Anno | 2007 |
Genere | Documentario |
Produzione | Francia, Tunisia |
Durata | 81 minuti |
Regia di | Nadia El Fani |
Tag | Da vedere 2007 |
MYmonetro | 3,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 12 novembre 2014
Nadia El Fani ricerca i giovani comunisti di un tempo e li convince a parlare nonostante i rischi della dittatura.
CONSIGLIATO SÌ
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Nata a Parigi nel 1960 da madre francese e padre tunisino (Béchir el Fani, dirigente del partito comunista nazionale), la regista Nadia El Fani cresce a Tunisi in un'atmosfera di entusiasmo per i cambiamenti sociali in arrivo nel Paese, sulla spinta di una lotta planetaria per i diritti civili e la nascita di un "Uomo Nuovo". Approfittando dell'autorevolezza politica e culturale del genitore (già direttore della Biblioteca nazionale), ne raccoglie da adulta i ragionamenti - insieme a quelli di altri militanti e intellettuali a lui vicini - per ricostruire la storia del partito in Tunisia, tra teoria e impegno, orgogli e sconfitte, realtà e utopia. L'argomento è davvero poco esplorato, come rileva un benedicente Serge Toubiana (direttore degli storici "Cahiers du cinéma" tra gli anni '70 e '90, poi direttore della Cinémathèque française), nato anche lui, come Béchir, a Sousse. E, come Nadia, anche lui figlio di comunisti.
Intimità e politica sono elementi complementari e inscindibili in Ouled Lénine ("i figli di Lenin"): la prossimità della regista ai soggetti intervistati, il protagonismo, se pur contenuto, del padre e la quantità di temi centrali e controversi della politica mondiale lo caratterizzano in partenza come diario personale e pamphlet esplosivo. Le interviste in primo piano a una cerchia di conoscenti competenti si alternano armoniosamente alle passeggiate per lo più in esterni di Nadia e Béchir, nei luoghi a loro cari. Padre, figlia e intervistati non temono di esporsi sulla questione israelo-palestinese, di riaffermare la laicità come alternativa possibile (uno dei lavori successivi della regista, già assistente per Zeffirelli e Polanski, femminista e supporter di Amina e Femen, dissidente dal 2002 e minacciata da fondamentalisti islamici, s'intitola Laïcité, inch'Allah!), dando la coesistenza di religioni diverse non come un'utopia ma come un fatto (come nei matrimoni misti, all'ordine del giorno nella Tunisia cosmopolita degli anni '50). Molti temi s'intrecciano - non sempre agilmente, per lo spettatore occidentale - da una testimonianza all'altra, tra precise tappe storiche ed erratiche biografie individuali: la strumentalizzazione politica della religione, i rapporti del partito con l'Islam, il falso problema dell'integrazione, la relazione tra nazionalismo e questione identitaria post coloniale. E la nozione stessa di democrazia: Habib Bourguiba, primo presidente della Tunisia indipendente (dal 1956 al 1987), sciolse il Partito Comunista nel '63, costringendolo alla clandestinità fino al 1981. Oltre che documento storico, Ouled Lénine è invocazione a distinguere la lotta di liberazione dalla libertà di culto (e non), in ossequio al razionalismo della Rivoluzione francese. Girato prima della primavera araba, che proprio in Tunisia prese il via nel 2010, in un momento in cui il disincanto per un'ideologia da scarnificare non sacrifichi la tensione a un umanismo coerente, il film sceglie l'angolo preciso di alcune voci della militanza, costrette anche a una dura autocritica finale. Così facendo, storicizza e chiarifica un processo di emancipazione politica ancora lontano dalla soluzione.