Delphine Deloget racconta la (dis)avventura esistenziale e la battaglia contro il sistema di una madre lavoratrice single, che Virginie Efira interpreta in modo convincente, viscerale, a tratti memorabile. Applaudito al Festival di Cannes 2023 e ora online su MYmovies ONE. GUARDA ORA IL FILM »
di Claudia Catalli
Un film sulla battaglia di una madre coraggio per riprendersi suo figlio, raccontata con un’interessante gamma di chiaroscuri. È Niente da perdere, debutto cinematografico nella finzione di Delphine Deloget, presentato nella sezione Un certain regard del Festival di Cannes del 2023 e incentrato sulla (dis)avventura esistenziale di una madre lavoratrice single con due figli a carico.
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Il più piccolo, Sofiane, resta gravemente ferito in un brutto incidente domestico e da quel momento i servizi sociali lo allontanano da casa. Un incubo per qualsiasi madre, e infatti Sylvie, la protagonista, non ci sta, decide di intraprendere una durissima battaglia, in primis con l’annosa burocrazia, per riottenere a tutti i costi la custodia di suo figlio.
La chiave più interessante e originale della scrittura di questo dramma insieme familiare e sociale dalla tensione costante è la caratterizzazione obliqua della protagonista, presentata da subito come tutt’altro che un’eroina virtuosa. È una madre imperfetta, una donna non gradevole, collerica e piena di ombre, che compie una serie di errori e risulta anche psicologicamente poco stabile.
Viene raccontata con piglio documentaristico nella verità della sua complicata quotidianità, e nel tumulto del dramma che vive. Un figlio che gli viene strappato via dalla “giustizia”, la necessità di resistere e di combattere.
Il film cede presto il passo a un enorme dibattito etico a cui viene chiamato a partecipare direttamente lo stesso spettatore: è più giusto restituire un figlio alla propria madre, o proteggere un minore e preservare la sua serenità, tutelandolo anche dall’intervento potenzialmente nocivo di sua madre?
Un interrogativo che resta sospeso, mentre si assiste a una delle migliori performance dell’attrice di origine belghe Virginie Efira, tra le interpreti più interessanti del panorama europeo, che qui interpreta in modo convincente, viscerale e a tratti memorabile la protagonista, una donna proveniente da un contesto di grande fragilità sociale che come il titolo ben recita non ha “niente da perdere” ed è pronta a rischiare tutto pur di riprendersi suo figlio (interpretato dal bravo Alexis Tonetti).
La sequela infinita di pratiche, permessi, terapie, visite a tempo, appelli e incontri con gli assistenti sociali sono il faticoso quanto fedele resoconto di un’ampia ricerca che la regista ha compiuto in prima persona sul sistema dell’assistenza all’infanzia francese, specie nei casi di abusi sui minori.
Ha coinvolto e intervistato assistenti sociali, avvocati, giudici e operatori del settore. Il risultato è una storia appassionante, ansiogena, angosciosa, ma soprattutto forte della realtà che affronta e racconta senza mezze misure. Una storia di resistenza e lotta, che nel mostrare quanto possa essere disumanizzante e alienante tutta la macchina amministrativa del sistema giudiziario, specie per una madre sola contro tutti, ha il merito di presentare la stessa vicenda secondo una moltitudine di prospettive: quella della madre, che si vede il mondo crollare addosso e cerca di reagire con rabbia e determinazione a un intero sistema che le rema contro, ma anche quelle degli assistenti sociali, consapevoli dell’esistenza di genitori disfunzionali.
Funziona la scelta narrativa e registica di non parteggiare apertamente per nessuna posizione in particolare, ma lasciare sospesa la questione su quale sia, in fondo, la vera giustizia. Seguendo di fatto la lezione di un indiscusso maestro del cinema mondiale come Ken Loach: il cinema resta un mezzo potente per porre domande.