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«Alice nella città 2019? Un grande successo da cui ripartire»

Gianluca Giannelli e Fabia Bettini, direttori della sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, tirano le somme di un'annata record.
di Paola Casella

Angelina Jolie (Angelina Jolie Voight) (49 anni) 4 giugno 1975, Los Angeles (California - USA) - Gemelli.
mercoledì 30 ottobre 2019 - Incontri

Alice nella città tira le somme della sua 17esima edizione - un'annata record che, al netto della proiezione di preapertura Maleficent alla presenza di Angelina Jolie e Michelle Pfeiffer e di quella di Light of My Life alla presenza di Casey Affleck, che chiuderà ufficialmente i lavori, ha visto crescere esponenzialmente il numero degli accreditati e degli spettatori. E Gianluca Giannelli, insieme a Fabia Bettini ideatore e direttore della sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, commentano l'edizione appena conclusa.

Come definirebbe Alice nella città nel 2019?
Accogliente: abbiamo sentito intorno a noi un abbraccio, un calore, una capacità di riconoscersi. Non per niente abbiamo chiamato il nostro punto di ritrovo Casa Alice, perché non vogliamo diventare elitari, e non ci interessa lo sguardo aereo. Nonostante questo ci viene riconosciuta una grande qualità, anche da testate internazionali come Variety, e siamo riusciti a mantenere un rapporto anche con il mercato.

Si può parlare di "modello Alice"?
Il modello si impone, il nostro invece è uno stare insieme: un modo di vivere, di ragionare, e di creare speranza. Si tratta semplicemente di ascoltare e non generare distacco. In questi ultimi anni ci siamo dedicati ad un pubblico più ampio, partendo dalle scuole, che continuano ad essere il focus della nostra ricerca, e arrivando ai molti accreditati e ad una critica attenta, colta, indipendente, che negli ultimi anni ha saputo cesellare più in profondità certi temi, quando la carta stampata, anche per mancanza di spazio, a volte non riesce a creare questa connessione. E le cose vanno lette sia in termini di empatia che di numeri.

Appunto: quali sono i numeri di questa edizione di Alice?
C'è stato un incremento del 29% sui biglietti emessi, 6000 in più rispetto al 2018, e un +41% degli accreditati. Certo, abbiamo aggiunto due sale: quindi 25 proiezioni in più rispetto all'anno precedente, fino a un totale di 120. E siamo passati da 199 posti in sala a 500.

La buona notizia è che li avete riempiti tutti.
Significa che c'è un'audience che vuole partecipare, e che c'è stato un buon passaparola. E vuol dire che abbiamo saputo fare Festa con tutto il pubblico, che è l'anima di questa manifestazione e della città, partendo dalle scuole. C'è stato un dialogo stretto con gli accreditati, con la critica, e ci siamo allontanati da un modello dal fiato corto.


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In foto il regista Jacques Doillon.
In foto l'AD di MYmovies Gianluca Guzzo (a sinistra) con la giuria del Premio MYmovies Opera Prima.
In foto la sala piena durante la masterclass dei fratelli Dardenne.

Si spieghi meglio.
Il successo di questa edizione di Alice nella città sottolinea che il festival deve essere un mezzo di inclusione sociale, che non deve mai creare distacco col pubblico. Bisogna creare un'anima, un contatto, uno spirito, un clima di dialogo.

E quell'identità precisa che talvolta è mancata alla Festa.
Noi possiamo parlare per Alice nella città. La fisionomia di un festival ricalca chi la costruisce. Noi siamo un collettivo, un gruppo di persone che per il pubblico, per i film. È chiaro che anche per noi è fondamentale che quei film vengano accompagnati, ma non perché attori e registi debbano fare le passerelle, ma perché possano interagire con il pubblico. I Dardenne quest'anno ad Alice non hanno fatto solo la Masterclass ma hanno continuato ad incontrare i ragazzi, a creare empatia; Carlo Verdone è venuto tre volte per partecipare a tutta una serie di attività con i giovani. Dobbiamo arrivare a quelli che non ci ascoltano, non a quelli che già lo fanno. Altrimenti che senso ha?

Come si sta sviluppando il vostro lavoro con le scuole?
La scuola è centrale nel lavoro di chi vuole stare a contatto con il nuovo spettatore, e ha bisogno di un ascolto sempre più profondo. Noi continuiamo a mantenere rapporti con tutti i sistemi scolastici di qualsiasi ordine e grado, durante tutto l'anno, con attività di formazione e di educazione all'immagine. Questo continuo dialogo si conclude e riparte nell'attività festivaliera. Il percorso 'Scelte di classe' realizzato con il supporto del Mibact e del Miur per tutto l'anno interagisce con gli insegnanti e gli studenti e Alice nella città smuove ad oggi diecimila ragazzi. Potremmo avere ancora più pubblico giovane se avessimo gli spazi e le sale pronti ad accoglierlo: quest'anno abbiamo dovuto dire no a 3000 ragazzi pronti a partecipare.


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In foto Carlo Verdone.
In foto Gabriel Omar Batistuta con la moglie.
In foto Gabriele Muccino con il produttore Domenico Procacci.

Come avviene la selezione dei titoli di Alice?
Per il concorso, indirizzato ad un pubblico di adolescenti e di ragazzi delle medie, cerchiamo film con argomenti che possano essere "letti" anche da loro. La scelta va incontro alla qualità, l'onestà e la volontà di non essere mai consolatori, perché abbiamo bisogno di storie vere, autentiche. E la scommessa è quella di forzare l'idea del film "a misura di", cioè provare ad alzare l'asticella, il livello di relazione adulta che devi dare al pubblico nuovo. Per Panorama internazionale raccogliamo titoli provenienti da altri festival, mischiando film di grandi autori a film di scoperta. Infine Panorama Italia è lo spazio per recuperare quei titoli italiani che sfuggono alla rete dei grandi festival ma che invece hanno una grande forza.

Una bella scelta, per il pubblico.
Lo scopo di un festival dovrebbe essere questo: stare in mezzo al pubblico per offrire una pluralità di visioni, affinché possa decidere cosa è bello e cosa è brutto, cosa è vero e cosa è falso. Ormai abbiamo capito che gli incontri a Roma funzionano sempre, perché il pubblico romano sin dalla sua prima edizione cerca il contatto, vuole vedere e capire. Oltre ai grandi blockbuster un festival deve osare, dare la possibilità ai critici di scoprire e al pubblico di ragionare sulle cose. Altrimenti è inutile, diventa un multisala.

Qual è il rapporto fra Alice, la Festa e la città di Roma?
Dopo diciassette anni siamo riusciti a ritagliarci uno spazio, che è quello della connessione e dell'ascolto con il pubblico nuovo. Roma è una città che vive la sua routine oltre il festival, non come il Lido o Cannes, dove tutto si muove in funzione di questi macro eventi. E il pubblico che può creare quel clima a Roma è quello dei giovani: aprire loro le porte deve essere un asset strategico di cui tenere conto.

Eppure le due sale aggiuntive di Alice quest'anno erano un po' sacrificate.
Qui entra in gioco la discussione organizzativa del festival. Visti i numeri e il successo di quest'anno, siamo certi che in futuro la nostra programmazione avrà una maggiore accoglienza nelle sale dell'Auditorium, perché sarebbe un peccato penalizzare proprio quel pubblico che non dobbiamo dimenticare è il motore della manifestazione.


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