marco bigaran
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sabato 5 giugno 2021
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la giusta demenzialità a servizio di un buon film
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Tanti pareri discordanti da parte del pubblico per Green Hornet, ma la verità credo stia proprio nel mezzo...è un film che va preso alla leggera per passare 1h e 50 comunque godibili.
Certamente non un filmone, ma girato bene e con tutto sommato una buona sceneggiatura. Buono per una serata relax!
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falco500
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mercoledì 26 maggio 2021
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pessimo e noioso.
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All'inizio potrebbe sembrare un pochino interessante, ma col passare dei minuti si comprende chiaramente che è una pellicola di basso livello, noiosa, fiacca, banale,... che cerca di scimmiottare qualcos'altro di gran lunga più: originale, intrigante, ironico,... Appunto: Kick-Ass a confronto di questo "calabrone verde" è da Pemio Oscar.
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jollyroger27488
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martedì 30 dicembre 2014
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m?
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ok, ma almeno sapere che il calabrone verde non è un "altro" supereroe e che è già passato alla storia in quanto ci hanno fatto un film a distanza di decine di anni non sarebbe male.. era una famosa serie in cui recitava anche Bruce Lee
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great steven
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martedì 16 settembre 2014
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il pungiglione del calabrone colpisce a dovere.
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THE GREEN HORNET (USA, 2011) diretto da MICHEL GONDRY. Interpretato da SETH ROGEN – JAY CHOU – CHRISTOPH WALTZ – CAMERON DIAZ – TOM WILKINSON – EDWARD JAMES OLMOS – ANALEIGH TIPTON – EDWARD FURLONG – JAMES FRANCO § Erede di una potente famiglia a capo di uno dei giornali più importanti della città, lasciato orfano dalla madre quand’era piccolo e di nuovo alle prese col lutto paterno in età adulta, Britt Reid è di colpo obbligato a combinare qualcosa nella sua vita, dopo aver vissuto a lungo di baldorie inconcludenti. Grazie all’aiuto di Kato, un suo coetaneo talentuoso e straordinariamente inventivo che il padre sottoutilizzava come meccanico, si trasformerà nel Calabrone Verde (bel nome! Ma in inglese ha più stile: “The Green Hornet!”, gli fa pronunciare il doppiaggio italiano per giustificare il cambio di lingua), un giustiziere che si finge criminale per combattere meglio il crimine.
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THE GREEN HORNET (USA, 2011) diretto da MICHEL GONDRY. Interpretato da SETH ROGEN – JAY CHOU – CHRISTOPH WALTZ – CAMERON DIAZ – TOM WILKINSON – EDWARD JAMES OLMOS – ANALEIGH TIPTON – EDWARD FURLONG – JAMES FRANCO § Erede di una potente famiglia a capo di uno dei giornali più importanti della città, lasciato orfano dalla madre quand’era piccolo e di nuovo alle prese col lutto paterno in età adulta, Britt Reid è di colpo obbligato a combinare qualcosa nella sua vita, dopo aver vissuto a lungo di baldorie inconcludenti. Grazie all’aiuto di Kato, un suo coetaneo talentuoso e straordinariamente inventivo che il padre sottoutilizzava come meccanico, si trasformerà nel Calabrone Verde (bel nome! Ma in inglese ha più stile: “The Green Hornet!”, gli fa pronunciare il doppiaggio italiano per giustificare il cambio di lingua), un giustiziere che si finge criminale per combattere meglio il crimine. Sebbene non sia capace di alcunché e lasci fare tutto a Kato, lo stesso Reid riuscirà a infastidire il boss più boss di tutti della malavita metropolitana e smascherare un complotto a cui suo padre aveva partecipato, utile a favorire la rielezione del procuratore distrettuale. Schizofrenico nello slancio dell’azione e anfetaminico nel montaggio delle sequenze, è un film delirante e a tratti eccessivo nella degradazione dell’umorismo in favore di un becero consumismo scandalistico che in parte decade nel ridicolo