diomede917
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sabato 26 aprile 2014
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wes anderson all'ennesima potenza
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Con quest'ultima opera Wes Anderson racchiude tutto il suo cinema fatto di personaggi bizzarri che vivono all'interno di spazi architettonici ben definiti come se fossero dei quadri, cromaticamente acceso e storie d'amore intense anche se fortemente improbabili all'inizio.
E non è un caso che intitoli e ambienti al Grand Budapest Hotel il suo intreccio narrativo che si dipana in ben 4 spazi temporali altrettanto caratterizzati da un proprio stile e un proprio colore.
La base di tutto è il libro dedicato a questo Hotel scritto da uno scrittore affascinato dal suo bizzarro proprietario incontrato alla fine degli anni '60, il quale nello spazio temporale ben definito di una cena decide di raccontare la straordinaria storia del concierge Gustav e del suo garzoncello Zero Mustafa.
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Con quest'ultima opera Wes Anderson racchiude tutto il suo cinema fatto di personaggi bizzarri che vivono all'interno di spazi architettonici ben definiti come se fossero dei quadri, cromaticamente acceso e storie d'amore intense anche se fortemente improbabili all'inizio.
E non è un caso che intitoli e ambienti al Grand Budapest Hotel il suo intreccio narrativo che si dipana in ben 4 spazi temporali altrettanto caratterizzati da un proprio stile e un proprio colore.
La base di tutto è il libro dedicato a questo Hotel scritto da uno scrittore affascinato dal suo bizzarro proprietario incontrato alla fine degli anni '60, il quale nello spazio temporale ben definito di una cena decide di raccontare la straordinaria storia del concierge Gustav e del suo garzoncello Zero Mustafa.....
Una specie di favola ambientato nell'immaginaria Zubowka a cavallo tra le due guerre dove questo magico Hotel sostituisce l'ideale castello.
Tutta la storia, tutti i personaggi e tutte le inquadrature convergono e hanno un senso nel volto e nelle smorfie di un Ralph Fiennes fenomenale, meritevole di non so quanti premi Oscar......
Incarna pregevolmente questo galante gigolo di ricche ereditiere che transitano nel Grand Budapest Hotel e al tempo stesso maestro di vita di un volenteroso ragazzo che diventa il perfetto compagno d'avventure.
Nostalgico di quel bel cinema che fu Anderson dipana una storia fatta d'intrighi, eredità e omicidi a un ritmo indiavolato come un disco a 78 giri.......ogni personaggio è protagonista nei minuti che il regista gli regala e così i cameo di Tilda Swinton, Willem Dafoe, Bill Murray, Edward Norton, Harvey Keitel e chi più ne ha più ne metta diventano chicche da ricordare.....
Due su tutte l'evasione dal carcere e l'inseguimento nella pista da sci per far capire la maestria del genio visionario di un regista che al suo ottavo film raggiunge una maturità incredibile.
Degna di nota l'amore tra il suo giovane protagonista e l'amata pasticciera con una voglia di Messico sulla faccia che sembra la degna prosecuzione dell'amore narrato in Moonrise Kingdom (superbo film a sua volta).
The Grand Budapest Hotel è uno spettacolo sia per gli occhi che per il cuore e si merita il mio 10 perché era da tanto tempo non mi divertivo e non vivevo in maniera così intensa un film dentro la sala cinematografica.....
Sono un bambino di 43 anni
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jacopo b98
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lunedì 28 aprile 2014
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una meraviglia assoluta!
