figliounico
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venerdì 25 novembre 2022
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pirandelliano
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E’ un gioco perverso del regista con lo spettatore, l’uomo comune affamato di senso, ma, oltre le immagini e la colonna sonora, il senso della narrazione e l’immedesimazione con il protagonista, sempre affannosamente ricercate in un film, sono crudelmente, sadicamente negate da Lynch, che offre alla fine un surrogato di significato nella chiusura a loop, tuttavia ancora insoddisfacente, anzi angosciosamente diviso tra infinite spiegazioni incarnate nel volto trasmutante di Bill Pullman, che sta per assumere un ennesimo inquietante aspetto, forse il nostro. Lynch incornicia i personaggi nelle inquadrature che ci si aspetta per un noir, colora la scena con il rosso acceso delle tende ed il nero delle lenzuola, rappresenta la libido sotto le sembianze erotiche dell’avvenente vamp, Patricia Arquette, che nelle immagini proiettante sul grande schermo si rivela pura squallida pornografia, camuffa la violenza cieca degli istinti bestiali nei delitti di un usuale thriller poliziesco, mentre la realtà appare in bianco e nero nelle videocassette che riproducono i ricordi di ciò che verrà rappresentato nella finzione, i ricordi dell’autore, ossia il suo alter ego, il demone ubiquo impersonato da Robert Blake, di entrambe le storie, che si intrecciano e si sovrappongono, ovvero di un’unica storia che si sdoppia nella memoria, per poi riunirsi come in un sogno ad occhi aperti.
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E’ un gioco perverso del regista con lo spettatore, l’uomo comune affamato di senso, ma, oltre le immagini e la colonna sonora, il senso della narrazione e l’immedesimazione con il protagonista, sempre affannosamente ricercate in un film, sono crudelmente, sadicamente negate da Lynch, che offre alla fine un surrogato di significato nella chiusura a loop, tuttavia ancora insoddisfacente, anzi angosciosamente diviso tra infinite spiegazioni incarnate nel volto trasmutante di Bill Pullman, che sta per assumere un ennesimo inquietante aspetto, forse il nostro. Lynch incornicia i personaggi nelle inquadrature che ci si aspetta per un noir, colora la scena con il rosso acceso delle tende ed il nero delle lenzuola, rappresenta la libido sotto le sembianze erotiche dell’avvenente vamp, Patricia Arquette, che nelle immagini proiettante sul grande schermo si rivela pura squallida pornografia, camuffa la violenza cieca degli istinti bestiali nei delitti di un usuale thriller poliziesco, mentre la realtà appare in bianco e nero nelle videocassette che riproducono i ricordi di ciò che verrà rappresentato nella finzione, i ricordi dell’autore, ossia il suo alter ego, il demone ubiquo impersonato da Robert Blake, di entrambe le storie, che si intrecciano e si sovrappongono, ovvero di un’unica storia che si sdoppia nella memoria, per poi riunirsi come in un sogno ad occhi aperti. Del resto è quel che accade sempre nel quotidiano di ciascuno, laddove soccorre però, al risveglio mattutino, pietoso, il vecchio caro buon senso aiutandoci a ricostruire, secondo le più banali aspettative condivise dalla collettività, quella realtà univoca che Lynch ci mostra essere pura illusione, di cui bisognerebbe forse ridere unendoci alla sarcastica beffarda sonora risata delle due guardie che detengono le chiavi delle nostre prigioni mentali, in cui siamo personaggi diversi a seconda, pirandellianamente, delle storie che altri costruiscono per noi.
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biscotto51
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mercoledì 19 agosto 2020
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incomprensibile
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E' come guardare una scultura astratta con qualche buco qua e là nel marmo, o un quadro di un solo colore con qualche taglio nella tela: per qualcuno fuori di testa significherà forse qualcosa, ma per l'uomo normale cosa mai vorrà dire? Quale è il significato, il messaggio che si vuole trasmettere? In questo film non si distingue il vero dall'immaginato, il passato dal presente, il sogno dalla realtà, un personaggio dall'altro, che si scambiano continuamente posto e ruolo. Ne viene fuori un minestrone, un brutto sogno dove tempi e piani diversi si intrecciano, si scambiano, si confondono e confondono le idee allo spettatore. Parafrasando Macbeth, questo film è il racconto narrato da un povero idiota, pieno di rumore e di furore, che non significa nulla.
