Anton Corbijn Inside Out

Film 2012 | Documentario 90 min.

Titolo originaleAnton Corbijn: The Kingmaker
Anno2012
GenereDocumentario
ProduzionePaesi Bassi, Italia, Germania, Gran Bretagna, Svezia
Durata90 minuti
Regia diKlaartje Quirijns
MYmonetro 2,96 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Klaartje Quirijns. Un film Titolo originale: Anton Corbijn: The Kingmaker. Genere Documentario - Paesi Bassi, Italia, Germania, Gran Bretagna, Svezia, 2012, durata 90 minuti. - MYmonetro 2,96 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento mercoledì 7 novembre 2012

Un ritratto intimo di Anton Corbijn, mentre viaggia per il mondo da cineasta fotografo e video artista.

Consigliato sì!
2,96/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 2,91
CONSIGLIATO SÌ
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Critica
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Cinema
Il ritratto, delicato e poetico, di un artista capace di leggere l'anima dei suoi soggetti.
Recensione di Annalice Furfari
Recensione di Annalice Furfari

Una vita dedicata alla musica, ma lontano dai riflettori, catturandone le magiche suggestioni attraverso la lente di un obiettivo. È di Anton Corbijn il volto che si nasconde dietro migliaia di scatti che hanno alimentato i miti più popolari della società occidentale contemporanea. Se musicisti come Tom Waits, John Lee Hooker, Rem, Rolling Stones, Iggy Pop, Nick Cave e Nirvana sono diventati autentiche icone, lo devono anche alle fotografie realizzate da Corbijn, con il loro bianco e nero immediatamente riconoscibile e uno stile visivo dal forte impatto emotivo.
Uomo riservato, avvezzo a rendere immortale l'immagine altrui, Corbijn esce per la prima volta dall'ombra, passando dal ruolo di autore a quello di soggetto di un ritratto intimo e delicato, che ha il pregio di scoprire i risvolti privati di una carriera brillante. Una carriera iniziata, quasi per gioco, da un adolescente olandese che riempie le sue giornate solitarie di musica, potente elemento di condivisione. È così che questo schivo ragazzo prende la decisione che gli cambia la vita: entrare a tutti i costi nell'affascinante mondo dei musicisti. Lo strumento che gli è più congeniale per farlo è la fotografia. Due grandi passioni che, unite, diventano il lasciapassare per l'olimpo della celebrità.
Ma Anton Corbijn non ha mai rincorso la fama. Neppure quando le star hanno iniziato a contendersi i suoi lavori. Neanche quando, fotografo ormai affermato negli ambienti che contano, decide di lanciarsi in una nuova avventura: quella della regia. Suoi sono, infatti, i film Control, sul leader dei Joy Division Ian Curtis, e The American, girato in Italia con George Clooney.
Con l'accompagnamento di una musica esplosiva - composta dalle star immortalate dal fotografo - e uno stile che sembra ricalcare il metodo di Corbijn, la documentarista Klaartje Quirijns entra in punta di piedi nella vita professionale e personale del fotografo, filmando il dietro le quinte del suo lavoro, anche cinematografico, e lasciando che sia lui a rivelarsi agli spettatori poco a poco. All'inizio, sono i familiari intervistati e le star ritratte a parlare per lui. Dagli Arcade Fire ai Depeche Mode, dai Metallica a Lou Reed, passando per gli U2, i grandi della musica internazionale sfilano davanti alla macchina da presa, nelle pause tra uno scatto e l'altro, e svelano i segreti che rendono tanto speciali le istantanee di un uomo che - come racconta Bono - odia le macchine digitali e usa ancora una vecchia Polaroid, nella sua ossessionante ricerca della luce e della bellezza. Un fotografo capace di portare alla ribalta la pop star e convertirla in arte, concentrandosi non sul lato glamour ma su quello più intimo. Forse perché, come afferma il leader degli U2, Corbijn «usa le immagini altrui per creare immagini di se stesso». Icone connotate dalla cognizione della morte e della relatività della vita, consapevolezza che spinge il fotografo a valorizzare al massimo l'importanza dell'attimo. A spiegarlo è lo stesso Corbijn, mentre racconta le influenze, sul proprio lavoro, di un padre pastore protestante, rigoroso e distaccato, incapace di comprendere la scelta del figlio di dedicarsi a un mestiere così frivolo.
Ecco spiegata, allora, l'incessante ricerca della perfezione, da parte di un uomo che, in un finale dal candore poetico e disarmante, confessa la propria insoddisfazione come essere umano, sentendosi costantemente nelle retrovie, «incapace di stabilire un legame profondo con gli altri». Eppure, quel legame traspare dirompente dai ritratti di un artista in grado come pochi di leggere l'anima dei suoi soggetti.

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sabato 10 novembre 2012
Annalice Furfari

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