lucy may
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domenica 29 ottobre 2006
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uno dei più bei film degli ultimi anni
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Film con tutti gli ingredienti giusti per restare nella storia del cinema. Azione, suspense, anche un briciolo di humor pur se nero e soprattutto un cast stellare in cui giganteggia su tutti uno dei più grandi attori di tutti i tempi: Jack Nicholson. Semplicemente immenso! Non che non lo sapessimo già ma un film che può vantare la sua presenza brilla già solo per questo. Bravissimo anche Leo Di Caprio, che del bambino conserva solo l'eterna faccia ma come attore è cresciuto molto e si vede. Passando alla trama, non approvo molto la scelta del sottotitolo del film "il bene e il male" che in qualche modo divide queste due entità, che invece sembrano fondersi tra loro talmente bene che alla fine è difficile immaginarle scisse come il titolo suggerirebbe.
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Film con tutti gli ingredienti giusti per restare nella storia del cinema. Azione, suspense, anche un briciolo di humor pur se nero e soprattutto un cast stellare in cui giganteggia su tutti uno dei più grandi attori di tutti i tempi: Jack Nicholson. Semplicemente immenso! Non che non lo sapessimo già ma un film che può vantare la sua presenza brilla già solo per questo. Bravissimo anche Leo Di Caprio, che del bambino conserva solo l'eterna faccia ma come attore è cresciuto molto e si vede. Passando alla trama, non approvo molto la scelta del sottotitolo del film "il bene e il male" che in qualche modo divide queste due entità, che invece sembrano fondersi tra loro talmente bene che alla fine è difficile immaginarle scisse come il titolo suggerirebbe. Piuttosto il vero protagonista del film pare proprio essere il tema del doppio, a cominciare dalle due figure speculari di Billy (Di Caprio) e Colin (Damon) che forse non a caso si somigliano anche fisicamente e sembrano vivere l'uno la vita dell'altro incrociandosi in più momenti. Fanno il corso per entrare in polizia insieme e già all'inizio si incontrano in sala d'attesa, senza notarsi, ma il simbolismo della scena posta volutamente all'inizio è evidente man mano che il film prende corpo. Al termine del corso Colin passa brillantemente la selezione mentre per Billy, che ha alle spalle una famiglia praticamente inesistente e con un passato nella delinquenza di Boston, pare non esserci speranza. Ma se il primo viene assunto con tutti gli onori e il secondo apparentemente sbattuto fuori dalla polizia, la realtà è ben diversa: sono entrambi delle talpe. Colin è la talpa del boss Frank Costello all'interno della polizia di stato, Billy diventa la talpa della polizia nella banda di Costello. I due usano gli stessi trucchetti, si guardano le spalle allo stesso modo, si inseguono e quasi si prendono decine di volte e, senza saperlo, amano la stessa affascinante psicologa col volto di Vera Farmiga. Come al solito è Colin il fidanzato 'ufficiale' (così come è il poliziotto 'ufficiale') mentre Billy diventa il suo amante di una notte. Ma il vero colpo di scena è la scoperta da parte di Billy che Costello potrebbe non essere un semplice boss mafioso ma essere a sua volta una talpa, ovvero un prezioso informatore dell'FBI. La scoperta, che alla fine troverà la sua conferma, rimette in gioco tutti i ruoli. Costello non era dunque "il male" assoluto ma una sorta di angelo con la maschera da diavolo che uccide e traffica droga ma che ha forti contatti con "il bene" rappresentato dall'FBI (Fantastica e significativa la scena in cui il geniale Nicholson si mette in fila dietro degli angioletti sotto lo sguardo delle due forze del 'bene' che gli danno la caccia). Colin, che si era sempre considerato come un figlio per Costello, finisce dunque per tradirlo e infine ammazzarlo di suo proprio pugno. Billy invece si ritrova suo malgrado a tentare di salvare invano Costello esattamente come aveva fatto per il suo superiore Martin Sheen (anche nella riproposizione della stessa scena prima con 'il bene' Sheen e poi con 'il male' Nicholson ritorna il tema delle figure speculari). Il finale un po' alla Tarantino è una specie di livella tra il bene e il male. Tutti i protagonisti finiscono ammazzati e il loro fato di 'doppi' si compie nella morte. Ma c'è anche spazio per una nuova vita: il figlio che l'affascinante psicologa porta in grembo. Ma sarà di Colin o di Billy? Non lo scopriremo mai e forse neanche lei.