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Uno scrittore (Wilkinson da vecchio, Law da giovane) pubblica un libro in cui racconta gli aventi avvenuti negli anni ’30 presso il lussuoso Gran Budapest Hotel, raccontatigli da un ex dipendente dell’albergo ora proprietario (Revolori da giovane, Abraham da vecchio). Quest’ultimo infatti era stato, nei tempi d’oro dell’albergo, Lobby Boy del leggendario concérgie Gustave H (Fiennes) e con lui aveva vissuto parecchie avventure… È un film di fantasmi che si perdono nel tempo questo ultimo lavoro di Wes Anderson, anche sceneggiatore. Un film che, al di là della sua apparente semplicità, scava nel tempo ed è fondamentalmente una matrioska di epoche diverse che si contengono le une con le altre e alla fine delle grandi avventure e dei grandi personaggi del Grand Budapest Hotel non rimangono che un libretto, una lettrice e la statua innevata del suo autore.
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Uno scrittore (Wilkinson da vecchio, Law da giovane) pubblica un libro in cui racconta gli aventi avvenuti negli anni ’30 presso il lussuoso Gran Budapest Hotel, raccontatigli da un ex dipendente dell’albergo ora proprietario (Revolori da giovane, Abraham da vecchio). Quest’ultimo infatti era stato, nei tempi d’oro dell’albergo, Lobby Boy del leggendario concérgie Gustave H (Fiennes) e con lui aveva vissuto parecchie avventure… È un film di fantasmi che si perdono nel tempo questo ultimo lavoro di Wes Anderson, anche sceneggiatore. Un film che, al di là della sua apparente semplicità, scava nel tempo ed è fondamentalmente una matrioska di epoche diverse che si contengono le une con le altre e alla fine delle grandi avventure e dei grandi personaggi del Grand Budapest Hotel non rimangono che un libretto, una lettrice e la statua innevata del suo autore. E a questa riflessione colta Anderson abbina sapientemente gli elementi classici del suo cinema e racconta tutta la storia con la classica fiabesca poesia. Riduce al minimo i movimenti di macchina e le inquadrature e condensa una storia ricca in un’intensa ora e mezza di film. Gioca con i generi, dalla fiaba, al giallo, al dramma, fino a spingersi a uno splatter tarantiniano che culmina nella indimenticabile sequenza delle dita. Molti i personaggi indimenticabili, come gli attori: Fiennes ci lascia una delle sue migliori interpretazioni, e come si possono scordare il vampiresco, cattivissimo Willem Dafoe, o la bellissima Saoirse Ronan nel ruolo di Agatha! Ruoli indimenticabili che Anderson ha scritto apposta pensando al più grande cast che si potesse radunare. Visivamente poi il film è una chicca: la fotografia, le scenografie simili a dei giganteschi modellini, i costumi raffinati e fantasiosi di Milena Canonero sono tutti da Oscar. E il film obbiettivamente, con alle spalle il Premio della Giuria del Festival di Berlino, potrebbe essere tra i più seri e temibili candidati ai prossimi Academy Awards. Una meraviglia assoluta, un’autentica chicca per cinefili, non perdetevelo!
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makejrs
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sabato 19 aprile 2014
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benvenuti nel colorato albergo di anderson
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Sullo stile registico, le scenografie ultra-dettagliate, i costumi e i personaggi spesso più famosi dei film stessi di questo regista texano ma spiritualmente trapiantato in europa sono stati già versati fiumi d'inchiostro, pertanto mi focalizzerò sul film in questione. A livello tecnico quest'opera è la summa dell' espressione andersoniana.
The grand budapest hotel è un romanzo su celluloide, e la fonte di ispirazione da cui è tratto, e cioè gli scritti di uno scrittore austriaco di inizio '900, Stefan Zweig, è evidente. È evidente nelle sequenze narrate dalla voce fuori campo dello scrittore, è evidente nell'idea di un Europa tangibile, che si incontra con tutte le sue sfaccettature nelle sale dell'albergo, e che tuttavia è solo al suo stadio embrionale, ancora inconscia degli orrori del Nazismo ma consapevole di quelli della Grande Guerra.