involontario, ma sfodera un’energia che si vede raramente nei film d’azione incentrati sulle figure dei supereroi, i personaggi che per antonomasia sono sempre più difficili da rappresentare sullo schermo per il rischio di ripetitività e di plagio, ma qui, a parte qualche richiamo troppo esplicito a Il cavaliere oscuro e in generale alle ultime raffigurazioni filmiche di Batman, il carattere dell’eroe imbranato, sballato e sbandato è portato in scena con sufficiente credibilità e con un’originalità suo malgrado creativa. Passiamo ora a parlare degli attori: il tuttofare Rogen è a suo agio nei panni del giustiziere mascherato assolutamente incapace e inaffidabile, nonostante si auto-compiaccia un po’ troppo nel descrivere la parabola soprattutto cascante e discendente di un derelitto che si atteggia a paladino della giustizia che infrange la legge pur di convincere gli altri a rispettarla rigorosamente; J. Chou è un esperto di arti marziali sulle cui spalle grava tutto il peso delle attività di rodaggio e meccanismo inerenti alla sfera supereroica del suo trasandato e imbecille compagno, che rivela doti incredibili nella meccanica e nella tecnologia, per non parlare dei giochetti che fa con coltelli e bicchieri; C. Diaz è probabilmente il punto debole del film, in quanto il suo personaggio dalla labile femminilità appare come quello più spaesato, e il suo disagio si palesa nelle scene in cui entra a contatto con la strana coppia di cui fa parte il protagonista, ed è un peccato che in questa pellicola non riesca a sfoderare un’interpretazione fuori da ogni ordinario come spesso le capita di fare in contesti meno ingarbugliati e più coerenti; C. Waltz, recentemente premiato con un secondo Oscar sempre grazie al suo benefattore Tarantino, compare in numerose scene pur ricoprendo un ruolo di secondo piano, e lo fa con stile, mestiere e sapienza recitativa, dimostrando ancora una volta e appieno le sue doti da vecchia volpe della cinematografia austriaca di cui si erge ad ambasciatore, rivelando un carisma divistico non troppo narcisistico ma specialmente un’abilità straordinaria nel rivestire la parte di un cattivo non convenzionale anche se non fortissimo; T. Wilkinson (ben doppiato da Michele Gammino, 1941, doppiatore di lungo corso) è un genitore possessivo, il tipico esempio di padre-padrone citato ed elogiato tanto dalla psicanalisi freudiana quanto dalla letteratura del primo Novecento, che abbandona il figlio per potersi dedicare anima e corpo e notte e giorno ai suoi progetti imprenditoriali, e il suo risulta il più riuscito fra i personaggi di contorno, per via di un’avidità seccante e di una forza espressiva non proprio senza pari ma certamente sorprendente. Divertente fin che si vuole, ma un po’ carente nella struttura registica (nonostante M. Gondry si impegni per nascondere le deficienze direttoriali col ricorso a battute, situazioni e gag di uno stampo umoristico non troppo raccomandabile, in vero) e altalenante nei successi conseguiti dalla sceneggiatura, qua e là mancante di nerbo e con qualche rotella fuori posto. Ma per chi vuole divertirsi senza stare a riflettere troppo su temi politici e filosofici, è l’ideale. Infatti, al botteghino non ha mancato di trovare una folla pagante di spettatori appassionati di film di supereroi e commedia demenziale allo stato brado. Il montaggio e la scenografia sono due punti salienti della discreta riuscita di un’opera intermedia ma pur sempre onesta con sé stessa e che raggiunge lo scopo che s’era prefissa, senza traviare in alcun modo verso altre direzioni o altri registri espressivi. A modo suo, è un film d’autore o almeno personale. Rogen l’ha prodotto, scritto (con Evan Goldberg) e interpretato con la maschera del calabrone verde, adattandosi a un personaggio radiofonico del 1936, poi travisato in fumetti, cinema e televisione seriale. È in coppia con l’acrobatico J. Chou al quale affida il compito dell’azione violenta. Lavora sulla comicità con la medesima satira tritageneri di un Quentin Tarantino o di un Kevin Smith. Grazie alla regia di Gondry, francese con passaporto statunitense, lascia spazio agli altri personaggi, gioca con la contaminazione dei generi, lo split-screen, gli effetti speciali, le scene avventurose mozzafiato, le parolacce, la tematica pop. Distribuisce Sony.
