cuci85
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mercoledì 27 maggio 2009
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all'inferno, senza ritorno.
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Non un film, un'esperienza. E come tale, difficilmente valutabile.
Il mestiere e la tecnica sono innegabili, bastano pochi minuti in un bianco e nero rallentatissimo (scommettiamo che farà scuola?), o le atmosfere, o i quadri distorti e vibranti. Ma, come detto, non si tratta di un semplice film, e queste cose non sono che un contorno di tecnica che potrebbe sfiorare il manierismo. Poi c'è la Storia, o la Non Storia, a discrezione dello spettatore. Tornano i capitoli (un predecessore su tutti, Dogville), gradini di una ripida scala verso la profondità del male. Ho visto ogni genere di film, anche il più estremo, ma quel pianto nella foresta, quel dolore di Natura che si propaga intorno alla donna, quello è stato qualcosa di mai visto.
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Non un film, un'esperienza. E come tale, difficilmente valutabile.
Il mestiere e la tecnica sono innegabili, bastano pochi minuti in un bianco e nero rallentatissimo (scommettiamo che farà scuola?), o le atmosfere, o i quadri distorti e vibranti. Ma, come detto, non si tratta di un semplice film, e queste cose non sono che un contorno di tecnica che potrebbe sfiorare il manierismo. Poi c'è la Storia, o la Non Storia, a discrezione dello spettatore. Tornano i capitoli (un predecessore su tutti, Dogville), gradini di una ripida scala verso la profondità del male. Ho visto ogni genere di film, anche il più estremo, ma quel pianto nella foresta, quel dolore di Natura che si propaga intorno alla donna, quello è stato qualcosa di mai visto. E la ricerca del sublime o dell'immondo (perché di questo si tratta, a conti fatti) non può e non deve lasciare indifferenti. Personalmente sono stanco di sentir parlare di pornografia. Qui c'è il Mostrato, oltre ogni limite, è vero, ma mai gratuitamente, mai per una mera provocazione. Per questo Von Trier rischia di sfiorare il ridicolo: ci mette davanti a qualcosa di difficilmente affrontabile, in ogni senso e con ogni senso, e in prima fila rifiutiamo con una risatina o un'espressione disgustata quanto ci viene (imposto?) mostrato.
Che coraggio, mi dico. Sì, stiamo parlando di un regista famosissimo, che "può fare quello che vuole", quindi forse coraggio non è il termine giusto... Ma come altro definire questa autopsia di sentimenti, questo sanguinoso scavare nel Mai Detto, in una dimensione che terrorizza perché è quella dei sogni (e degli incubi), in cui il Male respira, gli animali parlano, non esiste Morte, solo dolore.
Mi chiedo come possano aver affrontato una tale prova gli attori. Come calarsi in un tale oblio... ma soprattutto come tirarsene fuori? Che prova straordinaria e assolutamente sottovalutata per entrambi. La verità è che il limite della recitazione è stato spostato un po' oltre, e sono queste le cose che scrivono la Storia del Cinema. Ben vengano le polemiche, il disgusto, e quant'altro. Von Trier è un regista arrogante ed elitario, un Artista decadente a cui non siamo più abituati, un Personaggio, lui stesso, prima dei suoi attori: e mi chiedo quanto ci sia, di lui, in quell'uiltima scena sulla collina, tra le donne senza volto.
Paradossalmente, in un film a tratti puramente simbolista, sono proprio i simboli a funzionare meno, perché troppo insistiti, ripetuti, involontariamente ironici (il corvo nelle tana della volpe). E la Carne, quella straziata, quella penetrata e posseduta e mutilata, quella mischiata alle radici e al muschio, regna. Come il caos.
Onore al merito di riuscire a scuotere un pubblico, oggi. E non solo con il facile potere dello scandalo. Con la ricerca, la sperimentazione. Il dolore: quello interpretato e quello reale, di cui l'opera è parto legittimo.
Ancora, per favore.
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viola96
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domenica 28 agosto 2011
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l'ultima tentazione di von trier
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Ho sacrificato la serata Takashi Miike per rivedermi l'ultimo film di Lars Von Trier:Ad una prima visione mi era sembrato banale,privo d'idee,vuoto.Dio benedica la seconda visione.Personalmente,qualche mese fa gli avrei dato mediocre,quasi pessimo,oggi ero indeciso sull'ottimo.Probabilmente è il film più oscuro,malato e nudo di Lars Von Trier.Un Von Trier che parte da Hendel per arrivare al massimo dell'esasperazione umana.Von Trier è lucido,stavolta,davanti ad una macchina da presa traballante e quasi in stile Dogma,mentre zooma su due persone intente a consumare un atto sessuale ripetuto.Per Von Trier questo è il massimo rapporto uomo-donna esistente.