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Sullo stile registico, le scenografie ultra-dettagliate, i costumi e i personaggi spesso più famosi dei film stessi di questo regista texano ma spiritualmente trapiantato in europa sono stati già versati fiumi d'inchiostro, pertanto mi focalizzerò sul film in questione. A livello tecnico quest'opera è la summa dell' espressione andersoniana.
The grand budapest hotel è un romanzo su celluloide, e la fonte di ispirazione da cui è tratto, e cioè gli scritti di uno scrittore austriaco di inizio '900, Stefan Zweig, è evidente. È evidente nelle sequenze narrate dalla voce fuori campo dello scrittore, è evidente nell'idea di un Europa tangibile, che si incontra con tutte le sue sfaccettature nelle sale dell'albergo, e che tuttavia è solo al suo stadio embrionale, ancora inconscia degli orrori del Nazismo ma consapevole di quelli della Grande Guerra. Ma tutto ciò è soltanto il contorno di una storia di amicizia e d'avventura, al centro della quale ci sono il concierge-direttore del grand budapest, M. Gustave (Ralph Fiennes), e l'appena assunto lobby boy Zero (l'esordiente Tony Revolori), e le vicende che li convolgono nel mistero che avvolge il quadro più prezioso al mondo, il famigerato ''Ragazzo con mela'', lasciato in eredità a Gustave da una cliente affezionata dell'albergo e la cui decisione viene contestata dal figlio di lei, intrepretato da un crudele Adrien Brody. Ottime le interpretazioni di tutti gli attori, Fiennes in primis, così come perfetta nelle varie situazioni è la colonna sonora di Alexandre Desplat, che ha già lavorato con Anderson in Moonrise Kingdom. Ma ciò che rende speciale il fim è la capacità di Anderson nel passare da un genere all'altro, rendendo riduttiva la classificazione a commedia. Pieno zeppo di citazioni alla Novelle Vague e alle commedie americane classiche, oltre che alla letteratura dell'800 (le tre sorelle di Brody sono una chiara citazione a Dostoevskij), in due ore scorre dalla commedia al dramma, dall'avventura al thriller, in una giostra che destabilizza, strizza l'occhio e diverte.
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enzo70
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mercoledì 30 aprile 2014
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una delizia tra realtà e fantasia
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Wes Anderson rende un grande omaggio all'ottava arte con questo film che va oltre le righe, un continuo viaggio tra realtà e fantasia, nel luogo dell’arte che si chiama cinema. Grand Hotel Budapest è ispirato alle opere di Stefan Zweig, biografo e scrittore tedesco, famoso negli anni venti ma finito nell’oblio (nemmeno un suo libro è stato tradotto in italiano), grande oppositore del nazismo. Il concierge del Grand Hotel Budapest, collocato ai confini di una immaginaria terra di confine, è Monsieur Gustave, grande amatore di donne bionde, ricche ed anziane, una sorta di direttore di quella che fu la grande orchestra dei dipendenti dell’albergo.
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Wes Anderson rende un grande omaggio all'ottava arte con questo film che va oltre le righe, un continuo viaggio tra realtà e fantasia, nel luogo dell’arte che si chiama cinema. Grand Hotel Budapest è ispirato alle opere di Stefan Zweig, biografo e scrittore tedesco, famoso negli anni venti ma finito nell’oblio (nemmeno un suo libro è stato tradotto in italiano), grande oppositore del nazismo. Il concierge del Grand Hotel Budapest, collocato ai confini di una immaginaria terra di confine, è Monsieur Gustave, grande amatore di donne bionde, ricche ed anziane, una sorta di direttore di quella che fu la grande orchestra dei dipendenti dell’albergo. Gustave è uomo di grande classe con i signori, estremamente pratico con i collaboratori che lo temono ma rispettano l’indiscutibile superiorità dell’uomo. L’ultima ruota del carro dell’hotel è Zero, profugo di guerra, che diventerà il socio delle avventure di Monsieur Gustave. E così inizia la storia di questa davvero strana coppia, tra le mille stanze del Grand Hotel Budapest e le mille miserie dell’uomo. Film sfarzoso ed asciutto allo stesso tempo, sempre sospeso tra quello che è e quello che potrebbe essere riesce ad incantare lo spettatore con la semplice magia del cinema, quello con la C maiuscola. Wes Anderson è specializzato nel trasportare nella realtà mondi che dalla realtà trascendono ed in questo film è ben supportato da interpreti di gran mestiere, da Ralph Fiennes a Adrien Brody; ma ha anche il coraggio di affidare la parte del coprotagonista di un film sicuramente complesso ad un attore esordiente, Tony Revolori che ben ripaga la fiducia che gli è stata accordata. Insomma, avete capito, ci sta solo da correre al cinema.
