Strade perdute

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Un film di David Lynch. Con Bill Pullman, Patricia Arquette, Balthazar Getty, Robert Blake.
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Titolo originale Lost Highway. Thriller, durata 134 min. - USA 1996. - Cineteca di Bologna uscita lunedì 16 gennaio 2023. - VM 14 - MYMONETRO Strade perdute * * * 1/2 - valutazione media: 3,96 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

La bellezza di lasciarsi guidare dai sensi Valutazione 4 stelle su cinque

di Medz


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venerdì 1 giugno 2007

Che Lynch sia oramai un genio del cinema contemporaneo, è fuori discussione; ed è fuori discussione anche che i suoi film continuino a dividere ogni volta critica e pubblico, come è successo appunto per lo stesso “Strade perdute”: è un puro gioco intellettuale da parte di Lynch (ci sta prendendo tutti per i fondelli, sostiene qualcuno) oppure i suoi film sono veri capolavori? A mio avviso, i film di Lynch meritano tutta l’attenzione possibile perché un film di Lynch è un esperienza cinematografica difficilmente reperibile nel cinema di oggi. Storie cupe e buie, intrecci inverosimili, continuo alternarsi di sogno e realtà: questi in poche parole gli elementi tipici del nostro regista, e chi è riuscito a capire qualcosa delle storie dei suoi film è sicuramente degno di lode. Ma siamo sicuri che sia proprio questo l’importante? Siamo sicuri che sia estremamente necessario ricercare un senso e una spiegazione nei suoi film? Penso proprio di no. Un film come “Strade perdute” non va spiegato, ma va vissuto in tutta la sua intensità. I film di Lynch sono esperienze visive affascinanti, che lasciano indubbiamente il segno; David mischia volutamente in ogni sua opera le carte, ci fa perdere il filo della storia, ci porta in mondi dove niente è più comprensibile: allora noi ci troviamo smarriti, in balia delle immagini, persi nelle costruzioni mentali dei personaggi, e ci piace lasciarci trasportare dalle musiche, dalle immagini, anche se non capiamo più nulla oramai siamo catturati e stiamo seguendo con i protagonisti quelle folli strade perdute che probabilmente non conducono a nulla. Alla fine appaiono i titoli di coda e noi rimaniamo sconvolti, perché pensavamo che alla fine tutto fosse spiegato, ma non è così; eppure non ci rimaniamo male, perché quello che abbiamo appena vissuto è cinema vero, il cinema che con la potenza dell’immagine ci strappa via dal nostro mondo e ci catapulta in un altro mondo, dove ogni immagine è una scoperta, dove ogni sequenza è pura emozione. “Strade perdute” conferma appieno la regola, apparendo come un film totalmente fuori norma, un film per certi versi totalmente folle, ma in cui è maledettamente piacevole perdersi. La storia per Lynch ha un ruolo assolutamente secondario, è solo un semplice pretesto; Lynch non ama le storie, Lynch ama il cinema. E dietro tutto ciò Lynch costruisce comunque qualcosa su cui poggiare il film, un intreccio perfetto che se scoperto rivela ancora di più la sua originalità. Ma, come ho detto, non è essenziale scoprirlo. “Strade perdute” è il quartultimo film di David Lynch, girato nel 1996, tre anni prima del suo capolavoro assoluto, “Una storia vera”, un film su cui si può dire tutto tranne che sia un film Lynchiano; ed è sapendo che è riuscito a girare un film così straordinariamente differente dai suoi film precedenti, che possiamo confermare l’immensa bravura del maestro David; un film che è l’opposto di “Strade perdute”, dove di strada c’è ne è una sola, e la percorre un vecchietto a bordo di un lento tagliaerba; è un film in cui, lasciando da parte trame intricate e personaggi maledetti, Lynch porta sullo schermo la poesia e la forza immensa dell’immagine; un capolavoro, insomma. Due anni dopo girerà ancora un film bellissimo, tornando però al suo vecchio stile: “Mulholland drive”. Molti considerano “Strade perdute” un esercitazione prima di Mulholland, e forse è così. In effetti, “Strade perdute” risulta leggermente inferiore a quest’ultimo, forse per il non essere riuscito a sganciarsi totalmente dalla realtà, ed aver mantenuto in certi momenti lo stile del thriller tradizionale portando lo spettatore ad una continua ricerca della verità e forse non facendolo quindi perderlo completamente nei meandri del film: in “Mulholland drive” invece non ci si può più aggrappare a niente, perché il sogno è diventata realtà, la realtà è diventata sogno e lo spettatore vede i personaggi attraversare continuamente lo schermo senza sapere minimamente cosa stanno facendo e perché lo stanno facendo. Un sogno, un incubo, un viaggio magnifico. Il suo ultimo film, “Inland Empire”, uscirà invece nel 2007; speriamo che Lynch continui la sua formidabile carriera. Se proprio vogliamo guardare più approfonditamente “Strade perdute”, posso semplicemente dare la mia interpretazione: il film si presenta a mio avviso come un semplice e puro elogio della follia, dove niente è come sembra, ma tutto proviene da una mente malata, probabilmente quella del protagonista iniziale, interpretato da Bill Pulman. Già la costruzione della casa, con lunghi corridoi che si perdono nel buio, richiamano probabilmente i labirinti oscuri della sua mente. E che dire del personaggio con la faccia bianca, che appare in tutti i momenti cruciali della sua vita e che risponde chiaramente alla sua domanda “chi ti ha fatto entrare in casa mia?” “tu mi hai invitato”; un personaggio che potrebbe risiedere nella sua mente, come la seconda vita che si va a costruire in un intreccio continuo tra follia e realtà. Ma è difficile trovare un vero senso. Tutto è strano. Tutto è indefinito. A tal proposito, un inquadratura che rimane impressa del film e che secondo me racchiude in se stessa tutta la filmografia Lynchiana è quella subito successiva alla crisi nervosa di Fred, il sassofonista, all’interno della sua cella, che ci indica il suo “passaggio di identità”: un inquadratura in cui si vedono solo i contorni indefiniti di una persona, che tiene la testa tra le mani. Ecco: niente è chiaro, tutto è indefinito, ma ugualmente affascinante e stupendo, come quella inquadratura, che non può fare a meno di colpirti. Il film poi “degenera”: da horror-thriller che era all’inizio, diventa film d’azione, per poi sfociare in una travagliata storia d’amore e concludersi definitivamente come uno sporco pazzesco incubo; tant’è che viene spontaneo domandarsi durante il film cosa stia succedendo, quasi incerti che si stia guardando lo stesso film di prima, visto che dopo la prima mezz’ora tutto cambia completamente a partire dal protagonista; ma cambia anche lo stile, scompaiono i lunghi silenzi inquietanti dell’inizio e le cupe atmosfere angoscianti. Si rimane sbalorditi, affascinati, stupiti, sconvolti: e quando il cinema è in grado di fare ciò, è senza dubbio una buona cosa.

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