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Ho sacrificato la serata Takashi Miike per rivedermi l'ultimo film di Lars Von Trier:Ad una prima visione mi era sembrato banale,privo d'idee,vuoto.Dio benedica la seconda visione.Personalmente,qualche mese fa gli avrei dato mediocre,quasi pessimo,oggi ero indeciso sull'ottimo.Probabilmente è il film più oscuro,malato e nudo di Lars Von Trier.Un Von Trier che parte da Hendel per arrivare al massimo dell'esasperazione umana.Von Trier è lucido,stavolta,davanti ad una macchina da presa traballante e quasi in stile Dogma,mentre zooma su due persone intente a consumare un atto sessuale ripetuto.Per Von Trier questo è il massimo rapporto uomo-donna esistente.Intanto il loro bambino precipita dalla finestra e nessuno se ne accorge.Il prologo è la parte più emozionante del film,forse il miglior prologo della recente storia del cineasta danese.Von Trier è un ribelle e il suo cinema ne risente.Qui vede la Natura come n qualcosa di reale,visibile,demoniaco.La Natura è contro l'Uomo perchè non lo sopporta.Non sopporta le sue smanie di potere,non sopporta la sua presunzione,non sopporta la sua voglia di naufragare verso un nuovo io.Willem Defoe è l'Uomo.Charlotte Gainsboug è la Donna.L'Uomo vuole controllare la Donna così che non faccia cose irreparabili,ma non si accorge che tutto intorno a lui l'orrore si consuma.Questo è Von Trier all'ennesima potenza:Creare un horror visionario e profondo chiudendo in una casa in un bosco due esseri viventi alle prese con il loro dolore."Antichrist" è la base del cinema del danese:Un suo imprescindibile manifesto che trascende "Idioti" e si pone alla base delle stranezza consuete dei vari film del grande regista.Perchè "Antichrist" non è solo liberatorio,ma è anche spudorato e immensamente folle e quindi vontrieriano.Il Male si annida in noi,fa della paura un suo complice,non c'è via di scampo dal nulla in cui siamo immersi.Non è un bugiardo Von Trier:Non fa cinema per sperimentazione,non oppone ostacoli alla realizzazione dell'opera,ma fortunatamente non si perde in qualcosa di astratto,di impossibile.Il suo ultimo suicidio cinematografico è un film sulla paura più difficile da battere.Come riprendersi sapendo che la perdita di un figlio dipende da noi?Ma da che dipendiamo noi?Probabilmente la seconda visione ci vuole.Superficialmente il film non può e non deve essere visto.Un film del genere merita cento,mille visioni,dove troverete sempre un dettaglio diverso,un piccolo sigillo fuori posto,un'inquadratura strana.Von Trier dirige un coraggioso romanzo cinematografico di auto-commiserazione.L'espiazione dai peccati passa dalle origini dei peccati stessi.L'allontanarsi dal luogo del peccato nuoce a chiunque."Antichrist" non è solo una delle maggiori opere cinematografiche del 2009,ma è anche un fondamento giusto e lecito per il cinema europeo contemporaneo.Troppo difficile per un dodicenne.Troppo adulto.E troppo segnato.Ma un quindicenne dalla visione resta estasiato.E finalmente,posso dare a Von Trier un ottimo di cuore.Dal mediocre di partenza,è un bel salto di qualità.
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slasher master
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martedì 2 giugno 2009
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grande esempio di cinema horror
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Mentre guardi un film come Antichrist non puoi che provare un solo sentimento: angoscia. Non è infatti la paura la sensazione che ti trasmettono le atmosfere aperte ma claustrofobica, le musiche cupe e ovattate, rimbombanti. E' piuttosto una forte angoscia che solo nel finale, quando il regista deciderà di fare un modesto uso dello splatter, che muterà in qualcosa di più agghiacciante.
La scelta dell'ambientazione (il bosco) potrà ai più sembrare banale ma non lo è perchè il rapporto con la natura è centrale nel film perchè sino all'ultimo l'ambiente sembra quasi permeato di un profondo senso di male.