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borghij
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mercoledì 30 aprile 2014
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surrealista ma non troppo.
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Se avete voglia ti tuffarvi in una storia bizzarra, tragicomica, spassosa, incredibilmente convolgente, Grand Budapest Hotel è il film giusto; un cast delizioso, dal primo all' ultimo degli attori, scelti con cura, da un attento
Wes Anderson che con questo film conferma la sua incredibile dote di regista, "surreale" si potrebbe dire.
Il film, storia di una storia ha il suo inizio nel 1920 circa con Monsieur Gustave, il concierge di uno stravagante albergo su una montagna, egli tiene moltissimo al suo albergo e tratta ogni suo cliente in modo squisito e gentile;
si occupa di tutto, finché succede qualcosa che cambierà ogni cosa, muore la ormai novantaquattrenne amante di Monsieur Gustave una ricca donna che di tanto in tanto faceva una vacanza nel lussuoso hotel, quindi egli va con il suo Lobby man personale, un ragazzo appena arrivato di grandi potenzialità, a trovare la defunta, ma proprio lì si sta svolgendo nella sala accanto la procedura di lettura del testamento dell' anziana, che guarda caso lascia un quadro di imponente valore proprio al Consierge M.
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Se avete voglia ti tuffarvi in una storia bizzarra, tragicomica, spassosa, incredibilmente convolgente, Grand Budapest Hotel è il film giusto; un cast delizioso, dal primo all' ultimo degli attori, scelti con cura, da un attento
Wes Anderson che con questo film conferma la sua incredibile dote di regista, "surreale" si potrebbe dire.
Il film, storia di una storia ha il suo inizio nel 1920 circa con Monsieur Gustave, il concierge di uno stravagante albergo su una montagna, egli tiene moltissimo al suo albergo e tratta ogni suo cliente in modo squisito e gentile;
si occupa di tutto, finché succede qualcosa che cambierà ogni cosa, muore la ormai novantaquattrenne amante di Monsieur Gustave una ricca donna che di tanto in tanto faceva una vacanza nel lussuoso hotel, quindi egli va con il suo Lobby man personale, un ragazzo appena arrivato di grandi potenzialità, a trovare la defunta, ma proprio lì si sta svolgendo nella sala accanto la procedura di lettura del testamento dell' anziana, che guarda caso lascia un quadro di imponente valore proprio al Consierge M. Gustave, egli verrà però fermato e più volte ricattato da il figlio della vecchia, un avaro viziato che vuole tenersi il dipinto, cosa che infatti farà, il direttore dell' albergo però non si da pace, ruba il quadro e scappa, sarà un continuo inseguimento soprattutto da parte di uno scagnozzo del figlio (William Dafoe), tra battute esilaranti e sottili, eccezionali riprese e posti immaginari,
il film è assolutamente spettacolare.