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alessio biancucci
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sabato 4 novembre 2006
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quando scorsese ti rimane addosso
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L'ambiguità, la doppiezza. L'assillo di una società che non contempla coerenza o trasparenza. Nessuno può fidarsi di nessuno. Né tra le guardie, né tra i ladri. Ed è per questo che non appare sempre nitida e perentoria la distinzione tra buoni e cattivi. Soltanto il finale suggerisce un brivido di speranza che però stenta ad essere coinvolgente. Anche perché doveva finire sull'ascensore, questo imperdibile The Departed. Invece Scorsese decide di rassicurare il pubblico americano e in fondo anche se stesso, lasciando morire il cattivo in una sequenza talmente asettica da essere percepita come aliena dal resto del film. Un film comunque molto ispirato, in cui Scorsese decide che è il momento di lavorare sul cinema.
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L'ambiguità, la doppiezza. L'assillo di una società che non contempla coerenza o trasparenza. Nessuno può fidarsi di nessuno. Né tra le guardie, né tra i ladri. Ed è per questo che non appare sempre nitida e perentoria la distinzione tra buoni e cattivi. Soltanto il finale suggerisce un brivido di speranza che però stenta ad essere coinvolgente. Anche perché doveva finire sull'ascensore, questo imperdibile The Departed. Invece Scorsese decide di rassicurare il pubblico americano e in fondo anche se stesso, lasciando morire il cattivo in una sequenza talmente asettica da essere percepita come aliena dal resto del film. Un film comunque molto ispirato, in cui Scorsese decide che è il momento di lavorare sul cinema. Sul linguaggio cinematografico. Piani sequenza avvolgenti, movimenti di macchina impeccabili, soprattutto quando la gru offre il suo indelebile punto di vista sulla realtà. Scelte stilistiche di una qualità che raramente si vede in giro. La colonna sonora non la smette di arricchire la narrazione. Ma anche i dialoghi sono venerabili, incalzanti, puntualmente cuciti addosso ad un cast faraonico. A tal proposito, è vero che Matt Damon è forse il meno brillante, ma anche su Di Caprio bisogna essere chiari: il fatto che qui sia al suo apice d'intensità non significa certo avere di fronte un altro Al Pacino. Jack Nicholson è insuperabile anche quando rischia di tracimare, mentre tutti gli altri, a partire da Martin Sheen, garantiscono un pathos piacevolmente pervasivo.
Il fatto che i due protagonisti condividano la stessa psicanalista (più sul letto che sul lettino) può sembrare una forzatura, utile ad abbassare il ritmo quando si deve procedere in levare, ma comunque risolta con maestria nell'ultima parte. D'altronde in questi casi la semiotica è determinante per lo sceneggiatore: il film è scritto benissimo, nonostante talvolta si rischi il deragliamento per sovraccarico.
Ma quando esci dal cinema e senti che la pellicola ti è rimasta addosso significa che l'arte ha sognato la sua opera.
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marco
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giovedì 15 febbraio 2007
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i defunti
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The Departed ovvero i defunti. E' questo l'universo che descrive Martin Scorsese, quello di persone che hanno di fronte una strada con solo due vie d'uscita: morte interiore ovvero la perdita della propria identità e del proprio posto nel mondo o la morte fisica, una morte che sicuramente non sarà dolce e indolore, addormentandosi nel proprio letto.
Bill Costigan e Colin Sullivan si muovono entrambi all'interno della vicenda mossi da forti motivazioni: il primo vuole riscattare l'immagine di sè e della propria famiglia, nota negli ambienti della mala di Boston, il secondo è spinto da arrivismo sociale e da forti ambizioni. Entrambi per buona parte della propria vita hanno mostrato due diverse facce di sè stessi e nel momento in cui i loro destini finiranno con l'incrociarsi questo trasformismo, questa mimetizzazione diventeranno ancora più latenti e pericolosi.
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The Departed ovvero i defunti. E' questo l'universo che descrive Martin Scorsese, quello di persone che hanno di fronte una strada con solo due vie d'uscita: morte interiore ovvero la perdita della propria identità e del proprio posto nel mondo o la morte fisica, una morte che sicuramente non sarà dolce e indolore, addormentandosi nel proprio letto.
