Titolo originale | Menatek Ha-maim |
Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Israele |
Durata | 76 minuti |
Regia di | Idan Hubel |
Attori | Moshe Ivgy, Yoval Rahav, Na'ama Shapira, Tom Yefet . |
Tag | Da vedere 2012 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento lunedì 1 settembre 2014
Spinto dalla paura di restare disoccupato, Gabi accetta l'ingrato lavoro di tagliare l'acqua a chi non paga la bolletta.
CONSIGLIATO SÌ
|
Gabi fa il tagliatore d'acqua per il comune di Nahariya, in Israele. Il suo lavoro consiste nel recarsi a casa di chi non paga le bollette e togliere l'accesso all'acqua. Oltre ad essere sottopagato, l'attività gli costa numerose inimicizie ma è l'unico lavoro disponibile e deve mantenere la sua famiglia. L'uomo vive in una situazione precaria, in un limbo tra paura e silenziosa disperazione. La situazione si fa ancora più critica quando lo inviano a casa dello sponsor della squadra di calcio del proprio figlio. L'uomo deve obbedire agli ordini ma le conseguenze saranno toste.
È facile capire che non sia la semplice storia di un uomo in difficoltà ma un discorso su un'intera società in crisi. Il personaggio di Gabi è l'anima del film che permette lo sviluppo di questo tema molto ampio.
Il celebre attore israeliano Moshe Igvy trasmette messaggi ed emozioni dialogando moderatamente e mantenendo un viso quasi atarassico. È un ruolo complesso e la sua postura rispecchia la particolarità del film, anch'esso lento e tranquillo solo in apparenza.
La scenografia è semplice e convincente. Sono presenti esterni caldi, aridi e spogli. L'ambientazione e il personaggio principale sono stati costruiti, diremmo, in simbiosi. Hanno il medesimo mistero, la stessa segretezza e gli stessi silenzi.
A tale proposito, è bene precisare che i silenzi di The Cutoff Man sono tra i più pesanti e taglienti. Lasciano molto spazio alla riflessione e marcano il grave e stancante fardello del protagonista. La rara musica interviene a sorpresa e solo per brevi istanti, giusto quel che basta per contrassegnare qualche momento più intenso. Il film è molto calibrato e non cade mai nell'eccesso. Il regista è sicuramente amante della teoria «less is more».
L'elemento dell'acqua, fondamentale nella trama, è intrigante. L'acqua è solitamente sinonimo di vita ma, nel film, anche di potere. Grazie al suo lavoro, Gabi potrebbe disporre del potere ma paradossalmente tutto gli si ritorce contro. Questa situazione non fa che sottolineare la realtà crudele del luogo e degli essere umani che in tempi di crisi non fanno altro che mettersi in difficoltà l'un l'altro.
Pur di sopravvivere, gli abitanti del comune di Nahariya sarebbero pronti a sotterrare, anche psicologicamente, i propri vicini di casa. Ognuno vive nella propria miseria e non c'è personaggio che accenni alla felicità. Seguiamo il protagonista nelle sue giornate ma intravvediamo, in secondo piano, molti soggetti disperati. Tutti hanno una ragione per non pagare le bollette e volere sopravvivere.
Un'altra presenza curiosa è quella della porta. La porta è onnipresente quando il protagonista interviene nelle varie abitazioni, è l'ostacolo che deve sorpassare per comunicare con gli altri e fare il suo lavoro. L'uomo si trova innanzi a porte che per lui saranno sempre chiuse e a porte che si chiuderanno solo dopo una veloce conversazione. Edivente rappresentazione della difficoltà a varcare i muri sociali.
Idan Hubel è originario di Nahariya e suo padre faceva lo stesso lavoro di Gabi. Nonostante la storia personale che traspare non poco, il regista non ci impone mai il suo punto di vista. Il film è un susseguirsi di situazioni sempre più tese che siamo liberi di interpretare come vogliamo. Ottimo risultato per un'opera prima.