stefano ricci
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martedì 7 novembre 2006
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lungo le strade perdute dell'inconscio
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Strade Perdute costituisce un esempio di cinema moderno maledettamente noir e terrificante, percorso da decine di sentieri sconosciuti, ognuno avvolto da una propria luce misteriosa che gioca a dissolversi fino a tramutarsi in oscurità .
È il trionfo di un simbolismo estremo, ambiguo, deformante, che frammenta in mille pezzi la nostra stessa identità fino a renderla irriconoscibile .
Ancora una volta, come lo stesso Lynch ci ha insegnato nel corso della sua formidabile carriera, la soluzione, la chiave di interpretazione del viaggio iniziato con l’epitaffio “Dick Laurent è morto”, è racchiusa nel sogno, nell’universo onirico inteso come fuga da una realtà che ci appare crudele ma che, paradossalmente, non fa altro che riflettere le nostre stesse atrocità .
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Strade Perdute costituisce un esempio di cinema moderno maledettamente noir e terrificante, percorso da decine di sentieri sconosciuti, ognuno avvolto da una propria luce misteriosa che gioca a dissolversi fino a tramutarsi in oscurità .
È il trionfo di un simbolismo estremo, ambiguo, deformante, che frammenta in mille pezzi la nostra stessa identità fino a renderla irriconoscibile .
Ancora una volta, come lo stesso Lynch ci ha insegnato nel corso della sua formidabile carriera, la soluzione, la chiave di interpretazione del viaggio iniziato con l’epitaffio “Dick Laurent è morto”, è racchiusa nel sogno, nell’universo onirico inteso come fuga da una realtà che ci appare crudele ma che, paradossalmente, non fa altro che riflettere le nostre stesse atrocità .
Per dirla con le parole del regista, Strade Perdute è un “film composto della materia di cui sono fatti gli incubi” … e quale peggior incubo se non quello di scendere negli abissi della propria inconsapevolezza ?
Nel ricercare una verità che sappiamo di non voler conoscere ?
Ad ogni causa non corrisponde più un effetto, non c’è un prima, né un dopo .
Gli eventi non sono il frutto della realtà, ma del COME essi vengano ricordati nella realtà, del come essi vengano selezionati o rimossi dai nostri meccanismi di auto – difesa .
Del come questi ci permettano di sopravvivere .
È un viaggio senza ritorno, circolare, percorso attraverso la superficie delle apparenze in un moto difforme, non orientabile, che ricorda quella del nastro di Moebius .
Esiste un solo lato ed una volta percorsolo ci troviamo inesorabilmente dalla parte opposta .
Una dicotomia espressa perfettamente nella splendida fotografia di Deming, ormai fedele collaboratore dell’uomo di Missoula, capace di convogliare il dramma lungo un binario composto da forti contrasti, filtri, sfondi neri ed ombre secche .
Una scelta che privilegia l’introspezione dei personaggi, la loro caratterizzazione psicologica ed arricchisce la formula finale di numerosissime altre sfumature .
Ovviamente non si può parlare del cinema di David Lynch senza nominare il reparto sonoro, affidato ad un Badalamenti più inquietante che mai ; a mio avviso, molto azzeccata è stata anche l’idea di affiancare ai brani del compositore italiano numerose altre canzoni più tipicamente hard rock – oriented (Marilyn Manson, Rammstein, Nine Inch Nail, This Mortal Coil e compagnia guasta) capaci di accompagnare al meglio quei momenti di maggiore offuscamento mentale dei protagonisti .
Interpretazioni nel complesso buone, con una particolare menzione per un ispiratissimo Bill Pullman e per il solito, grande, Robert Loggia .
Da segnalare la presenza dell’immancabile Jack Nance, attore – feticcio lynchiano, presente in ogni pellicola del “maestro” e di Robert Blake (recentemente accusato di omicidio) nella parte dell’Uomo Misterioso .
In definitiva, Strade Perdute è un capolavoro estetico, mai fine a se stesso, un’esperienza totale, indimenticabile, che lascia appagati e soddisfatti .
Mai delusi .
