no_data
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martedì 13 maggio 2014
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grand hotel europa
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«Forse il suo mondo era già finito da un pezzo ma lui ne creava l'illusione con inarrivabile grazia» A memoria più o meno recita così la battuta chiave di un film che è per la cifra estetica un monumento dell'arte stessa del narrare come è stato detto. Basato sulla scolpitura minuta dei personaggi Grand Hotel Budapest si presta a diverse chiavi di lettura. La prima è fornita dal sovvertimento dei ruoli sociali. Figura servile per eccellenza il concierge dell'hotel di lusso diviene paradigma dell'hegeliana servitù di chi dipende dai servizi ...del concierge. Le ultraottantenni divengono tagli di carne meno appetiti delle giovani equiparate a "filetti" e purtuttavia per il palato del concierge le vegliarde restano pezzi saporiti cui si dedica con prestazioni sessuali entusiaste.
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«Forse il suo mondo era già finito da un pezzo ma lui ne creava l'illusione con inarrivabile grazia» A memoria più o meno recita così la battuta chiave di un film che è per la cifra estetica un monumento dell'arte stessa del narrare come è stato detto. Basato sulla scolpitura minuta dei personaggi Grand Hotel Budapest si presta a diverse chiavi di lettura. La prima è fornita dal sovvertimento dei ruoli sociali. Figura servile per eccellenza il concierge dell'hotel di lusso diviene paradigma dell'hegeliana servitù di chi dipende dai servizi ...del concierge. Le ultraottantenni divengono tagli di carne meno appetiti delle giovani equiparate a "filetti" e purtuttavia per il palato del concierge le vegliarde restano pezzi saporiti cui si dedica con prestazioni sessuali entusiaste. Il concierge stesso ammette di non essere mai stato sospettato di essere un "vero uomo" e accetta senza battere ciglio l'epiteto di "chiappe dolci" ma si dedica con passione alla frequentazione carnale dell'altro sesso: non solo vegliarde ma le puttane con cui teme di dissipare un cospicuo incasso. Il padrone dell'hotel è rimasto in cuor suo l'ultimo dei garzoncelli... E così via... un gioco al sovvertimento consolatorio e narrativamente collaudato che costella l'intero film di battute e di gusto per il curioso e per il meraviglioso. Di fondo l'idea di un luogo immaginario al di fuori e al di sopra degli steccati. Un mondo ideale che, come accade quando il cinema funziona, ci crea intorno una bolla da cui al termine dispiace uscire. Alla fine la platea resta silenziosa, seduta per tutto lo scorrere dei titoli di coda, incantata. Ma le metafore cui Hotel Budapest offre il fianco non finiscono qui. La "concierge connection" che unisce in un unica organizzazione transnazionale i concierge di tutt'Europa fornisce una bella metafora di cosa potrebbe essere l'accolita dei governanti del vecchio continente se entrassero nell'ottica di servizio implicita nella parola "ministro" e di quale angolo di esperienze, aperture e confronto potrebbe assurgere questo nostro pezzo di pianeta. Il mondo eurocentrico forse è già finito da un pezzo, ci vorrebbe un concierge di grazia inarrivabile.
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antonietta dambrosio
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sabato 1 novembre 2014
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un film incantatore
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Incanta l'arte di mescolare l'immaginazione alla realtà attraverso la forza della narrazione, i cui confini in questa pellicola non sono mai definiti e dove balzi nel tempo sono morbidi e possibili. In un cimitero innevato dove è collocato il busto dell'autore si sprigiona il potere narrativo che prende vita dalle pagine del romanzo che una giovane donna, seduta sulla panchina accanto alla statua, tiene tra le mani. Racconto che non è mai frutto di pura fantasia perché c'è sempre qualcuno pronto a regalare la sua realtà allo scrittore.
