carmine antonello villani
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lunedì 9 novembre 2009
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le sfide di dillinger raccontate da michael mann
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Fughe e rapine, la vita movimentata del ricercato numero uno nell’America della grande depressione. A raccontare le gesta del gangster che si guadagnò la fama del ladro gentiluomo un regista abile nel mettere in scena il teatrino di guardie e ladri. Michael Mann resuscita il mito di John Dillinger affidando la parte del bandito ad un fin troppo somigliante Johnny Depp, mentre la fotografia di Dante Spinotti riporta alla memoria la Chicago degli anni ’30. Qualche imperfezione stilistica non nuoce ad una storia che s’ispira ai gangster movie perché gli omaggi ai classici in bianco e nero impreziosiscono un biopic romanzato da esigenze di copione. Forse eccessivi gli scontri a fuoco che si susseguono senza sosta durante la breve latitanza del protagonista, “Nemico Pubblico” stempera la violenza di uomini senza scrupoli con la liaison tra una guardarobiera in cerca di fortuna ed un bad boy impegnato a fuggire da una città all’altra.
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Fughe e rapine, la vita movimentata del ricercato numero uno nell’America della grande depressione. A raccontare le gesta del gangster che si guadagnò la fama del ladro gentiluomo un regista abile nel mettere in scena il teatrino di guardie e ladri. Michael Mann resuscita il mito di John Dillinger affidando la parte del bandito ad un fin troppo somigliante Johnny Depp, mentre la fotografia di Dante Spinotti riporta alla memoria la Chicago degli anni ’30. Qualche imperfezione stilistica non nuoce ad una storia che s’ispira ai gangster movie perché gli omaggi ai classici in bianco e nero impreziosiscono un biopic romanzato da esigenze di copione. Forse eccessivi gli scontri a fuoco che si susseguono senza sosta durante la breve latitanza del protagonista, “Nemico Pubblico” stempera la violenza di uomini senza scrupoli con la liaison tra una guardarobiera in cerca di fortuna ed un bad boy impegnato a fuggire da una città all’altra. Potenza delle immagini nei fugaci incontri tra poliziotto e fuorilegge, due facce della stessa medaglia nello stretto legame tra crimine e giustizia quando l’ombra della corruzione fa la sua apparizione. Di contorno, ma non troppo, la musica sovrastante che rende ancora più epica la carriera di un ladro capace di tenere in scacco l’intero corpo dei federali. La sfida per il regista di “The Heat” è il vero motore del cinema, la ricercatezza delle sequenze un marchio di fabbrica che lo ha reso celebre con i noir metropolitani.
Carmine Antonello Villani
(Salerno)
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alcoholfueledtommy
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sabato 14 novembre 2009
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nemici pubblici
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Michael Mann torna dopo 3 anni con una rilettura del "gangster movie" e del mito del "nemico pubblico numero 1" . Con spirito cronachistico ed anti-hollywoodiano il film restituisce l'immagine di un John Dillinger nè eroico nè totalmente simpatico, smorzato sia nei toni violenti che nella vena romantica (da notare che il titolo originale, al plurale, non si rivolge ad un singolo, bensì a "nemici pubblici" più ordinari). La realistica fotografia ad alta definizione unita al particolare stile del regista crea un effetto inedito e spiazzante, che può lasciare freddi come assicurare un alto grado di coinvolgimento nell'azione (un ottimo esempio nella sequenza dell'inseguimento nel bosco,perfetta in quanto a uso dello spazio filmico e senso della tensione), e la sceneggiatura asciuga l'enfasi,limita l'approfondimento (e l'idealizzazione) dei personaggi ed evita il populismo (non ci sono paragoni pretenziosi tra la Grande Depressione e la crisi odierna, anche se il discorso sulla notorietà di Dillinger meritava maggiore spazio).