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martacol
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lunedì 13 febbraio 2006
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il genio delle forze oscure
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film che minuto dopo minuto si fa piu' interessante.una trama che non si snoda da se, ma bisogna arrivarci da soli una volta spenta la tv.l'oscurità, la via del male è sempre presente, il corridoio buio della casa in cui entra Fred, è analogo alla scatolina in cui rita di mulholland drive infila la chiavetta. è entrare a contatto con la parte oscura di noi stessi. dopo non c'è più nulla di charo, tutto è confuso, perchè come dice il protagonista lui non vuole ricordare le cose come sono, ma come le vuole ricordare.la parte latente di noi è sempre in agguato, basta nulla per trovarla, ma non se ne ha scampo. l'uomo misterioso rappresenta proprio ciò,l'entità malvagia da cui non si sfugge, che è ovunque siamo noi, ovunque desideremmo essere, con chiunque noi vogliamo che sia.
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film che minuto dopo minuto si fa piu' interessante.una trama che non si snoda da se, ma bisogna arrivarci da soli una volta spenta la tv.l'oscurità, la via del male è sempre presente, il corridoio buio della casa in cui entra Fred, è analogo alla scatolina in cui rita di mulholland drive infila la chiavetta. è entrare a contatto con la parte oscura di noi stessi. dopo non c'è più nulla di charo, tutto è confuso, perchè come dice il protagonista lui non vuole ricordare le cose come sono, ma come le vuole ricordare.la parte latente di noi è sempre in agguato, basta nulla per trovarla, ma non se ne ha scampo. l'uomo misterioso rappresenta proprio ciò,l'entità malvagia da cui non si sfugge, che è ovunque siamo noi, ovunque desideremmo essere, con chiunque noi vogliamo che sia. quella parte che ci da una mano quando noi non abbiamo il coraggio di fare le cose, a cui ci appelliamo e che in tutti c'è, anche se soppressa con la forza. concludo dicendo che Lynch ha creato l'ennesimo capolavoro, per ben interpretarlo ci vuole impegno, bisogna lasciarsi andare e farsi prendere dalla paura, di noi stessi, degli altri.
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medz
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venerdì 1 giugno 2007
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la bellezza di lasciarsi guidare dai sensi
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Che Lynch sia oramai un genio del cinema contemporaneo, è fuori discussione; ed è fuori discussione anche che i suoi film continuino a dividere ogni volta critica e pubblico, come è successo appunto per lo stesso “Strade perdute”: è un puro gioco intellettuale da parte di Lynch (ci sta prendendo tutti per i fondelli, sostiene qualcuno) oppure i suoi film sono veri capolavori? A mio avviso, i film di Lynch meritano tutta l’attenzione possibile perché un film di Lynch è un esperienza cinematografica difficilmente reperibile nel cinema di oggi.
Storie cupe e buie, intrecci inverosimili, continuo alternarsi di sogno e realtà: questi in poche parole gli elementi tipici del nostro regista, e chi è riuscito a capire qualcosa delle storie dei suoi film è sicuramente degno di lode.
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Che Lynch sia oramai un genio del cinema contemporaneo, è fuori discussione; ed è fuori discussione anche che i suoi film continuino a dividere ogni volta critica e pubblico, come è successo appunto per lo stesso “Strade perdute”: è un puro gioco intellettuale da parte di Lynch (ci sta prendendo tutti per i fondelli, sostiene qualcuno) oppure i suoi film sono veri capolavori? A mio avviso, i film di Lynch meritano tutta l’attenzione possibile perché un film di Lynch è un esperienza cinematografica difficilmente reperibile nel cinema di oggi.
Storie cupe e buie, intrecci inverosimili, continuo alternarsi di sogno e realtà: questi in poche parole gli elementi tipici del nostro regista, e chi è riuscito a capire qualcosa delle storie dei suoi film è sicuramente degno di lode. Ma siamo sicuri che sia proprio questo l’importante? Siamo sicuri che sia estremamente necessario ricercare un senso e una spiegazione nei suoi film? Penso proprio di no. Un film come “Strade perdute” non va spiegato, ma va vissuto in tutta la sua intensità. I film di Lynch sono esperienze visive affascinanti, che lasciano indubbiamente il segno; David mischia volutamente in ogni sua opera le carte, ci fa perdere il filo della storia, ci porta in mondi dove niente è più comprensibile: allora noi ci troviamo smarriti, in balia delle immagini, persi nelle costruzioni mentali dei personaggi, e ci piace lasciarci trasportare dalle musiche, dalle immagini, anche se non capiamo più nulla oramai siamo catturati e stiamo seguendo con i protagonisti quelle folli strade perdute che probabilmente non conducono a nulla. Alla fine appaiono i titoli di coda e noi rimaniamo sconvolti, perché pensavamo che alla fine tutto fosse spiegato, ma non è così; eppure non ci rimaniamo male, perché quello che abbiamo appena vissuto è cinema vero, il cinema che con la potenza dell’immagine ci strappa via dal nostro mondo e ci catapulta in un altro mondo, dove ogni immagine è una scoperta, dove ogni sequenza è pura emozione. “Strade perdute” conferma appieno la regola, apparendo come un film totalmente fuori norma, un film per certi versi totalmente folle, ma in cui è maledettamente piacevole perdersi.