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firewalkwithme
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venerdì 16 maggio 2014
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anderson senza antitesi e senza sintesi
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Quando la pellicola di un regista si rivela in grado di offrire ai suoi più spietati detratto ri una (quanto mai prima) numerosa quantità di frecce da scagliare col loro attento e sempre vigile arco,non è quasi mai un segno positivo e rasserenante. Significa che,presumibilmente,il regista si è lasciato placidamente trasportare dai suoi tratti più caratteristici e universalmente riconosciuti,in una sorta di parossismo estetico e visivo dal quale la sua personalità non è uscita accentuata,risaltata,ma piuttosto annullata,ammuttolita. Se questo fosse stato il mio primo film di Anderson,sarei direttamente saltata a delle conclusioni critiche poco lusinghiere,e probabilmente velate da quella superficialità di cui la pellicola stessa risulta fastidiosamente avvolta.
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Quando la pellicola di un regista si rivela in grado di offrire ai suoi più spietati detratto ri una (quanto mai prima) numerosa quantità di frecce da scagliare col loro attento e sempre vigile arco,non è quasi mai un segno positivo e rasserenante. Significa che,presumibilmente,il regista si è lasciato placidamente trasportare dai suoi tratti più caratteristici e universalmente riconosciuti,in una sorta di parossismo estetico e visivo dal quale la sua personalità non è uscita accentuata,risaltata,ma piuttosto annullata,ammuttolita. Se questo fosse stato il mio primo film di Anderson,sarei direttamente saltata a delle conclusioni critiche poco lusinghiere,e probabilmente velate da quella superficialità di cui la pellicola stessa risulta fastidiosamente avvolta. Riprese perfettamente centrate,attenzione maniacale al dettaglio,ossessione quasi patologica per i contrasti cromatici allucinogeni tutt'altro che calibrati,sono da sempre le cifre stilistiche di Wes Anderson,a partire da Rushmore,permeano trasversalmente ogni s ua opera e raggiungono ne I Tenenbaum un difficile ma perfetto equilibrio con l'aspetto contenustico e tematico. E' forse con il recente Moonrise Kingdom,che tale delicato equilibrio aveva iniziato a dare chiari segni di sbilanciamento,indungiando in un autocompiacimento estetico decisamente eccessivo e adombrante nei confronti delle relazioni intra ed interpsichice degli individui e della coerenza concettuale della trama. Con The Grand Budapest Hotel,i person,aggi e la storia non fanno altro che progredire in questo sbiadimento psicologico e narrativo,autoimmolandosi sull'altare dell'apparrenza,dell'ingranaggio esteriormente impeccabile,di un involucro perfettamente lucido sul quale Andserson può rimirarsi soddisfatto. E dunque,in quella sorta di epifania onirica che è il Budapest Hotel,gli ambienti superficialmente perfetti ma interiormente marci e corrotti di famiglie tempestose,di equipaggi instabili,di accademie altalenanti riemergono solo appar entemente sanati,in realtà negati proprio nella loro essenza,in quel conflitto così interessante perchè reale,forse l'unica parcella di reale in tanta ricercatezza e artificiosità. Alle individualità maschili sempre così affascinanti perchè scisse e inquiete si sostituisce la plasticità impenetrabile quanto sorniona di Monsier Gustave,tanto innamorato del suo albergo da essere del tutto estraneo a quella voglia di emancipazione,di cambiamento,di svolta brulicante in tutti i burattini semoventi di Anderson,e che adesso non è più rintracciabile. Una tesi,quella dell'apparenza armonica e riposante in se stessa,che qua non incontra l'esperienza formativa dell'antitesi segnalatrice di conflitti e scossoni substratificati,e che quindi non può evolversi in niente,rimanendo chiusa nel proprio alveo tanto rassicurante da risultare irreale,alla stregua di Monsier Gustave e del suo tanto (troppo) agogna to albergo.
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bianca g.
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mercoledì 11 giugno 2014
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bellissimo.
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Wes Anderson non si smentisce mai. Con i suoi colori, la sua colonna sonora, i suoi personaggi meravigliosi e una storia dal ritmo ideale, "Grand Budapest Hotel" risulta un film incantevole e si esce dal cinema col sorriso sulle labbra.
