Anno | 2013 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Alessio Cremonini |
Attori | Wasim Abo Azan, Sara El Debuch, Dana Keilani, Abdul Ahmed, Sami Haddad Jamal El Zhobi. |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 1 aprile 2019
Due sorelle vivono in un villaggio in Siria, nell'epicentro degli scontri tra la polizia e Shabiha, i miliziani del regime.
CONSIGLIATO SÌ
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Fatima e Aya, due sorelle siriane poco più che ventenni, sono costrette a fuggire verso la Turchia perché il marito della prima si è unito ai ribelli. Si unisce a loro nella fuga Bilal, un opportunista che è entrato a far parte della Shabiha sparando sui manifestanti, per cui ora è ricercato dalle forze rivoluzionarie. La fuga disperata e la coesistenza forzata metteranno in luce le loro convinzioni e le loro scelte morali, rivelando ciò che ognuno è disposto a fare per garantirsi la sopravvivenza.
Border è un interessante esperimento cinematografico: scritto e diretto dal regista esordiente Alessio Cremonini, già sceneggiatore di Private con Saverio Costanzo, è prodotto e realizzato da un team di italiani, ma recitato interamente in lingua araba da attori siriani. Dunque si propone al mercato e ai circuiti festivalieri come prodotto internazionale, anche per sensibilità artistica.
Basato su una storia realmente accaduta, Border mostra come la realtà possa superare di gran lunga l'immaginazione, soprattutto durante la guerra in cui "tutti uccidono tutti" e si è perso il senso elementare del rispetto umano. La sceneggiatura è ricca di imprevisti, e si muove al di fuori degli stereotipi etnici e religiosi, smontando anche cinematograficamente molti dei preconcetti legati all'immaginario mediorientale.
Così le due sorelle si rivelano estremi opposti nell'essere l'una diffidente e pessimista, l'altra ospitale e piena di speranza, e anche Bilal (di cui neppure il nome è autentico) è assai più complesso nella sua malvagità di quanto non sembri all'inizio. Il rapporto delle due ragazze con la religione è illustrato nei suoi molteplici livelli, come tradizione ma anche come scelta, e il modo in cui il loro credo condiziona la vicenda - ad esempio nell'impedire a Fatima e Aya di privarsi del velo per passare inosservate o di guidare un'auto che renderebbe la fuga più veloce - ne accentua la stratificazione. Interessante anche il ribaltamento del punto di vista del pubblico occidentale: ad esempio il modo in cui Aya ricorda "l'invasione americana di Baghdad" e la detenzione nelle prigioni allestite dagli Usa dei manifestanti "accusati di terrorismo".
Il tallone d'Achille di Border, dal punto di vista dello spettatore occidentale, è la confezione talmente filologicamente corretta nel somigliare ai film prodotti in Medio Oriente che raccontano oggi la primavera araba da diventare punitiva per chi è abituato a ritmi, scenografie e recitazione più ricchi, agili e accessibili. Dunque nonostante la scelta estetica di rimanere fedeli al contesto e ai mezzi del cinema mediorientale (ad esempio lasciando il film privo di commento musicale) sia apprezzabile, il risultato è più ostico per lo spettatore di quanto non gioverebbe a una storia che invece merita di essere raccontata a tutto il mondo.
Inevitabile il raffronto proprio con Private: laddove il film di Costanzo, pur rispettando l'habitat (anche cinematografico) narrato, compiva scelte drammaturgiche di grande accessibilità e introduceva elementi di autorialità occidentale, Border si mantiene sul confine del titolo, con il rischio di lasciare il pubblico al di qua della storia.