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fabio1957
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lunedì 17 marzo 2014
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insalata mista
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Questa pellicola disordinata e improbabile, è una bella insalata di vari generi: supereroi, action, fantascienza, commedia, parodia.
Il tutto mescolato con mestiere e reso comunque godibile per lo spettatore senza pretese e senza grandi attese.
Si può vedere.
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onufrio
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venerdì 30 agosto 2013
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un surrogato di supereroe
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Film che non trova una precisa classificazione tra i vari generi, The Green Hornett prende spunto da una serie degli anni 60. La storia infatti narra di un ragazzo milionario nullafacente: Britt Reid, che vive lussuosamente nella dimora del padre, direttore di un famoso giornale di Los Angeles; l'improvvisa morte del padre avvenuta in circostanze poco chiare, dà a Britt il possesso dei tutti i beni del padre, tra cui appunto il giornale. Da qui ha inizio la storia della nascita di una specie di super eroe dal nome improbabile: Il calabrone verde, a contribuire all'ascesa ed alla notorietà di questo nuovo beniamino è il giornale dello stesso Britt Reid. Il film sembra superficiale, ingenuo e banale, pur presentando un ottimo cast.
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Film che non trova una precisa classificazione tra i vari generi, The Green Hornett prende spunto da una serie degli anni 60. La storia infatti narra di un ragazzo milionario nullafacente: Britt Reid, che vive lussuosamente nella dimora del padre, direttore di un famoso giornale di Los Angeles; l'improvvisa morte del padre avvenuta in circostanze poco chiare, dà a Britt il possesso dei tutti i beni del padre, tra cui appunto il giornale. Da qui ha inizio la storia della nascita di una specie di super eroe dal nome improbabile: Il calabrone verde, a contribuire all'ascesa ed alla notorietà di questo nuovo beniamino è il giornale dello stesso Britt Reid. Il film sembra superficiale, ingenuo e banale, pur presentando un ottimo cast. La cosa migliore del film? senza dubbio il cappuccino preparato da Kato.
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mikemaister
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martedì 24 gennaio 2012
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la nascita della “herodementia”
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Britt Reid, in seguito alla morte del padre, eredita tutte le sue ricchezze e la sua testata giornalistica, una delle più stimate e vendute della città. Non avendo mai assunto responsabilità o impieghi di qualsivoglia genere, il nostro protagonista si trova a dover “addomesticare” un vero e proprio impero mediatico. Ma con Kato, l’uomo del cappuccino nonché sottovalutato meccanico, deciderà di creare un nuovo eroe in città, un eroe che agisce da criminale, The Green Hornet, un mix di stupidaggine, fortuna, etica e filantropia. Calpesteranno i piedi a qualcuno, ma si sa, in certi film la mancanza di un lieto fine è probabile come un pugno sulla carotide in una sacrestia.
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Britt Reid, in seguito alla morte del padre, eredita tutte le sue ricchezze e la sua testata giornalistica, una delle più stimate e vendute della città. Non avendo mai assunto responsabilità o impieghi di qualsivoglia genere, il nostro protagonista si trova a dover “addomesticare” un vero e proprio impero mediatico. Ma con Kato, l’uomo del cappuccino nonché sottovalutato meccanico, deciderà di creare un nuovo eroe in città, un eroe che agisce da criminale, The Green Hornet, un mix di stupidaggine, fortuna, etica e filantropia. Calpesteranno i piedi a qualcuno, ma si sa, in certi film la mancanza di un lieto fine è probabile come un pugno sulla carotide in una sacrestia.
Herodementia ho chiamato questo genere di commedia-azione, perché corre su binari già percorsi da altri film (il più celebre dei quali è Kick-Ass di Matthew Vaughn) dove il nostro “eroe” è il prodotto sregolato di un susseguirsi di eventi affrontati con poca serietà o, se vogliamo, poco ortodossia, dal quale però scaturisce un’irrefrenabile voglia di azione, sangue, giustizia, vendetta.