La storia per Lynch ha un ruolo assolutamente secondario, è solo un semplice pretesto; Lynch non ama le storie, Lynch ama il cinema.
E dietro tutto ciò Lynch costruisce comunque qualcosa su cui poggiare il film, un intreccio perfetto che se scoperto rivela ancora di più la sua originalità. Ma, come ho detto, non è essenziale scoprirlo.
“Strade perdute” è il quartultimo film di David Lynch, girato nel 1996, tre anni prima del suo capolavoro assoluto, “Una storia vera”, un film su cui si può dire tutto tranne che sia un film Lynchiano; ed è sapendo che è riuscito a girare un film così straordinariamente differente dai suoi film precedenti, che possiamo confermare l’immensa bravura del maestro David; un film che è l’opposto di “Strade perdute”, dove di strada c’è ne è una sola, e la percorre un vecchietto a bordo di un lento tagliaerba; è un film in cui, lasciando da parte trame intricate e personaggi maledetti, Lynch porta sullo schermo la poesia e la forza immensa dell’immagine; un capolavoro, insomma. Due anni dopo girerà ancora un film bellissimo, tornando però al suo vecchio stile: “Mulholland drive”. Molti considerano “Strade perdute” un esercitazione prima di Mulholland, e forse è così. In effetti, “Strade perdute” risulta leggermente inferiore a quest’ultimo, forse per il non essere riuscito a sganciarsi totalmente dalla realtà, ed aver mantenuto in certi momenti lo stile del thriller tradizionale portando lo spettatore ad una continua ricerca della verità e forse non facendolo quindi perderlo completamente nei meandri del film: in “Mulholland drive” invece non ci si può più aggrappare a niente, perché il sogno è diventata realtà, la realtà è diventata sogno e lo spettatore vede i personaggi attraversare continuamente lo schermo senza sapere minimamente cosa stanno facendo e perché lo stanno facendo. Un sogno, un incubo, un viaggio magnifico.
Il suo ultimo film, “Inland Empire”, uscirà invece nel 2007; speriamo che Lynch continui la sua formidabile carriera.
Se proprio vogliamo guardare più approfonditamente “Strade perdute”, posso semplicemente dare la mia interpretazione: il film si presenta a mio avviso come un semplice e puro elogio della follia, dove niente è come sembra, ma tutto proviene da una mente malata, probabilmente quella del protagonista iniziale, interpretato da Bill Pulman. Già la costruzione della casa, con lunghi corridoi
che si perdono nel buio, richiamano probabilmente i labirinti oscuri della sua mente. E che dire del personaggio con la faccia bianca, che appare in tutti i momenti cruciali della sua vita e che risponde chiaramente alla sua domanda “chi ti ha fatto entrare in casa mia?” “tu mi hai invitato”; un personaggio che potrebbe risiedere nella sua mente, come la seconda vita che si va a costruire in un intreccio continuo tra follia e realtà. Ma è difficile trovare un vero senso. Tutto è strano. Tutto è indefinito. A tal proposito, un inquadratura che rimane impressa del film e che secondo me racchiude in se stessa tutta la filmografia Lynchiana è quella subito successiva alla crisi nervosa di Fred, il sassofonista, all’interno della sua cella, che ci indica il suo “passaggio di identità”: un inquadratura in cui si vedono solo i contorni indefiniti di una persona, che tiene la testa tra le mani. Ecco: niente è chiaro, tutto è indefinito, ma ugualmente affascinante e stupendo, come quella inquadratura, che non può fare a meno di colpirti.