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Incanta l'arte di mescolare l'immaginazione alla realtà attraverso la forza della narrazione, i cui confini in questa pellicola non sono mai definiti e dove balzi nel tempo sono morbidi e possibili. In un cimitero innevato dove è collocato il busto dell'autore si sprigiona il potere narrativo che prende vita dalle pagine del romanzo che una giovane donna, seduta sulla panchina accanto alla statua, tiene tra le mani. Racconto che non è mai frutto di pura fantasia perché c'è sempre qualcuno pronto a regalare la sua realtà allo scrittore. Siamo in un paese immaginario dell'Est Europeo dove il tempo scivola alla fine degli anni sessanta nel Grand Budapest Hotel e la fiaba di Wes Anderson, la cui assonanza col grande narratore Andersen non è solo nel nome, comincia attraverso il racconto nel racconto del maturo Moustafa Zero, proprietario della vecchia struttura, che mosso dalla curiosità di un giovane scrittore, con un altro salto indietro nel tempo, ci conduce nelle atmosfere colorate degli anni trenta.
Monsieur Gustave H., uomo elegante ed incline alla poesia, è il concierge del Grand Budapest hotel, il castello incantato dal tenue rosa pastello, ed in perfetta armonia con i colori spicca per gentilezza, disciplina e audacia, tanto da conquistare non solo fiducia e stima, ma anche l'amore di bionde signore attempate. Ed una di loro, Madame D., alla sua morte, lo nomina erede di un quadro dal valore inestimabile scatenando l'ira dell'intera famiglia che lo accusa di omicidio. Il "garzoncello" Zero, immigrato di origini sconosciute scappato dalla guerra, grato e devoto a Monsieur Gustave per la fiducia e l'affetto con cui l'ha accolto al Grand hotel, sarà il compagno fedele e presenza costante negli eventi che seguiranno e lo vedranno complice, con l'aiuto della sua amata Agatha, nella fuga dal carcere tanto surreale da sembrare vera, in inseguimenti rocamboleschi, corse comiche lungo ripide discese innevate per sfuggire alla follia omicida di figlio e nipote di Madame D. Ralph Fiennes, Bill Murray, Jude Law, Willem Dafoe, F. Murray Abraham e tanti altri, ricco ed eccellente cast, danno corpo ad una commedia che sconfina a volte nel noir, conduce poi nelle atmosfere del genere comico e malinconico di Charlie Chaplin quando va in scena una velata parodia al nazismo, torna alla fiaba quando il bene sconfigge il male. Pellicola così geometrica, squadrata e colorata da rimanere distante come un pacco ben incartato che lascia filtrare solo un forte sentimento di amicizia, fa sorridere ma non commuove neanche quando le lacrime di Zero ci riportano al suo amore per Agatha. (Antonietta D'Ambrosio )
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intothewild4ever
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giovedì 22 gennaio 2015
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grand budapest hotel, un film che è un motel
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Ogni tanto il cinema sforna ancora pellicole di un cinema vecchio stile, in cui si tenta più che altro di raccontare una storia e, possibilmente, di divertire lo spettatore. Grand Budapest Hotel riesce a fare entrambe le cose in maniera egregia, raccontando una storia a metà tra la fiaba e una storia seria, in cui non mancano colpi di scena, azione e ironia. Dai colori un poco spenti utilizzati per la fotografia, questo lilla-viola predominante nelle scene in Hotel, tra le fantasiose ambientazioni, il film scorre in maniera piacevole, senza troppe pretese, tranne quella di raccontare una storia come si deve. Da vedere.
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themaster
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sabato 18 febbraio 2017
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opera estetica e concettualmente coerente
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Wes Anderson gira ogni scena di questo The Grand Budapest Hotel come fosse l'ultima della sua vita,mettendo in scena un'opera estetica e concettualmente coerente,oltre che tecnicamente ineccepibile.
Questa pellicola riesce ad essere sempre incredibilmente ritmata,in ogni suo aspetto,dai dialoghi quasi tarantiniani e scritti con gusto e ironia squisitamente amara,alla regia e al montaggio sempre molto spediti e che caratterizzano dei quadri di una bellezza unica,fino ad arrivare alla violenza a tratti dal gusto pulp che non guasta e una colonna sonora d'eccezione,il tutto nutrito e ingigantito da un cast irripetibile tra cui spiccano un'eccezionale Ralph Fiennes,una incredibile Saoirse Ronan e un Adrien Brody semplicemente fantastico,per non parlare dei camei divertenti e divertiti,di un Willem Dafoe che interpreta un villain geniale e un ancor più geniale Mathieu Amalric che ricopre un ruolo dalla doppia valenza.
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Wes Anderson gira ogni scena di questo The Grand Budapest Hotel come fosse l'ultima della sua vita,mettendo in scena un'opera estetica e concettualmente coerente,oltre che tecnicamente ineccepibile.