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E' come guardare una scultura astratta con qualche buco qua e là nel marmo, o un quadro di un solo colore con qualche taglio nella tela: per qualcuno fuori di testa significherà forse qualcosa, ma per l'uomo normale cosa mai vorrà dire? Quale è il significato, il messaggio che si vuole trasmettere? In questo film non si distingue il vero dall'immaginato, il passato dal presente, il sogno dalla realtà, un personaggio dall'altro, che si scambiano continuamente posto e ruolo. Ne viene fuori un minestrone, un brutto sogno dove tempi e piani diversi si intrecciano, si scambiano, si confondono e confondono le idee allo spettatore. Parafrasando Macbeth, questo film è il racconto narrato da un povero idiota, pieno di rumore e di furore, che non significa nulla. P.S. se qualcuno me lo sa spiegare esaurientemente gli regalo una crociera attorno al mondo.
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wathan
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lunedì 29 giugno 2020
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l''abito fa il monaco.
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Ieri pomeriggio ho visto un bel film di un regista italiano. Spesso, quando rimango soddisfatto di un acquisto, vado a "spulciare" perbenino anche i contenuti speciali. Voglio sapere tutto quello che c'è da sapere, ed infatti ecco una bella intervista al regista. Cavolo quanta enfasi mi sono chiesto... Costùi si che mi piace: sa esprimere in modo chiaro e dotto, ma al tempo stesso senza tralasciare un linguaggio semplice e comprensibile, le sue riflessioni sul film.
Poi mi sono venute in mente quelle idee malsane ma che, secondo me, si rivelano sempre azzeccate e ho fatto la stessa cosa con Strade Perdute. Avete capito bene, mi sono sorbito un'altra volta questa quasi completa "tavanata" dell'illustre regista americano.
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Ieri pomeriggio ho visto un bel film di un regista italiano. Spesso, quando rimango soddisfatto di un acquisto, vado a "spulciare" perbenino anche i contenuti speciali. Voglio sapere tutto quello che c'è da sapere, ed infatti ecco una bella intervista al regista. Cavolo quanta enfasi mi sono chiesto... Costùi si che mi piace: sa esprimere in modo chiaro e dotto, ma al tempo stesso senza tralasciare un linguaggio semplice e comprensibile, le sue riflessioni sul film.
Poi mi sono venute in mente quelle idee malsane ma che, secondo me, si rivelano sempre azzeccate e ho fatto la stessa cosa con Strade Perdute. Avete capito bene, mi sono sorbito un'altra volta questa quasi completa "tavanata" dell'illustre regista americano. Vi faccio presente già da subito che non ho intenzione di spoilerare o fare delle considerazioni sulla visione di questo film. Non ne sento il bisogno. Voglio solo affermare che in alcuni casi (in questo più che mai), l'abito faccia il monaco... sì perchè quanto più ho apprezzato il primo film ed il regista, quanto meno ho apprezzato l'opera di Lynch e Lynch stesso.
Quindi sono andato nei contenuti speciali ed eccolo qui il nostro "Davidino": capigliatura sparaflesciata, occhialone scuro, tipo visiera anti Covid, sguardo non troppo sveglio, quasi rintronato... - È no caro wathan l'abito non fa il monaco. - Sì vero, verissimo, peccato che quando inizi a parlare, in confronto il divario risulta esser enorme... David Lynch sembra lobotomizzato, parla poco e dice cose scontate, in fine per concludere ci delizzia di quando l'amico Toby gli fece conoscere il padre pittore, e da quel momento in poi la sua vita è cambiata diventando egli stesso un'artista. E tutto questo cosa c'entra? Adesso mi domando e dico dove sono andate a finire tutte quelle belle parolone antisonanti per descrivere le divine opere del regista supremo. Forse i fan boy potrebbero rispondermi, ma lui no, non lo fa. Avrebbe potuto rivelarci nel limite del possibile (senza spoilerare troppo), qualche concetto fondamentale per la comprensione finale del film, che so, parlarci un po' della fotografia di qualche immagine simbolica e ciò che vuol rappresentare. Ma niente, "nebbia in Val Padana".
