notedo
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mercoledì 19 gennaio 2011
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avventura filosofica
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Film condizionato dalla cultura ebraica che però essendo stato girato nel Mid West risente dell'ebraismo delle pianure sicuramente più ortodosso. Non si deve trascurare che i fratelli Coen per la loro cultura (uno è laureato in filosofia) fanno filosofia al cinema ed in questa avventura la fanno in modo molto piacevole. Anche se tutto il film è un gigantesco paradosso,a mio avviso,rimane sicuramente una insuperabile operazione cinematografica.
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gianmarco.diroma
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mercoledì 5 gennaio 2011
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when the truth is found to be lies
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When the truth is found to be lies: quando la verità è trovata per essere smentita o per essere falsa. Quando cioè le cose sembrano finalmente andare bene, quando cioè la vita del "serious man" Larry Gopnik sembra finalmente riallinearsi sui giusti binari (giusti nel senso di in linea con la morale da buon ed osservante ebreo qual'è il protagonista dell'ultima fatica dei fratelli Coen), ecco scatenarsi di nuovo la volontà di Dio, attraverso la voce di un medico che deve annunciare l'esito di una serie di analisi e l'occhio di un ciclone che sta per abbattersi su tutto e tutti. Sembrava la verità di Dio potesse esprimersi nel finale del film attraverso un happy end, ed invece niente! Tutto si blocca! Sembra di avere a che fare con la Sfinge di Edipo.
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When the truth is found to be lies: quando la verità è trovata per essere smentita o per essere falsa. Quando cioè le cose sembrano finalmente andare bene, quando cioè la vita del "serious man" Larry Gopnik sembra finalmente riallinearsi sui giusti binari (giusti nel senso di in linea con la morale da buon ed osservante ebreo qual'è il protagonista dell'ultima fatica dei fratelli Coen), ecco scatenarsi di nuovo la volontà di Dio, attraverso la voce di un medico che deve annunciare l'esito di una serie di analisi e l'occhio di un ciclone che sta per abbattersi su tutto e tutti. Sembrava la verità di Dio potesse esprimersi nel finale del film attraverso un happy end, ed invece niente! Tutto si blocca! Sembra di avere a che fare con la Sfinge di Edipo. Tutto rimane un enigma. L'enigma della vita e di come la fede s'inserisce nella vita e dialoga con essa. Di come avere fede non sia una questione di risposte, bensì di domande a cui non seguono necessariamente delle risposte (si veda la storiella del dentista). Nessuna risposta quindi: ma solo un nonsense generalizzato ed esteso a tutti i livelli (dal rabbino al giovane studente indisciplinato). Se in Burn After Reading o in Non è un paese per vecchi questo nonsense inghiottiva ogni singolo personaggio del film gettandolo in un gioco al massacro (che in Burn After Reading si muove sulla sottile linea della commedia mentre in Non è un paese per vecchi sui toni del dramma epico) qui non c'è spazio neppure per la violenza umana. La morte arriva con estrema naturalezza ed in maniera improvvisa, prendendosi gioco delle aspettative dei protagonisti del film (l'avvocato che muore d'infarto mentre sta per dare una tanta agognata buona notizia a Larry). La violenza della natura nega sé stessa per farsi danza macabra ai danni di coloro che compongono il puzzle di questo gioco. I guai che coinvolgono il serio Larry Gopnik rimangono solo ed esclusivamente guai: non diventano né tragedie, né drammi. Non ci è nulla di eroico nella vita di Larry Gopnik. Non ci sono battaglie da vincere, perché, come già detto più volte non ci sono risposte necessarie e perché il cinema dei fratelli Coen non è mai stato un genere di cinema consolatorio. La differenza rispetto ad altri film dei due fratelli di Minneapolis è che in questo è possibile vivere una sorta di esperienza guardando il film. C'è una coerenza formale che unisce gli accadimenti del film con il loro essere raccontati. In questo senso questo film è un'esperienza: come la vita non si sa dove ci stia portando, allo stesso modo questo film procede senza che vi sia un reale (apparente) perché. Il perché è la vita stessa, il film stesso (!!!), il suo dispiegarsi e il suo essere proiettato direttamente su uno schermo in una sala buia, in contatto diretto con il nostro subconscio.