Il film poi “degenera”: da horror-thriller che era all’inizio, diventa film d’azione, per poi sfociare in una travagliata storia d’amore e concludersi definitivamente come uno sporco pazzesco incubo; tant’è che viene spontaneo domandarsi durante il film cosa stia succedendo, quasi incerti che si stia guardando lo stesso film di prima, visto che dopo la prima mezz’ora tutto cambia completamente a partire dal protagonista; ma cambia anche lo stile, scompaiono i lunghi silenzi inquietanti dell’inizio e le cupe atmosfere angoscianti.
Si rimane sbalorditi, affascinati, stupiti, sconvolti: e quando il cinema è in grado di fare ciò, è senza dubbio una buona cosa.
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piernelweb
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mercoledì 14 marzo 2007
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lynch highway
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Intricatissimo puzzle fra realtà, ricordi e sogno, sorprendentemente inquietante e pervaso da un fascino visionario indiscutibile. Lynch, maestro del genere, rimescola la sequenzialità degli eventi sovrapponendo passato, presente e immaginario del protagonista con suggestiva abilità, regalando squarci memorabili. La fotografia e la scelta delle angolazioni di ripresa è per tutta la parte iniziale (in casa di Fred e Renée) sublime, mentre dalla fuga di Pete ed Alice in avanti, il racconto assume toni morbosi con venature horror dal raro impatto emotivo. Patricia Arquette è la perfetta icona della perversione e del delirio onirico del regista. La parte centrale, troppo lunga e poco influente è la più debole.
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Intricatissimo puzzle fra realtà, ricordi e sogno, sorprendentemente inquietante e pervaso da un fascino visionario indiscutibile. Lynch, maestro del genere, rimescola la sequenzialità degli eventi sovrapponendo passato, presente e immaginario del protagonista con suggestiva abilità, regalando squarci memorabili. La fotografia e la scelta delle angolazioni di ripresa è per tutta la parte iniziale (in casa di Fred e Renée) sublime, mentre dalla fuga di Pete ed Alice in avanti, il racconto assume toni morbosi con venature horror dal raro impatto emotivo. Patricia Arquette è la perfetta icona della perversione e del delirio onirico del regista. La parte centrale, troppo lunga e poco influente è la più debole. Forse non ai livelli del successivo Mulholland Drive ma difficile da dimenticare.
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dandy
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sabato 26 marzo 2011
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l'inzio del nuovo stile del regista.
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Con una strizzata d'occhio a "La donna che visse due volte" Lynch smonta i meccanismi del noir e crea con questo film un punto di svolta nella sua carriera.Costruisce un racconto che nega ogni spiegazione razionale.Nella prima parte,punta su un'atmosfera onirica e inquietante,piena di paradossi spazio-temporali.Nella seconda(più debole)prevalgono i siparietti pulp e le scene erotiche patinate.E' un metodo nuovo per Lynch,che perfezionerà con "Mulholland Drive" e "INLAND EMPIRE".Qui lo stile è ancora acerbo,le scappatoie nonsense non sempre convincono così,come il finale.L'idea delle videocassette minacciose sembra anticipare "Niente da nascondere" di MIchael Haneke.
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Con una strizzata d'occhio a "La donna che visse due volte" Lynch smonta i meccanismi del noir e crea con questo film un punto di svolta nella sua carriera.Costruisce un racconto che nega ogni spiegazione razionale.Nella prima parte,punta su un'atmosfera onirica e inquietante,piena di paradossi spazio-temporali.Nella seconda(più debole)prevalgono i siparietti pulp e le scene erotiche patinate.E' un metodo nuovo per Lynch,che perfezionerà con "Mulholland Drive" e "INLAND EMPIRE".Qui lo stile è ancora acerbo,le scappatoie nonsense non sempre convincono così,come il finale.L'idea delle videocassette minacciose sembra anticipare "Niente da nascondere" di MIchael Haneke.Musiche del fedele Angelo Badalamenti.Marilyn Manson,è una delle pornoattrici.
