zummone
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mercoledì 19 giugno 2013
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ambiguo e affascinante
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Lo diremo subito, non è un film facile. L'ultima pellicola del talentuoso P. T. Anderson si ispira alla figura di R. L. Hubbard, fondatore di Scientology. Già, perchè "The master" è un film discontinuo, a tratti prolisso, faticoso, ma non privo di un magnetismo ambiguo e fascinoso: come quello che il personaggio di Lancaster Dodd (P.
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Lo diremo subito, non è un film facile. L'ultima pellicola del talentuoso P. T. Anderson si ispira alla figura di R. L. Hubbard, fondatore di Scientology. Già, perchè "The master" è un film discontinuo, a tratti prolisso, faticoso, ma non privo di un magnetismo ambiguo e fascinoso: come quello che il personaggio di Lancaster Dodd (P. S. Hoffman) esercita sul protagonista Freddie (J. Phoenix), reduce di guerra con problemi nervosi, mezzo alcolista e violento represso. L'incontro casuale tra i due, li unirà per anni in un rapporto fraterno e ossessivo, ambiguo e doloroso, fortissimo e complicato. Sullo sfondo l'America degli anni '50, appena uscita dalla Guerra Mondiale, e il sogno americano in tutto il suo splendore e le sue contraddizioni. Un finale sospeso, che riconcilia la storia con l'inizio, una sceneggiatura complessa, fatta di silenzi e molte inquadrature fisse, una bella fotografia che ricostruisce bene l'epoca. Su tutto, una grande prova di recitazione dei protagonisti: Phoenix e Hoffman (entrambi premiati a Venezia, insieme a un Leone d'argento per la regia!), in grado di dipingere sfumature sottili dei loro due personaggi, il reduce disadattato e in cerca di sè, il guru affascinante e visionario; a loro si somma la performance di Amy Adams, la giovane e decisa moglie di Dodd. Tutti e tre in corsa per Golden Globes e Oscar!
Anderson, dopo i film corali come Boogie Nights o Magnolia e gli indimenticabili ritratti di Ubriaco d'amore e Il petroliere, firma un film sotto le righe e, al contempo, potente (su tutte la scena del primo colloquio registrato tra i due protagonisti), apologo sul fascino perverso e il disperato bisogno di credere, di avere un leader, di sognare un futuro.
Senza giudizi, lasciando libero lo spettatore di farsi la sua idea.
Da vedere, su cui riflettere, da analizzare.
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stefanoadm
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mercoledì 3 luglio 2013
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no guru non method no teacher
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Dopo film discreti e il quasi capolavoro “Il petroliere”, Paul Thomas Anderson stecca, almeno un po’.
“The master” ha ritmo lento e dilatato, le svolte narrative sono troppo distanti l’una dall’altra per tenere desta l’attenzione dello spettatore.
Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman ce la mettono tutta. Il primo è ripiegato in un’incapacità di esprimersi che lo segna anche nel corpo, gli curva la schiena, gli cuce la bocca. Il secondo è formidabile nei suoi sguardi penetranti, eloquente, addirittura capace di trasformare una fisicità per nulla elegante in efficace strumento di comunicazione. Non mancano momenti straordinari.
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Dopo film discreti e il quasi capolavoro “Il petroliere”, Paul Thomas Anderson stecca, almeno un po’.
“The master” ha ritmo lento e dilatato, le svolte narrative sono troppo distanti l’una dall’altra per tenere desta l’attenzione dello spettatore.
Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman ce la mettono tutta. Il primo è ripiegato in un’incapacità di esprimersi che lo segna anche nel corpo, gli curva la schiena, gli cuce la bocca. Il secondo è formidabile nei suoi sguardi penetranti, eloquente, addirittura capace di trasformare una fisicità per nulla elegante in efficace strumento di comunicazione. Non mancano momenti straordinari. Visivamente bellissima la sequenza in cui Phoenix salta come clandestino sulla barca che gli cambia la vita. Disturbanti i test per provocare, piegare e controllare Freddie Quell. Straniante la festa che vede Lancaster Dodd ballare e cantare fra donne improvvisamente nude (ossessioni riaffioranti del nuovo adepto?). Commovente il dialogo tra il protagonista che scopre di essere rimasto lontano da casa troppo a lungo e la madre della ragazza un tempo amata.