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tyler3durden
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martedì 4 gennaio 2011
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che noia!
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E' veramente difficile per me recensire questo film: La bravura dei Cohen non si discute e, come tutti, ho ammirato film come "Non è un paese per vecchi", "Fratello dove sei" o "Fargo", ma siccome al di là di tutto, di ogni significato e interpretazione, un film deve essere giudicato per le emozioni e sensazioni che lascia dentro di te, questo film (decisamente il peggiore dei fratelli Cohen) lo ricorderò soprattutto per la noia con cui mi ha fatto trascorrere queste poco meno di due ore.
L'idea c'è e (naturalmente trattandosi dei Cohen) ci sono anche degli interessantissimi personaggi, ma la storia, di qualsiasi tipo essa sia, deve avere un ritmo, cosa che in "A serious man" non ha assolutamente.
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E' veramente difficile per me recensire questo film: La bravura dei Cohen non si discute e, come tutti, ho ammirato film come "Non è un paese per vecchi", "Fratello dove sei" o "Fargo", ma siccome al di là di tutto, di ogni significato e interpretazione, un film deve essere giudicato per le emozioni e sensazioni che lascia dentro di te, questo film (decisamente il peggiore dei fratelli Cohen) lo ricorderò soprattutto per la noia con cui mi ha fatto trascorrere queste poco meno di due ore.
L'idea c'è e (naturalmente trattandosi dei Cohen) ci sono anche degli interessantissimi personaggi, ma la storia, di qualsiasi tipo essa sia, deve avere un ritmo, cosa che in "A serious man" non ha assolutamente.
Il film è di una noia mortale; la nomination agli oscar per la sceneggiatura proprio non la capisco: i dialoghi, seppur nello stile Cohen, non hanno nulla di calzante e poi soprattutto, a mio parere, il difetto maggiore di questo film sta nella colonna sonora, pallosissima e fastidiosissima musica classica ebrea.
Il film dunque non può essere che di "classe"; qualche critico (come difatti succede anche qui) ci si esalterà senz'altro parlando di "splendore registico dei Cohen" o di come questi siano riusciti a portare alla luce dei drammi di un semplice uomo comune, ma lasciando perdere la solita retorica vuota, usata soltanto per il fine di difendere la firma prestigiosa dei Cohen, il film è e rimane di una noia assoluta!
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(di jethro)
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teo '93
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lunedì 1 novembre 2010
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i coen più spiazzanti e spietati di sempre
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Minnesota. Panorama desolante di un’America di fine anni ’60. Larry Gopnik è un professore di fisica ebreo che si ritrova repentinamente alle prese con delle situazioni imbarazzanti e imprevedibili: la moglie decide improvvisamente di affrontare un divorzio costringendolo a vivere in un motel, il figlio ha dei problemi alla scuola ebraica, il fratello è affetto da disturbi psicologici, un alunno tenta di corromperlo convincendolo ad “accettare il mistero”. Alla luce della sua opprimente esistenza, l’unica soluzione plausibile gli sembra quella di rivolgersi a tre rabbini emeriti nella comunità ebraica, autorità religiose attraverso cui sarà (quasi) sicuro di poter aspirare finalmente a quella felicità alla cui utopia si è sempre aggrappato inutilmente…
Scegliendo un taglio più intimistico delle loro precedenti opere, i Coen rispolverano le loro origini filmiche (e di vita) in un racconto spiazzante sin dalla prima bizzarra sequenza in un villaggio polacco molto avvezzo a credenze e superstizioni.