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blackdragon89
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lunedì 7 maggio 2012
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il mondo interiore dagli occhi di una telecamera
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"L'amore è tutto ciò che si può ancora tradire" diceva Andrea Pazienza, famoso fumettista e illustratore italiano. Fred Madison è un sassofonista di Los Angeles, sposato con l'incantevole Renée, della quale sospetta però di tradimento, tanto da ritrovarsi spesso a stretto contatto con la follia. Strani fenomeni iniziano a verificarsi nella sua abitazione. "Dick Laurent è morto", esclama una voce priva di corpo al citofono; insolite cassette cominciano ad apparire sul pianerottolo, contenenti riprese della casa, eseguite tramite una videocamera persino in camera da letto. Il tutto sembra ricondursi a un uomo misterioso, che Fred incontra per la prima volta al party di Andy, un presunto amante della moglie.
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"L'amore è tutto ciò che si può ancora tradire" diceva Andrea Pazienza, famoso fumettista e illustratore italiano. Fred Madison è un sassofonista di Los Angeles, sposato con l'incantevole Renée, della quale sospetta però di tradimento, tanto da ritrovarsi spesso a stretto contatto con la follia. Strani fenomeni iniziano a verificarsi nella sua abitazione. "Dick Laurent è morto", esclama una voce priva di corpo al citofono; insolite cassette cominciano ad apparire sul pianerottolo, contenenti riprese della casa, eseguite tramite una videocamera persino in camera da letto. Il tutto sembra ricondursi a un uomo misterioso, che Fred incontra per la prima volta al party di Andy, un presunto amante della moglie. E' il punto di dipartita, in cui ci si accorge di essere sprofondati ancora una volta nel contorto mondo di Lynch; l'insolito individuo sostiene di aver già incontrato il musicista, e per l'appunto di essere a casa sua in quel preciso istante. Quando l'assurdità si concretizza con l'ausilio di una chiamata telefonica, il mondo di Fred comincia a crollare, rivelando oscuri retroscena. Chi è quell'uomo? Quali angoscianti verità si nascondono dietro le fantomatiche tende rosse, ormai marchio di fabbrica del regista? Perchè quella splendida abitazione diviene così opprimente durante la notte? Poi l'ultima cassetta, e la realtà si frammenta.
Un mistero fittissimo e psicologicamente grottesco; la disinvoltura con cui gli eventi vengono esposti, nonostante si reggano su fatti inspiegabili, non fa che alimentare una curiosità alienante, resa strenue da segreti che giocano con il pubblico, tardando a rivelare le loro fattezze.
"Non mi piacciono le telecamere. Preferisco ricordare le cose come le ricordo io, non necessariamente come sono avvenute." I temi cari a lynch sono qui all'ordine del giorno; trasfigurazione psicologica, personalità multipla, e quella tensione pungente enfatizzata alle volte dalle tipiche riprese soggettive, grazie alle quali lo spettatore può oltremodo immedesimarsi nel campo percettivo dei protagonisti. Merita ancora una volta di essere citato il montaggio sonoro, in linea come sempre con le esigenze di quello grafico, che sposta la linea di demarcazione tra attesa e impulso adrenalinico tramite forti sbalzi. Qualche sbavatura è comunque rintracciabile nei dizionari e nel doppiaggio, il cui influsso rischia di abbassare la lucidità del tragitto.
Ripercorrendo forse le idee di "Hotel Room", "Strade Perdute" è un intricato Nastro di Möbius, in cui trame e vicende si rincorrono e si avvolgono su se stesse, in perenne fuga da qualsiasi cosa le preceda. Un noir moderno, in cui i tipici contrasti peculiari del genere arrivano a toccare anche l'aspetto logico-sensitivo in quello che diventa un lavoro dal forte contenuto grottesco ed illusorio. Di profondo impatto psicologico, il film è un viaggio attraverso le tematiche dure e cupe del percorso Freudiano, non certo alla portata e all'interesse di tutti; un lavoro che traccia le sagome della nuova era di Lynch, nel quale il lato percettivo non termina nemmeno dopo i 135 minuti di pellicola.