Questa pellicola riesce ad essere sempre incredibilmente ritmata,in ogni suo aspetto,dai dialoghi quasi tarantiniani e scritti con gusto e ironia squisitamente amara,alla regia e al montaggio sempre molto spediti e che caratterizzano dei quadri di una bellezza unica,fino ad arrivare alla violenza a tratti dal gusto pulp che non guasta e una colonna sonora d'eccezione,il tutto nutrito e ingigantito da un cast irripetibile tra cui spiccano un'eccezionale Ralph Fiennes,una incredibile Saoirse Ronan e un Adrien Brody semplicemente fantastico,per non parlare dei camei divertenti e divertiti,di un Willem Dafoe che interpreta un villain geniale e un ancor più geniale Mathieu Amalric che ricopre un ruolo dalla doppia valenza.
Non è la forma il cuore di questa pellicola,ma la sua capacità di raccontare il cambiamento e il regresso dell'umanità attraverso il microcosmo grottesco e fintamente inverosimile di questo hotel,un tempo tra i più prolifici e fiorenti e dopo la guerra ridotto quasi a una pensione e il peggioramento delle condizioni dell'hotel Grand Budapest è il deterioramento della storia dell uomo,composta da guerre inutili,atti di violenza ingiustificati,avidità e spocchia,il tutto condito da una tristezza di fondo e da un'amarezza tipici di Wes Anderson.
Malgrado l'estetica coloratissima e le scenografie fortemente allegre,specie nella prima parte,The Grand Budapest Hotel è un film che riflette sulla vita e sugli avvenimenti che ognuno di noi è chiamato ad affrontare,specie quelli spiacevoli,un film che invita lo spettatore a vivere ogni giorno al meglio perchè il destino è sempre in agguato. Simbolica è la relazione tra il personaggio di Zero e quello di Agatha,il cui destino spiazzerà lo spettatore e lo condurrà alla semplice e pura realtà: che la vita nel bene o nel male è sempre foriera di sorprese ed eventi sfortunati ed inaspettati.
è difficile spiegare le emozioni che questa pellicola mi ha sprigionato,dalle risate alle riflessioni di cui sopra per poi sprofondare in un'amarezza e in una sensazione di vulnerabilità che solamente pochi film sanno offrire,un'opera che è degna di essere ricordata negli anni per quello che è ovvero un film stratosferico,un'opera che si pianterà nel cuore dello spettatore sensibile e che sa dare tantissimo.
Tanti complimenti a Wes Anderson e concludo con il dire che se siete all'interno di una relazione amorosa e guarderete questo film,una volta giunti ai titoli di coda non potrete fare altro che aumentare l'intesa che avete con il vostro o la vostra partner in quanto il film è un'inno all'amore che non ha età,all'amore che trascende ogni cosa,sia essa la guerra o un'eredità inaspettata e riesce a farlo in pochissime inquadrature,nella voce narrante del protagonista Zero e nelle espressioni di quest'ultimo e Agatha senza mai risultare melassoso o telefonato.
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supersantos
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lunedì 13 novembre 2017
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il ragazzo con mela
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Visti i tanti riconoscimenti avuti e i tanti premi vinti mi aspettavo qualcosina in più.
Non che tecnicamente non sia da elogiare o non che alcune idee non siano brillanti come letto da più parti,ma a livello empatico non ho provato quel senso di stupore o meraviglia tanto decantato.
Forse la velocità eccessiva di alcuni passaggi narrativi non mi ha fatto assaporare i pregiati dettagli di chi ha scritto la recensione della scheda o forse non tutti i personaggi proposti hanno catturato il mio interesse.
FAtto sta che la copiosa sceneggiatura non ha catturato completamente il mio interesse .
Non dico che il film non sia un prodotto meritevole di attenzione,piuttosto molto semplicemente non ne sono rimasto folgorato,se non nella parte visiva che rimane comunque uno "spicchio"della torta.
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Visti i tanti riconoscimenti avuti e i tanti premi vinti mi aspettavo qualcosina in più.
Non che tecnicamente non sia da elogiare o non che alcune idee non siano brillanti come letto da più parti,ma a livello empatico non ho provato quel senso di stupore o meraviglia tanto decantato.