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Michael Mann torna dopo 3 anni con una rilettura del "gangster movie" e del mito del "nemico pubblico numero 1" . Con spirito cronachistico ed anti-hollywoodiano il film restituisce l'immagine di un John Dillinger nè eroico nè totalmente simpatico, smorzato sia nei toni violenti che nella vena romantica (da notare che il titolo originale, al plurale, non si rivolge ad un singolo, bensì a "nemici pubblici" più ordinari). La realistica fotografia ad alta definizione unita al particolare stile del regista crea un effetto inedito e spiazzante, che può lasciare freddi come assicurare un alto grado di coinvolgimento nell'azione (un ottimo esempio nella sequenza dell'inseguimento nel bosco,perfetta in quanto a uso dello spazio filmico e senso della tensione), e la sceneggiatura asciuga l'enfasi,limita l'approfondimento (e l'idealizzazione) dei personaggi ed evita il populismo (non ci sono paragoni pretenziosi tra la Grande Depressione e la crisi odierna, anche se il discorso sulla notorietà di Dillinger meritava maggiore spazio). Nell'insieme dunque un film particolarmente secco e fatalista, diseguale nel ritmo e fuori da ogni aspettativa, che susciterà opposti consensi anche da parte di chi ama il regista. Fuori discussione la prova del cast, con Depp che in un ruolo meno "sopra le righe" del solito dimostra ancora una volta le sue doti di attore e un grande Christian Bale nel ruolo dell'agente inflessibile. Bella colonna sonora di Elliot Goldenthal, insieme alle canzoni di Billie Holiday e il blues di Otis Taylor. Una nota di biasimo, invece, per i distributori italiani che per l'ennesima volta (chissà poi perchè) hanno sostituito i titoli di coda originari (in questo caso contenenti didascalie storiche con cui era bene chiudere il film) con l'elenco completo dei doppiatori.
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sassolino
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domenica 8 novembre 2009
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john dillinger è morto
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Il cinema incendiario e magmatico di Michael Mann è costellato di bellissimi perdenti; penso al
James Caan di Strade perdute che cerca di redimersi dalla carriera di scassinatore o all'indimenticabile e birzzolato Tom Cruise di Collateral, killer perfetto e spietato, morto come un cane su un binario della metro.
Stavolta tocca a John Dillinger fare i conti col destino; gangster mitico e mitologico, carico di una forza edipica che ricorda da vicino il James cagney de "la furia umana", sensibile soltanto
all'amore, per cui finirà ammazzato nel modo più banale, tradito da una sciampista rumena, crivellato come un groviera di fronte al cinema di quartiere, altro affettuoso omaggio di Mann
agli anni 30.
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Il cinema incendiario e magmatico di Michael Mann è costellato di bellissimi perdenti; penso al
James Caan di Strade perdute che cerca di redimersi dalla carriera di scassinatore o all'indimenticabile e birzzolato Tom Cruise di Collateral, killer perfetto e spietato, morto come un cane su un binario della metro.
Stavolta tocca a John Dillinger fare i conti col destino; gangster mitico e mitologico, carico di una forza edipica che ricorda da vicino il James cagney de "la furia umana", sensibile soltanto
all'amore, per cui finirà ammazzato nel modo più banale, tradito da una sciampista rumena, crivellato come un groviera di fronte al cinema di quartiere, altro affettuoso omaggio di Mann
agli anni 30.
Un film diviso in due parti distinte: la prima insolitamente lenta e vaporosa, priva dei ritmi serrati a cui ci aveva abituato il regista, quasi una solenne dimostrazione d'epoca che serve
come detonatore per il crescendo rossiniano della seconda in cui il sangue regna sovrano.
Tutto il fascino dei doppi petti gessati, delle leggendarie Ford De Soto che sflano silenti sciamando tra le vie deserte della grande depressione e l'untuosa voce della malinconica Billie Halliday a incorniciare la Chicago ammirata e impotente di John Dillinger.
Poi qualcosa deraglia e allora si riconosce Michael Mann, nella sua furia selvaggia della magnifica scena di carneficina tra i boschi, nell'uso dinamitardo delle luci, nei primi piani insistiti sui volti disfatti di eroi che si stanno dissolvendo.
Inizia a vacillare il mito di Dillinger, Depp si è fatto ombroso, timido, quasi intontito, diventando ben presto un eroe romantico, fatalista, qualcuno per cui il futuro non ha poi troppa importanza, per cui conta l'immortalità del mito e dell'amore.
Non è un caso se l'ultimo film stampato sugli occhi di Dillinger sia proprio uno di quelli con Clark Gable, eroe romantico per eccellenza, simbolo dell'amor galante e dell'estetica cinematografica.
Il finale, vagamente Eastwoodiano, è di quelli che non si dimenticano, in cui le facce prendono spazio alle parole e l'emozione giunge al cuore.
