Anno | 2009 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 50 minuti |
Regia di | Mimmo Calopresti |
Tag | Da vedere 2009 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento domenica 27 settembre 2009
L'Italia di Adriano Panatta trionfa a casa di Pinochet indossando una provocatoria maglietta rossa. Un campione e un uomo con un solo obiettivo: vincere
CONSIGLIATO SÌ
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L'Italia degli anni Settanta nel mediometraggio di Mimmo Calopresti. Sullo sfondo la Storia, con il golpe dei generali cileni e l'uccisione di Allende; nel nostro Paese un grande protagonista: Adriano Panatta, un uomo nuovo che trasforma il tennis da sport d'elite a fenomeno di massa. I destini di questi personaggi distanti centinaia di migliaia di chilometri, si incontrano tra le linee e gli angoli del campo da gioco, quando l'Italia andò in una Santiago del Cile grigia e mesta a giocarsi la finale di Coppa Davis. Il paese si spaccò sull'opportunità di andare. Vinse la saggezza: i nostri partirono e tornarono con la coppa togliendosi la soddisfazione di vincere la gara di doppio indossando una provocatoria maglietta rossa.
Mimmo Calopresti recupera un episodio sportivo dalle implicazioni politiche per raccontare un'Italia che non c'è più. Per colpire la fantasia sceglie un personaggio come Panatta e la maglietta sfoggiata nella capitale di una delle dittature più spietate delle storia. Decide di raccontare la crescita di un Paese e di una città attraverso la metafora del tennis. Infatti, "La maglietta rossa" non è un film "politico" ma un atto d'amore verso lo sport e un passato che sfoggia romantiche immagini in bianco e nero. Calopresti ci mostra bellissime riprese inedite, e compone magistralmente i ricordi di un campione ossessionato dalla vittoria ("la sconfitta è come la morte perché non c'è possibilità di tornare indietro"), le impressioni di Paolo Villaggio, rappresentante di quel fascino che il tennis esercitò sullo star system italiano dell'epoca fino al clou, quella maglietta rosso sangue. "Una provocazione", ricorda Panatta. Un gesto che merita comunque un posto nella storia, anche se con l'iniziale minuscola.