Le copulazioni, gli animali, le costellazioni, tutto fa parte di un grande disegno visionario e la pittoresca trovata della suddivisione in atti scandisce la sempre più profonda immersione nelle acque del male.
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Mentre guardi un film come Antichrist non puoi che provare un solo sentimento: angoscia. Non è infatti la paura la sensazione che ti trasmettono le atmosfere aperte ma claustrofobica, le musiche cupe e ovattate, rimbombanti. E' piuttosto una forte angoscia che solo nel finale, quando il regista deciderà di fare un modesto uso dello splatter, che muterà in qualcosa di più agghiacciante.
La scelta dell'ambientazione (il bosco) potrà ai più sembrare banale ma non lo è perchè il rapporto con la natura è centrale nel film perchè sino all'ultimo l'ambiente sembra quasi permeato di un profondo senso di male.
Le copulazioni, gli animali, le costellazioni, tutto fa parte di un grande disegno visionario e la pittoresca trovata della suddivisione in atti scandisce la sempre più profonda immersione nelle acque del male.
Il film è ermetico ma di pregevole fattura. Certamente un esempio di grande cinema. Ci voleva, per riscattare un genere che troppe volte viene snobbato e/o bollato come vuoto o privo di valori e significato, sia dalla critica che, ahimè, dallo stesso pubblico.
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orfeo
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martedì 2 giugno 2009
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6,5 € buttati. fa schifo e non e' un horror
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ho visto centinaia e centinaia di horror essendo un super appassionato e anche nei più mediocri e caserecci girati con budget molto bassi riesco sempre a salvare qualcosa, almeno un'idea, un'intuizione, un'interpretazione. vi giuro che questo è il peggior horror mai visto. . La gente dopo i primi 40 minuti stava andando via. Io ho atteso la fine sperando che un qualsiasi cosa salvasse il film ( o almeno ripagasse il prezzo del biglietto ) nulla da fare alla fine chi se n'è andato a metà film ha fatto benissimo. L'unica maniera di rendere bene l'idea di che cos'è questo film è andare in bagno, sollevare il copritazza, sedervi e escrementare. Ecco quando avrete finito avrete fatto THE ANTICHRIST (gratis) .
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ho visto centinaia e centinaia di horror essendo un super appassionato e anche nei più mediocri e caserecci girati con budget molto bassi riesco sempre a salvare qualcosa, almeno un'idea, un'intuizione, un'interpretazione. vi giuro che questo è il peggior horror mai visto. . La gente dopo i primi 40 minuti stava andando via. Io ho atteso la fine sperando che un qualsiasi cosa salvasse il film ( o almeno ripagasse il prezzo del biglietto ) nulla da fare alla fine chi se n'è andato a metà film ha fatto benissimo. L'unica maniera di rendere bene l'idea di che cos'è questo film è andare in bagno, sollevare il copritazza, sedervi e escrementare. Ecco quando avrete finito avrete fatto THE ANTICHRIST (gratis) . Ora potete tirare l'acqua.
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lollo92
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lunedì 1 giugno 2009
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l'eterna maestria di lars von trier
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Sin da quando si sono cominciate a vedere le prime immagini di Antichrist, e faccio riferimento allo stupendo fotogramma in cui i due fanno l'amore sotto l'albero, con le mani che escono dalle radici, sapevo che quel film, inevitabilmente, sarebbe stato il meglio di cannes. E ora che l'ho visto, ne rimango ancora più convinto.
Immagini di una bellezza ineguagliabile, simbolismi colti, interpretazioni da standing ovation, una regia magniloquente. Perfettamente in linea con i suoi film precedenti, da Dancer in the dark a Dogville, Antichrist è un film di ineguagliabile bellezza e spessore, ma che inevitabilmente, e come è giusto che sia, si presta ad essere amato dai soli ed unici ammiratori di Von Trier, o comunque da un pubblico che non abbia i paraocchi e che si scandalizzi di fronte a scene di mutilazione ( a mio parere assolutamente necessarie e in linea con lo sviluppo narrativo).
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Sin da quando si sono cominciate a vedere le prime immagini di Antichrist, e faccio riferimento allo stupendo fotogramma in cui i due fanno l'amore sotto l'albero, con le mani che escono dalle radici, sapevo che quel film, inevitabilmente, sarebbe stato il meglio di cannes. E ora che l'ho visto, ne rimango ancora più convinto.