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giorpost
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sabato 7 novembre 2009
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dillinger rivive in un duello stile michael mann
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1994: Michael Mann dirige "Heat" e chiama i due attori più importanti di Hollywood in quegli anni, ovvero Robert De Niro e Al Pacino.Li fa incontrare soltanto in due sequenze, rendendo il tutto fascinoso ed evitando ai divi un'inutile competizione. 2009: Michael Mann scrittura due tra le più acclamate star dell'ultimo decennio, Johnny Depp e Christian Bale, offrendo loro ruoli impegnativi e facendoli confrontare in una sola scena, quella nella quale sono divisi dalle sbarre di una cella. Il regista di Chicago ci ha abituati alle sue inquadrature stilizzate con fotografie perfette e scenografie meticolose, ma ancora non aveva proposto un sorta di docu-film con riprese simili ad una fiction televisiva a basso badget ma che in realtà fanno entrare lo spettatore dentro la scena fino a fargli sentire il brivido di una pallottola che lo sfiora.
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1994: Michael Mann dirige "Heat" e chiama i due attori più importanti di Hollywood in quegli anni, ovvero Robert De Niro e Al Pacino.Li fa incontrare soltanto in due sequenze, rendendo il tutto fascinoso ed evitando ai divi un'inutile competizione. 2009: Michael Mann scrittura due tra le più acclamate star dell'ultimo decennio, Johnny Depp e Christian Bale, offrendo loro ruoli impegnativi e facendoli confrontare in una sola scena, quella nella quale sono divisi dalle sbarre di una cella. Il regista di Chicago ci ha abituati alle sue inquadrature stilizzate con fotografie perfette e scenografie meticolose, ma ancora non aveva proposto un sorta di docu-film con riprese simili ad una fiction televisiva a basso badget ma che in realtà fanno entrare lo spettatore dentro la scena fino a fargli sentire il brivido di una pallottola che lo sfiora.
Perfetto Bale nel ruolo del federale con esperienza sul campo che vive con lo scopo di catturare il "Nemico Pubblico",coadiuvato da imperterriti polizziotti dalla voce rauca e dallo sguardo di ghiaccio. Depp è il solito malvivente già visto in "Blow", con quello sguardo un po così ed un irresistibile sorrisetto accennato. Bella Marion Cotillard, futuro roseo se continua così, calatasi nei panni di una donna prima debole e condizionabile, poi in una dura dagli occhi dolcissimi che fanno innamorare i più, fatta eccezione per quel "grasso sbirro bastardo" che la pesta in una scena di denuncia a pratiche ancora attuali tra i servizi di intelligence americani.
Michael Mann, dunque, riproduce la sua Chicago degli anni '30 in piena depressione per riportare sul grande schermo, col suo stile inconfondibile, un cattivo molto amato dal pubblico americano, Robin Hood moderno con la passione per il Cinema e per i bei cappotti firmati.
Due ore e 20 minuti ben spesi. Voto: 7+.
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jonnie
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venerdì 2 marzo 2012
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il fascino del cattivo - decisamente buon film
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Un film ben fatto, che va contro gli stereotipi e i luoghi comuni. Lo spettatore è trascinato inevitabilmente dalla parte del rapinatore presentato elegante, sofisticato, a tratti romantico. Impossibile condannarlo o giudicarlo, più facile ammirarlo. Depp, in una delle sue migliori interpretazioni, incalza perfettamente il ruolo e mostra il classico ma sempre gradito "fascino del cattivo". Il film alterna sparatorie, evasioni e rapine a scene romantiche e oserei dire dolci; modo per rappresentare la doppia personalità del gangster: pericoloso nella sua vita fiorilegge ma protettivo e possessivo con Billie. Un film di sicuro non unico nel suo genere poichè non si vede niente di nuovo o inaspettato ma comunque più che soddisfacente.
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Un film ben fatto, che va contro gli stereotipi e i luoghi comuni. Lo spettatore è trascinato inevitabilmente dalla parte del rapinatore presentato elegante, sofisticato, a tratti romantico. Impossibile condannarlo o giudicarlo, più facile ammirarlo. Depp, in una delle sue migliori interpretazioni, incalza perfettamente il ruolo e mostra il classico ma sempre gradito "fascino del cattivo". Il film alterna sparatorie, evasioni e rapine a scene romantiche e oserei dire dolci; modo per rappresentare la doppia personalità del gangster: pericoloso nella sua vita fiorilegge ma protettivo e possessivo con Billie. Un film di sicuro non unico nel suo genere poichè non si vede niente di nuovo o inaspettato ma comunque più che soddisfacente.
