Non un film, un'esperienza. E come tale, difficilmente valutabile.
Il mestiere e la tecnica sono innegabili, bastano pochi minuti in un bianco e nero rallentatissimo (scommettiamo che farà scuola?), o le atmosfere, o i quadri distorti e vibranti. Ma, come detto, non si tratta di un semplice film, e queste cose non sono che un contorno di tecnica che potrebbe sfiorare il manierismo. Poi c'è la Storia, o la Non Storia, a discrezione dello spettatore. Tornano i capitoli (un predecessore su tutti, Dogville), gradini di una ripida scala verso la profondità del male. Ho visto ogni genere di film, anche il più estremo, ma quel pianto nella foresta, quel dolore di Natura che si propaga intorno alla donna, quello è stato qualcosa di mai visto. E la ricerca del sublime o dell'immondo (perché di questo si tratta, a conti fatti) non può e non deve lasciare indifferenti. Personalmente sono stanco di sentir parlare di pornografia. Qui c'è il Mostrato, oltre ogni limite, è vero, ma mai gratuitamente, mai per una mera provocazione. Per questo Von Trier rischia di sfiorare il ridicolo: ci mette davanti a qualcosa di difficilmente affrontabile, in ogni senso e con ogni senso, e in prima fila rifiutiamo con una risatina o un'espressione disgustata quanto ci viene (imposto?) mostrato.
Che coraggio, mi dico. Sì, stiamo parlando di un regista famosissimo, che "può fare quello che vuole", quindi forse coraggio non è il termine giusto... Ma come altro definire questa autopsia di sentimenti, questo sanguinoso scavare nel Mai Detto, in una dimensione che terrorizza perché è quella dei sogni (e degli incubi), in cui il Male respira, gli animali parlano, non esiste Morte, solo dolore.
Mi chiedo come possano aver affrontato una tale prova gli attori. Come calarsi in un tale oblio... ma soprattutto come tirarsene fuori? Che prova straordinaria e assolutamente sottovalutata per entrambi. La verità è che il limite della recitazione è stato spostato un po' oltre, e sono queste le cose che scrivono la Storia del Cinema. Ben vengano le polemiche, il disgusto, e quant'altro. Von Trier è un regista arrogante ed elitario, un Artista decadente a cui non siamo più abituati, un Personaggio, lui stesso, prima dei suoi attori: e mi chiedo quanto ci sia, di lui, in quell'uiltima scena sulla collina, tra le donne senza volto.
Paradossalmente, in un film a tratti puramente simbolista, sono proprio i simboli a funzionare meno, perché troppo insistiti, ripetuti, involontariamente ironici (il corvo nelle tana della volpe). E la Carne, quella straziata, quella penetrata e posseduta e mutilata, quella mischiata alle radici e al muschio, regna. Come il caos.
Onore al merito di riuscire a scuotere un pubblico, oggi. E non solo con il facile potere dello scandalo. Con la ricerca, la sperimentazione. Il dolore: quello interpretato e quello reale, di cui l'opera è parto legittimo.
Ancora, per favore.
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