Forse la velocità eccessiva di alcuni passaggi narrativi non mi ha fatto assaporare i pregiati dettagli di chi ha scritto la recensione della scheda o forse non tutti i personaggi proposti hanno catturato il mio interesse.
FAtto sta che la copiosa sceneggiatura non ha catturato completamente il mio interesse .
Non dico che il film non sia un prodotto meritevole di attenzione,piuttosto molto semplicemente non ne sono rimasto folgorato,se non nella parte visiva che rimane comunque uno "spicchio"della torta.
Consigliabile comunque,ci mancherebbe altro.
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eugenio
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sabato 26 aprile 2014
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cherchez l’homme
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Wes Anderson,chi conosce questo eclettico regista sa di andare sul sicuro in ogni suo film.Rivediamo il suo tocco irriconoscibile, colmo di sfumature interpretative grottesche in un ironico gioco di luci e ombre esplorando con acume e intelligenza le variegate arti del cinema, nell’ultimo Gran Budapest Hotel. Un film che esula dalla denominazione semplice di “commedia” in quanto costituisce un mix di intelligenza,vivacità e sorpresa visiva,un groviglio di scatole cinesi dove alla commedia si mescola l’amore, il grottesco, la verve comica e un pizzico di violenza.
Già l’inizio con la ragazza che legge un libro dinanzi a quello che fu il Grand Budapest Hotel, libro composto da uno scrittore che a sua volta aveva preso spunto dall’incontro con Zero, il lobby boy pakistano degli anni d’oro del mitico albergo gestito dalla mano inflessibile del concierge Monsier Gustave (interpretato da un bravo Ralph Fiennes),la dice lunga sullo sviluppo dell’intera pellicola.
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Wes Anderson,chi conosce questo eclettico regista sa di andare sul sicuro in ogni suo film.Rivediamo il suo tocco irriconoscibile, colmo di sfumature interpretative grottesche in un ironico gioco di luci e ombre esplorando con acume e intelligenza le variegate arti del cinema, nell’ultimo Gran Budapest Hotel. Un film che esula dalla denominazione semplice di “commedia” in quanto costituisce un mix di intelligenza,vivacità e sorpresa visiva,un groviglio di scatole cinesi dove alla commedia si mescola l’amore, il grottesco, la verve comica e un pizzico di violenza.
Già l’inizio con la ragazza che legge un libro dinanzi a quello che fu il Grand Budapest Hotel, libro composto da uno scrittore che a sua volta aveva preso spunto dall’incontro con Zero, il lobby boy pakistano degli anni d’oro del mitico albergo gestito dalla mano inflessibile del concierge Monsier Gustave (interpretato da un bravo Ralph Fiennes),la dice lunga sullo sviluppo dell’intera pellicola.
Grand Hotel Budapest sotto la scorza superficiale della storia decadente di un maestoso hotel nell’inventata Zubrowka invasa dai tedeschi, della spy-story che consegue all’atto della morte della ricca Madame D. e del testamento che getta scompiglio sui suoi malaugurati eredi, contiene in senso lato diversi temi: la narrazione fluida di eventi sociali sprofondati nel caos arrivista (la figura del nipote Dimitri incattivita da Adrien Brody) e totalitarista, il significato dell’amicizia e della solitudine (il rapporto tra Zero e Monsier Gustave), l’amore prima strumento (le molteplici relazioni del concierge con le donne altolocate dell’albergo) e poi angelico sentimento (la storia tra Zero Moustafa e la dolce pasticcera Clotilde). In ciascuno di questi macroblocchi, noi spettatori siamo irretiti dalla nitida fotografia di paesaggi immacolati invernali nella steppa russa, quasi un collante visivo che fa il paio al fauve espressionista dell’hotel.
Amante del barocco, dall’uso riuscito di musiche e immagini eloquenti, Anderson sceglie accuratamente Ralph Fiennes come interprete cardine del film, un dandy di oscura origine, cultore del romanticismo sino allo sfinimento, emblema ultimo dell'educazione in un mondo che ha fatto dell’impudicizia il suo leit-motiv.