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lele95sartorato
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martedì 20 gennaio 2015
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lynch crea un noir onirico e stupefacente
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David Lynch dirige questo film nel 1997 che segna l'inizio della " trilogia del sogno " e regala al cinema mondiale un'altro tassello utile alla rivoluzione dell'immaginario onirico comune. La trama è semplice: nella vita quotidiana di un jazzista e di sua moglie grava il dubbio dell'infedeltà da parte della moglie e il malessere del marito dovuto ai problemi riscontrati a letto. Trovare delle videocassette appena fuori la propria casa introduce la paura dell'ignoto e il pericolo del non-noto nelle loro esistenze. La storia si infittisce e prende delle pieghe inizialmente inspiegabili ma che, con il giusto approccio alla pellicola, si possono analizzare sotto diversi punti di vista interessanti e particolari.
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David Lynch dirige questo film nel 1997 che segna l'inizio della " trilogia del sogno " e regala al cinema mondiale un'altro tassello utile alla rivoluzione dell'immaginario onirico comune. La trama è semplice: nella vita quotidiana di un jazzista e di sua moglie grava il dubbio dell'infedeltà da parte della moglie e il malessere del marito dovuto ai problemi riscontrati a letto. Trovare delle videocassette appena fuori la propria casa introduce la paura dell'ignoto e il pericolo del non-noto nelle loro esistenze. La storia si infittisce e prende delle pieghe inizialmente inspiegabili ma che, con il giusto approccio alla pellicola, si possono analizzare sotto diversi punti di vista interessanti e particolari. David Lynch è il maestro dell'onirico e della psichè umana, egli infatti indaga le più profonde emozioni e i più reconditi pensieri della mente umana proiettando una storia magistralmente interpretata nei corridoi bui e oscuri ( la casa della coppia all'inizio del film é la casa nella quale ha vissuto il regista è progettata dallo stesso ) che non possono che rappresentare la facile sconfitta della ragione nei confronti dei traumi psicologici con i quali ogni essere vivente deve convivere. Il film va interpretato ( approfondire le proprie conoscenze dello studio psicoanalitico di Freud ) in modo anche personale e che vale la pena di essere approfitto tramite discussioni e opinioni. Esperienza profonda, opera ottima.
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alessandro rega
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mercoledì 28 agosto 2013
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mulholland drive è mille volte meglio !
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Il film in questione è il settimo dell’invidiabile filmografia del regista americano ed è pure il primo che mi ha lasciato sensazioni negative…che non mi ha appassionato.
Inizialmente, devo dire, mi era anche piaciuto…ma è la maniera in cui si è evoluto il resto (gran parte) della pellicola ad avermi colpito negativamente, o meglio, a non avermi colpito affatto.
Già, perché l’intento di questo film è trasmettere forti emozioni creando un’atmosfera intrigante e coinvolgente e anche, diciamocelo, scervellare un po’. Voglio sottolineare il fatto che non ho pregiudizi su questa tipologia di film…
io guardo di tutto e, talvolta, riesco ad apprezzare pellicole “pesanti” ed estremamente psicologiche.
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Il film in questione è il settimo dell’invidiabile filmografia del regista americano ed è pure il primo che mi ha lasciato sensazioni negative…che non mi ha appassionato.
Inizialmente, devo dire, mi era anche piaciuto…ma è la maniera in cui si è evoluto il resto (gran parte) della pellicola ad avermi colpito negativamente, o meglio, a non avermi colpito affatto.
Già, perché l’intento di questo film è trasmettere forti emozioni creando un’atmosfera intrigante e coinvolgente e anche, diciamocelo, scervellare un po’. Voglio sottolineare il fatto che non ho pregiudizi su questa tipologia di film…
io guardo di tutto e, talvolta, riesco ad apprezzare pellicole “pesanti” ed estremamente psicologiche. Il primo film che ho guardato di Lynch (almeno credo) è stato Mulholland Drive che molti reputano simile per stile e anche per bellezza a questo.Mulholland Drive è nettamente superiore….questa è la mia idea…in contrapposizione a quella di molti altri. Tra i pochi elementi che ho apprezzato, vi sono il personaggio misterioso interpretato da Robert Blake…molto ambiguo…strutturato in maniera tecnicamente ottima.
Ma anche la musica e ovviamente la bellissima Patricia Arquette che interpreta ben due ruoli nel film.
