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Storia 'poconormale' del cinema: le 7 sorelle (II parte)

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema secondo Farinotti.
di Pino Farinotti

Puntata 15
Charles Chaplin (Charles Spencer Chaplin) Altri nomi: (Charlie Chaplin, Charlot) 16 aprile 1889, Londra (Gran Bretagna) - 25 Dicembre 1977, Vevey (Svizzera).

venerdì 5 giugno 2009 - Focus

Puntata 15
Una delle sorelle, la United Artists, possiede fin dall'inizio un'identità di gran classe e assolutamente spettacolare. I nomi che si uniscono per la fondazione sono semplicemente i più importanti del cinema di quella stagione, siamo ancora nel muto. Sono Charlie Chaplin, il grande clown, l'uomo spettacolo più popolare del mondo; Douglas Fairbanks, colui che ha inventato l'avventura nei film, Mary Pickford la diva più amata del tempo, e D.W. Griffith, il genio che ha nobilitato il cinema, che ha giustificato e "firmato" la definizione "settima arte". Successivamente si aggiunsero altre due leggende, Gloria Swanson e Rodolfo Valentino. Nomi di tale prestigio ritennero di dare alla casa un abbrivio irresistibile che si sarebbe mantenuto a lungo come volano inarrestabile. Così i manager responsabili gestirono in quella presunzione. La United non ebbe mai studi propri, sopperiva producendo storie in esterni. Ma col tempo l'affitto di studi di altre major divenne un costo insostenibile, un limite che compromise la sopravvivenza della United. Nei decenni la crisi si consolidò e nel 1980 la produzione dell'infelicissimo Cancelli del cielo diede il colpo di grazia. L'anno dopo la Metro assorbì la United. La nuova compagnia si chiamava MGM/UA Entertainment.
Successivamente una banca francese acquistò il marchio dal quale tolse UA, definitivamente. Fra i titoli memorabili delle prime grandi stagioni, la memoria del cinema riporta un "principe western" Mezzogiorno di fuoco, e la commedia più divertente di tutti i tempi, A qualcuno piace caldo.

Autocelebrazione
Alla Paramount furono sempre bravissimi nell'autocelebrazione. Furono loro a intuire l'importanza della promozione. Un'indicazione in quel senso la dà la didascalia "Se è della Paramount è il miglior film in città". Uno slogan terribilmente funzionale, che poggiava su un'altra delle identità della compagnia: se "in città" entravi in una sala cinematografica c'erano molte possibilità che quella sala fosse di proprietà della Paramount. I nomi decisivi della Casa, in chiave artistica, erano C.B. De Mille e Ernst Lubitsch. I due si integravano alla perfezione. A De Mille appartenevano più attitudini, era organizzatore, produttore ma soprattutto regista col senso del colosso.
Gli si devono titoli come I dieci comandamenti (due edizioni, del '23 e del '56), Sansone e Dalila e una serie di western certamente adulti, con un'estetica incomparabile, interpretati da Gary Cooper. Lubitsch era un tedesco arrivato a Hollywood nei primi anni venti, cioè un decennio prima della grande emigrazione di talenti, dovuta all'avvento di Hitler. Lubitsch portò la miglior cultura tedesca ed europea: l'espressionismo, che ben conosceva in tutte le forme, cinema-teatro-arti figurative. I suoi film (Ninotchka, Scrivimi fermo posta, Vogliamo vivere) sono pieni di classe e di intelligenza, portatori un umorismo sottile e perenne. Il regista fu un perfetto assemblatore e mediatore delle due culture. C'è un film Viale del tramonto, di Billy Wilder, perennemente citato fra i dieci capolavori in assoluto del cinema, che è un magnifico spot della Paramount. Lo sceneggiatore William Holden entra ed esce continuamente dal famoso cancello che introduce agli studi. La ritualità voleva che quel cancello illustrasse la misura del successo. Gloria Swanson fa Norma Desmond nel film di Wilder. È una diva tramontata, nessuno la chiama più. La produzione le telefona solo per affittare la sua Isotta Fraschini. Il cancello le si apre, ma solo per un vecchio ricordo. E l'antica diva lo attraversa su quella macchina altrettanto antica, con l'autista, in pompa magna, salutando un pubblico che non c'è più.
In Viale del tramonto De Mille, in pantaloni da cavallo e frustino porta un contributo di immagine a se stesso e alla Paramount, facendo De Mille mentre dirige Sansone e Dalila.

Identificatori
Ciclicamente la compagnia si autoproduceva, girava film in cui tutti i suoi divi apparivano in gag facendo se stessi. Grandi identificatori della Paramount furono, negli anni d'oro, Bing Crosby e Bob Hope, spesso in coppia nella serie Road To. Dopo il loro tramonto, la tradizione comica consolidata nella genetica della Casa non andò perduta grazie all'avvento di Jerry Lewis. In Hollywood o morte Lewis è col compagno Dean Martin. Vedono un tizio di colore che saltella impazzito di gioia. Jerry dice: "devono avergli dato i film Paramount da distribuire nel Sahara". Quel marketing non dimenticava mai di porre un promemoria di promozione. Sempre in grande stile, naturalmente. Finita l'epoca del colosso i dirigenti si adeguarono ai tempi. Negli anni cinquanta si segnala Il cavaliere della valle solitaria di George Stevens con Alan Ladd, un western magnifico, mai sorpassato, nuovo e riformatore, al quale si sarebbe ispirato il nostro Sergio Leone.

Hitchcock
Un segnale davvero positivo è l'adesione alla compagnia di Alfred Hitchcock che ebbe un budget cospicuo per dare ai suoi film una cifra di spettacolo oltre che di qualità. La finestra sul cortile e Caccia al ladro sono hollywoodiani, ma tenuti nei confini di un certo gusto. Sono americani senza essere "americanate". E se si parla di gusto non è possibile non fare la seguente citazione: Colazione da Tiffany con una Audrey evoluta, in una storia tratta dal romanzo di uno scrittore storicizzato, Capote, per la regia di un autore pieno di stile, Blake Edwards, e con una musica che sarebbe diventata leggenda, "Moon River" di Henry Mancini. Erano gli anni Sessanta.

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