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tomdoniphon
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martedì 20 maggio 2014
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dillinger: un destino già scritto
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Chicago, 1933. Ritratto (personalissimo e mai così vero) del rapinatore di banche più famoso dell'America della Grande Depressione, John Dillinger (Johnny Depp, memoriabile), che verrà ucciso in un agguato all'uscita del cinema, dove si era recato a vedere "Manhattan Melodrama". Al centro del film c'è un uomo (Dillinger) che sembra non considerare i vincoli che la società (e lo stesso mondo criminale) gli impone ("dove sei diretto?" gli chiede la fidanzata Billie Frechette, "ovunque io desideri" le risponde Dillinger); un moderno Robin Hood, amato dalla gente e divenuto presto il "pericolo pubblico numero 1".
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Chicago, 1933. Ritratto (personalissimo e mai così vero) del rapinatore di banche più famoso dell'America della Grande Depressione, John Dillinger (Johnny Depp, memoriabile), che verrà ucciso in un agguato all'uscita del cinema, dove si era recato a vedere "Manhattan Melodrama". Al centro del film c'è un uomo (Dillinger) che sembra non considerare i vincoli che la società (e lo stesso mondo criminale) gli impone ("dove sei diretto?" gli chiede la fidanzata Billie Frechette, "ovunque io desideri" le risponde Dillinger); un moderno Robin Hood, amato dalla gente e divenuto presto il "pericolo pubblico numero 1". Le sue imprese criminali, realizzate in più stati americani, porteranno alla nascita della moderna FBI (un crimine oltre il confine statale diventava un reato federale) e soprattutto al tradimento dei "colleghi" criminali di Dillinger, preoccupati proprio dall'inasprirsi della "lotta al crimine". Mann, in questo modo, ci offre anche (se non soprattutto) un affresco di un'epoca fondamentale nella storia americana (oltre che, ovviamente, del genere gangster), in cui sono ancora forti i retaggi del vecchio west (si veda il libro "Hot kid" di Leonard); fondamentale, da questo punto di vista, una sceneggiatura non aderente al cento per cento ai fatti realmente accaduti (nella realtà Dillinger morì prima di Baby Face Nelson, mentre nel film accade il contrario), che piuttosto cerca di "scavare" negli eventi per sottolineare come il destino di Dillinger (e del suo antagonista Melvis Purvis, Christian Bale, agente incaricato dall'FBI di arrestare Dillinger) fosse già scritto. Stupenda musica di Elliott Goldenthal e almeno 5 scene da antologia (come la visita "fantasma" di Dillinger alla polizia). Come al solito impeccabili gli attori, con una menzione particolare per Marion Cotillard, perfetta nella parte della fidanzata di Dillinger.
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giacomogabrielli
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venerdì 22 ottobre 2010
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elettronico d'epoca. ***
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Il maestro Mann torna con un grande quanto digitale film. Johnny Depp veste i panni di J. Dillinger, bandito rapina-banche degli anni 30, che, tra successi e amori, ha segnato parte della storia della criminalità statunitense. Lungo, ma pieno di situazioni mai viste prima al cinema; digitale, ma comunque emozionante.
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Il maestro Mann torna con un grande quanto digitale film. Johnny Depp veste i panni di J. Dillinger, bandito rapina-banche degli anni 30, che, tra successi e amori, ha segnato parte della storia della criminalità statunitense. Lungo, ma pieno di situazioni mai viste prima al cinema; digitale, ma comunque emozionante. Fotografia di Dante Spinotti. ELETTRONICO D'EPOCA | ***
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ceciliacor
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lunedì 23 novembre 2009
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il mito di oggi interpreta il mito di ieri
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Michael Mann ci racconta l'ascesa e la fine di un mito degli anni '30 (da noi sconosciuto), John Dillinger, famoso rapinatore di banche, ricco di fascino e charme, mito di quegli anni, interpretatao dal mito cinematografico di questi anni, Johnny Depp.