Una cosa che io penso è che, dal momento in cui si decide di realizzare un’opera così complessa come lo può essere Strade Perdute o Mulholland Drive, si deve tener ben presente che esiste una linea immaginaria sottilissima che non deve essere varcata. Molti mi dicevano (prima che guardassi questo film) : dato che ti è piaciuto Mulholland Drive sicuramente ti piacerà anche Strade Perdute. Questo un po’ mi fa mi sembra che per la prima volta Lynch voglia cercare di dire qualcosa ma che non ci riesca…secondo me il successo che ha avuto il film non è tanto meritato. Mi dispiace parlare così, perché so benissimo che Lynch è un grande regista…ho visto molti suoi film in successione nell’arco di pochi giorni. Mi sono piaciuti tantissimo. Infatti, anche se a volte sembra il contrario, non voglio insinuare nulla su di lui…è uno che ha una concezione molto grande e importante di film (è un pensiero che ho avuto dal primo suo film che ho visto) e , di conseguenza, non ne realizzerebbe mai uno a scopo di ingannare o come moneymaker (non ne fa di commerciali, di fatto, ne ha fatti pochi di film e questo a mio parere la dice lunga su di lui). Per me è difficile fare questa recensione.
Violenza e sesso abbondano anche negli altri suoi film proprio perché sono eccitanti e forti allo stesso momento. Per esempio la violenza in Eraserhead e il sesso in Cuore selvaggio secondo me sono inseriti in modo sublime…invece, in questo film, dove dovrebbe essere più appropriato, stonano…e questo perché Lynch non riesce a rendere Strade Perdute abbastanza espressivo. Non mi ha lasciato niente, o meglio, mi ha lasciato poco e me lo ha lasciato male.
So molto bene che questo genere di film possono non piacere ad una prima visione…lo rivedrò… ma dubito che una seconda visione possa cambiare radicalmente la mia opinione e questo perché, sebbene generalmente con questo tipo di film si possa facilmente cambiare idea rivedendolo, con Eraserhead e Mulholland Drive (sempre di Lynch) mi è bastata una visione per farmeli piacere.
Purtroppo, basta poco per fallire con questo tipo di film…credo che Lynch abbia varcato quella linea sottile.
È un cocktail dalla mescolatura assai blanda. Fin troppo blanda.
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lucaguar
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lunedì 2 dicembre 2019
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esperienza onirica o dilemma da risolvere?
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Commentare un film di D. Lynch è sempre complicato in quanto si deve rendere "a cose fatte" un tipo di esperienza sensibile che, proprio in quanto esperienza, non è invece nell'ordine del razionalizzabile, dell'analisi. Tuttavia dobbiamo tentare, perchè questo fa parte di noi umani, ed è forse proprio in questa tensione, in questo doppio fuoco tra reale e virtuale, tra scoperta e mistero, tra conscio ed inconscio che le opere di Lynch vivono e si rafforzano. Ovviamente il primo fuoco si riferisce all'esperienza vissuta mentre si sta guardando il film e il secondo a ciò che stiamo tentando di fare adesso ovvero, una volta visto, tentare di venire a capo, secondo qualsivoglia categoria, del crogiuolo di fenomeni che Lynch ci presenta e che frantumano via via sempre più i nessi temporali e spaziali man mano che si procede con il film.
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Commentare un film di D. Lynch è sempre complicato in quanto si deve rendere "a cose fatte" un tipo di esperienza sensibile che, proprio in quanto esperienza, non è invece nell'ordine del razionalizzabile, dell'analisi. Tuttavia dobbiamo tentare, perchè questo fa parte di noi umani, ed è forse proprio in questa tensione, in questo doppio fuoco tra reale e virtuale, tra scoperta e mistero, tra conscio ed inconscio che le opere di Lynch vivono e si rafforzano. Ovviamente il primo fuoco si riferisce all'esperienza vissuta mentre si sta guardando il film e il secondo a ciò che stiamo tentando di fare adesso ovvero, una volta visto, tentare di venire a capo, secondo qualsivoglia categoria, del crogiuolo di fenomeni che Lynch ci presenta e che frantumano via via sempre più i nessi temporali e spaziali man mano che si procede con il film. Il geniale regista ci porta quindi anche in questa sua opera verso un'esperienza in cui la "trama" è solo un pretesto per incunearsi nei meandri dell'esperienza per dilatarla fino ai limiti del sogno. Lynch ci insegna che il sogno non è soltanto qualcosa che vive il dormiente ma è, in fondo, tutta la nostra esperienza che può essere onirica. La dilatazione dello spazio-tempo e la tensione delle categorie razionali non arriva mai però ad una deflagrazione, ad una catastrofe ed è questa la grandezza di Lynch: c'è sempre un senso possibile da inseguire, una spiegazione da trovare, una via da percorrere, anche se questa via forse non la troveremo mai e altrettanto indecidibile resterà il fatto se Lynch non ci abbia voluto solo provocare con dei rompicapo in realtà non risolvibili dalla ragione. In quest'opera tutta la maestria del regista statunitense si palesa in modo grandioso, superata per intensità forse solamente da "Mulholland Drive". "Strade perdute" non è un film, è un'esperienza artistico-onirica ma che ci costringe sempre anche ad una grande interrogazione filosofica, che forse rimane e rimarrà senza risposta.
