Moby Dick

Film 2011 | Azione 112 min.

Regia di In-je Park. Un film con Jeong-min Hwang, Ku Jin, Kim Min-hee, Kim Sang-ho, Lee Kyeong-yeong, Bo-yeon Kim. Cast completo Titolo originale: Mo-bi-dik. Genere Azione - Corea del sud, 2011, durata 112 minuti.

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Ultimo aggiornamento mercoledì 11 aprile 2012

Una telecamera a circuito chiuso registra ininterrottamente tutto quello che ha di fronte.

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Caccia alla scoop.
a cura della redazione
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L'immagine fissa di una telecamera a circuito chiuso che ininterrottamente registra tutto quello che ha di fronte. Un'inquadratura che suggerisce immediatamente l'idea di controllo. È la prima inquadratura di Moby Dick.
1994, la Corea del Sud ha appena terminato il suo processo di democratizzazione e cerca un nuovo equilibrio. Forze sotterranee si muovono con lo scopo di destabilizzare la nazione. La popolazione ed i poteri istituzionali sono scossi da piccoli atti di terrorismo come un'autobomba su di un ponte. Un atto dimostrativo senza morti se non gli stessi attentatori. Sul caso si getta a capofitto Lee Bang-woo (Hwang Jeong-min, The Unjust) un giovane e caparbio reporter a caccia di uno scoop che dia una svolta alla sua carriera. Questi crea una piccola task force fatta dall'emergente Son Jin-gi ( il grande caratterista Kim Sang-ho) e dall'esperta informatica Seong Hyo-gwan (Kim Min-hee, Actresses) per indagare sul campo e decifrare i file criptati che Yun Hyeok (Jin Goo, Mother), misterioso amico del protagonista, gli ha fornito. Yun Hyeok ha disertato dall'organizzazione segreta per la quale lavorava come infiltrato e ora vive braccato. Il terzetto inizia ad indagare sui fatti inoltrandosi sempre di più in quella che, tassello dopo tassello assume i contorni di una cospirazione. L'organizzazione per la quale lavorava Yun Hyeok è potente, capillare e spietata e i giornalisti si trovano spesso a sbattere contro un muro di gomma. Tuttavia l'affiatamento che si crea tra i tre diventa man mano più forte infondendo loro il coraggio per non mollare nonostante lo scontro impari e i duri colpi subiti.
Nel capolavoro di Melville che da il titolo al film era l'ossessione a muovere il capitano Achab. Anche nel film di Park In-jae il motore della vicenda è la necessità morbosa di Bang-Woo di trovare uno scoop che provi a se stesso e agli altri di essere un valido reporter. La feroce balena si trasforma nel film in un'organizzazione tentacolare senza nome che manovra tutti i nodi del sistema, dalla polizia alle comunicazione rivelandosi un invisibile colosso. Il richiamo letterario si concretizza visivamente con due brevi ma incisive sequenze oniriche in cui il protagonista sogna di fluttuare nell'oceano vicino ad un gigantesco cetaceo. Quello al romanzo di Melville è tuttavia solo un omaggio, quasi un pretesto. Dove lo scrittore sondava le profondità della psiche umana, Park In-jae decide di seguire un'altra strada, quella di una narrazione semplice e lineare volta all'intrattenimento. Invece di insistere sullo stato d'angoscia e paranoia dei protagonisti, sul loro subire la situazione, il film decide di soffermarsi sull'aspetto investigativo, sulle indagini, e sulla reazione dei giornalisti per vincere la loro impotenza. L'azione si svolge quindi maggiormente in uffici improvvisati o nella redazione del giornale, luoghi che rimandano alla tradizione del cinema d'inchiesta giornalistica. I nostri protagonisti non sono reporter famosi ma fanno della loro caparbietà un'arma, rendendosi vicini al pubblico che parteggia per Davide piuttosto che per l'imponente Golia. Potrebbero ricordare i Dustin Hoffman e Robert Redford di Tutti gli uomini del Presidente, con la differenza che i due divi americani avevano più aplomb e di certo non avevano bisogno di fare le scale di corsa per scappare dagli inseguitori.
Park In-jae è molto diligente nel girare, con un gusto abbastanza classico per le inquadrature che rende la narrazione fluida. Quando osa lo fa con un certo rigore che non rende stucchevole il suo stile. Lo conferma la rappresentazione della particolare ambientazione storica. Un periodo in cui la Corea del Sud è da poco del tutto democratica ma con le prime avvisaglie della terribile crisi economica del 1997. Questa cornice storica è importante ai fine della storia ed è encomiabile lo sforzo di rendere quegli anni non solo attraverso costumi e scenografia ma soprattutto attraverso la loro atmosfera. Non osare può essere però limitante e in questo film qualche limite appare, ma considerando che Park In-jae è un esordiente lo si può perdonare. Qualche trucco comunque lo conosce. Come scegliere campi lunghi dall'alto che suggeriscano la sensazione di essere spiati. In questo modo siamo alla stregua del personaggio spiato ma allo stesso tempo - in quanto spettatori - spie noi stessi.

Di Luca Censabella, tratto dal catalogo Far East Film Festival 14

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