parsifal
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sabato 16 settembre 2017
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ultimo capitolo
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Caligari, regista di grande spessore e abile narratore del disagio suburbano, conclude con quest'opera la sua preziosa trilogia. L'erede morale di Pasolini fa in modo che la vicenda si concluda proprio lì dove era iniziata, ad Ostia , simbolo sin dall'immediato dopoguerra, di un crescente ed irrisolto errato concetto di sviluppo edilizio e non solo ovviamente. I protagonisti sono Cesare ( autocitazione dal primo film) interpretato dal poliedrico Marinelli e Vittorio, il ruvido e tenebroso Alessandro Borghi, affondano le proprie radici esistenziali nella rabbia di esistere in luogo dove l'unica cosa che esiste è la mancanza. E la suddetta rabbia li spinge a mordere il freno, a non rispettare alcuna regola, a volere tutto e subito e a voler raggiungerlo senza compromessi di sorta : la frase " La vita è dura e se non sei duro come la vita , non vai avanti" è decisamente emblematica della forma mentis di Cesare.
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Caligari, regista di grande spessore e abile narratore del disagio suburbano, conclude con quest'opera la sua preziosa trilogia. L'erede morale di Pasolini fa in modo che la vicenda si concluda proprio lì dove era iniziata, ad Ostia , simbolo sin dall'immediato dopoguerra, di un crescente ed irrisolto errato concetto di sviluppo edilizio e non solo ovviamente. I protagonisti sono Cesare ( autocitazione dal primo film) interpretato dal poliedrico Marinelli e Vittorio, il ruvido e tenebroso Alessandro Borghi, affondano le proprie radici esistenziali nella rabbia di esistere in luogo dove l'unica cosa che esiste è la mancanza. E la suddetta rabbia li spinge a mordere il freno, a non rispettare alcuna regola, a volere tutto e subito e a voler raggiungerlo senza compromessi di sorta : la frase " La vita è dura e se non sei duro come la vita , non vai avanti" è decisamente emblematica della forma mentis di Cesare. Vivono la loro amicizia come una simbiosi, fino a quando non giunge il momento di separarsi. Vittorio si innamora di una madre nubile e decide di cambiare vita, va a lavorare. IL cantiere è l' unica realtà possibile, anche se molto difficile da affrontare. Cesare scongiura l'amico di non lasciarlo solo e così sarà. Lavorerwanno insieme, ma durerà poco. Cesare non vuole regole ed è lontano da ogni volontà di sacrificio. Le loro strade si divideranno ancora. Cesare, innamorato a sua volta, tenterà altre strade , convinto che prima o poi arriverà la grande occasione. Ma non sarà così. Epilogo duro, drammatico con un corollario di esile speranza nel futuro. Caligari è venuto a mancare mentre la lavorazione del film era quasi al termine. Valerio Mastrandrea si è occupato della produzione e di molto altro, data l'amicizia che li legava. A tutti gli effetti , questo film è il testamento spirituale e professionale di un maestro del cinema italiano, ricco di intelletto e sensibilità artistica.
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l''uomodellasala
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venerdì 16 giugno 2017
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il cinema italiano ritorna in pista
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Caligari firma il suo ultimo film, forse il suo capolavoro. la storia non potrebbe essere più geniale: semplice ma comunque coinvolgente. i due protagonisti sono degli antieroi che cercano di fuggire dalla loro patetica condizione. il tutto è aiutato dall'ottimo apparato tecnico (in particolare la fotografia) e da una regia di livello.
da vedere assolutamente.
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riccardo tavani
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venerdì 25 novembre 2016
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dove finiscono la terra e il mare di pasolini
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Non essere cattivo appare e conquista subito le luci del cinema internazionale, quando il suo regista, Claudio Caligari, scompare all’età di 67 anni, dopo essere stato quasi tutta la vita nell’ombra, come un artista maledetto e misconosciuto. Eppure il suo primo film, Amore Tossico, del 1983, folgora immediatamente la critica, dopo che Marco Ferreri, l’indimenticabile regista de La grande abbuffata (1973), spende tutta la sua influenza per farlo accettare quell’anno alla Mostra di Venezia. È la vicenda quotidiana di un gruppo di ragazze e ragazzi che, tra Ostia e Centocelle, narrano da dentro le loro vene quella nuova, letale piaga sociale chiamata eroina, allora appena apparsa sulla scena giovanile italiana.