Bill Costigan e Colin Sullivan si muovono entrambi all'interno della vicenda mossi da forti motivazioni: il primo vuole riscattare l'immagine di sè e della propria famiglia, nota negli ambienti della mala di Boston, il secondo è spinto da arrivismo sociale e da forti ambizioni. Entrambi per buona parte della propria vita hanno mostrato due diverse facce di sè stessi e nel momento in cui i loro destini finiranno con l'incrociarsi questo trasformismo, questa mimetizzazione diventeranno ancora più latenti e pericolosi. Il bene e il male, quel sottilissimo confine tra i due opposti manichei, che viene continuamente superato, finendo spesso per fonderli l'uno nell'altro. La dicotomia tra verità e menzogna, la consapevolezza che quasi mai la prima ha la meglio sulla seconda ("Devo solo mentire. E' quello che so fare meglio" dice ad un certo punto Colin) e che il tradimento è sempre dietro l'angolo anche da parte di chi non avremmo mai sospettato. Nella società in cui più di tutto è importante apparire nulla è quello che sembra e tutti hanno qualche cosa da nascondere. Certo, saranno tematiche affrontate milioni di volte, ma raramente con tanta grandezza, con tanta maestria narrativa e stilistica. Il personaggio di Di Caprio è esemplare di chi ha perso la propria identità e non si può fidare ormai più di nessuno, se non di una psichiatra conosciuta da poco, ancora una volta rimando a come sia più facile fidarsi degli estranei che non di chi ci circonda e ci conosce. L'unico valore realmente vivo e palpabile è quello dell'individualismo, con perdita di un centro nevralgico, tanto più che entrambi i protagonisti sono senza famiglia, uno degli elementi che invece sono stati sempre tanto a cuore a Scorsese. In questo caso sia Billy che Colin si devono accontentare di due figure di ripiego, di due padri putativi (Sheen per Di Caprio e Nicholson per Damon) da amare e da odiare, intercambiali per necessità. Questo non fa altro che aumentare la solitudine e quell'aura tragica che le due "talpe" si portano appresso e che caratterizzera tutte le loro azioni e i relativi momenti di cedimento.
Non siamo in presenza del montaggio frenetico e della fiumana musicale di "Goodfellas", manca il gigantismo iconografico di "Casinò", l'ambientazione non è quella cara della New York italo americana, ma questi sono tutti elementi a favore di Scorsese che mostra così la sua straordinaria duttilità e capacità di reinvatare ed adattarsi. Un impianto stilistico forse più classico e canonico rispetto ad altri lavori, ma comunque ricco di scorsesismi di prim'ordine: zoom a schiaffo, movimenti di macchina mai banali, nè tanto meno gratuiti, grandi scene d'azione e citazionismo cinematografico.(dall'apertura o chiusura ad iride di alcune sequenze alla presenza delle X che annunciano la morte come in Scarface di Hawks) Tensione che non cala mai e raggiunge vette altissime soprattutto nel confronto Nicholson-Di Caprio al tavolo del bar, una seconda parte di film veramente monumentale, con scene stupende e di impressionante impatto fino a convergere in un finale secco, freddo e spietato e inevitabile.
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lunedì 30 ottobre 2006
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un ultimo istante di paradiso
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Una cupola dorata nel riquadro di una finestra, il cielo chiaro, e un topo di fogna: nell’action movie di Scorsese non c’è altro, è tutta lì nella ripugnante bestiola, nella sacralità dell’imponente edificio e nell’orizzonte luminoso a portata di sguardo l’anima tormentata di The departed, ispirato all’hongkonghese Infernal Affair. Il lungometraggio racconta appunto di affari infernali o meglio dell’inattuabilità di un qualsiasi paradiso su questa terra: il ratto rosicchia quello che trova nella chiavica, libertà, purezza e felicità si possono solo immaginare guardando la lucentezza del mattino dai vetri. The departed mette in scena non individui ma un intrecciarsi di destini speculari e tragicamente coincidenti nella sconfitta sentimentale e nel subire le beffe della sorte: Costigan( un Di Caprio giunto a piena maturità espressiva) e Sullivan vengono da Southie, i quartieri malfamati di Boston, e la via obbligata per uscirne è diventare “talpe”, il primo al servizio della polizia, il secondo, personaggio più sfuggente, a quello del malaffare .
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Una cupola dorata nel riquadro di una finestra, il cielo chiaro, e un topo di fogna: nell’action movie di Scorsese non c’è altro, è tutta lì nella ripugnante bestiola, nella sacralità dell’imponente edificio e nell’orizzonte luminoso a portata di sguardo l’anima tormentata di The departed, ispirato all’hongkonghese Infernal Affair. Il lungometraggio racconta appunto di affari infernali o meglio dell’inattuabilità di un qualsiasi paradiso su questa terra: il ratto rosicchia quello che trova nella chiavica, libertà, purezza e felicità si possono solo immaginare guardando la lucentezza del mattino dai vetri. The departed mette in scena non individui ma un intrecciarsi di destini speculari e tragicamente coincidenti nella sconfitta sentimentale e nel subire le beffe della sorte: Costigan( un Di Caprio giunto a piena maturità espressiva) e Sullivan vengono da Southie, i quartieri malfamati di Boston, e la via obbligata per uscirne è diventare “talpe”, il primo al servizio della polizia, il secondo, personaggio più sfuggente, a quello del malaffare . Ma la voce del bene non ha vigore nella città degli uomini, chi in essa fa le veci della divinità, la Chiesa, è inquinata dalla pedofilia dei sacerdoti: se un Dio esiste è nella scintilla del libero arbitrio, nella ricerca di un’identità di essere umano e nella forza di difenderla, per quanto invano, negli abissi metropolitani. L’intelligenza del male ha dato forma al mondo, ed è lui a portare il peso della corona: all’inizio della pellicola Nicholson/Costello, affiora in controluce dalla penombra, quasi a evidenziare una funzione di demiurgo; egli dirà, citando Lennon, di saper trasformare un braccio mozzato in qualsiasi altra cosa e plasmare il prossimo. Ed è la saldezza stilistica ed etica nell’esprimere l’epopea tragica di un universo allucinante, in cui alla perversione gratuita trionfante si oppone ciò che sopravvive di umanità e coraggio, a fare di The departed un capolavoro, se con tale termine si intende un’opera capace di trasfondere nell’attualità e nella singolarità di una vicenda l’universalità: l’azione così è metafora e la metafora è azione e il dramma delle due reclute è quello eterno del conflitto fra volontà e necessità, fra ciò che si è e ciò che si vorrebbe o dovrebbe essere; l’infiltrato è chiunque sia costretto a mimetizzarsi in un ambiente estraneo e il talento di Scorsese in tal modo dà voce alle tensioni da sempre latenti o palesi fra aspirazione dei singoli e costrizioni sociali, fra Antigone e Creonte, ovvero fra imperativo interiore e legge dello Stato o del tiranno criminale. Eppure se l’inferno è padrone delle esistenze, Dio nell’ultimo gesto concede un istante di paradiso: forse al di là del pentimento, perdona persino il satana Costello di avergli rubato il mondo.