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Minnesota. Panorama desolante di un’America di fine anni ’60. Larry Gopnik è un professore di fisica ebreo che si ritrova repentinamente alle prese con delle situazioni imbarazzanti e imprevedibili: la moglie decide improvvisamente di affrontare un divorzio costringendolo a vivere in un motel, il figlio ha dei problemi alla scuola ebraica, il fratello è affetto da disturbi psicologici, un alunno tenta di corromperlo convincendolo ad “accettare il mistero”. Alla luce della sua opprimente esistenza, l’unica soluzione plausibile gli sembra quella di rivolgersi a tre rabbini emeriti nella comunità ebraica, autorità religiose attraverso cui sarà (quasi) sicuro di poter aspirare finalmente a quella felicità alla cui utopia si è sempre aggrappato inutilmente…
Scegliendo un taglio più intimistico delle loro precedenti opere, i Coen rispolverano le loro origini filmiche (e di vita) in un racconto spiazzante sin dalla prima bizzarra sequenza in un villaggio polacco molto avvezzo a credenze e superstizioni. Più vicini a capolavori irriverenti come “Fargo” che alla coralità un po’ sottotono del più recente “Burn after reading”, questa volta i due fratelli tessono un racconto intimo e ombroso, costruito in un clima angustiante e glaciale, in cui un umorismo sottile e arguto quanto perfidamente tenebroso fa da contraltare ad un pessimismo radicale. “A serious man” è il mirabile esempio di un cinema in cui i personaggi vengono alla luce sprofondando nel turbine angosciante della loro esistenza. E i loro tormenti acquistano vigore grazie ad una costruzione volutamente ridondante, scandita costantemente dalle note mistiche della Torah ebraica e da ricorrenti inquadrature e movimenti di macchina. Una storia dissacratoria in cui il cinismo e l’idiozia sembrano avere incarnazioni nei singoli personaggi. “A serious man” è soprattutto il racconto di una vittima della passività sprezzante di coloro che gli sono intorno e della monotonia affatto consolatoria in cui sguazza da umile precario. Un martire che si affaccia brevemente alla vita e che se le la vede immediatamente privata (vedi la superba scena in cui, intento a riparare l’antenna sul tetto di casa, scorge per caso la vicina che prende il sole nuda, ne contempla per un attimo la vista per poi essere rispedito a terra da un improvviso giramento di testa). La narrazione è genialmente sospesa tra “mera percezione” e folle realtà, tra angoscia onirica e brutale risveglio al presente. Il motore dei dialoghi e dei rapporti tra i personaggi è strettamente intrecciato all’incomunicabilità che spadroneggia fra di essi. Un’incomunicabilità che fa rima con sordità mentale ed egoismo sfrenato, in cui la religione è un’illusione incolmabile che lascia senza risposta dubbi e angosce dei suoi fedeli, quasi a dimostrare che si può vivere esclusivamente accettando il “mistero” che ci è intorno senza capirne il significato. Teoria inquietante, che i Coen denunciano schernendo a denti stretti superstizioni e balordaggini. La loro regia predilige da sempre un mordace distacco dai suoi personaggi, allontanando persino in noi spettatori la giustificabile sensibilità nei confronti delle loro gracilità, in quanto sarebbe, alla luce della spietatezza della realtà a cui sono sottoposti, una sensibilità vacua, fragilissima, destinata quindi a essere “spazzata” (come testimonia la glaciale sequenza finale) nel turbine di un’angoscia perpetua.
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giacomogabrielli
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venerdì 22 ottobre 2010
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(poco)serio. ****
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I fratelli-registi più intriganti del momento ritornano con uno dei loro film più riusciti e ricercati. Un professore, di religione ebraica, sta per ricevere il posto fisso nella scuola in cui lavora, ma il periodo familiare che sta passando non è dei migliori: sua moglie vuoledivorziare, suo figlio scopre il fumo e la figlia gli ruba i soldi per rifarsi il naso.
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I fratelli-registi più intriganti del momento ritornano con uno dei loro film più riusciti e ricercati. Un professore, di religione ebraica, sta per ricevere il posto fisso nella scuola in cui lavora, ma il periodo familiare che sta passando non è dei migliori: sua moglie vuoledivorziare, suo figlio scopre il fumo e la figlia gli ruba i soldi per rifarsi il naso. L'uomo, disperato, comincia una cura con dei rabbini per diventare, appunto, un uomo serio. (POCO)SERIO | ****
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doni64
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mercoledì 20 ottobre 2010
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film...mediocre
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FILM DECISAMENTE MEDIOCRE..INSAPORE...INUTILE...SCIALBO.....INSOMMA DA NON VEDERE.VOTO 5.