Immagini di una bellezza ineguagliabile, simbolismi colti, interpretazioni da standing ovation, una regia magniloquente. Perfettamente in linea con i suoi film precedenti, da Dancer in the dark a Dogville, Antichrist è un film di ineguagliabile bellezza e spessore, ma che inevitabilmente, e come è giusto che sia, si presta ad essere amato dai soli ed unici ammiratori di Von Trier, o comunque da un pubblico che non abbia i paraocchi e che si scandalizzi di fronte a scene di mutilazione ( a mio parere assolutamente necessarie e in linea con lo sviluppo narrativo).
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orazioblur
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sabato 23 maggio 2009
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splendido affresco simbolico
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Ho appena visionato il film al cinema..
Inutile dire che la sala era semivuota, e i pochi che stavano vedendo il film, in molti frangenti, sghignazzavano o accennavano espressioni di disgusto o di sorpresa. Beh, è evidente che il film in sè non è quanto di più delicato possa sembrare, ma in fondo, se si guarda da un altro punto di vista, esso risulta molto delicato e armonioso.
Prima di tutto l'eleganza con cui il regista danese costruisce la fotografia e la scenografia! Rimarrete incantati da scene a dir poco mozzafiato e che lasciano col fiato mozzato persino lo spettatore meno sensibile.
Il film è pieno di simboli, per cui è uno spreco dare una valutazione sommaria e superficiale del film senza averne capito il senso ultimo.
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Ho appena visionato il film al cinema..
Inutile dire che la sala era semivuota, e i pochi che stavano vedendo il film, in molti frangenti, sghignazzavano o accennavano espressioni di disgusto o di sorpresa. Beh, è evidente che il film in sè non è quanto di più delicato possa sembrare, ma in fondo, se si guarda da un altro punto di vista, esso risulta molto delicato e armonioso.
Prima di tutto l'eleganza con cui il regista danese costruisce la fotografia e la scenografia! Rimarrete incantati da scene a dir poco mozzafiato e che lasciano col fiato mozzato persino lo spettatore meno sensibile.
Il film è pieno di simboli, per cui è uno spreco dare una valutazione sommaria e superficiale del film senza averne capito il senso ultimo. Molti si sono soffermati sulla superficie, sulle scene scioccanti. Ma bisogna andare oltre questo e scrutare la mente del regista, che come sappiamo, ha diretto questa pellicola dopo aver passato una forte depressione.
Non aggiungo altro, se non che il film, ripeto, è pienissimo di significati che si possono cogliere attraverso gli altrettanti simboli e le costanti metafore di cui il film è strapieno. Perfino il titolo del film, con la scritta "Antichrist" rossa e lo sfondo verde, vi faranno pensare a fine film e a farvi rendere conto del significato ultimo che esso ci dona.
P.s: utilissima una seconda visione per chi non abbia afferrato subito il senso di Antichrist.
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paride86
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venerdì 29 maggio 2009
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un'opera d'autore difficile da giudicare
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Film difficilissimo da giudicare, anche se si tratta di un'opera d'autore.
Il prologo e l'epilogo, girati in un morbidissimo bianco e nero con musica di Handel, sono poesia pura; alcune sequenze affascinano per la spettacolarità macabra e manierista; il problema è il resto. Come leggere gli eventi raccontati?
Il sesso è proposto come una colpa (l'obiettivo che alterna ossessivamente la caduta del figlio con la faccia estatica dei genitori durante l'amplesso)? Ma se il bimbo è l'anticristo non può essere una colpa intesa nel senso negativo del termine!
E ancora: come interpretare le continue contraddizioni della moderna "Eva", a tratti amorevole e poi improvvisamente violenta? E' posseduta totalmente dal maligno o lotta per vincere il male dentro di sè (altrimenti perché infliggersi un'automutilazione)? Dobbiamo assolverla o condannarla?
E poi: Von Trier, identificando nella donna la radice del male, vuole criticare provocatoriamente la genesi cristiana, anch'essa orientata verso la colpevolizzazione di Eva, o più semplicemente esprimere la propria misoginia?
Un'attenta visione e un'accurata riflessione non mi sono bastate a sciogliere i dubbi sulle ambiguità della storia, che dopotutto neanche Von Trier ha voluto approfondire.
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Film difficilissimo da giudicare, anche se si tratta di un'opera d'autore.