Allora sono giunto alla conclusione che anche lui stesso non sappia esattamente... Nella maggioranza dei casi (ultimamente sempre più), il cinema di Lynch mi appare di una pochezza allucinante. Il suo surrealismo criptico, simbolico, grottesco, non "significa" proprio nulla è solo un mero esercizio registico fine a sé stesso e Strade Perdute non fa eccezione. Se in tempi passati potevo apprezzare particolarmente più lucidità, concretezza e genialità da parte del regista, ad oggi sono più che convinto che Lynch abbia ingranato la quarta in quella tanto decantata arte simbolica, che fa molto radical chic, ma che resta comunque del tutto vuota ed insignificante... ormai è difficile tornare indietro, e si sa, la vecchiaia non aiuta. Voto due stelle anche perchè devo ammettere che almeno i primi venti minuti sono interessati, i primi venti minuti prima che il regista acceleri a tavoletta.
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toty bottalla
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mercoledì 3 giugno 2020
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l'ambiguità di lynch!
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Lo stile di David Lynch in una storia surreale, ambigua e inafferrabile, è inutile affrontare la visione sperando in un lieto fine o semplicemente in un finale comprensibile e definito, un lavoro complicato che ogniuno può vedere a modo suo, c'è del noir, dell'horror e una drammaticità psicologica che in qualche modo ci costringe a guardarci dentro per scoprire lati inesplorati o che istintivamente preferiamo nascondere, non a caso la polizia, le indagini e la giustizia stanno ai margini del racconto come qualcosa che però dev'esserci, che riporta alla realtà seppure confusa. Un film che ti invita a una seconda visione per captare particolari sfuggiti al primo impatto, è infondo il segreto dei film importanti, quelli impegnativi che non ammettono distrazioni! Saluti.
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Lo stile di David Lynch in una storia surreale, ambigua e inafferrabile, è inutile affrontare la visione sperando in un lieto fine o semplicemente in un finale comprensibile e definito, un lavoro complicato che ogniuno può vedere a modo suo, c'è del noir, dell'horror e una drammaticità psicologica che in qualche modo ci costringe a guardarci dentro per scoprire lati inesplorati o che istintivamente preferiamo nascondere, non a caso la polizia, le indagini e la giustizia stanno ai margini del racconto come qualcosa che però dev'esserci, che riporta alla realtà seppure confusa. Un film che ti invita a una seconda visione per captare particolari sfuggiti al primo impatto, è infondo il segreto dei film importanti, quelli impegnativi che non ammettono distrazioni! Saluti.
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stupidlove
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mercoledì 13 maggio 2020
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delusione totale
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Premetto che sono un'amante dei thriller psicologici ed ero partita con molte aspettative su questo film, date le recensioni e per essere considerato un capolavoro del genere. In realtà l'ho trovato molto lento e incasinato. Non si capisce nulla e il regista sembra abbia preso cose a caso e buttate nel film in un mischione di scene che non portano nemmeno a un finale degno, dato che anche quello non si capisce. La trasformazione del protagonista alla fine poi... Non mi è piaciuta per niente. Quindi boccio mio malgrado questo film, perché va bene la confusione del thriller psicologico, ma così la trovo esagerata.
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lucaguar
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lunedì 2 dicembre 2019
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esperienza onirica o dilemma da risolvere?
