Grand Budapest Hotel |
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Un film di Wes Anderson.
Con Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe.
continua»
Titolo originale The Grand Budapest Hotel.
Commedia,
durata 100 min.
- USA 2014.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 10 aprile 2014.
MYMONETRO
Grand Budapest Hotel
valutazione media:
3,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Cherchez l’hommedi EugenioFeedback: 33754 | altri commenti e recensioni di Eugenio |
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sabato 26 aprile 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Wes Anderson,chi conosce questo eclettico regista sa di andare sul sicuro in ogni suo film.Rivediamo il suo tocco irriconoscibile, colmo di sfumature interpretative grottesche in un ironico gioco di luci e ombre esplorando con acume e intelligenza le variegate arti del cinema, nell’ultimo Gran Budapest Hotel. Un film che esula dalla denominazione semplice di “commedia” in quanto costituisce un mix di intelligenza,vivacità e sorpresa visiva,un groviglio di scatole cinesi dove alla commedia si mescola l’amore, il grottesco, la verve comica e un pizzico di violenza. Già l’inizio con la ragazza che legge un libro dinanzi a quello che fu il Grand Budapest Hotel, libro composto da uno scrittore che a sua volta aveva preso spunto dall’incontro con Zero, il lobby boy pakistano degli anni d’oro del mitico albergo gestito dalla mano inflessibile del concierge Monsier Gustave (interpretato da un bravo Ralph Fiennes),la dice lunga sullo sviluppo dell’intera pellicola. Grand Hotel Budapest sotto la scorza superficiale della storia decadente di un maestoso hotel nell’inventata Zubrowka invasa dai tedeschi, della spy-story che consegue all’atto della morte della ricca Madame D. e del testamento che getta scompiglio sui suoi malaugurati eredi, contiene in senso lato diversi temi: la narrazione fluida di eventi sociali sprofondati nel caos arrivista (la figura del nipote Dimitri incattivita da Adrien Brody) e totalitarista, il significato dell’amicizia e della solitudine (il rapporto tra Zero e Monsier Gustave), l’amore prima strumento (le molteplici relazioni del concierge con le donne altolocate dell’albergo) e poi angelico sentimento (la storia tra Zero Moustafa e la dolce pasticcera Clotilde). In ciascuno di questi macroblocchi, noi spettatori siamo irretiti dalla nitida fotografia di paesaggi immacolati invernali nella steppa russa, quasi un collante visivo che fa il paio al fauve espressionista dell’hotel. Amante del barocco, dall’uso riuscito di musiche e immagini eloquenti, Anderson sceglie accuratamente Ralph Fiennes come interprete cardine del film, un dandy di oscura origine, cultore del romanticismo sino allo sfinimento, emblema ultimo dell'educazione in un mondo che ha fatto dell’impudicizia il suo leit-motiv. C’e’ anche un po’ di Lupin in questa figura, un ladro gentiluomo (Il ragazzo con pera, eredità della vecchia zitella verrà sottratto senza autorizzazione), un mentore sui generis in grado di guidare il piccolo Zero alla cortesia intrisa di malinconia e nostalgico rimpianto. Ed infatti come Monsier Gustave finirà in prigione senza smettere di lottare con forza contro l’arida grettezza e l’egoismo degli uomini, dall’altro lato Zero si impadronisce della lezione appresa riuscendo a portare avanti la battaglia del suo maestro con l’aiuto di insperati personaggi.Così in un soggetto che poteva scadere in un intreccio giallo e avventuroso poco originale che fa dell’effetto speciale e della “corsa al dipinto ad ogni costo” con due classici antagonisti, bene e male, il suo cuore pulsante, Anderson costruisce con sapienza tutto il corpo umano, imbastendo uno scheletro robusto e efficace senza mai scadere nel patetico. A film ultimato non resta che uscire dalla sala con qualcosa in più: gli occhi piacevolmente soddisfatti e la mente permeata da un tourbillon di idee narrative raccontate in un gioco a incastri che fa uso di carta stampata, pellicole ed eccentriche emozioni forse un po’ tristi e grottesche ma che sanno di vita, vita vera.
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