Passaggi intensi, valorizzati da una fotografia notevole. Ma anche punti da unire per comporre il disegno complessivo con tratti di penna troppo troppo lunghi.
Il finale sembra dire che un minimo di serenità si trova quando, abbandonati i guru, si da’ il giusto e relativo peso alle sovrastrutture del pensiero. Sovrastrutture, labirinti, teorie fantasiose o cerebrali che la pellicola di Anderson solletica in modo insistito. “The master” termina quasi suggerendo di scrollarsi di dosso un atteggiamento psicologico che il film ispira / asseconda per 134 dei suoi 137 minuti! Se lo spettatore accoglie l’invito, la tentazione di prendere le distanze dal lavoro di Anderson è pressoché invincibile.
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william wilson
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sabato 12 gennaio 2013
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la consapevolezza di essere eterni
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L'interpretazione di Joaquin Phoenix (se non vincerà l'oscar dopo questa interpretazione, diffcilmente ci sriuscirà in futuro) vale, da sola, il prezzo del biglietto.
Il film lo si può reputare noioso se lo si guarda con sufficienza, ma scrutato in profondità, non fa altro che mostrarci le caratteristiche primigenie e fondamentali dell'uomo, la ricerca dell'anima gemella, sia essa un "semplice" amico con il quale condividere esperienze di vita, piangendo e ridendo, sia esso un grande amore, sofferto, lancinante, straziante ma rivelatore, le debolezze e le paure insite nell'animo umano da sempre, la solitudine, la curiosità, la sete di conoscenza e quella di potere, la volontà di realizzarsi, di essere "qualcuno" o "qualcosa" nella vita, o semplicemente, la consapevolezza di di essere eterni, nel senso più filosofico ed etereo che mente umana possa concepire e comprendere.
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L'interpretazione di Joaquin Phoenix (se non vincerà l'oscar dopo questa interpretazione, diffcilmente ci sriuscirà in futuro) vale, da sola, il prezzo del biglietto.
Il film lo si può reputare noioso se lo si guarda con sufficienza, ma scrutato in profondità, non fa altro che mostrarci le caratteristiche primigenie e fondamentali dell'uomo, la ricerca dell'anima gemella, sia essa un "semplice" amico con il quale condividere esperienze di vita, piangendo e ridendo, sia esso un grande amore, sofferto, lancinante, straziante ma rivelatore, le debolezze e le paure insite nell'animo umano da sempre, la solitudine, la curiosità, la sete di conoscenza e quella di potere, la volontà di realizzarsi, di essere "qualcuno" o "qualcosa" nella vita, o semplicemente, la consapevolezza di di essere eterni, nel senso più filosofico ed etereo che mente umana possa concepire e comprendere.
Cinque stelle, per quanto mi riguarda, al capolavoro di Paul Thomas Anderson.
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(di alberigoevani)
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marco.vito
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martedì 8 gennaio 2013
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tanto rumore per nulla? no. tanto rumore per poco.
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Esprimo un giudizio di 3 stelle principalmente per la prestazione maiuscola di Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffmann nella recitazione. Tutto qui. Pensate allo stesso film, stesso impianto narrativo, stesso montaggio ma senza loro due, senza la loro interpretazione intendo. Cosa vi rimarrebbe se non una grandiosa fotografia? Poco. Troppo poco. Si era parlato molto, troppo del "fattore Scientology". Questo probabilmente ha fatto sia bene che male al film. Bene ovviamente agli incassi, visto che in molti hanno riempito le sale nel dediderio di assistere ad una salace critica sul culto più pop del globo (ovviamente nulla di tutto ciò). Male perchè nel film Scientology è solamente un pretesto.