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Non essere cattivo appare e conquista subito le luci del cinema internazionale, quando il suo regista, Claudio Caligari, scompare all’età di 67 anni, dopo essere stato quasi tutta la vita nell’ombra, come un artista maledetto e misconosciuto. Eppure il suo primo film, Amore Tossico, del 1983, folgora immediatamente la critica, dopo che Marco Ferreri, l’indimenticabile regista de La grande abbuffata (1973), spende tutta la sua influenza per farlo accettare quell’anno alla Mostra di Venezia. È la vicenda quotidiana di un gruppo di ragazze e ragazzi che, tra Ostia e Centocelle, narrano da dentro le loro vene quella nuova, letale piaga sociale chiamata eroina, allora appena apparsa sulla scena giovanile italiana. È il giro di vite successivo di quello che Pier Paolo Pasolini chiama genocidio culturale. Un passaggio che il grande poeta e regista, morto nel 1975, fa in tempo sì a percepire ma non a descrivere a pieno. Dal genocidio causato dal consumismo economico si passa a quello provocato del consumo diretto di sostanze tossiche
Trascorrono, però, altri quindici anni prima che Caligari possa girare L’odore della notte (1998), con Valerio Mastandrea, poliziotto di giorno, rapinatore di notte. È grazie al sodalizio nato con l’attore che Claudio Caligari può girare, dopo altre tre lustri, il suo terzo e ultimo film. Mastandrea, infatti, mette in gioco tutto il suo prestigio per trovare i soldi e le condizioni per produrlo a nome proprio.
Non essere cattivo è ambientato nella Ostia di metà degli anni ’90. Cesare e Vittorio, amici fin dall’infanzia, conducono a velocità battente la loro corsa verso l’autodistruzione tra consumo, spaccio e traffici illeciti legati a pasticche e sostanze psico-chimiche di ultima generazione. Accanto a questa pulsione vibra quella alla regolarità, al riscatto, alla sottomissione a un lavoro, anch’esso spesso illegale nei cantieri edili romani. Anche i sentimenti, l’amore, la stessa amicizia oscillano vertiginosamente verso queste due tragiche, inseparabili polarità. Non ci sono innocenza, ingenuità, candore esistenziale che non ne siano contaminati. È l’ultima inquadratura, la dissolvenza estrema su un mondo: quello, appunto, che Pasolini aveva cominciato a percepire, indagare e mostrarci nella seconda metà del secolo scorso. Il volto del nuovo – come quello del neonato in braccio alla madre nel finale – è ancora imperscrutabile, per quanto aperto a una labile luce di speranza.
Cesare è il nome del protagonista di Amore Tossico, Vittorio quello di Accattone di Pasolini (1961). I riferimenti, le citazioni, con cui Caligari nutre il suo film, sono, però, ad ampio spettro: vanno da Martin Scorzese, Brian De Palma, Fancis Ford Coppola. La ritmica cinematografica a pompa delle gesta tossiche è alternata a quella della descrizione di un paesaggio sulla linea morbida ma inesorabile, indifferente del crepuscolo. È la finis terrae et acquae del mondo pasoliniano: il suo Accattone spaccia ormai pasticche di ogni tipo in discoteca.
Forse Claudio Caligari avvertiva acutamente, dentro le proprie vene poetico-esistenziali, questa soglia di passaggio cruciale. La sua capacità mal-benedetta di una narrazione per immagini – che è insieme popolare e d’élite – non è stata riconosciuta dal mondo della nostra produzione cinematografica. In questo senso, molti sono stati davvero in tanti cattivi con lui, anche se – all’opposto – è un’eredità stilistica privilegiata quella che lui lascia al cinema non solo italiano.
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filippo catani
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martedì 12 luglio 2016
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un'amicizia sballata
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Ostia 1995. Due amici da una vita cercano di vivere alla giornata attraverso espedienti, piccole rapine e spaccio. I due ragazzi hanno alle spalle una vita tormentata e cercheranno a modo loro di cercare di sopravvivere.
Bellissimo il film postumo di Caligari per il quale tanto si è battuto Valerio Mastandrea. Forte è innanzitutto l'ambientazione in luoghi degradati e degradanti con personaggi allo sbando che fanno a botte tra di loro tra piccoli rapinatori e tossici. Poi troviamo la straordinaria interpretazione dei due protagonisti Marinelli e Borghi che interpretano due amici per la pelle con un vissuto alle spalle difficilissimo e anche quello attuale è tutto un programma.
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Ostia 1995. Due amici da una vita cercano di vivere alla giornata attraverso espedienti, piccole rapine e spaccio. I due ragazzi hanno alle spalle una vita tormentata e cercheranno a modo loro di cercare di sopravvivere.