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cineamatore
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mercoledì 13 ottobre 2010
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i fratelli restano indipendenti
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Il duo di Minneapolis torna al lavoro mettendo in scena una personale commedia nera che divide il pubblico e conferma il fortissimo stilismo e la capacità autoriale dei Coen...A serious man racconta le vicende di Larry Gopnik,un tranquillo professore del Minnesota,che si trova a confrontarsi con una serie di rocambolesche disavventure che lo porteranno a mettere in discussione e ad interrogarsi su quello che prima considerava ordinario,tutto ciò analizzato in ottica grottesca dove le lunghe e statiche inquadrature sono accompagnate da un sottofondo quasi paranoico che ipnotizza lo spettatore rendendolo partecipe all irrequietezza del protagonista...Una miscela di cinismo grottesco e inquietudini estistenziali disegnano il personaggio principale che ha tanto le sembianze di un Fantozzi ebraico,con la differenza che il prof.
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Il duo di Minneapolis torna al lavoro mettendo in scena una personale commedia nera che divide il pubblico e conferma il fortissimo stilismo e la capacità autoriale dei Coen...A serious man racconta le vicende di Larry Gopnik,un tranquillo professore del Minnesota,che si trova a confrontarsi con una serie di rocambolesche disavventure che lo porteranno a mettere in discussione e ad interrogarsi su quello che prima considerava ordinario,tutto ciò analizzato in ottica grottesca dove le lunghe e statiche inquadrature sono accompagnate da un sottofondo quasi paranoico che ipnotizza lo spettatore rendendolo partecipe all irrequietezza del protagonista...Una miscela di cinismo grottesco e inquietudini estistenziali disegnano il personaggio principale che ha tanto le sembianze di un Fantozzi ebraico,con la differenza che il prof.Gopnik cerca di capire e sconfiggere le ingiustizie che invadono la sua vita consultando gradualmente tre padri spirituali che rimandono al mittente i dubbi aumentando l'ansia e il desiderio di dar risposta ai suoi vuoti.
Dal mio punto di vista la proposta dei Coen è assolutamente irresistibile e da considerare la più personale del regista a due teste,in quanto contiene molti elementi auto-biografici;in effetti l'obbiettivo è quello di descrivere una realtà ebraico-americana degli anni 60 ,in cui gli stessi sono cresciuti,sottolineando il ritmo di vita lento e ordinario condotto dagli ebrei che hanno come massima ambizione quella di diventare "Uomini Seri".
Film riuscitissimo perche riesce a mescolare perfettamente angoscia e oppressione con colta ironia ottenendo un gradevole e delicato risultato
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manuela modica
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domenica 26 settembre 2010
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tutto cambia di fronte alla morte
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C'è qualcosa che non leggo in tutte le recensioni che pure condivido, che non ho letto neanche in alcune recensioni americane. Può darsi che io mi sbagli, ma la fine del film mi pare sottovalutata.
Il figlio, su cui la storia apre, che vediamo correre per gran parte del film, perché inseguito dal compagno-bullo-creditore, ha finalmente recuperato i soldi e può restiturglieli: sta per mettere fine ai suoi affanni.
Ma quando va per approcciarlo, il compagno-bullo-creditore non è più interessato a lui. Un uragano è all'orizzonte, e di fronte all'incombente minaccia, quel che in tutto il film ci ha preoccupati,
attraverso il ragazzino, non ha più importanza.
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C'è qualcosa che non leggo in tutte le recensioni che pure condivido, che non ho letto neanche in alcune recensioni americane. Può darsi che io mi sbagli, ma la fine del film mi pare sottovalutata.