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Esprimo un giudizio di 3 stelle principalmente per la prestazione maiuscola di Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffmann nella recitazione. Tutto qui. Pensate allo stesso film, stesso impianto narrativo, stesso montaggio ma senza loro due, senza la loro interpretazione intendo. Cosa vi rimarrebbe se non una grandiosa fotografia? Poco. Troppo poco. Si era parlato molto, troppo del "fattore Scientology". Questo probabilmente ha fatto sia bene che male al film. Bene ovviamente agli incassi, visto che in molti hanno riempito le sale nel dediderio di assistere ad una salace critica sul culto più pop del globo (ovviamente nulla di tutto ciò). Male perchè nel film Scientology è solamente un pretesto. Un pretesto per abbozzare uno scheletro narrativo sul quale il film a malapena zoppica. Lo spettatore non accede all'universo razionale (o irrazionale) dei protagonisti. Non entra nella loro testa, non gli è permesso. Viene sedotto dalle magistrali interpretazioni dai protagonisti, ma mai rapito, incuriosito o scosso da una trama piatta e senza sussulti. La critica questa volta ha concesso troppo ad un film a mio parere poco più che sufficiente.
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hernan
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giovedì 10 gennaio 2013
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quando la malattia è l'unica cura
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Agli occhi un pò provinciali di un totale inesperto, la prima associazione post-visione è andata a Italo Svevo. Banale e assurda, senz'altro, ma perchè no? Anderson costruisce un personaggio tra i reduci della seconda guerra mondiale, un ex marinaio psicologicamente segnato dal conflitto e da una lunga e tormentata astinenza, compensata con improvvisati e devastanti drink alcolici. A fine guerra, è la società a entrare in gioco, a decretare la malattia e a stabilire la necessità di un recupero, del ritorno in campo attraverso il lavoro. Rapido quanto scontato insuccesso. Freddie Quell continua a sbandare, sballottato tra un lavoro e l'altro, fino ad incontrare il Maestro, Lancaster Dodd, sciamano del novecento che indaga la psiche alla ricerca dei suoi conflitti attraverso le tecniche più disparate, con largo seguito nell'alta società.
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Agli occhi un pò provinciali di un totale inesperto, la prima associazione post-visione è andata a Italo Svevo. Banale e assurda, senz'altro, ma perchè no? Anderson costruisce un personaggio tra i reduci della seconda guerra mondiale, un ex marinaio psicologicamente segnato dal conflitto e da una lunga e tormentata astinenza, compensata con improvvisati e devastanti drink alcolici. A fine guerra, è la società a entrare in gioco, a decretare la malattia e a stabilire la necessità di un recupero, del ritorno in campo attraverso il lavoro. Rapido quanto scontato insuccesso. Freddie Quell continua a sbandare, sballottato tra un lavoro e l'altro, fino ad incontrare il Maestro, Lancaster Dodd, sciamano del novecento che indaga la psiche alla ricerca dei suoi conflitti attraverso le tecniche più disparate, con largo seguito nell'alta società. E la terapia di Lancaster sembra funzionare, il suo rapporto con Freddie sembra funzionare. Quest'ultimo comincia a studiare la sua malattia (e a condividere le bevute con l'acclamato profeta). La vicenda incespica su se stessa, si ripete, come gli sforzi di una mente instabile che però, a discapito di tutte le altre, è l'unica ad avere chiaro, dalla sua morbosità alle fandonie altrui. Menzogne cui però non rinuncia, bensì si affida. Arriva anche a proteggere Lancaster, più che per le sue teorie, genialmente dissacrate da risa e sconcerie, per la sua vicinanza..l'unica "cura" necessaria? Forse è qui che viene in mente il paragone con lo scrittore italiano, nel pieno di un dramma psicologico in cui il protagonista non basta a se stesso, si affida agli insegnamenti altrui, all'altrui cura (e smania di curare), eppure in fondo sa bene che la malattia, probabilmente, non è che una condizione più pura, più libera, che cerca ciò che vuole senza nascondimenti, senza farsa, senza belle parole o abbracci o canzonette. E nella soddisfazione dei desideri, la pace, quella vera. Al di là delle critiche e delle delusioni, meglio vederlo e giudicare... senza Maestri.