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(di deluso)
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(di ciro)
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mikelangelo
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martedì 18 marzo 2008
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quando il male non significa ignoranza del bene
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Finalmente, dopo più tempo del previsto, Martin Scorsese conquista il tanto atteso premio Oscar, con un film che è a tutti gli effetti uno sfogo, un fuck you a tutti quei critici che lo hanno snobbato per tutto questo tempo. The Departed è una macchina perfetta. Montaggio stupefacente, fluidità narrativa straordinaria e regia dall’ineccepibile virtuosismo tecnico sono i maggiori punti di forza di questo film. I due protagonisti sono le facce diametralmente opposte della stessa medaglia: Colin Sullivan (un bravo Matt Damon), criminale che con le sue brillanti capacità arriva ai vertici dell’unità investigativa speciale con lo scopo di passare informazione al boss Frank Costello (interpretato da un istrionico Jack Nicholson), e Billy Costigan (uno straordinario Leonardo Di Caprio), uomo dal passato difficile e terribile, che tenta il riscatto cercando di arruolarsi nelle forze che tentano di espiare la malavita dalla città.
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Finalmente, dopo più tempo del previsto, Martin Scorsese conquista il tanto atteso premio Oscar, con un film che è a tutti gli effetti uno sfogo, un fuck you a tutti quei critici che lo hanno snobbato per tutto questo tempo. The Departed è una macchina perfetta. Montaggio stupefacente, fluidità narrativa straordinaria e regia dall’ineccepibile virtuosismo tecnico sono i maggiori punti di forza di questo film. I due protagonisti sono le facce diametralmente opposte della stessa medaglia: Colin Sullivan (un bravo Matt Damon), criminale che con le sue brillanti capacità arriva ai vertici dell’unità investigativa speciale con lo scopo di passare informazione al boss Frank Costello (interpretato da un istrionico Jack Nicholson), e Billy Costigan (uno straordinario Leonardo Di Caprio), uomo dal passato difficile e terribile, che tenta il riscatto cercando di arruolarsi nelle forze che tentano di espiare la malavita dalla città. Purtroppo, Billy non è aiutato dal suo temperamento e dall’origine malavitosa della sua famiglia, così, il suo unico modo per entrare a far parte della polizia, è quello di fare da talpa ai danni del boss Costello. Entrambi i protagonisti saranno costretti a condurre una doppia vita, ma quando gangster e poliziotti si renderanno conto che al loro interno c’è una talpa, Colin e Billy saranno costretti a darsi la caccia a vicenda, in un crescendo di tensione che con il passare del tempo diventa sempre più insostenibile, fino ad arrivare alla catastrofe finale, molto simile nei tempi e nei modi a quella di una tragedia Shakespeariana. Memorabile la scena in cui Billy Costigan si trova nello studio di una psicologa (interpretata dalla bella e brava Vera Farmiga) a descrivere la sua situazione sull’orlo della follia, e nello stesso tempo, grazie ad un montaggio alternato, lo vediamo impegnato con un altro criminale ad uccidere un uomo che tenta disperatamente di difendersi con un giocattolo. Sicuramente, questo è uno dei film più cupi e disperati di Scorsese, la morte incombe sempre nelle maniere più violente, non c’è speranza nelle azioni dei protagonisti, tutti sono condannati al proprio ruolo (e alla propria maschera), non hanno alcuna possibilità di uscire dall’abisso di violenza in cui si sono trascinati con le loro stesse mani. Non vi è una strada intermedia. Il Bene è nettamente diviso dal Male. Tuttavia, il Male, non è da intendere nel senso socratico del termine (ignoranza del bene), ma semplicemente come forza negativa che regna sovrana su tutto e su tutti, che non dà alcuna possibilità di riscatto, che annienta e rende labile ogni cosa. Frank Costello rappresenta il Male nella sua essenza, nella sua spasmodica ricerca per trovare una strada che porti all’annichilimento del Bene, quest’ultimo relegato ad un ruolo secondario, quasi marginale, fino all’ultima scena, dove riconquista il sopravvento ristabilendo l’ordine. Giustizia divina? Forse. Sicuramente una goccia di speranza.