Il prologo e l'epilogo, girati in un morbidissimo bianco e nero con musica di Handel, sono poesia pura; alcune sequenze affascinano per la spettacolarità macabra e manierista; il problema è il resto. Come leggere gli eventi raccontati?
Il sesso è proposto come una colpa (l'obiettivo che alterna ossessivamente la caduta del figlio con la faccia estatica dei genitori durante l'amplesso)? Ma se il bimbo è l'anticristo non può essere una colpa intesa nel senso negativo del termine!
E ancora: come interpretare le continue contraddizioni della moderna "Eva", a tratti amorevole e poi improvvisamente violenta? E' posseduta totalmente dal maligno o lotta per vincere il male dentro di sè (altrimenti perché infliggersi un'automutilazione)? Dobbiamo assolverla o condannarla?
E poi: Von Trier, identificando nella donna la radice del male, vuole criticare provocatoriamente la genesi cristiana, anch'essa orientata verso la colpevolizzazione di Eva, o più semplicemente esprimere la propria misoginia?
Un'attenta visione e un'accurata riflessione non mi sono bastate a sciogliere i dubbi sulle ambiguità della storia, che dopotutto neanche Von Trier ha voluto approfondire.
Il film, comunque, non è privo di difetti: ci sono molti punti morti in cui diventa noioso (nonostante la breve durata) e ben poco inquietante; inoltre la regia è piuttosto discontinua: a volte la camera procede ferma, altre volte traballa e in un paio di scene c'è un uso barbaro dello zoom.
Alcune sequenza, poi, sono davvero difficili da guardare e a mio giudizio, pur essendo intrinsecamente legate allo sviluppo narrativo della storia, sono state gratuitamente calcolate per colpire lo spettatore allo stomaco.
Nel dubbio sul giudizio do una sufficienza politica.
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tony montana
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martedì 7 dicembre 2010
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difficile da dimenticare e da digerire
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Per superare la morte del figlio, una donna e il marito psicologo si rifugiano in un vecchia casa nel bosco, che loro chiamano “Eden”. Nonostante le attenzioni del marito, ogni giorno che passa la donna viene assalita sempre più dalle sue paure, fino a perdere totalmente il controllo…
Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe stanno facendo l’amore sotto la doccia. Sono ripresi in un bianco e nero patinato, al rallentatore, con in sottofondo una delicata aria di Händel. Dopo forse una decina di secondi, il regista ci mostra un particolare della penetrazione.
Inizia così, Antichrist, ed è l’inizio giusto per un film come questo, è un banco di prova che viene giustamente presentato fin dall’inizio allo spettatore, per testarne la volontà, la disponibilità nei confronti di ciò che gli si vuole raccontare.
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Per superare la morte del figlio, una donna e il marito psicologo si rifugiano in un vecchia casa nel bosco, che loro chiamano “Eden”. Nonostante le attenzioni del marito, ogni giorno che passa la donna viene assalita sempre più dalle sue paure, fino a perdere totalmente il controllo…
Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe stanno facendo l’amore sotto la doccia. Sono ripresi in un bianco e nero patinato, al rallentatore, con in sottofondo una delicata aria di Händel. Dopo forse una decina di secondi, il regista ci mostra un particolare della penetrazione.
Inizia così, Antichrist, ed è l’inizio giusto per un film come questo, è un banco di prova che viene giustamente presentato fin dall’inizio allo spettatore, per testarne la volontà, la disponibilità nei confronti di ciò che gli si vuole raccontare. Se stiamo al gioco e accettiamo quell’inquadratura, allora accetteremo tutto quello che von Trier ci presenta nell’ora e tre quarti successiva; se la rifiutiamo, se ci mettiamo a ridere, allora tanto vale uscire subito dalla sala, perché questo non è il film che fa per noi. Grazie anche alla sontuosa fotografia digitale di Anthony Dod Mantle e all’ottimo montaggio di Anders Refn, Lars von Trier ci avvolge nelle sue paranoie più violente, derivanti dalla crisi depressiva in cui era caduto nel 2007 e da cui è uscito proprio scrivendo questo film. Ci propone immagini e dialoghi difficili da accettare e ancor più da sopportare; ci parla della Natura ma anche della natura umana, di sesso e dei sessi, di Dio e del Demonio, di sogni e di realtà, di vita e di morte, di colpe e di espiazioni; ci inchioda alla poltrona, ci fa trasalire dall’imbarazzo, ci fa chiudere gli occhi per il disagio, ci fa rabbrividire per ciò che ci mostra. Per ciò di cui ci parla. Ma nulla avrebbe potuto, il regista danese, senza la straordinaria interpretazione di Charlotte Gainsbourg, che offre anima e corpo al suo personaggio, trascinandoci giù verso la disperazione umana, nella follia più pura e inafferrabile. Una discesa che può forse ricordare quella di Isabelle Adjani nel Possession di Zulawski, ma che è infinitamente più potente, più inquietante. Un’interpretazione che ha pienamente meritato il premio come miglior attrice del Festival di Cannes 2009. Qualcuno ha definito questo Antichrist «un film per persone intelligenti», il regista ha detto che è il film più importante della sua carriera. Di sicuro non è un film per tutti.
