realtà possibile, anche se molto difficile da affrontare. Cesare scongiura l'amico di non lasciarlo solo e così sarà. Lavorerwanno insieme, ma durerà poco. Cesare non vuole regole ed è lontano da ogni volontà di sacrificio. Le loro strade si divideranno ancora. Cesare, innamorato a sua volta, tenterà altre strade , convinto che prima o poi arriverà la grande occasione. Ma non sarà così. Epilogo duro, drammatico con un corollario di esile speranza nel futuro. Caligari è venuto a mancare mentre la lavorazione del film era quasi al termine. Valerio Mastrandrea si è occupato della produzione e di molto altro, data l'amicizia che li legava. A tutti gli effetti , questo film è il testamento spirituale e professionale di un maestro del cinema italiano, ricco di intelletto e sensibilità artistica.
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