4 premi Oscar: film, regia, sceneggiatura non originale e montaggio. Oltre a 40 premi raggranellati nei vari festival cinematografici.
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turi catania
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domenica 5 novembre 2006
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vite parallele al di là del bene e del male?
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Spettacolo superlativo e imperdibile: incessanti emozioni sgorgano ininterrottmente da immagini e atmosfere magistralmente costruite e da personaggi superbamente interpretati, i tre indimenticabili protagonisti, e fra essi certamente il maestososo e luciferino Nicolson, varcheranno le soglie dell'olimpo cinematografico, precedututi dal loro mentore, Martin Scorsese assiso definitivamente fra i grandi registi del tempo.
La "finzione" narrativa è di estrema ambizione per le implicazioni simboliche che vuole lumeggiare: attreverso la Talpa - piccolo animale che per sopravvivere scava e si nutre di vermi! - Scorsese sembra volerci dire, contro facili e banali manicheismi fra bene e male, che questi due primari protagonisti della vita collettiva e individuale, della Polis e del Cives, non abitano nelle sponde opposte del fiume, l'uno immemore dell'altro, anzi contro l'altro armato, tutt'altro! Ognuno è un inestricabile intreccio di opposte pulsioni e tensioni: si vive in un intercambiabile ruolo ora di vittima ora di carnefice, di se stesso non meno, a volte, che degli altri.
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Spettacolo superlativo e imperdibile: incessanti emozioni sgorgano ininterrottmente da immagini e atmosfere magistralmente costruite e da personaggi superbamente interpretati, i tre indimenticabili protagonisti, e fra essi certamente il maestososo e luciferino Nicolson, varcheranno le soglie dell'olimpo cinematografico, precedututi dal loro mentore, Martin Scorsese assiso definitivamente fra i grandi registi del tempo.
La "finzione" narrativa è di estrema ambizione per le implicazioni simboliche che vuole lumeggiare: attreverso la Talpa - piccolo animale che per sopravvivere scava e si nutre di vermi! - Scorsese sembra volerci dire, contro facili e banali manicheismi fra bene e male, che questi due primari protagonisti della vita collettiva e individuale, della Polis e del Cives, non abitano nelle sponde opposte del fiume, l'uno immemore dell'altro, anzi contro l'altro armato, tutt'altro! Ognuno è un inestricabile intreccio di opposte pulsioni e tensioni: si vive in un intercambiabile ruolo ora di vittima ora di carnefice, di se stesso non meno, a volte, che degli altri.
Mi appartiene e mi consola questa illuministica visione delle vita e degli uomini, questo spettacolare monito contro i pre-giudzi fra i buoni e i cattivi: i primi non lo sono sempre e comunque i secondi non sono definitivamnte tali. Meno consolante, ma purtroppo concreta e vera, l'idea che gli uomini o la sorte non operino sottili distinguo, ed emettono la stessa eguale condanna di morte per i giusti e gli ingiusti (rectius:per coloro che hanno cercato di far prevalere il bene, rispetto a chi è stato maggiormente o definitivamnete soggiogato dal male).
Il male trionfa, non il bene, e nella sua forma peggiore, nell'atto di vendetta privata, che chiude ingloriosamente il film: la civiltà costruita sul monopolio della forza statuale, per quanto imperfetta e talvolta censurabile fino all'esecrazione, è tuttavia preferiibile all'inciviltà rozza e e oscurantista del farsi "giustizia" da sè, salvo il naturale e incoercibile diritto di difesa legittima contro un attacco ingiusto e attuale.
Infine, se non ci seducono i luccichii delle cupole dorate, chè, anzi vivificano e sollecitano la sensibilità critica contro le false apparenze e le vanità del mondo, con maggior forza vorremmo uccidere, e con noi crediamo anche l'eccellente Scorsese, tutti gli immondi topi, che dentro e fuori di noi, vorrebbero rodere la nostra umanissima capacità di amare e di volere bene, e senza distinzioni, l'Altro.
