Grand Budapest Hotel |
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Un film di Wes Anderson.
Con Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe.
continua»
Titolo originale The Grand Budapest Hotel.
Commedia,
durata 100 min.
- USA 2014.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 10 aprile 2014.
MYMONETRO
Grand Budapest Hotel
valutazione media:
3,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Uno squisito confetto dai colori pastello. ****di SteveGaryFeedback: 0 |
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mercoledì 23 aprile 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Così tenera nella sua terrena e sincera verità che racconta, Grand Budapest Hotel è la più agrodolce fotografia della natura umana; raccontata e predicata come altissima e trascendente (che è sì vero, ma mai ne saremo testimoni o consapevoli) ma in sfacciata onestà una bucolica raccolta di volontà sempre terrene e profane. Noi che ci sentiamo dei e ci perdiamo dietro ad un quadro o ad un uomo affascinante come Monsieur Gustave. Questo, il film quindi Anderson, lo racconta benissimo fin dal principio della storia che ci racconta Zero, nel suo botta e risposta con Jude Law. “Perché bionde?” “Perché lo erano tutte.” Le donne del Grand Budapest erano tutte bionde anche se non lo erano, perché stereotipo che stringe all'osso l'immagine della donna: femmina che vuole amore e passione. Ed allora tutto il film si snocciola magistralmente in maniera prima delicata ora frenetica all'insegna di ciò che Candido, nell'omonimo saggio di Voltaire, scoprirà alla fine del suo viaggio: il segreto è curarsi del proprio orticello. E questo fanno tutti i personaggi di Grand Budapest Hotel. Dalla vedova che regala i suoi averi a Mr Gustave perché l'ha fatta sentire viva, a Gustave stesso che realizza la sua vita nel rispolverare quel profumo poetico del gentiluomo di fine '800 adorato dalle sue amanti passando per l'affamato gigante in prigione che è pronto a diventare un buono, in cambio di una zuppa da mangiare. Per questa ragione, per la chiara intenzione di rappresentare l'uomo per quello che è, un essere che persegue semplicemente le sue volontà, l'intero film permette di sviluppare una storia deliziosa e divertententissima nella sua semplicità. Che può permettersi di azzardare virtuosismi stilistici come la discesa in slittino a velocità sostenuta come nelle vecchie commedie del cinema muto o la rumorosa e insensata sparatoria all'interno dell'hotel per una ragione molto chiara: ciò che conta è l'intrattenimento, è la storia lineare di un garzone e il suo protettore che come nelle favole da bambini affrontano mille avventure per raggiungere il loro scopo. Avventure, perché semplici armi per intrattenere lo spettatore curioso, che possono quindi essere surreali o incredibili (ad esempio, non sarebbe apparso strano nemmeno un meteorite all'improvviso) senza che rovino il gusto di vedere i nostri eroi realizzare il loro destino. Non c'è niente di più difficile (e raro, ormai) del raccontare in modo semplice una storia con un inizio, uno svolgimento ed una fine. Anderson ci riesce benissimo. E annienta non solo il messaggio nascosto che ci si impunta nel cercare all'interno di un film ma anche quello ideologico, che stride con la natura semplice dell'uomo, mettendo in ridicolo ciò che si intuisce essere il neonascente il nazismo assegnandolo a sbadati militari lungo la ferrovia o a divisioni dell'esercito che da SS passano a ZZ: zigzag. L'intero film quindi non è niente di più che una storia. Che fa sorridere, fa commuovere, fa appassionare e divertire… come la nostra, di tutti noi. Noi che in un momento della nostra vita o in un altro possiamo immedesimarci in ognuno dei personaggi che capitano anche solo per un attimo nell'inquadratura e non siamo nient'altro che delle piccole creature dotate di magnifica intelligenza ma guidate dall'istinto. Insomma Grand Budapest Hotel è una dolce sfiziosità. Quella di poter guardare in faccia ciò che siamo e di sorriderne, semplicemente. Anche una volta usciti dalla sala. Anche nella nostra vita; si spera.
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