Online su Repubblica Spettacoli & MYmovies il documentario di Federico Micali: la storia di una straordinaria Comunità, dal ‘68 ad oggi. GUARDA ORA IL FILM.
In occasione del 70° anniversario della consegna delle chiavi - che ha dato il via alla creazione del quartiere Isolotto - il film Le chiavi di una storia - La comunità dell’Isolotto di Federico Micali è ora disponibile gratuitamente in streaming sulla sezione Repubblica Spettacoli & MYmovies.
La vicenda del quartiere popolare fiorentino sorto nel 1954, “la Città satellite” secondo il sindaco di allora Giorgio La Pira, ha proposto negli anni un modello di partecipazione civica collettivo, capace di unire politica e religione in modo orizzontale, per accogliere gli emarginati: la sua portata rivoluzionaria portò allo scontro con il Vaticano, l’eco arrivò sui media di tutto il mondo (dal New York Times a Le Monde, da L’Espresso a Paese Sera) per diventare un modello di riferimento che ancora resiste.
La voglia di raccontarci si lega ai vissuti personali entro una trama collettiva che ha generato consapevolezza, partecipazione e che ha reso il territorio dell’Isolotto protagonista di conquiste ed esperienze sociali innovative nella recente storia di Firenze. L’obiettivo è anche quello di offrire alle generazioni che non hanno vissuto o conosciuto tutto questo una chiave di lettura che permetta di trovare nella narrazione ragioni per leggere e affrontare le sfide del presente.
Il film documentario Le chiavi di una storia - La comunità dell’Isolotto di Federico Micali, sull’incredibile racconto della Comunità dell’Isolotto di Firenze, dalla contestazione del ‘68 alle attenzioni mediatiche da tutto il mondo con documenti rari d’archivio racconta la storia della Comunità attraverso una serie di testimonianze e l’uso di materiali di repertorio – molti dei quali mai utilizzati fino ad oggi - conservati presso l’archivio della Comunità stessa. “Sono stato coinvolto dalla Comunità per la realizzazione di questo lavoro - ha detto Micali - e sono rimasto colpito soprattutto da questo senso di identità collettiva. Mi sono quindi indirizzato verso un racconto corale e condiviso, senza protagonisti né voci narranti di una storia paradigmatica e rivoluzionaria”.
C’è stato un momento in cui il quartiere popolare dell’Isolotto di Firenze è stato al centro dell’attenzione mediatica mondiale, ne scrivevano dal New York Times, al Guardian, al francese Le Monde: la contestazione del ’68 si era allargata per la prima volta alla chiesa dove un’intera comunità stava praticando le idee del Concilio Vaticano II, per una chiesa aperta e senza potere. E l’Isolotto, quartiere operaio di periferia nato solo pochi anni prima, era il luogo perfetto in cui coltivare legami nuovi e obiettivi comuni. Ma questi ideali trovarono una forte opposizione da parte dei vertici ecclesiastici, tanto da far decretare l’estromissione del parroco (don Enzo Mazzi, che fu solidale con l’occupazione del Duomo di Parma nel 1968) e provocare una reazione del quartiere capace di iniziare un’inedita esperienza di autogestione orizzontale, e attenta alle disuguaglianze del mondo. Un’esperienza comunitaria cominciata in chiesa e proseguita nella piazza per oltre trent’anni, ed arrivata fino ad oggi, fuori dal “dominio del sacro”, e arricchita da molteplici iniziative sociali (dalla cura alla scuola, per la trasparenza e per il lavoro).
Il film ritorna - attraverso foto e video d’epoca - ai primi attimi di vita del rione fiorentino: da quando nel ‘54, nel nuovo quartiere popolare dell’'Isolotto, arrivò don Mazzi (compagno di seminario di don Milani), il prete che passava dalla parrocchia - al circolino comunista, che diceva messa guardando i fedeli e non dando loro le spalle, permettendone la traduzione dal latino. Dall’Isolotto “isola felice” durante l’alluvione a Firenze del ‘66, che aiutò gli sfollati diventando centro di smistamento, alla pubblicazione sulle pagine della rivista L’Espresso del “nuovo catechismo” ispirato alle idee del Concilio Vaticano II; dalla trasformazione degli edifici ecclesiastici in casa famiglia per giovani orfani o migranti, alla creazione di un proprio archivio e notiziario di quartiere, per gestire i momenti di attenzione internazionale. Fino agli episodi chiave del 1968 con la contrapposizione alle decisioni del Vescovo e la conseguente rimozione di Don Mazzi, l’occupazione della Chiesa e la resistenza alle provocazioni, fino alla conquista della piazza come luogo altro, orizzontale e aperto a tutti.