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[+] povero scorsese
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(di felix)
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(di paolo)
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(di roberto)
[ - ] beh...mi sembra in pò retorica la tua recensione
[+] l'illusione del dualismo tra bene e male
(di mr. distopia)
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danilodac
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venerdì 26 marzo 2010
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the departed- l'assenza del bene
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Indissolubilmente legato ad una propria idea di cinema, Scorsese arriva al suo 23° lungometraggio rimanendo coerente a sé stesso.
Attraverso una sceneggiatura che potrebbe far invidia persino a Raymond Chandler (Il grande sonno), tratta dal film giapponese “Infernail Affairs”, il film assume tuttavia un’identità narrativa semplice, lineare, scorrevole.
La storia di Sullivan (Matt Damon), infiltrato della mafia nella polizia di Stato, e quella di William Costigan (L. Di Caprio), poliziotto con la missione di intrufolarsi nella banda criminale di Frank Costello (Jack Nicholson), risulta indispensabile a Scorsese per potersi addentrare in quel complesso groviglio di significati che il sottotitolo italiano lascia intravedere.
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Indissolubilmente legato ad una propria idea di cinema, Scorsese arriva al suo 23° lungometraggio rimanendo coerente a sé stesso.
Attraverso una sceneggiatura che potrebbe far invidia persino a Raymond Chandler (Il grande sonno), tratta dal film giapponese “Infernail Affairs”, il film assume tuttavia un’identità narrativa semplice, lineare, scorrevole.
La storia di Sullivan (Matt Damon), infiltrato della mafia nella polizia di Stato, e quella di William Costigan (L. Di Caprio), poliziotto con la missione di intrufolarsi nella banda criminale di Frank Costello (Jack Nicholson), risulta indispensabile a Scorsese per potersi addentrare in quel complesso groviglio di significati che il sottotitolo italiano lascia intravedere.
A differenza degli altri suoi film ambientati nel mondo della malavita, legati ad una scelta stilistico-narrativa esemplare nel cercare di trasformare la descrizione in una vera e propria chiave di lettura del film, l’ultima pellicola del regista americano ha un punto di forza: una dimensione etica. Nel suo travagliato “vagabondaggio” morale W. Costigan si trova davanti ad un bivio: poliziotto o criminale? La risposta sta in una frase pronunciata da Costello nell’abbagliante e trascinante prologo del film: “Quando hai davanti una pistola carica, qual è la differenza?
Attraverso un’impietosa analisi della (a)moralità umana, Scorsese punta i riflettori sulla poetica dei contrasti e degli scambi, in cui l’unico punto fisso è l’assenza del bene.
Collocandosi all’interno del genere poliziesco, è qualcosa di più: è una sfilata di personaggi travolti dalla virulenza del male. In un universo comandato da Costello, quasi tutti soccombono alla perfida realtà della vita; qualsiasi strada ognuno scelga è sbagliata.
Velato da un atroce e turbante pessimismo, ha una carta vincente: la messa in scena. La sceneggiatura è superbamente organizzata, ma le sue maggiori qualità sono altre: magistrale direzione degli interpreti, atmosfera e una secca e concisa lucidità di sguardo. E’ il raro caso di un film d’autore perfettamente allineato con la migliore tradizione del cinema hollywoodiano. Scorsese è sì un narratore di razza, ma contemporaneamente anche un energico visionario della realtà.
Dramma gangsteristico o tragedia morale? Forse tutti e due.
Tra momenti di lucido realismo alternati a passaggi di forte tensione lirica, si arriva ad un finale pessimistico ma giusto. Anche se la “giustizia non è di questo mondo”, “The departed” ne ha una tutta per sé.
Attraverso una tipica recitazione da Actor’s Studio, L. Di Caprio offre una performance così ricca di sfumature recitative e psicologiche da tenere testa persino all’intramontabile Nicholson. Da notare soprattutto il fascino figurativo della pellicola, dovuto in gran parte a due abituali e fedeli collaboratori di Scorsese: la fotografia di Michael Ballhaus e il montaggio della veterana e pluripremiata Thelma Schoonmaker.
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g. romagna
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lunedì 16 agosto 2010
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the departed
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Boston. Billy Costigan (DiCaprio) e Colin Sullivan (Damon) si arruolano nella polizia. Il primo ha origini familiari che affondano, per via paterna, nella delinquenza, il secondo è un brillante laureando in legge. Quest'ultimo viene subito nominato sergente a capo della squadra anticrimine con il compito di indagare sul potente mafioso locale Frank Costello (Nicholson). Costigan viene invece malvisto dai dirigenti per via delle sue origini; tuttavia, sfruttando proprio queste, essi riusciranno a riciclarlo: dovrà riuscire a lavorare come socio di Costello fungendo da infiltrato della polizia. Anche il mafioso ha un intruso nelle forze armate: si tratta proprio di Sullivan. Mentre Costigan rischia la propria vita per incastrare Costello e riuscendo a sviare tutti i sospetti sulla propria condizione di talpa, Sullivan insabbia tutto dal vertice.