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stefano montecchi
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martedì 26 maggio 2009
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allucinazione lucida, analisi perversa
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Il film è il risultato di una sofferta fuga dalla depressione che Von Trier ha attraversato negli ultimi 2 anni.
Sporco nella sua apparente eleganza, depravato nella sua messa in scena, ANTICHRIST ha in se' il germe del dolore (che è anche il titolo di uno dei capitoli di cui il film è suddiviso), e per tutto il primo tempo si ha l'impressione che il regista abbia riversato nel film gli insegnamenti del suo analista.
Storia semplice: marito e moglie (bravissimi gli interpreti) fanno l'amore mentre il piccolo figlio cade dalla finestra e muore. Il marito (un terapista) decide di curare i sensi di colpa della moglie nella loro casetta nel bosco (denominato EDEN).
Le belle immagini al rallentatore sono a volte interrotte, già dall'inizio, da pesanti primi piani di genitali atti a mostrare la carnalità della presenza umana in un film che vede, come contraltare ai due protagonisti, la "natura".
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Il film è il risultato di una sofferta fuga dalla depressione che Von Trier ha attraversato negli ultimi 2 anni.
Sporco nella sua apparente eleganza, depravato nella sua messa in scena, ANTICHRIST ha in se' il germe del dolore (che è anche il titolo di uno dei capitoli di cui il film è suddiviso), e per tutto il primo tempo si ha l'impressione che il regista abbia riversato nel film gli insegnamenti del suo analista.
Storia semplice: marito e moglie (bravissimi gli interpreti) fanno l'amore mentre il piccolo figlio cade dalla finestra e muore. Il marito (un terapista) decide di curare i sensi di colpa della moglie nella loro casetta nel bosco (denominato EDEN).
Le belle immagini al rallentatore sono a volte interrotte, già dall'inizio, da pesanti primi piani di genitali atti a mostrare la carnalità della presenza umana in un film che vede, come contraltare ai due protagonisti, la "natura".
L'horror è un pretesto per raccontare una morale originale: l'essere umano, che fa parte dalla natura, a causa della propria razionalità se è discostato fino a non comprenderla più, per arrivare, dopo secoli di incomprensioni, ad attribuirle significati che sfociano nella superstizione e in una cattiva analisi di essa e della sua presenza. "La natura è Satana", dice la moglie a metà film.
Ed ecco che il film cambia: marito e moglie riavvicinati nel dolore della perdita del figlio, si dimostrano infine antitetici. Lui, razionale, si ritrova amico della natura (al punto da essere paragonato ad una quercia morente che distribuisce ghiande come fosse sperma per un innato senso di immortalità della propria specie). Lei, che si scoprirà avere usato la casa nel bosco come rifugio per studi satanici che l'hanno completamente assorbita, diventa un'eretica che "usa" la natura in modo distorto per dare un senso a un'esistenza che, come direbbe Vasco Rossi, un senso non ce l'ha. La donna si masturba e si fa amare dal marito su una catasta di legna che nasconde cadaveri del passato, gestisce la sua vita in base a una geografia astronomica apocrifa, subisce il fascino di animali (corvo, volpe e cerbiatto) ai quali attribuisce oscuri significati, si scopre avere volontariamente recato danno al frutto del suo corpo, il figlio.
Tra cadute di stile (la volpe che parla, ad esempio) e ritmi che si lasciano scappare d mano il grande pubblico, il film arriva a un finale simile a quello dell'horror asiatico AUDITION. La moglie si trasforma in strega, infligge al marito torture ai genitali, e stessa cosa fa a se' stessa. A questo punto anche il sesso, che è "natura", diventa depravazione ed insulto.