Bellissimo il film postumo di Caligari per il quale tanto si è battuto Valerio Mastandrea. Forte è innanzitutto l'ambientazione in luoghi degradati e degradanti con personaggi allo sbando che fanno a botte tra di loro tra piccoli rapinatori e tossici. Poi troviamo la straordinaria interpretazione dei due protagonisti Marinelli e Borghi che interpretano due amici per la pelle con un vissuto alle spalle difficilissimo e anche quello attuale è tutto un programma. Resta però il fatto che uno dei due prova a cercare di riemergere dalla desolazione attraverso il lavoro mentre l'altro continua a vivere nell'incertezza e allo sbando. Un film forte come un pugno nello stomaco e quasi privo di colonna sonora perchè c'è ben poco da festeggiare. Film come questi sono la piacevole conferma che il cinema italiano è ancora in salute e capace di regalarci scorci anche nelle tenebre.
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franto70
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mercoledì 8 giugno 2016
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amore tossico anni 90
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Emozione rivedere Amore tossico adattato agli anni 90, con la differenza che qui gli attori sono professionisti che riescono a trasmettere la disperazione dei tossici che, se nel primo film passavano le giornate bucandosi, qui hanno anche vite parallele e voglia di rivalsa. Caligari è un maestro che ci ha lasciato troppo presto lasciandoci però dei capolavori
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iuriv
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mercoledì 8 giugno 2016
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disperazione senza uscita.
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Ambientato nella Ostia di metà anni novanta, questo film mette in scena la storia di due amici alle prese con giornate vuote, vissute tra sballo, spaccio e piccola criminalità.
L'ambientazione è uno degli elementi più importanti di questo racconto: la Ostia disegnata da Calligari è una cittadina immersa nel degrado, nella quale non sembra esserci via di fuga dalla disperazione. Dalla quale, però, nemmeno i personaggi paiono desiderosi di allontanarsi.
Tutto ciò finché uno dei due ragazzi (tramite una leggera forzatura di sceneggiatura, va detto) scopre che c'è un altro modo di stare al mondo e, schifato da se stesso, decide di abbracciarlo.
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Ambientato nella Ostia di metà anni novanta, questo film mette in scena la storia di due amici alle prese con giornate vuote, vissute tra sballo, spaccio e piccola criminalità.
L'ambientazione è uno degli elementi più importanti di questo racconto: la Ostia disegnata da Calligari è una cittadina immersa nel degrado, nella quale non sembra esserci via di fuga dalla disperazione. Dalla quale, però, nemmeno i personaggi paiono desiderosi di allontanarsi.
Tutto ciò finché uno dei due ragazzi (tramite una leggera forzatura di sceneggiatura, va detto) scopre che c'è un altro modo di stare al mondo e, schifato da se stesso, decide di abbracciarlo.
Ne nasce un dualismo che mette di fronte due stili di vita: da una parte la scelta di un lavoro onesto (e Calligari sottolinea bene la serenità che si conquista costruendo le cose con le proprie mani), mal pagato, ma in grado di restituire dignità; dall'altra i sogni esagerati di una coppia disperata, alimentati dall'illusione del guadagno facile attraverso la via di una criminalità sempre più estrema.
Questo confronto porta lo spettatore verso un finale lacrimoso, ma utile a dire che, secondo il regista, un piccolissimo barlume di speranza, dopotutto, c'è.
Non Essere Cattivo ha seriamente rischiato di non uscire, causa la morte del regista e i conseguenti problemi di distribuzione. Sarebbe stato un gran peccato perché ci avrebbe privati di una narrazione potente, caratterizzata da un tratteggio dei personaggi davvero intenso.
La pellicola si giova di un gruppo di interpreti capaci, che però finiscono per venire un po' sovrastati dall'esuberanza spumeggiante di Luca Marinelli, attore indubbiamente interessante che mi piacerebbe vedere in qualche ruolo meno istrionico.
Lavoro riuscito quindi, in grado di comunicare molto già dopo una sola visione.
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kronos
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martedì 26 aprile 2016
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ottimi interpreti ma poco cinema
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"Non essere cattivo" è ambientato nei novanta e per molti versi pare proprio provenire da quel decennio.
Gli stilemi filmici dell'epoca ci sono tutti: cinema naturalista, sociologico, indeciso tra "denuncia" e "genere", narrativamente scarno, immancabilmente tragico.
E, manco a dirlo, sistematicamente rifiutato dal pubblico pagante, che al cinema vuole emozioni.
Nell'ultima fatica di Caligari, emulo (ma senza stile) del Pasolini borgataro, bucano lo schermo gli interpreti (o meglio, la loro espressività, dato che senza sottotitoli biasciano un romanesco indecifrabile) ma di cinema ce n'è poco.
Meritano un sonoro ceffone i selezionatori ANICA che l'hanno candidato all'OSCAR, veicolando presso i giurati dell'ACADEMY un'immagine distorta della nostra miglior produzione corrente.