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paolp78
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mercoledì 11 marzo 2015
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delizioso
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A mio parere, il migliore dei film di Wes Anderson, quello che per l'ambientazione si è rivelato il più adatto ad esaltare le peculiarità dello stile cinematografico del regista americano.
La debolezza del film risiede, come nelle altre opere di Anderson, nella non completa capacità di coinvolgere ed avvincere lo spettatore, che non viene portato a prendersi a cuore le sorti dei protagonisti, almeno non con totale adesione e trasporto emotivo. Si tratta di un "difetto" tipico dei film di Anderson (forse, in realtà, voluto dallo stesso regista), molto più concentrato ad esaltare altri aspetti, preminentemente formali.
I costumi, la scenografia, le acconciature, la messa in scena costituiscono gli elementi che trascinano il film, rendendolo un'opera quasi unica e sicuramente difficile da dimenticare per la propria originalità.
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A mio parere, il migliore dei film di Wes Anderson, quello che per l'ambientazione si è rivelato il più adatto ad esaltare le peculiarità dello stile cinematografico del regista americano.
La debolezza del film risiede, come nelle altre opere di Anderson, nella non completa capacità di coinvolgere ed avvincere lo spettatore, che non viene portato a prendersi a cuore le sorti dei protagonisti, almeno non con totale adesione e trasporto emotivo. Si tratta di un "difetto" tipico dei film di Anderson (forse, in realtà, voluto dallo stesso regista), molto più concentrato ad esaltare altri aspetti, preminentemente formali.
I costumi, la scenografia, le acconciature, la messa in scena costituiscono gli elementi che trascinano il film, rendendolo un'opera quasi unica e sicuramente difficile da dimenticare per la propria originalità.
Dopo la visione del film si dimentica ben presto la trama (neppure male in definitiva), viceversa nella memoria dello spettatore resta impressa l'atmosfera retrò, elegante e bislacca che caratterizza la pellicola.
Altro pezzo forte è costituito dallo schema narrativo scelto da Anderson e dai ritmi compassati e tuttavia non lenti della narrazione stessa: anche in questo la pellicola trova un ulteriore punto di forza. La voce narrante fuori campo è un espediente spesso utilizzato da Anderson (direi un elemento costante nella sua cinematografia) ed anche in questo caso funziona decisamente bene.
Azzeccatissima la scelta del cast, costituito da un nutrito nugolo di star hollywoodiane, tutte perfettamente in parte e soprattutto tutte truccate ed abbigliate in modo tale da risultare visivamente perfette per i ruoli chiamati a ricoprire: certamente questo è uno dei punti maggiormente curati nei film di Anderson e visto il risultato finale, costituisce in questo caso uno dei motivi di eccellenza della pellicola. Raramente si può vedere un cast così straordinario per grandezza e prestigio degli interpreti e allo stesso tempo così ben confacente al film ed alle parti che gli interpreti stessi sono chiamati a recitare.
Il finale, tristemente malinconico, aggiunge molto al film. Vengono introdotte in modo elegante, discreto e non invadente tematiche complesse e di grande rilievo socio-culturale: lo spettatore è lasciato libero di approfondirle o meno, secondo il suo sentimento.
Stilisticamente ineccepibile.
Mi ha riportato alla mente alcuni romanzi della grande letteratura russa di fine ottocento.
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cinestabe
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giovedì 21 gennaio 2016
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grand budapest hotel _ wes anderson è un genio.
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Si poteva già notare dal suo film d'esordio, che Wes Anderson aveva qualcosa di unico.
Nessuno, però, poteva prevedere che, con il passare degli anni, quella "particolarità" del
regista (relativa alla regia e alla sceneggiatura), sarebbe divenuta un "marchio di fabbrica".