Il figlio, su cui la storia apre, che vediamo correre per gran parte del film, perché inseguito dal compagno-bullo-creditore, ha finalmente recuperato i soldi e può restiturglieli: sta per mettere fine ai suoi affanni.
Ma quando va per approcciarlo, il compagno-bullo-creditore non è più interessato a lui. Un uragano è all'orizzonte, e di fronte all'incombente minaccia, quel che in tutto il film ci ha preoccupati,
attraverso il ragazzino, non ha più importanza. Avviene subito dopo la telefonata del medico al padre, che ci suggerisce che un altro uragano sta per travolgerlo: una malattia, perlomeno grave.
Il film aveva un prologo curioso: una narrazione probabilmente inscritta nel libro delle storie ebraiche, a cui loro - "Ma noi siamo fortunati perché abbiamo il libro", mi pare dica così - possono attingere.
Una donna, seppure di fronte all'evidenza, continua a credere a quel che le era stato raccontato: neppure il sangue la fa desistere.
Ecco, proverei a guardare il film da qui. Per leggere questa storia: il figlio e il padre contemporaneamente ci vengono presentati. Li seguiremo in tutte le loro peripezie - che a tratti
mostrano sfumature alla Fantozzi - il padre alle prese con una comunità aggressiva, che piano piano, dalla moglie all'amante, fino alla compagnia che gli impone i dischi - lo logora e lo porta a cedere all'espediente, cancellando ogni resistenza della sua morale, e cedendo all'esigenza. Il figlio sgamato dal maestro, aggredito dalla sorella, minacciato dal compagno-bullo-creditore, costretto a un rito che lui fa coincidere con l'unico in cui crede: fumare.
Ma tutto quello che ci avvilisce, e ci fa ridere - ecco Fantozzi - cambia aspetto di fronte alla nuova prospettiva: l'uragano.
Così che io credo che il primo rabbino davvero dia la chiave di lettura della storia. E il nostro protagonista, il padre, fumando uno spinello ce lo dice: aveva ragione il primo rabbino.
La prospettiva, dunque.
Perché tutto non è che un condizionamento mentale, ambientale, culturale: contingente.
Da questa angolazione anche la storia del dentista è solo apparentemente priva di senso: una periodica fissazione di leggere un senso specifico in una casualità che si risolve solo
non pensandoci più.
Il primo rabbino ci dà la chiave, il secondo ci racconta la parabola, il terzo ci riconsegna la radiolina, risolvendo uno dei problemi che ci affligge dall'inizio senza una parola.
Così, attraverso i rabbini i Coen ci raccontano di un quotidiano in cui affoghiamo, persi nel provare a galleggiare in un occidente che è solo all'inizio di una voragine di individualismo.
Ma il peso del nostro patire cambia del tutto di fronte alla morte. Scopriamo di vivere temendo sempre il maligno, il dybbuk, non riconoscendo così più la vita, se non perdendola.
E quel che ci ha spinti a patire credendo giusto uccidere, corrompere, ci suggeriscono i Coen, non è che un punto di vista - il parcheggio... - in definitiva: una sciocchezza.
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gertrude
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sabato 11 settembre 2010
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"una felicità inattaccabile"
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“Ho sempre cercato di essere un uomo serio.” Con queste parole Larry Gopnik un professore di fisica ebreo, cerca di far timidamente fronte a tutti i guai che gli stanno capitando. Un alunno sudcoreano cerca di corromperlo per passare un esame minacciandolo per diffamazione, la figlia pensa solo ai capelli e a rubare i soldi al padre per rifarsi il naso, il figlio fuma spinelli, il fratello drena la ciste occupando continuamente il bagno e riempie un quaderno di calcoli probabilistici, e quel che è peggio si sente dire dalla moglie che vuole il get (il divorzio rituale) per potersi sposare nella fede con il vedovo Sy Ableman.