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"Non essere cattivo" è ambientato nei novanta e per molti versi pare proprio provenire da quel decennio.
Gli stilemi filmici dell'epoca ci sono tutti: cinema naturalista, sociologico, indeciso tra "denuncia" e "genere", narrativamente scarno, immancabilmente tragico.
E, manco a dirlo, sistematicamente rifiutato dal pubblico pagante, che al cinema vuole emozioni.
Nell'ultima fatica di Caligari, emulo (ma senza stile) del Pasolini borgataro, bucano lo schermo gli interpreti (o meglio, la loro espressività, dato che senza sottotitoli biasciano un romanesco indecifrabile) ma di cinema ce n'è poco.
Meritano un sonoro ceffone i selezionatori ANICA che l'hanno candidato all'OSCAR, veicolando presso i giurati dell'ACADEMY un'immagine distorta della nostra miglior produzione corrente.
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velenobigigio
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giovedì 17 marzo 2016
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nel film c'è una golf targata cb nel 1995
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film bello ma con un gravissimo errore non vorrei sbagliarmi ,ma come è possibile che nel 1995 i protagonisti girassero su una golf targata CB
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blacknight22
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venerdì 11 marzo 2016
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crudo, reale
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Come detto nel titolo un film vero, crudo, reale. Marinelli e Borghi fantastici nell'interpretazione di Cesare e Vittorio, due ragazzi di borgata che affrontano mille disagi che la vita gli ha quasi affibbiato senza altre possibilità.Grande attenzione viene data a Cesare e alla sua vita autodistruttiva un ragazzo che sceglie, al contrario di Vittorio, di essere "cattivo", rifiuta ogni aiuto e ne paga le conseguenze. Il film risente di un influsso Pasoliniano, in cui il protagonista non riesce a sfuggire dalla vita di periferia ed è quasi come se il suo destino sia già scritto fin dall'inizio del film. Pellicola travolgente di un compianto regista che ha sempre raccolto meno di quanto seminato.
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noia1
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sabato 27 febbraio 2016
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una ruvida storia italiana
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Due amici che combattono contro la situazione di miseria in cui si trovano in tutti i modi possibili ed immaginabili.
Un film tutto in dialetto romano, perfetto in tutti i sensi anche proprio per quel fatto. Il dialetto poi è relativo, poteva essere qualsiasi altro. Il punto è che il sentimento è forte, un sentimento che traspare da dovunque e la lingua è lo strumento fondamentale per sviscerare tutto quanto, dai sentimenti più profondi alle azioni più crudeli.
Due eroi, personaggi fantascientifici, carichi d’onore. Due persone che, malgrado disposti a tutto, con la famiglia mai hanno il coraggio d’alzare un dito o la voce, personaggi che – tutto sommato – neanche hanno il coraggio d’ammazzare.
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Due amici che combattono contro la situazione di miseria in cui si trovano in tutti i modi possibili ed immaginabili.
Un film tutto in dialetto romano, perfetto in tutti i sensi anche proprio per quel fatto. Il dialetto poi è relativo, poteva essere qualsiasi altro. Il punto è che il sentimento è forte, un sentimento che traspare da dovunque e la lingua è lo strumento fondamentale per sviscerare tutto quanto, dai sentimenti più profondi alle azioni più crudeli.
Due eroi, personaggi fantascientifici, carichi d’onore. Due persone che, malgrado disposti a tutto, con la famiglia mai hanno il coraggio d’alzare un dito o la voce, personaggi che – tutto sommato – neanche hanno il coraggio d’ammazzare.
Un film disperato che però, in mezzo alla violenza e alla brutalità, trova spazio per attimi commoventi e comici che però mai premono l’acceleratore, mai escono dalla trama, mai viene da distrarsi o annoiarsi. Tutto è intenso, sentito, mai di troppo. Due perdenti e le loro storielle che si accumulano per un’avventura che dimostrerà quanto siano umani e quanto il male sia ineluttabile quando ci caschi dentro.
Attori scelti benissimo, i protagonisti su tutto, non i soliti mattatori che tanto vanno di moda da qui a trent’anni. Due attori veri e propri che rendono benissimo la fame con la quale i personaggi si aggrappano alla vita in tutti modi con l’energia di chi ne sa una più del diavolo.
Un film che sarebbe potuto essere stato diviso in tre parti ma che mantiene solo le prime due, per la terza riserva solo gli ultimi cinque minuti. Un film che non è solo un’apologia sul combattere per ottenere ma è qualcosa di più spiazzante, una morale che solo alla fine si mostrerà realmente e che, a differenza dell’impostazione del film, è amarissima.
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