The Green Hornet è il capolavoro di Gondry, il Tarantino della herodementia se vogliamo, la cui unica sfortuna sono stati gli effetti speciali a dir poco maldestri e una recitazione del nostro Seth Rogen non propriamente all’altezza, quasi da Razzie Awards. The Green Hornet non è un eroe, e nemmeno un criminale, altro non è se non il frutto del potere mediatico, della forza fisica, dell’ingegno, della cultura e dell’idiozia, una bomba sociale insomma. Divertente e geniale la psicoanalisi del nostro ideatore di The Green Hornet: dall’alto della sua stupidità ed inconsapevolezza, Reid ha intravisto (e non che ci volesse più di tanto) in Kato un vero talento nella meccanica e nelle arti marziali, e come ogni buon uomo di potere lo ha sottomesso ai sui servigi facendo leva sull’ingenuità e sulle tergiversazioni; come se non bastasse il tutto è nato da un episodio sporadico, dove sventano una colluttazione ed uno stupro per pura casualità, ma cavalcando l’onda dell’euforia da eroe, decidono appunto di diventare degli eroi, seguendo una psiche criminale dettatagli inconsapevolmente dalla bella segretaria Lenore, una Cameron Diaz a mio avviso troppo marginale in un film decisamente tra le sue corde. Allora, ricapitoliamo: abbiamo l’eroe (di facciata), l’aiutante eroe (il vero eroe), la bella fanciulla(la mente dell’eroe) ed il giornale (che ha inventato il nostro eroe a livello mediatico)… ma l’antagonista? E qui la platea si scalda: il cattivo dal nome impronunciabile è Al Capone dei giorni nostri, con meno fare gentile, meno italico ma più sanguinario, violento e… depresso!!! Sissignori, avete capito bene, è in preda ad una crisi di mezza età, è vittima di paranoie tipiche di una mente criminale, come il non fare più paura o non ricevere abbastanza rispetto, fino al punto che anche lui vuole trasformarsi in un supercattivo, con tanto di costume e “frase d’addio”. Da qui in poi una serie di eventi che saranno davvero erodemenziali, una sequenza di atti-fatti fedele allo schema classico di una favola: eroe, aiutante eroe, l’antagonista, la crisi tra gli eroi, la riunione tra i due ed il successo, manca solo la donzella da salvare in pratica.
La regia condisce il tutto con un tocco di classe, davvero un ottimo montaggio, specialmente alcune inquadrature degne di nota, come la sequenza alla Ocean’s prima dell’epica battaglia.
Gondry è riuscito a creare un supereroe senza superpoteri, un supercriminale senza criminialità, attualissimo a livello sociale e quasi critico nei confronti della società odierna, facendone una satira spontanea di un panorama dove la mente ed il braccio non sono più i motori dell’azione, lasciando spazio al potere mediatico, il vero deus ex machina.
Un film da vedere, da capire, da approfondire, un film che non va visto con gli occhi della serietà ma che al contempo esige che si lasci in tasca la superficialità e lo snobbismo. Un bel film.
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fedeleto
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domenica 11 dicembre 2011
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il calabrone verde colpisce ancora
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Inspirato alla serie Green Hornet degli anni 60,il film racconta la storia di un ragazzo ,figlio di un uomo ricchissimo direttore di un giornale ,che all'improvvisa morte del padre si ritrova solo e senza punti di riferimento .Appena conosce il suo maggiordomo Kato,scopre che quest'uomo e' in realta' un esperto di macchine ,gadget esplosivi,e di arti marziali.Quale miglior idea che quella di travestirsi e farsi chiamare green hornet combattendo il crimine a New York?Inutile dire che il film non e' che un pretesto per creare scene di adrenalina e divertimento ,ma il contenuto che non motiva la spiegazione del perche' diventano eroi se non che per divertirsi cade nel ridicolo,anche se diverte non soddisfa.
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liuk©
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mercoledì 19 ottobre 2011
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simpatico
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Pellicola che fa sorridere ma non convince pienamente. La visione può essere evitata tranquillamente.
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