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Boston. Billy Costigan (DiCaprio) e Colin Sullivan (Damon) si arruolano nella polizia. Il primo ha origini familiari che affondano, per via paterna, nella delinquenza, il secondo è un brillante laureando in legge. Quest'ultimo viene subito nominato sergente a capo della squadra anticrimine con il compito di indagare sul potente mafioso locale Frank Costello (Nicholson). Costigan viene invece malvisto dai dirigenti per via delle sue origini; tuttavia, sfruttando proprio queste, essi riusciranno a riciclarlo: dovrà riuscire a lavorare come socio di Costello fungendo da infiltrato della polizia. Anche il mafioso ha un intruso nelle forze armate: si tratta proprio di Sullivan. Mentre Costigan rischia la propria vita per incastrare Costello e riuscendo a sviare tutti i sospetti sulla propria condizione di talpa, Sullivan insabbia tutto dal vertice. Ma Sullivan non sa che Costigan è la talpa. Anche nella polizia emerge la voce che ci sia un infiltrato in divisa, e Sullivan, per sviare qualsiasi sospetto e scoprire a sua volta l'infiltrato tra i malavitosi, mette a pedinare il capitano Queenan quando sta per incontrarsi con lui. Il capitano finisce ucciso dagli uomini di Costello, Costigan la scampa. Sullivan entra in possesso dei documenti di Queenan, e scopre che si pensa che Costello sia in realtà un informatore dell'FBI da loro protetto. A questo punto, temendo per la propria incolumità, lo incastra e lo uccide in una retata. Portato in trionfo, propone una medaglia al merito per Costigan, il quale però viene casualmente in possesso di un foglio che prova che Sullivan era la talpa del mafioso... Un susseguirsi di colpi di scena a non finire per 140 minuti di azione e coinvolgimento al cardiopalma. Una vicenda emozionante e ben sviluppata come poche altre ed in cui a dominare è il tema del rovesciamento radicale della realtà che appare e dei comuni schemi logici della società borghese, stavolta però (contrariamente a Shutter Island) in maniera palese ed esplicita sin dalle prime fasi della pellicola. Cast straordinario con un DiCaprio sempre più bravo ed un Nicholson che, seppur perduto in buona parte lo smalto di gioventù (qualcuno ha detto Shining o Cuculo?), si conferma carismatico e "riempi-schermo" come al solito. Non è la prima volta che Scorsese affronta il tema della malavita di stampo italico ed irlandese, ma mai con un'opera di così ampio respiro e con un intreccio così raffinato e carico di contorni polizieschi, per quanto decisamente sui generis. Uno dei capolavori assoluti dell'ultimo decennio, e probabilmente il miglior Scorsese di sempre.
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fedson
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lunedì 25 febbraio 2013
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il film del 2006
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Caposaldo scorseniano, nonché il miglior film del regista in assoluto! "The Departed" si presenta come un immenso cocktail di pura adrenalina registica, di elevatissima suspence e di una cruenta realtà che risiede nelle profonde viscere dei tre personaggi, separati quanto uniti in una caccia al topo senza pietà. Il primo: Billy Costigan (DiCaprio), un bravo ragazzo entrato nella polizia di Stato alle prese con un'operazione di spionaggio all'interno di una banda di criminali; il secondo, Colin Sullivan (Damon), un uomo brillante "educato" fin da bambino dal capo di questa banda, per la quale spierà gli affari della polizia; e il terzo, il legittimo boss (Nicholson) della malavita irlandese della città e capo della medesima banda.