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riccardo t.
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giovedì 10 gennaio 2013
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the master
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The Master non è il film su Scientology. Philip Seymour Hoffman non è L.Ron Hubbard. Paul Thomas Anderson è un genio.
Freddie Quare è un reduce di guerra che tenta un difficile reinserimento nella società. Lancaster Dodd è il carismatico capo dell’organizzazione religiosa detta “La Causa”. The Master è questo, L’ immenso racconto di un incontro tra due persone che diventa analisi introspettiva di tutto l’animo umano.
Paul Thomas Anderson firma al suo sesto film un altro capolavoro della sua carriera; e lo fa con la sua incredibile capacità di rendere una storia semplice(perché si parla di amicizia in fondo) qualcosa di più grande, di più imponente capace di scuotere lo spettatore.
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The Master non è il film su Scientology. Philip Seymour Hoffman non è L.Ron Hubbard. Paul Thomas Anderson è un genio.
Freddie Quare è un reduce di guerra che tenta un difficile reinserimento nella società. Lancaster Dodd è il carismatico capo dell’organizzazione religiosa detta “La Causa”. The Master è questo, L’ immenso racconto di un incontro tra due persone che diventa analisi introspettiva di tutto l’animo umano.
Paul Thomas Anderson firma al suo sesto film un altro capolavoro della sua carriera; e lo fa con la sua incredibile capacità di rendere una storia semplice(perché si parla di amicizia in fondo) qualcosa di più grande, di più imponente capace di scuotere lo spettatore. Un rapporto a due empaticamente fortissimo ed emozionante che diventa metafora profonda del bisogno di ognuno di noi di avere un punto di riferimento, di dipendere da qualcuno, quel bisogno che tormenta Freddie e lo spinge verso “La Causa e verso Lancaster, che rappresenta l’altra faccia del nostro essere, quel desiderio di controllo, di avere seguito, di essere ascoltati, quella capacità di plasmare con le nostre parole e idee le menti altrui.
Anderson come sempre mantiene un livello tecnico ineccepibile, gira stupendamente con una meravigliosa pellicola 70mm regalando sequenze visivamente magnifiche grazie a una fotografia dettagliatissima e maneggiando con estrema maestria lo spazio filmico, essendo perfetto sia nelle scene d’interni che nell’immensità dell’esterno, Questa bravura nel gestire materiale registico così complesso ricorda un certo Stanley, forse il paragone è forte ma siamo sulla buona strada. Anderson anche sceneggiatore preciso e pregnante, da un tono epico e potente a questo rapporto a due, non limitandosi alla storia raccontata e gestita alla perfezione ma andando oltre, sviscerando tematiche profondissime sull’esigenza di essere dominati e il voler dominare qualcuno. Il regista non dimentica il tempo che filma, durante la pellicola si avvertono i postumi della guerra, una società sbandata e persa,inquieta come le musiche di John Greenwood per il film; che vuole deve (ri)trovare sé stessa anche e soprattutto a livello spirituale. Ma Scientology non c’entra.
Per raggiungere tali livelli Anderson si è affidato a un duo di interpreti memorabili e caratterizzati al microscopio, vero cuore del film sia narrativo-tematico che espressivo. Joaquin Phoenix è Freddie(e vi prego dategli l’Oscar) la sua bravura non sta tanto nei dialoghi che fa(anche se sono da brividi) ma nel suo corpo, nei suoi occhi, e nelle sue movenze trasmettitori tutti di un inquietudine tenuta a bada per troppo tempo e pronta d esplodere, una rabbia repressa sottilissima e straordinariamente complessa da recitare. Philip Seymour Hoffman è il maestro del titolo, carismatico, oratore infallibile, ma come dice lui stesso nel film”uomo”, un personaggio che parte da superiore e finisce allo stesso livello se non più pietoso a quello di Freddie, e Hoffman è impeccabile nel mostrare le varie debolezze del suo Lancaster, umano e umanizzato. The Master offre svariati punti di riflessione a fine visione, fa pensare e scuote psicologicamente e cresce, si ramifica all’interno dello spettatore come solo i grandissimi film sanno e possono fare Quando il cinema è arte allo stato purissimo.
