Hereafter |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Matt Damon, Cécile De France, Joy Mohr, Bryce Dallas Howard, George McLaren, Frankie McLaren, Thierry Neuvic.
continua»
Drammatico,
durata 129 min.
- USA 2010.
- Warner Bros Italia
uscita mercoledì 5 gennaio 2011.
MYMONETRO
Hereafter
valutazione media:
4,09
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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un diverso Clintdi olgadikFeedback: 9778 | altri commenti e recensioni di olgadik |
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venerdì 14 gennaio 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Argomenti come questi affrontati dal vecchio leone americano nel film sono di quelli che imbarazzano e insieme attraggono. Ci riguardano direttamente, anche se ognuno li affronta secondo la sua esperienza e formazione. Tutti, almeno una volta, ci siamo interrogati sul mistero della morte, sulla relazione tra questa e la vita, sui meccanismi profondi che una perdita induce nelle persone. A maggior ragione è logico che lo faccia un regista che non smette di stupirci alla soglia degli ottantuno anni e che ha già in preparazione un altro film. Direi che la mano del maestro nel manovrare con fluida naturalezza la macchina da presa non ha subito grossi mutamenti; il montaggio è efficace come sempre, tutto si svolge in un continuum fatto di tecnica e scrittura. Solo due elementi cambiano rispetto alle opere precedenti: l’uso all’inizio degli effetti speciali per descrivere un rovinoso tsunami e la struttura del racconto che segue tre vite parallele in luoghi lontani e diversi, destinati alla fine ad incontrarsi. Nessuno dei due è nuovo nel cinema americano. Del primo si fa costante abuso in filmacci tutti uguali e assolutamente improponibili anche nel genere fantascienza; del secondo si è fatto uso in opere di vario valore, alcune molto interessanti (cito per tutte Crash, Babel e America oggi). Ma agli effetti speciali Eastwood dà un significato pregnante anche perché il fenomeno naturale di riferimento esiste e si è verificato nella realtà di recente; usando invece la struttura frammentata, i cui pezzi si ricompongono alla fine, ha voluto sottolineare come in luoghi diversi e lontani le reazioni di fronte a certe domande siano molto simili per tutti. Le vite al centro del racconto hanno in comune esperienze estreme rispetto alla morte. La giornalista francese Marie Lelay l’ha vista, il ragazzino inglese Marcus la subisce senza trovare pace dopo la fine accidentale del suo gemello, George, un sensitivo americano che riesce a mettersi in contatto con i morti degli altri, a furia di condivisione ha sentito la sua esistenza invasa dal dolore. Per tale motivo ha smesso di utilizzare quel “dono” - per lui una condanna – e ha scelto di fare una vita normale. Nel corso del racconto i personaggi vengono inquadrati ognuno nella città dove vive, con una fotografia nitida e allusiva nel ritagliare gli spazi più adatti a qualificare il tipo di vita di ciascuno. Sullo sfondo di queste esistenze colpite in vario modo, c’è il rapporto difficile con l’aldilà inteso come presenza o come assenza. Il regista non fa l’errore di offrire soluzioni al riguardo ma presenta il problema da vari punti di vista. C’è chi sostiene che la morte azzera tutto, chi studia e affronta scientificamente i fenomeni paranormali e le mutazioni del cervello umano durante il coma, scrivendo al riguardo su pubblicazioni scientifiche. C’è chi sfrutta i bisogni di interrogare la morte e l’aldilà a livello di puro guadagno, da cinico ciarlatano. C’è infine chi mette al servizio dell’altro una facoltà difficile da vivere nella realtà ma consolatoria per il suo prossimo. Come uscirne? L’unico scioglimento che Eastwood offre a tali domande è di abbandonare il passato, abitato da una perdita o da un evento traumatico come il coma, per un futuro che può avere il sapore dell’amore e di nuovi affetti. Se non possiamo esplorare più di tanto l’aldilà del confine possiamo riappropriarci con energia e tenerezza dell’aldiquà. Gli attori sembrano tutti all’altezza del compito; in particolare lo sono le due protagoniste femminili. Belle e diverse, l’una solare e diretta, l’altra vibratile come un cerbiatto. Commovente anche il risultato del piccolo sensibilissimo Marcus. Tra i limiti del film citerei un eccesso di lacrime e momenti patetici, appannaggio, come spesso avviene, di personaggi non adulti. Anche il finale mi è apparso un po’ meccanico e frettoloso, perché l’approccio tra i due protagonisti adulti, da lontanissimo si fa precipitoso e poco plausibile nel suo immediato volgere in sentimento amoroso. Ma a un regista così qualche smagliatura si può perdonare.
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