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Commentare un film di D. Lynch è sempre complicato in quanto si deve rendere "a cose fatte" un tipo di esperienza sensibile che, proprio in quanto esperienza, non è invece nell'ordine del razionalizzabile, dell'analisi. Tuttavia dobbiamo tentare, perchè questo fa parte di noi umani, ed è forse proprio in questa tensione, in questo doppio fuoco tra reale e virtuale, tra scoperta e mistero, tra conscio ed inconscio che le opere di Lynch vivono e si rafforzano. Ovviamente il primo fuoco si riferisce all'esperienza vissuta mentre si sta guardando il film e il secondo a ciò che stiamo tentando di fare adesso ovvero, una volta visto, tentare di venire a capo, secondo qualsivoglia categoria, del crogiuolo di fenomeni che Lynch ci presenta e che frantumano via via sempre più i nessi temporali e spaziali man mano che si procede con il film.
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Commentare un film di D. Lynch è sempre complicato in quanto si deve rendere "a cose fatte" un tipo di esperienza sensibile che, proprio in quanto esperienza, non è invece nell'ordine del razionalizzabile, dell'analisi. Tuttavia dobbiamo tentare, perchè questo fa parte di noi umani, ed è forse proprio in questa tensione, in questo doppio fuoco tra reale e virtuale, tra scoperta e mistero, tra conscio ed inconscio che le opere di Lynch vivono e si rafforzano. Ovviamente il primo fuoco si riferisce all'esperienza vissuta mentre si sta guardando il film e il secondo a ciò che stiamo tentando di fare adesso ovvero, una volta visto, tentare di venire a capo, secondo qualsivoglia categoria, del crogiuolo di fenomeni che Lynch ci presenta e che frantumano via via sempre più i nessi temporali e spaziali man mano che si procede con il film. Il geniale regista ci porta quindi anche in questa sua opera verso un'esperienza in cui la "trama" è solo un pretesto per incunearsi nei meandri dell'esperienza per dilatarla fino ai limiti del sogno. Lynch ci insegna che il sogno non è soltanto qualcosa che vive il dormiente ma è, in fondo, tutta la nostra esperienza che può essere onirica. La dilatazione dello spazio-tempo e la tensione delle categorie razionali non arriva mai però ad una deflagrazione, ad una catastrofe ed è questa la grandezza di Lynch: c'è sempre un senso possibile da inseguire, una spiegazione da trovare, una via da percorrere, anche se questa via forse non la troveremo mai e altrettanto indecidibile resterà il fatto se Lynch non ci abbia voluto solo provocare con dei rompicapo in realtà non risolvibili dalla ragione. In quest'opera tutta la maestria del regista statunitense si palesa in modo grandioso, superata per intensità forse solamente da "Mulholland Drive". "Strade perdute" non è un film, è un'esperienza artistico-onirica ma che ci costringe sempre anche ad una grande interrogazione filosofica, che forse rimane e rimarrà senza risposta.
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amokubrik
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domenica 13 gennaio 2019
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settima arte ai massimi livelli
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Una meraviglia, più unico che raro. Lode a Lynch
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elgatoloco
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mercoledì 8 agosto 2018
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lost highway lost sense fot the people
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"Lost Highway"(David Lynch, 1996)di Lynch, ossia di un grande autore del cinema di oggi(certo Lynch non è in alcun modo "restringibille"al campo filmico, essendo notoriamente attivo in vari altri settori, ma nel cinema si è espresso e si esprima compiutamente da decenni), è opera non facile per quel grande pubblico che vuole"buoni sentimenti", azione a più non posso, qualche sciocchezza che faccia ridere etc.Il"common sense"da un film come questo, ma invero da tutti quelli di Lynch(compreso"Blue Velvet", forse in qualhce modo il più"Leggibile")esce-non solo materialmente dal cinema, ovvio...- sconcertato , non trovando quel fil rouge cui ci ha abituato la sequenzialità spazio-temporale del cinema"buon consumo".