Una vita breve, vissuta al massimo, tra rocambolesche evasioni dal carcere, rapine a colpi di mitra, eleganti cappotti con cui John copriva le spalle dei suoi ostaggi (guarda caso donne), wiscky, musica e belle donne.
Ne viene fuori l'immagine di un personaggio sicuramente affascinante, ma assolutamente fuori dai clichè del "ladro gentiluomo" a cui ci ha abituato il cinema; probabilmente perchè John Dillinger non è un'invenzione cinematografica, ma un personaggio realmente esistito.
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Michael Mann ci racconta l'ascesa e la fine di un mito degli anni '30 (da noi sconosciuto), John Dillinger, famoso rapinatore di banche, ricco di fascino e charme, mito di quegli anni, interpretatao dal mito cinematografico di questi anni, Johnny Depp.
Una vita breve, vissuta al massimo, tra rocambolesche evasioni dal carcere, rapine a colpi di mitra, eleganti cappotti con cui John copriva le spalle dei suoi ostaggi (guarda caso donne), wiscky, musica e belle donne.
Ne viene fuori l'immagine di un personaggio sicuramente affascinante, ma assolutamente fuori dai clichè del "ladro gentiluomo" a cui ci ha abituato il cinema; probabilmente perchè John Dillinger non è un'invenzione cinematografica, ma un personaggio realmente esistito.
Quello che viene fuori è un uomo sicuro di sè, tanto da essere spaccone, che prendeva in giro spudoratemente le autorità (la scena in cui entra indisturbato nella centrale di polizia è da manuale), che si muoveva a suon di mitra nei suoi abiti eleganti.
Anche nel suo rapporto con Billie Frechette è assolutamente dominante e la rapisce letteralmente dal suo lavoro per farne la "sua donna"; un corteggiamento che non conosce un "no" come risposta, ma forse nessuna donna avrebbe detto di "no" alle parole che sapeva usare per sedurre un'animo femminile ("se tu avessi davanti a me quello che ho io, partiresti in quarta anche tu")
Da contraltare al fuorilegge-John ci sono le autorità, che dal canto loro non erano certo esempio di limpidezza e onestà, data la corruzione che le dominava e che era la base per cui le bande come quelle di John agivano indisturbate nei più nefandi crimini.
La caccia all'uomo viene guidata dall'altro volto del film, Christian Bale che interpreta Melvin Purvis, la legge appunto.
L'arrivo di Melvin innesta una serie di eventi che piano piano metteranno alla corda Dillinger, decimando prima i suoi uomini, poi toccando i suoi legami affettivi, fino al tradimento finale.
E' sintomatica la fine dell'uomo fuori dalla legge, che decide di vivere la sua vita prendendosi gioco delle autorità fino alla fine, senza mai nascondersi, ma sempre fianco a fianco con la gente, frequentando luoghi pubblici, affollati, potendo essere scoperto in ogni momento.
"Ci divertiamo così tanto oggi, perchè preoccuparsi del domani", questa la sua filosofia di vita, che non poteva che portarlo alla fine precocemente.
E' sicuramente un film di genere, il "ganster movie". Non un film d'azione, anche se di azione e sparatorie ce e sono parecchie, ma sono girate con uno stile quasi documentaristico, più che da action movie e il film inoltre è caratterizzato più dai primissimi piani degli interpreti che dalle scene di massa; non un film thriller, anche se la tensione crescente si avverte, si avverte l'inesorabile discesa e fine del "mito" Dillinger ed è palpabile la tensione dei personaggi, che stanno vivendo al limite, che solo la sorte ha difeso fino ad ora, e , come si sa, la sorte è destinata a girare.
Il film è scandito poi da una bella colonna sonora con brani d'epoca e una musica che ricorre spesso: quella del suono delle armi. Le sparatorie si svolgono in assoluta mancanza di suoni, se non quello delle armi originali dell'epoca; fischi di pallottole che senti arrivare nelle orecchie come se fossimo nel mezzo della spratoria. L'effetto è assicurato!
Bravissimi i tre volti di John Dillinger (Depp), Melvin Purvis (Bale) e Billie Frechette (Marion Cotillard)........ma questo era brevedibile!
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stefano85
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venerdì 2 settembre 2011
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buono, ma non eccezionale.