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Caposaldo scorseniano, nonché il miglior film del regista in assoluto! "The Departed" si presenta come un immenso cocktail di pura adrenalina registica, di elevatissima suspence e di una cruenta realtà che risiede nelle profonde viscere dei tre personaggi, separati quanto uniti in una caccia al topo senza pietà. Il primo: Billy Costigan (DiCaprio), un bravo ragazzo entrato nella polizia di Stato alle prese con un'operazione di spionaggio all'interno di una banda di criminali; il secondo, Colin Sullivan (Damon), un uomo brillante "educato" fin da bambino dal capo di questa banda, per la quale spierà gli affari della polizia; e il terzo, il legittimo boss (Nicholson) della malavita irlandese della città e capo della medesima banda. Uno la talpa della polizia, l'altro la talpa della mala compagnia. Due vite distintissime in tutto e per tutto che andranno ad incontrarsi-scontrarsi in una battaglia psicologica all'ultimo sangue, capitanata dai loschi intenti del boss Frank Costello, bersagliato dalla polizia ma controllato dal suo protetto. Scorsese crea così un vero e proprio gioco da tavola cinematografico, dove sono le stesse pedine a lanciare i dadi e a fare la prima mossa: giusta o sbagliata, leale o fatale che sia, andando così a catturare completamente l'attenzione dello spettatore, facendolo immergere in un enigmatico e pericoloso gioco fatto di piccoli ed impercettibili dettagli. Dettagli, che il giocatore stesso trova impossibile scavalcare o evitare, in quanto viene interamentre rapito dall'affascinante intreccio psicologico che andrà a crearsi già dopo i primi dieci minuti di pellicola. Ma non è solo il movente psicologico a rendere il gioco di Scorsese indiscutibile ed accattivante: sono anche i personaggi, dotati di un profilo psichico così reale e mai eccessivo, a farla da padrone. Personaggi, uno più riuscito dell'altro, impossibile da non amare: Billy Costigan, dal carattere irascibile e dotato di un coraggio che lo disegna con la figura di un leone; Colin Sullivan, furbo, intelligente e dall'indole calma e riflessiva; il capitano Queenan, onesto e protettivo come un padre nei confronti di Billy; e a chiudere la fila c'è Francis "Frank" Costello, folle, aggressivo, potente, arricchito da una vena ironica tagliente. Figure, soprattutto, che vengono portate alla realtà da immense interpretazioni di attori dotatissimi alle prese con una durissima prova psicologica che faranno del film un successo assoluto. Successo, garantito anche da una regia dinamica, diretta e intelligente che prende le vesti di una sceneggiatura che vi farà mettere le mani nei capelli; il tutto incastonato da un montaggio di immagini incredibilmente d'effetto! Premiato con 4 Oscar e 1 Golden Globe! Insuperabile capolavoro di Martin Scorsese! Film da 10 e lode!
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danilodac
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martedì 21 dicembre 2010
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l'assenza del bene
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A Boston è guerra tra la malavita organizzata e la polizia di Stato. Billy Costigan (L. Di Caprio) viene scelto per infiltrarsi nella banda del boss Frank Costello (Jack Nicholson),. Nel frattempo, anche Costello decide di inserire un infiltrato all’interno della polizia. In un intreccio di doppie identità, ognuno dovrà trovare l’altro, all’insegna del labile confine tra bene e male.
E’, forse, il film più cupo, pessimista e disperato di Martin Scorsese. E’un eccellente poliziesco in cui conta soprattutto la sceneggiatura di William Monahan, tratta da quella di Infernal affairs (Honk Kong, 2002), dominata dalla poetica dei contrasti e degli scambi in cui, tematicamente, l’unica certezza è l’assenza del bene.
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A Boston è guerra tra la malavita organizzata e la polizia di Stato. Billy Costigan (L. Di Caprio) viene scelto per infiltrarsi nella banda del boss Frank Costello (Jack Nicholson),. Nel frattempo, anche Costello decide di inserire un infiltrato all’interno della polizia. In un intreccio di doppie identità, ognuno dovrà trovare l’altro, all’insegna del labile confine tra bene e male.
E’, forse, il film più cupo, pessimista e disperato di Martin Scorsese. E’un eccellente poliziesco in cui conta soprattutto la sceneggiatura di William Monahan, tratta da quella di Infernal affairs (Honk Kong, 2002), dominata dalla poetica dei contrasti e degli scambi in cui, tematicamente, l’unica certezza è l’assenza del bene. Si comincia con i primi dieci minuti pieni di adrenalina ed energia filmica, in cui lo spettatore viene travolto dal ritmo incredibilmente trascinante dell’azione. Il male fa parte del quotidiano a Boston, e si incarna nella figura di Frank Costello, boss della malavita organizzata che gestisce tutto con metodi feudali. Tutti i personaggi sono travolti dalla virulenza del male, bloccati in una strada senza uscita e destinati ad una morte violenta. Vi emergono molti temi scorsesiani: religione, violenza, (a)moralità; tutto confluisce all’interno di uno spietato ritratto sull’incoscienza umana, sull’impossibilità di uscire da un universo dominato dal male e dalla corruzione.
Ricco di bagliori e sequenze memorabili, è attraversato da fulminee sequenze di violenza. E’ un film perfetto: nei tempi, nei personaggi, nei dialoghi, nell’ambientazione, nell’interpretazione e nella messa in scena. Contiene in sé quella potenza visiva che unisce abilmente il genere cinematografico a cui appartiene con il talento visivo di un film d’autore.
E’ qualcosa di più di un ottimo poliziesco, la sua profondità lo fa emergere per virtù di stile. E’ un altro film del regista che, raccontando una normale storia di strada, la trasforma in una metafora sull’America e l’umanità in genere.
Un’ottima squadra di attori tra cui un calibrato L. Di Caprio che, in una delle sue migliori interpretazioni, tratteggia un personaggio attanagliato dal dolore. Un elogio anche all’intramontabile Nicholson.
Fotografia: Michael Ballhaus; montaggio: Thelma Schoonmaker.
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