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figliounico
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venerdì 25 novembre 2022
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pirandelliano
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E’ un gioco perverso del regista con lo spettatore, l’uomo comune affamato di senso, ma, oltre le immagini e la colonna sonora, il senso della narrazione e l’immedesimazione con il protagonista, sempre affannosamente ricercate in un film, sono crudelmente, sadicamente negate da Lynch, che offre alla fine un surrogato di significato nella chiusura a loop, tuttavia ancora insoddisfacente, anzi angosciosamente diviso tra infinite spiegazioni incarnate nel volto trasmutante di Bill Pullman, che sta per assumere un ennesimo inquietante aspetto, forse il nostro. Lynch incornicia i personaggi nelle inquadrature che ci si aspetta per un noir, colora la scena con il rosso acceso delle tende ed il nero delle lenzuola, rappresenta la libido sotto le sembianze erotiche dell’avvenente vamp, Patricia Arquette, che nelle immagini proiettante sul grande schermo si rivela pura squallida pornografia, camuffa la violenza cieca degli istinti bestiali nei delitti di un usuale thriller poliziesco, mentre la realtà appare in bianco e nero nelle videocassette che riproducono i ricordi di ciò che verrà rappresentato nella finzione, i ricordi dell’autore, ossia il suo alter ego, il demone ubiquo impersonato da Robert Blake, di entrambe le storie, che si intrecciano e si sovrappongono, ovvero di un’unica storia che si sdoppia nella memoria, per poi riunirsi come in un sogno ad occhi aperti.
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E’ un gioco perverso del regista con lo spettatore, l’uomo comune affamato di senso, ma, oltre le immagini e la colonna sonora, il senso della narrazione e l’immedesimazione con il protagonista, sempre affannosamente ricercate in un film, sono crudelmente, sadicamente negate da Lynch, che offre alla fine un surrogato di significato nella chiusura a loop, tuttavia ancora insoddisfacente, anzi angosciosamente diviso tra infinite spiegazioni incarnate nel volto trasmutante di Bill Pullman, che sta per assumere un ennesimo inquietante aspetto, forse il nostro. Lynch incornicia i personaggi nelle inquadrature che ci si aspetta per un noir, colora la scena con il rosso acceso delle tende ed il nero delle lenzuola, rappresenta la libido sotto le sembianze erotiche dell’avvenente vamp, Patricia Arquette, che nelle immagini proiettante sul grande schermo si rivela pura squallida pornografia, camuffa la violenza cieca degli istinti bestiali nei delitti di un usuale thriller poliziesco, mentre la realtà appare in bianco e nero nelle videocassette che riproducono i ricordi di ciò che verrà rappresentato nella finzione, i ricordi dell’autore, ossia il suo alter ego, il demone ubiquo impersonato da Robert Blake, di entrambe le storie, che si intrecciano e si sovrappongono, ovvero di un’unica storia che si sdoppia nella memoria, per poi riunirsi come in un sogno ad occhi aperti. Del resto è quel che accade sempre nel quotidiano di ciascuno, laddove soccorre però, al risveglio mattutino, pietoso, il vecchio caro buon senso aiutandoci a ricostruire, secondo le più banali aspettative condivise dalla collettività, quella realtà univoca che Lynch ci mostra essere pura illusione, di cui bisognerebbe forse ridere unendoci alla sarcastica beffarda sonora risata delle due guardie che detengono le chiavi delle nostre prigioni mentali, in cui siamo personaggi diversi a seconda, pirandellianamente, delle storie che altri costruiscono per noi.
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