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[+] lrh e scientology
(di anselmo84)
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renato volpone
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martedì 8 gennaio 2013
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la costruzione di sé
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Freddy Quell vive in un mondo attraversato dalla guerra e dai suoi dolori. Ma i dolori di Freddy, finita la guerra, sono dentro di lui, soffocati da un morbido ma esplosivo miscuglio di alcool e altri strani componenti. Il destino lo porta ad incontrare Lancaster Dodd "il Maestro" che lo prenderà sotto la sua ala protettiva e lo sottoporrà alle sue terapie alternative. Da un lato il male di vivere e dall'altro la curiosità di scoprire e sondare l'animo umano. Ma il male di vivere qual'è? Allievo e maestro, seppure così diversi, sono molto simili e i loro ruoli si scambiano facendo nascere quasi impercettibilmente un legame fortissimo, ipnotico, sensuale.
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Freddy Quell vive in un mondo attraversato dalla guerra e dai suoi dolori. Ma i dolori di Freddy, finita la guerra, sono dentro di lui, soffocati da un morbido ma esplosivo miscuglio di alcool e altri strani componenti. Il destino lo porta ad incontrare Lancaster Dodd "il Maestro" che lo prenderà sotto la sua ala protettiva e lo sottoporrà alle sue terapie alternative. Da un lato il male di vivere e dall'altro la curiosità di scoprire e sondare l'animo umano. Ma il male di vivere qual'è? Allievo e maestro, seppure così diversi, sono molto simili e i loro ruoli si scambiano facendo nascere quasi impercettibilmente un legame fortissimo, ipnotico, sensuale. Sarà il maestro a rivivere vite passate per trovare e provare il loro primo incontro, quasi avesse timore di portare lontano da sé l'enigmatico, difficile, scostante Freddy. L'algido contorno di personaggi serve solo da sfondo alla loro partita a scacchi: "se mi lascerai ora sarà per sempre" intima in maestro, "ci rivedremo nella prossima vita" ribatte l'allievo. Ma il gioco delle parti viene abilmente giostrato dal regista che tiene lo spettatore sul filo di lana in attesa di un evento doloso o di una clamorosa liberazione, ma nulla accade perché allievo e maestro sono il riflesso l'uno dell'altro, sono il riflesso dell'animo umano. Grande interpretazione di Joacquin Phoenix e di Philip Seymour Hoffman che ci portano attraverso un'America liberale, ma anche gretta e meschina, un'America che vive la paura del sentimento e del desiderio, proiettando su immagini fantastiche le proprie fantasie. Il web parla di espliciti riferimenti a "Scientology", e in effetti viene da pensare al maestro di "la rasatura del prato e la costruzione di sé, ma il vero affanno è quello di rappresentare ciò che noi siamo nel bene e nel male come sono le due facce di questa medaglia. Grandiosa la fotografia. Un capolavoro di bravura.
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[+] i capolavori sono ben altro....
(di sergiolino63)
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[+] non esageriamo
(di pepito1948)
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incantamenti
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lunedì 7 gennaio 2013
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fantastico.
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"L'inconscio collettivo è il precipitato di tutte le esperienze mondiali di ogni epoca, è quindi un'immagine del mondo che si è venuta formando nel corso di eoni. In questa immagine si sono delineati nel corso del tempo determinati tratti, i cosiddetti dominanti. Questi dominanti rappresentano i dominatori, gli dèi, sono cioè immagini dileggi e principi dominanti, i quali si ripresentano con regolarità media nei fluire delle immagini che il cervello ha assorbito dal fluire dei processi secolari." Jung
Film assolutamente geniale e, chiaramente, "non per tutti". Ma non è a livello intellettuale che si gioca la partita del plauso o del dileggio, quanto piuttosto su quello più viscerale dell'inconscio.