Le inquadrature fisse su determinati oggetti, i dialoghi assurdi e profondi (oltre che
spassosissimi), le problematiche dei protagonisti, le musiche particolari: questi quattro
elementi, hanno reso, con il passare degli anni, Wes Anderson come uno tra i maggiori talenti
(non solo) Americani degli anni '2000. E' riuscito a concatenare film bellissimi e Capolavori
come pochi altri registi hanno saputo fare.
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Si poteva già notare dal suo film d'esordio, che Wes Anderson aveva qualcosa di unico.
Nessuno, però, poteva prevedere che, con il passare degli anni, quella "particolarità" del
regista (relativa alla regia e alla sceneggiatura), sarebbe divenuta un "marchio di fabbrica".
Le inquadrature fisse su determinati oggetti, i dialoghi assurdi e profondi (oltre che
spassosissimi), le problematiche dei protagonisti, le musiche particolari: questi quattro
elementi, hanno reso, con il passare degli anni, Wes Anderson come uno tra i maggiori talenti
(non solo) Americani degli anni '2000. E' riuscito a concatenare film bellissimi e Capolavori
come pochi altri registi hanno saputo fare. Ma il suo apice, lo ha raggiunto con quello che è (al
momento) il suo ultimo film: il divertentissimo ed originalissimo GRAND BUDAPEST HOTEL.
E' il 1968. Un giovane scrittore (un ottimo Jude Law), si reca al Grand Budapest Hotel nella città
Zubrowka, intento a richiedere informazioni che possano essergli utili per poter scrivere il suo
possibile Capolavoro, intitolato, appunto, "Grand Budapest Hotel". Incontra Zero Moustafa (un
grandissimo F. Murray Abraham), anziano signore che pare essere il proprietario dell'hotel.
Zero, senza eccessive insistenze da parte dello scrittore, deciderà di aiutarlo.
Ora, è il 1932. I protagonisti, sono il garzoncello Zero (il giovane Tony Revolori); e Monsieur
Gustave (un ineccepibile Ralph Fiennes). Gustave, il concierge, abile oratore che adora la poesia
e ama intrattenere rapporti (in tutti i sensi) con anziane clienti dell'hotel, è costretto a salutare la sua
ricca amante Madame D. (una sublime ed irriconoscibile Tilda Swinton), donna anziana innamorata
perdutamente di lui, convinta di morire entro breve tempo. Gustave non le crede e, scettico, la
lascia partire. Poco tempo dopo la partenza dell'anziana signora, l'eccentrico concierge apprende
la terribile notizia che D. è morta come ella aveva previsto. Decide, così, di assumere il "garzoncello"
Zero come tuttofare durante il suo viaggio per verificare se veramente Madame D. sia deceduta.
Effettivamente, è proprio così. Durante la lettura del testamento dell'anziana, si scopre che ella
ha lasciato proprio a Gustave il "tesoro" più ambito da tutti i suoi parenti più e meno stretti, ovvero
il dipinto Ragazzo Con Mela. Questa scelta, non va particolarmente a genio al figlio Dmitri (un
bravissimo Adrien Brody), che, durante la perplessità dei vari familiari e la baraonda causata dalle loro
voci, scatena tutta la sua rabbia. Nel frattempo, Gustave e Zero, di nascosto, prendono il dipinto
Capolavoro, lo sostituiscono con un dipinto osceno di Schiele; fanno incartare Ragazzo Con Mela dal
maggiordomo Serge X. (un simpaticissimo Mathieu Amalric) e fuggono a gambe levate, intenti a fare
ritorno al Grand Budapest Hotel. Peccato che non tutto è così semplice come si potrebbe pensare: Dmitri
farà di tutto, pur di recuperare Ragazzo Con Mela. E' disposto anche ad uccidere.
Questo è l'incipit di uno tra i film più belli che si siano visti dal 2000 in avanti. Una Pellicola
che trasuda genialità ed originalità in ogni sua scena, non solo per via della spettacolare
ed artistica fotografia (Robert Yeoman) e della meravigliosa e memorabile Colonna
Sonora (Alexandre Desplat), ma soprattutto per via della sceneggiatura (tanto esilarante
quanto appassionante) e delle scenografie che non si possono non definire perfette.