C’e’ anche un po’ di Lupin in questa figura, un ladro gentiluomo (Il ragazzo con pera, eredità della vecchia zitella verrà sottratto senza autorizzazione), un mentore sui generis in grado di guidare il piccolo Zero alla cortesia intrisa di malinconia e nostalgico rimpianto. Ed infatti come Monsier Gustave finirà in prigione senza smettere di lottare con forza contro l’arida grettezza e l’egoismo degli uomini, dall’altro lato Zero si impadronisce della lezione appresa riuscendo a portare avanti la battaglia del suo maestro con l’aiuto di insperati personaggi.Così in un soggetto che poteva scadere in un intreccio giallo e avventuroso poco originale che fa dell’effetto speciale e della “corsa al dipinto ad ogni costo” con due classici antagonisti, bene e male, il suo cuore pulsante, Anderson costruisce con sapienza tutto il corpo umano, imbastendo uno scheletro robusto e efficace senza mai scadere nel patetico.
A film ultimato non resta che uscire dalla sala con qualcosa in più: gli occhi piacevolmente soddisfatti e la mente permeata da un tourbillon di idee narrative raccontate in un gioco a incastri che fa uso di carta stampata, pellicole ed eccentriche emozioni forse un po’ tristi e grottesche ma che sanno di vita, vita vera.
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rita branca
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lunedì 12 maggio 2014
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“una carriera da amare” di rita branca
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The Gran Budapest Hotel (2014) film di Wes Anderson con Ralph Fiennes, Tony Revolori, Saoirse Ronan, Bill Murray, Adrien Brody, Tilda Swinton, Jude Law, Harvey Keitel e molti altri
Tanti nomi famosi per questo film ambientato all’inizio del 1900, in una repubblica dell’est europeo, frutto della fantasia dello scrittore Stefan Sweig, al cui romanzo omonimo l’opera si ispira.
Bravi tutti i protagonisti coinvolti nelle fin troppo numerose e rocambolesche avventure che si svolgono dentro ed intorno ad un ormai decadente grand hotel di montagna; divertenti gli ironici, eleganti ed a volte iperbolici dialoghi, conditi di dosi sapienti di romanticismo.
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The Gran Budapest Hotel (2014) film di Wes Anderson con Ralph Fiennes, Tony Revolori, Saoirse Ronan, Bill Murray, Adrien Brody, Tilda Swinton, Jude Law, Harvey Keitel e molti altri
Tanti nomi famosi per questo film ambientato all’inizio del 1900, in una repubblica dell’est europeo, frutto della fantasia dello scrittore Stefan Sweig, al cui romanzo omonimo l’opera si ispira.
Bravi tutti i protagonisti coinvolti nelle fin troppo numerose e rocambolesche avventure che si svolgono dentro ed intorno ad un ormai decadente grand hotel di montagna; divertenti gli ironici, eleganti ed a volte iperbolici dialoghi, conditi di dosi sapienti di romanticismo.
Spiccano fra tutti i personaggi di M.Gustave, interpretato da Ralph Fienne, e quello del garzoncello Zero Mustafa, suo fedelissimo allievo, simbolo dell’immigrato da sempre maltrattato, interpretato sia da Toni Revolori (in giovane età) che da F.Murray Abraham (in tarda età).
M.Gustave rappresenta l’orgogliosa colonna su cui si regge il prestigioso albergo, perfetto coordinatore di tutte le attività offerte a facoltosi ospiti, nonché dispensatore di servizi speciali per anziane signore sole che dice di amare e che, colme di gratitudine, non gli lesinano segni concreti di riconoscenza, come nel caso di Madame D. che gli destina un quadro di immenso valore, scatenando l’ira dei parenti e la persecuzione del destinatario.
Molto bella la colonna sonora che sottolinea alla perfezione la costante ironia della narrazione e che trasforma scene, altrimenti drammatiche, in situazioni comiche.
Rita Branca
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firewalkwithme
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martedì 13 maggio 2014
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anderson senza antitesi e senza sintesi
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Quando la pellicola di un regista si rivela in grado di offrire ai suoi più spietati detrattori una (quanto mai prima) numerosa quantità di frecce da scagliare col loro attento e sempre vigile arco,non è quasi mai un segno positivo e rasserenante. Significa che,presumibilmente,il regista si è lasciato placidamente trasportare dai suoi tratti più caratteristici e universalmente riconosciuti,in una sorta di parossismo estetico e visivo dal quale la sua personalità non è uscita accentuata,risaltata,ma piuttosto annullata,ammuttolita. Se questo fosse stato il mio primo film di Anderson,sarei direttamente saltata a delle conclusioni critiche poco lusinghiere,e probabilmente velate da quella superficialità di cui la pellicola stessa risulta fastidiosamente avvolta.