L'eretico del film è proprio Von Trier, che distrugge il simbolismo e ogni tipo di superstizione per ritrovare una visione laica del mondo attorno a noi, una visione oggettiva della natura che ci circonda e di noi che ne facciamo parte (il finale che non spiegherò parla chiaro in questo senso).
Tre stelle per l'impegno, per l'originalità, per il genio di un folle che ha però l'arroganza di portare lo spettatore a visioni estreme (rimarrà impressa nella mente la scena del clitoride così come fece quella dell'occhio di Bunuel), in un mondo che poteva essere raccontato in tanti modi fuorchè questo, il mondo di Von Trier. Come accade nel film alla moglie, Von Trier è il nemico di se' stesso. E la violenza che fa verso se' stesso per liberarsi dai suoi mostri interiori diventa uno schiaffo dato in faccia al pubblico.
Che fatica amare un regista che ama essere odiato.
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meddows
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mercoledì 27 maggio 2009
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chi è l'anticristo? a pensarci bene... è lars!
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L'Anticristo di Lars è un'opera intensa e molto formale, che fa della narrazione piuttosto che del narrato il suo punto di forza. Il prologo che apre il film è la dichiarazione d'intenti dell'autore: l'attenzione è tutta sulla forma, sulla scelte di regia che se da una parte rimandano al primo von Trier, dall'altra sembrano rinnegare tutto ciò che il regista danese ha realizzato negli ultimi tempi. La fotografia livida e ricercatissima, le riprese a rallentatore, la scelta di precisissimi dettagli piuttosto che la (solo apparente) scarna casualità del Dogma, tutto questo sparisce davanti ad una ricercatissima scelta di stile che è anche un atto d'amore ad un certo cinema europeo (il film è dedicato a Tarkovsky).
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L'Anticristo di Lars è un'opera intensa e molto formale, che fa della narrazione piuttosto che del narrato il suo punto di forza. Il prologo che apre il film è la dichiarazione d'intenti dell'autore: l'attenzione è tutta sulla forma, sulla scelte di regia che se da una parte rimandano al primo von Trier, dall'altra sembrano rinnegare tutto ciò che il regista danese ha realizzato negli ultimi tempi. La fotografia livida e ricercatissima, le riprese a rallentatore, la scelta di precisissimi dettagli piuttosto che la (solo apparente) scarna casualità del Dogma, tutto questo sparisce davanti ad una ricercatissima scelta di stile che è anche un atto d'amore ad un certo cinema europeo (il film è dedicato a Tarkovsky). Fra l'altro non è neanche il caso di banalizzare la trama che ai più è sembrato solo un pretesto: alla storia, invece, proprio perché infrange una costante di von Trier (la donna succube e martire è qui ritratta spietata e colpevole) bisogna dedicare più di una riflessione, perché se è vero che il complesso impianto teorico sembra non risolversi del tutto, è altrettanto vero che al termine Anticristo che fa da titolo bisognerà pur trovare un senso. Se al pubblico di Cannes è saltato in testa l'immediata risposta religiosa e provocatoria della pellicola (se il creato è frutto di Dio ed è il creato a proporsi come incarnazione del male, ne consegue che la natura perversa mostrata nel film è l'Anticristo e dunque il male nasce in nuce nel bene), a me piace pensare che von Trier abbia voluto ancora una volta giocare con la sua smisurata ego e se è vero che è difficoltoso riconoscere in questo film la cifra stilistica a cui l'autore ci aveva abituati, mi vien da pensare che l'Anticristo sia il film stesso nel porsi come anti-von Trier, cioè come negazione, glorificazione ma soprattutto superamento di una carriera, un atto coraggioso e necessario per un uomo travolto dalla depressione e bisognoso di nuovo slancio. Alla fine, l'estrema formalità, l'uso del digitale, gli effetti speciali, l'astrazione totale dal mondo (i protagonisti non hanno nome e si muovono per lo più in un bosco chiamato Eden!) sono tutti segnali che qualcosa è cambiato, che l'antiLars si è manifestato.
Se il nuovo percorso è irreversibile ce lo dirà solo il tempo. Nel frattempo, vale assolutamente la pena vedere questo film che potrebbe essere un nuovo modo di fare horror, atipico e classico insieme (gli espedienti del genere ci sono tutti), affermazione e negazione al tempo stesso. Proprio come la definizione Anticristo: positivo e negativo insieme. Una favola, certo, ma non dimentichiamoci con quale regista abbiamo a che fare.
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(di arielmusico)
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