Il cast è da Antologia: Ralph Fiennes; F. Murray Abraham; Tilda Swinton; Mathieu Amalric;
Adrien Brody; Jude Law; Saoirse Ronan; Bill Murray; Edward Norton; Harvey Keitel; Jason
Schwartzman; Willem Dafoe; Léa Seydoux; Owen Wilson; Tom Wilkinson; Bob Balaban; e
Jeff Goldblum. Insomma, un cast davvero epocale che vede, come attori principali e
secondari, attori e attrici di primo ordine, che hanno dato vita a personaggi indimenticabili.
GRAND BUDAPEST HOTEL, vincitore di quattro meritatissimi premi Oscar (Migliori Costumi;
Migliore Scenografia; Miglior Trucco; Miglior Colonna Sonora) e di tantissimi altri premi, è uno
tra i film più incredibili che gli occhi di uno spettatore possano vedere. Wes Anderson è riuscito
a superarsi, riuscendo a convincere totalmente Pubblico e Critica, con un'avventura che racchiude
in sè lo stile Andersoniano e diversi generi cinematografici (quali il Carcerario; l'Avventura; l'Azione;
la Commedia; il Drammatico; il Grottesco), riuscendo comunque a dirigere una Pellicola profonda
e anche commovente. Si tratta di un Capolavoro sotto ogni punto di vista, non solo per cinefili.
Consigliato a chiunque abbia voglia di vedere un film originale e davvero unico.
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dandy
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giovedì 12 ottobre 2017
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piacevole.
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Un giallo raccontato come una commedia dai toni fiabeschi,filtrato attraverso epoche diverse.Ispirato ai racconti di Stefan Zweig,il film dimostra ancora una volta la capacità di Anderson di creare un mondo surreale dai colori sgargianti e di saper gestire con la consueta poetica leggerezza ed ilarità il viluppo di intrighi,situazioni,sbalzi di tono e colpi di scena.Perfetta come sempre la cura per ogni inquadratura(prospettiva in primis),e per i vari formati a seconda dell'epoca(panoramico per l'85;wide screen per gli anni'60 e academy per gli anni'30).Ma al tempo stesso è proprio l'intrecciarsi dei vari piani temporali ad appesantire il racconto.E non tutto il cast è sfruttato appieno(Brody e Goldlum per esempio).
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Un giallo raccontato come una commedia dai toni fiabeschi,filtrato attraverso epoche diverse.Ispirato ai racconti di Stefan Zweig,il film dimostra ancora una volta la capacità di Anderson di creare un mondo surreale dai colori sgargianti e di saper gestire con la consueta poetica leggerezza ed ilarità il viluppo di intrighi,situazioni,sbalzi di tono e colpi di scena.Perfetta come sempre la cura per ogni inquadratura(prospettiva in primis),e per i vari formati a seconda dell'epoca(panoramico per l'85;wide screen per gli anni'60 e academy per gli anni'30).Ma al tempo stesso è proprio l'intrecciarsi dei vari piani temporali ad appesantire il racconto.E non tutto il cast è sfruttato appieno(Brody e Goldlum per esempio).Molte sequenze e trovate visive degne di nota,e alcuni personaggi di contrno spassosi(Keitel,nel ruolo del detenuto calvo e tatuato[assieme a Murray Abraham,sembra aver ritrovato un pò di dignità dopo quasi 20 anni di film inguardabili];Dafoe,sadico killer inquietante e paranazista;Murray,membro del "club delle chiavi incrociate").Appassionante,ma anche un pò autocompiaciuto.Cammeo per Owen Wilson nel ruolo di Mr.Chuck.Ben accolto dal pubblico.Nove nominations e 4 Oscar(costumi;musiche originali;Trucco e scenografie).
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