Titolo originale | Harem suaré |
Anno | 1999 |
Genere | Storico |
Produzione | Italia, Francia, Turchia |
Durata | 106 minuti |
Regia di | Ferzan Ozpetek |
Attori | Valeria Golino, Marie Gillain, Alex Descas, Lucia Bosè, Malick Bowens, Christophe Aquillon Serra Yilmaz, Haluk Bilginer, Pelin Batu. |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 16 gennaio 2015
Siamo all'inizio del ventesimo secolo a Instabul. Mentre la rivoluzione imperversa il sultano a teatro assiste alla Traviata, e impone un lieto fine.
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CONSIGLIATO SÌ
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Primi anni Ventesimo secolo. Mentre fuori imperversano i moti dei Giovani Turchi, all'interno del palazzo Yldiz a Istanbul, la concubina Safiyé diventa favorita e poi moglie del sultano Abdulhamit II grazie alla complicità dell'eunuco Nadir, verso il quale nutre una ricambiata attrazione. Quando il parlamento turco deciderà di sciogliere l'harem e il sultano sarà mandato in esilio, Safiyé, di origine italiana, tornerà in patria a raccontare la sua storia.
Ancora a lavoro sul rapporto tra Oriente e Occidente dopo l'esordio di Il bagno turco, Ferzan Özpetek dirige un affresco complesso e inusuale, imperniato sul crollo dell'Impero Ottomano. Con l'aiuto della pregiata fotografia di Pasquale Mari e di una cornice scenografica di indiscutibile presa perché non di rado autentica, il regista turco naturalizzato italiano ha l'ambizione di ritrarre un intero mondo l'attimo prima del suo crollo così come di analizzare una realtà avvincente proprio perché in pieno disfacimento, scegliendo di far coincidere l'aspetto politico, sociale e emotivo della vicenda. Macchinosa nel funzionamento, la doppia cornice è soltanto una forzatura, retorica in più di un passo, spesso anche pesante, l'opera seconda di Özpetek sa essere anche appassionata, sensuale, gravida di una palpabile malinconia: si pensi ad alcune finezze nel rapporto tra Safiyé e Nadir, dapprima giocato sul non detto, sulle tensioni degli sguardi e poi su una tragica fisicità, oppure al discioglimento dell'harem inteso come metafora di un'intera epoca che sta per essere fagocitata dal progresso.
Melodramma storico di ispirazione (anche) verdiana, del resto si inizia con un'esibizione di Traviata con finale appositamente cambiato dalla stessa Safiyé ad uso del sultano, Harem Suare insegue un decadentismo di alta scuola che non riesce, tuttavia, a trovare né nella descrizione della vita dell'harem né nella sovrapposizione tra i diversi piani narrativi. In buona sostanza è come se il regista, ricorrendo all'espediente di non mostrare mai il nucleo reale di ciò che accade, invece di dare vita alla sperata vertigine, crei soltanto una confusione che respinge lo spettatore.
Interessante il confronto attoriale, alla stazione, tra Valeria Golino (Anita) e Lucia Bosè (l'anziana Safiyé), due interpreti capaci in un cast purtroppo non sempre all'altezza. Scritto dal regista con Gianni Romoli, anche produttore con Tilde Corsi, musicato da Pivio e Aldo De Scalzi. Imperfetto, ma a suo modo prezioso.
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Ozpetek, ha voluto utilizzare in questo film i modi e il tempo del racconto tipico dell'oriente. Bella, la metafora dei due racconti della stessa storia, che vuole sottolineare come diversamente possa essere vissuto un cambiamento. Sottolineando l'aspetto "progressista" della caduta dell'Impero Ottomano, così come sottolinea l'assoluta mancanza di cambiamento tra quegli uomini che cercano di convincere [...] Vai alla recensione »