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Su ispirazione del cinema noir anni trenta Micheal Mann dirige un thriller solido e adrenalinico, ambientato in una pericolosa Chicago del periodo del proibizionismo. Depp è molto rude e violento, forse un pò antipatico, ma riesce a interpretare bene il ruolo del gangster John Dillinger. Le location sono affascinanti e raffinate e i cattivi spietati e credibili. Insomma ogni elemento è al suo posto ma il film manca d'originalità. Non è infatti molto diverso da pellicole da cui prende ispirazione come "Gli intoccabili" o "Scarface". Dunque un prodotto che sa di già visto, ma diretto sicuramente con indubbia classe.
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Su ispirazione del cinema noir anni trenta Micheal Mann dirige un thriller solido e adrenalinico, ambientato in una pericolosa Chicago del periodo del proibizionismo. Depp è molto rude e violento, forse un pò antipatico, ma riesce a interpretare bene il ruolo del gangster John Dillinger. Le location sono affascinanti e raffinate e i cattivi spietati e credibili. Insomma ogni elemento è al suo posto ma il film manca d'originalità. Non è infatti molto diverso da pellicole da cui prende ispirazione come "Gli intoccabili" o "Scarface". Dunque un prodotto che sa di già visto, ma diretto sicuramente con indubbia classe.
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slowfilm.splinder.com
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lunedì 23 novembre 2009
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i freddi ricordi di john dillinger.
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L’interesse di Mann in Public Enemies è per il confine fra la vita e la morte, per l’attimo in cui lo sguardo smette d’essere presente, e si perde. È una scena più volte ricostruita, anche descritta da Dillinger, e si rivela traccia e paradigma del film stesso. Pur senza rinunciare all’azione e al romanticismo, questo fra i lavori di Mann è il più spoglio, svuotato dagli eccessi d’enfasi ed espressivi spesso presenti in altre sue opere, privato della sua stessa storia.
L’elemento con più evidenza escluso da Nemico Pubblico, è proprio il suo "essere pubblico", essendo ridotto al minimo il rapporto con quell’America del 1933, che finì per fare un eroe del rapinatore di banche John Dillinger.
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L’interesse di Mann in Public Enemies è per il confine fra la vita e la morte, per l’attimo in cui lo sguardo smette d’essere presente, e si perde. È una scena più volte ricostruita, anche descritta da Dillinger, e si rivela traccia e paradigma del film stesso. Pur senza rinunciare all’azione e al romanticismo, questo fra i lavori di Mann è il più spoglio, svuotato dagli eccessi d’enfasi ed espressivi spesso presenti in altre sue opere, privato della sua stessa storia.
L’elemento con più evidenza escluso da Nemico Pubblico, è proprio il suo "essere pubblico", essendo ridotto al minimo il rapporto con quell’America del 1933, che finì per fare un eroe del rapinatore di banche John Dillinger. Mann sceglie un approccio fortemente cerebrale, evita la costruzione di un racconto strutturato, preferisce soffermarsi su singole vicende e sguardi. Le parti, l’FBI e le bande di gangster, Dillinger Depp e Purvis Bale,sono chiuse nei confronti dell’esterno, per trovare nello scontro "privato" e l’equilibrio di due forze interdipendenti, la linea portante della narrazione, com’era stato per Manhunter, Heat o Collateral.
Durante le fasi di “quiete” la macchina da presa spinge e a volte anticipa i gesti, mentre durante l’azione lo sguardo si trova ad inseguire le vicende, bersagliato dai proiettili, frammentato nel rincorrere le fughe, spesso limitato dalle ombre e dal noir; un occhio digitale restituisce superfici riflettenti che lasciano scivolare lo sguardo dello spettatore da un’inquadratura all’altra, attraverso un processo al tempo stesso di coinvolgimento ed estraneazione.
Per questo suo essere immerso nel genere sfruttandolo solo nei suoi canoni fondamentali, come base d’appoggio per una serie di visioni sempre più autosufficienti, Nemico Pubblico sembra in alcuni momenti offrire poco al suo spettatore, al quale manca la gratificazione che verrebbe dalla costruzione di tensioni e conflitti che attraversassero orizzontalmente la storia. Quello che si vede sullo schermo, invece, somiglia già ad una raccolta di ricordi, senza sfumature e con pochi raccordi, si avvicina ai pensieri di Dillinger mentre passa quel confine fra la vita e la morte.
slowfilm.splinder.com
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