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Quando la pellicola di un regista si rivela in grado di offrire ai suoi più spietati detrattori una (quanto mai prima) numerosa quantità di frecce da scagliare col loro attento e sempre vigile arco,non è quasi mai un segno positivo e rasserenante. Significa che,presumibilmente,il regista si è lasciato placidamente trasportare dai suoi tratti più caratteristici e universalmente riconosciuti,in una sorta di parossismo estetico e visivo dal quale la sua personalità non è uscita accentuata,risaltata,ma piuttosto annullata,ammuttolita. Se questo fosse stato il mio primo film di Anderson,sarei direttamente saltata a delle conclusioni critiche poco lusinghiere,e probabilmente velate da quella superficialità di cui la pellicola stessa risulta fastidiosamente avvolta. Riprese perfettamente centrate,attenzione maniacale al dettaglio,ossessione quasi patologica per i contrasti cromatici allucinogeni tutt'altro che calibrati,sono da sempre le cifre stilistiche di Wes Anderson,a partire da Rushmore,permeano trasversalmente ogni sua opera e raggiungono ne I Tenenbaum un difficile ma perfetto equilibrio con l'aspetto contenustico e tematico. E' forse con il recente Moonrise Kingdom,che tale delicato equilibrio aveva iniziato a dare chiari segni di sbilanciamento,indungiando in un autocompiacimento estetico decisamente eccessivo e adombrante nei confronti delle relazioni intra ed interpsichice degli individui e della coerenza concettuale della trama. Con The Grand Budapest Hotel,i person,aggi e la storia non fanno altro che progredire in questo sbiadimento psicologico e narrativo,autoimmolandosi sull'altare dell'apparrenza,dell'ingranaggio esteriormente impeccabile,di un involucro perfettamente lucido sul quale Andserson può rimirarsi soddisfatto. E dunque,in quella sorta di epifania onirica che è il Budapest Hotel,gli ambienti superficialmente perfetti ma interiormente marci e corrotti di famiglie tempestose,di equipaggi instabili,di accademie altalenanti riemergono solo apparentemente sanati,in realtà negati proprio nella loro essenza,in quel conflitto così interessante perchè reale,forse l'unica parcella di reale in tanta ricercatezza e artificiosità. Alle individualità maschili sempre così affascinanti perchè scisse e inquiete si sostituisce la plasticità impenetrabile quanto sorniona di Monsier Gustave,tanto innamorato del suo albergo da essere del tutto estraneo a quella voglia di emancipazione,di cambiamento,di svolta brulicante in tutti i burattini semoventi di Anderson,e che adesso non è più rintracciabile. Una tesi,quella dell'apparenza armonica e riposante in se stessa,che qua non incontra l'esperienza formativa dell'antitesi segnalatrice di conflitti e scossoni substratificati,e che quindi non può evolversi in niente,rimanendo chiusa nel proprio alveo tanto rassicurante da risultare irreale,alla stregua di Monsier Gustave e del suo tanto (troppo) agognato albergo.
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cineman94
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giovedì 26 giugno 2014
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questa è una grande commedia!
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A mio avviso questo ennesimo gran film del brillante Wes Anderson (già autore di film quali I Tenenbaum, Rushmore, Fantastic Mr. Fox e Moonrise Kongdom) è riuscito a dare dimostrazione di come, per produrre una commedia efficace, non si necessiti di battute scatologiche o di una trama assurda e senza senso. Infatti viene messa in scena una trama abbastanza originale per un film del genere, che riesce anche, in alcune scene fondamentali, a portare ad un'acuta e mai banale riflessione sociale, grazie a dei personaggi (un po' macchiette, un po' specchi della società di quei tempi) che riescono ad essere simpatici ma allo stesso tempo sanno mostrare in egual misura i loro pregi e difetti, rendendoli più appetibilie più rispecchiabili con lo spettatore.