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"L'inconscio collettivo è il precipitato di tutte le esperienze mondiali di ogni epoca, è quindi un'immagine del mondo che si è venuta formando nel corso di eoni. In questa immagine si sono delineati nel corso del tempo determinati tratti, i cosiddetti dominanti. Questi dominanti rappresentano i dominatori, gli dèi, sono cioè immagini dileggi e principi dominanti, i quali si ripresentano con regolarità media nei fluire delle immagini che il cervello ha assorbito dal fluire dei processi secolari." Jung
Film assolutamente geniale e, chiaramente, "non per tutti". Ma non è a livello intellettuale che si gioca la partita del plauso o del dileggio, quanto piuttosto su quello più viscerale dell'inconscio. Chi ha familiarità con le sinuose anse dello psichico profondo non troverà alieno l'elemento perturbante di questo film; al contrario, chi teme, misconosce o non ha ancora avuto modo di toccare quelle parti così ancestrali (difficili anche solo da osservare) dell'anima umana...proverà un certo qual senso di fastidio, di indignazione quasi.
Inutile ribadire la maestosità dell'interpretazione di Joaquin Phoenix, grandioso nel raschiare il fondo del fondo del suo personaggio, e di Philip Seymour Hoffman, impareggiabile anche lui.
Consiglio assolutamente di vederlo, e di farlo al cinema, perché l'impatto visivo di questo film merita la proiezione in sala; e consiglio di farlo cercando di lasciare a casa tutte le difese che normalmente ci tengono alla larga da situazioni ritenute "moralmente deprecabili".
Immergetevi in questo "viaggio nel sottosuolo" con la stessa libertà d'espressione e comprensione di voi stessi che avreste in una seduta psicoanalitica. Ne trarrete perfino giovamento, per qualche misteriosa ragione.
Buona visione!
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[+] perfetto
(di menco3)
[ - ] perfetto
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joker 91
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domenica 6 gennaio 2013
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the master
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Il nuovo film di Anderson è uno spaccato umano ed psicologico di livello assolutamente ottimale. Il film indaga la mente umana e le malattie che ne scaturiscono attraverso le esperienze di vita e i contatti con la società del proprio tempo, due grandissimi attori come il premio oscar Hoffman ed la nomination all'oscar Phoenix ci regalano una critica sociale di livello grandioso ed osserviamo due personaggi cosi diversi tra loro eppure cosi bisognosi uno dell'altro. Critica sociale fortissima dove viene rappresentata la troppa poca libertà dell'essere umano obbligato a servire e far parte dei dettami sociali,le sedute psichiche sul personaggio di Phoenix sono rappresentate in modo sbalorditivo.
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Il nuovo film di Anderson è uno spaccato umano ed psicologico di livello assolutamente ottimale. Il film indaga la mente umana e le malattie che ne scaturiscono attraverso le esperienze di vita e i contatti con la società del proprio tempo, due grandissimi attori come il premio oscar Hoffman ed la nomination all'oscar Phoenix ci regalano una critica sociale di livello grandioso ed osserviamo due personaggi cosi diversi tra loro eppure cosi bisognosi uno dell'altro. Critica sociale fortissima dove viene rappresentata la troppa poca libertà dell'essere umano obbligato a servire e far parte dei dettami sociali,le sedute psichiche sul personaggio di Phoenix sono rappresentate in modo sbalorditivo. Una nota di merito ai 2 attori protagonisti ed alla loro bravura sul quale si regge tutto il film,sono chiari i rimandi ad una setta realmente esistita. Film non per tutti
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[+] critica sociale!!?!??!?!?
(di tiziocaio)
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andreafalci
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sabato 5 gennaio 2013
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la fragilità mentale dell' uomo.
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Film particolare che in maniera sottile ma forse superficilale analizza come un uomo senza ideali entra in un vortice autodistruttivo, senza rendersi conto del proprio stato perchè fondamentalmente pazzo. Sicuramente ben interpretato e montato coi giusti tempi. per apprezzarlo meglio vederlo ben ripoati, per coglierne le sfumature psicologiche. Insomma l' uomo è mentalmente fragile e quindi manipolabile inconsapevolmente, ciò lo rende esposto a infiniti pericoli e facilmente assoggettabile.
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