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“Ho sempre cercato di essere un uomo serio.” Con queste parole Larry Gopnik un professore di fisica ebreo, cerca di far timidamente fronte a tutti i guai che gli stanno capitando. Un alunno sudcoreano cerca di corromperlo per passare un esame minacciandolo per diffamazione, la figlia pensa solo ai capelli e a rubare i soldi al padre per rifarsi il naso, il figlio fuma spinelli, il fratello drena la ciste occupando continuamente il bagno e riempie un quaderno di calcoli probabilistici, e quel che è peggio si sente dire dalla moglie che vuole il get (il divorzio rituale) per potersi sposare nella fede con il vedovo Sy Ableman.
Una sfilza infinita di guai tale che Larry non può fare altro che rivolgersi a dei rabbini i quali però non danno alcuna risposta ai suoi interrogativi e sulla volontà di Hashem. Ed è qui che la genialità grottesca dei Coen emerge per comunicare che ,nonostante tutto quello che noi possiamo fare per raggiungere quella che pensiamo essere la felicità, nonostante tutto quello che noi possiamo fare per diventare delle persone “serie”, siamo sempre nelle mani di un Dio la cui volontà non sempre è dalla nostra e che non è possibile comprendere.
La vicenda è preceduta da un prologo che si svolge in un shetl polacco completamente distaccato dalla storia ma che è al contempo la chiave del racconto poiché ha a che fare con la stessa tematica.
Finito il prologo, lo spettatore viene catapultato nel MidWest 1967 al suono dei Jefferson Airplane per osservare il malcapitato Larry coi suoi problemi e le sue preoccupazioni. Il finale aperto con un uragano in arrivo ci lascia sperare che il protagonista sia in grado di superarli ma di questo, persino i registi, nessuno può esserne sicuro.
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gertrude
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sabato 11 settembre 2010
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una felicità inattaccabile
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“Ho sempre cercato di essere un uomo serio.” Con queste parole Larry Gopnik un professore di fisica ebreo, cerca di far timidamente fronte a tutti i guai che gli stanno capitando. Un alunno sudcoreano cerca di corromperlo per passare un esame minacciandolo per diffamazione, la figlia pensa solo ai capelli e a rubare i soldi al padre per rifarsi il naso, il figlio fuma spinelli, il fratello drena la ciste occupando continuamente il bagno e riempie un quaderno di calcoli probabilistici, e quel che è peggio si sente dire dalla moglie che vuole il get (il divorzio rituale) per potersi sposare nella fede con il vedovo Sy Ableman.
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“Ho sempre cercato di essere un uomo serio.” Con queste parole Larry Gopnik un professore di fisica ebreo, cerca di far timidamente fronte a tutti i guai che gli stanno capitando. Un alunno sudcoreano cerca di corromperlo per passare un esame minacciandolo per diffamazione, la figlia pensa solo ai capelli e a rubare i soldi al padre per rifarsi il naso, il figlio fuma spinelli, il fratello drena la ciste occupando continuamente il bagno e riempie un quaderno di calcoli probabilistici, e quel che è peggio si sente dire dalla moglie che vuole il get (il divorzio rituale) per potersi sposare nella fede con il vedovo Sy Ableman.
Una sfilza infinita di guai tale che Larry non può fare altro che rivolgersi a dei rabbini i quali però non danno alcuna risposta ai suoi interrogativi e sulla volontà di Hashem. Ed è qui che la genialità grottesca dei Coen emerge per comunicare che ,nonostante tutto quello che noi possiamo fare per raggiungere quella che pensiamo essere la felicità, nonostante tutto quello che noi possiamo fare per diventare delle persone “serie”, siamo sempre nelle mani di un Dio la cui volontà non sempre è dalla nostra e che non è possibile comprendere.
La vicenda è preceduta da un prologo che si svolge in un shetl polacco completamente distaccato dalla storia ma che è al contempo la chiave del racconto poiché ha a che fare con la stessa tematica.
Finito il prologo, lo spettatore viene catapultato nel MidWest 1967 al suono dei Jefferson Airplane per osservare il malcapitato Larry coi suoi problemi e le sue preoccupazioni. Il finale aperto con un uragano in arrivo ci lascia sperare che il protagonista sia in grado di superarli ma di questo, persino i registi, nessuno può esserne sicuro.
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