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A mio avviso questo ennesimo gran film del brillante Wes Anderson (già autore di film quali I Tenenbaum, Rushmore, Fantastic Mr. Fox e Moonrise Kongdom) è riuscito a dare dimostrazione di come, per produrre una commedia efficace, non si necessiti di battute scatologiche o di una trama assurda e senza senso. Infatti viene messa in scena una trama abbastanza originale per un film del genere, che riesce anche, in alcune scene fondamentali, a portare ad un'acuta e mai banale riflessione sociale, grazie a dei personaggi (un po' macchiette, un po' specchi della società di quei tempi) che riescono ad essere simpatici ma allo stesso tempo sanno mostrare in egual misura i loro pregi e difetti, rendendoli più appetibilie più rispecchiabili con lo spettatore.
Il cast all'interno del film (oltre ad essere molto ampio) è di una qualità stellare e figura grandi attori come Fiennes, Brody, Murray Abraham, Dafoe e Murray per dirne alcuni, ed ognuno da una fantastica interpretazione grazie anche alla gestione degli attori e dei personaggi da parte dell'arguto regista.
Sotto un punto di vista registico il film gode di una ricercatezza, come nel suo umorismo, che difficilmente trova spazio in molti film odierni, grazie ad inquadrature a telecamera fissa a costruzioni di scenografie quasi cartoonesche che si alternano a scenografie, disegni ed inquadrature che a tratti ricordano molto il cinema anni 30/40 (proprio il periodo in cui si sviluppa la trama).
La sceneggiatura è in generale ottima, con una trama che, come già detto, è interessante ed offre degli spunti interessanti sia per quel che riguarda la struttura generale narrativa che per i dialoghi, che spaziano dal surreale al satirico, sempre però mantenendo una comicità stilisticamente ricercata e raffinata che, più che costruire delle gag spezzettate, fa della comicità genuina e naturale sempre in linea con la storia e con i personaggi, restando sempre in costante intrattenimento.
Una menzione particolare va fatta anche alla colonna sonora, selezionata meticolosamente in modo da essere ben amalgamata con lo stile e la contestualizzazione del film.
Siamo quindi davanti ad uno dei migliori film di questo brillante ed intelligente regista, che riconferma la sua grande qualità e la sua importanza all'interno del panorama comico moderno.
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mati :d
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giovedì 4 settembre 2014
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i colori di un sogno
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Grand Budapest Hotel non è certo un film adatto a tutti. Con la sua particolarità e le sue stranezze può risultare, di primo impatto, un'opera superficiale e di poca importanza. In realtà però, se lo si guarda con attenzione, risulta il contario; un cast eccezionale, accompagnato dal regista Wes Anderson, si muove in un atmosfera surreale, accentuata dalla musica pressochè sempre presente e dalle scenografie curatissime e molto ricercate. I dialoghi sono sempre veloci e convivono con la narrazione della voce di Zero che racconta la sua storia di ragazzino, storia che sarà poi ripresa dal giovane scrittore. Ed è proprio in questo sovrapporsi di narrazioni e di storie raccontate, a voce oppure scritte in un libro, che emerge il messaggio del film sull'importanza dei racconti.
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Grand Budapest Hotel non è certo un film adatto a tutti. Con la sua particolarità e le sue stranezze può risultare, di primo impatto, un'opera superficiale e di poca importanza. In realtà però, se lo si guarda con attenzione, risulta il contario; un cast eccezionale, accompagnato dal regista Wes Anderson, si muove in un atmosfera surreale, accentuata dalla musica pressochè sempre presente e dalle scenografie curatissime e molto ricercate. I dialoghi sono sempre veloci e convivono con la narrazione della voce di Zero che racconta la sua storia di ragazzino, storia che sarà poi ripresa dal giovane scrittore. Ed è proprio in questo sovrapporsi di narrazioni e di storie raccontate, a voce oppure scritte in un libro, che emerge il messaggio del film sull'importanza dei racconti. Ma Grand Budapest Hotel è molto più di questo...con i suoi colori sgargianti, l'assurdità di alcune scene, il repentino cambio di linguaggio: da raffinato a volgare in un batter d'occhio, e la caduta nel macabro in qualche caso, fanno di questo film un capolavoro che merita di essere visto più volte. Non è semplice cogliere sempre il profondo significato che sta dietro ai volti spesso impassibili degli attori, ma qualche volta si scorge un barlume di umanità strordinario, che da senso a tutto quanto, e allora, con un sorriso sulle labbra, si sognano le stanze sfarzone del Grand Budapest.
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