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"Lost Highway"(David Lynch, 1996)di Lynch, ossia di un grande autore del cinema di oggi(certo Lynch non è in alcun modo "restringibille"al campo filmico, essendo notoriamente attivo in vari altri settori, ma nel cinema si è espresso e si esprima compiutamente da decenni), è opera non facile per quel grande pubblico che vuole"buoni sentimenti", azione a più non posso, qualche sciocchezza che faccia ridere etc.Il"common sense"da un film come questo, ma invero da tutti quelli di Lynch(compreso"Blue Velvet", forse in qualhce modo il più"Leggibile")esce-non solo materialmente dal cinema, ovvio...- sconcertato , non trovando quel fil rouge cui ci ha abituato la sequenzialità spazio-temporale del cinema"buon consumo". Surrealtà(non propriamente"surrealismo", che è altra cosa, in altrti tempi codificata da tale André Breton....), scoperta di quanto letteralmente"sta sotto", o meglio"sta fuori"(il sotto si riferisce a un fraintendimento in termini spaziali della teoria freudiana)la realtà percepibile e razionalmente conoscibile. Che poi vi siano due "vicende-.chiave"che in qualche modo si incrociano, anzi no, è assolutamente secondario, anche se può servire a rintracciare quei famosi"fili rossi"(o "le fila", se si vuole)che servono al"filo logico portante"(Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto), ossia se proprio si vuole a ritrovarlo. Interpreti agli"ordini"del comandante Lynch, diremo... Un'opera, anche per chi non abbia idea di che farsene, che dovrebbe riusicre a scuotere, a mettere in crisi idee ricevute e accettate in maniera troppo facilmente cogente... El Gato
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paolp78
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venerdì 27 luglio 2018
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regia virtuosa, film mediocre
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David Lynch è un regista che apprezzo molto per il talento indiscutibile, espresso in alcune grandi pellicole (su tutte “Velluto Blu”, un vero capolavoro); tuttavia spesso le sue opere sono rovinate dalla poca chiarezza della trama, a cui spesso si fatica a stare dietro.
"Strade perdute" è affetto proprio da questo difetto. Lynch eccede troppo nella ricerca del complesso e dell’enigmatico, a discapito della buona riuscita del film, la cui trama risulta incomprensibile e sconclusionata.
Intendiamoci bene, non dubito che ci sia un filo logico seguito dal regista, tuttavia questo è tenuto troppo nascosto. Nel mio caso devo confessare di averci capito ben poco.
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David Lynch è un regista che apprezzo molto per il talento indiscutibile, espresso in alcune grandi pellicole (su tutte “Velluto Blu”, un vero capolavoro); tuttavia spesso le sue opere sono rovinate dalla poca chiarezza della trama, a cui spesso si fatica a stare dietro.
"Strade perdute" è affetto proprio da questo difetto. Lynch eccede troppo nella ricerca del complesso e dell’enigmatico, a discapito della buona riuscita del film, la cui trama risulta incomprensibile e sconclusionata.
Intendiamoci bene, non dubito che ci sia un filo logico seguito dal regista, tuttavia questo è tenuto troppo nascosto. Nel mio caso devo confessare di averci capito ben poco.
A causa di questa incapacità (o non volontà) di farsi comprendere dallo spettatore, Lynch finisce per realizzare una pellicola noiosa, pesante e non godibile.
Restano i pregi tecnici legati alla regia magistrale di Lynch: da manuale le sequenze iniziali, in cui il sospetto del tradimento coniugale viene reso solo attraverso sguardi, inquadrature, atmosfere, senza mai ricorrere a dialoghi (operazione difficilissima, che pochi avrebbero saputo mettere in atto).
Ottima anche la suspense creata in alcune sequenze iniziali, quando ancora lo spettatore resta attento e compie il massimo sforzo per comprendere la pellicola.
Poi la sceneggiatura si dimostra fuori da ogni logica, rovinando tutto. Le ottime atmosfere e le intricate trame psicologiche non bastano a salvare un film che prometteva bene e che invece malauguratamente si rivela essere molto deludente e non riuscito.
Delle due stelle che ho deciso di assegnare, una è dovuta unicamente alla tecnica registica a cui è impossibile restare indifferenti, mentre il resto del film non ne vale più di una.
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