Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York

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Un film di Roman Polanski. Con Mia Farrow, John Cassavetes, Ruth Gordon, Sidney Blackmer, Maurice Evans.
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Titolo originale Rosemary's Baby. Fantastico, durata 136 min. - USA 1968. MYMONETRO Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York * * * * - valutazione media: 4,13 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Sembra che ti abbia morso un topo!!!

di Howlingfantod


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giovedì 27 dicembre 2018

I grandi film a ogni visione aggiungono qualcosa. Rosemary’s baby appartiene alla categoria. Forse perché parla anche del nostro tempi intrisi di paranoia e sfondi distopici. La paranoia è la protagonista principale del film, più dell’eterea, bellissima e giovanissima Mia Farrow nei panni di Rosemary Woodhouse che con il novello marito Guy, un sanguigno John Cassevetes nei panni di un attore in crisi di parti va a vivere in un appartamento nuovo a Manhattan. L’appartamento, lo spazio chiuso emblema dell’ossessione, uno degli archetipi del cinema di Polanski da “The Locataire” in avanti, diventa il proscenio del gioco al massacro che si scatenerà. L’appartamento dei vicini è abitato da due anziani e invadenti coniugi con lui Roman Castevet (significativa in chiave interpretativa la traslitterazione del cognome del co-protagonsita Guy-Cassevetes e il nome di Polanski stesso) e la moglie Minnie nei suoi grotteschi abiti. In realtà si scopriranno essere i capostipiti di una setta di satanisti con Roman stesso figlio di un già noto stregone coinvolto in avvenimenti dai truculenti esiti.Lo stacco al tranquillo menage a due, pur con l’aggiunta delle figure dei bizzarri ma apparentemente innocui vicini di casa e che fino a quel punto fa apparire il film come una tranquilla commedia borghese, avviene in modo dirompente con il colpo da maestro che un peso massimo come Polanski sa mettere in atto nella scena del delirio, sempre in bilico fra sogno e realtà, nello strupro-rito collettivo, quando Rosemary viene posseduta dalla creatura mostruosa, si suppone Satana in persona, rimanendo gravida, come si scoprirà essere stato pianificato dall’inizio. “Sembra che ti abbia mostro un topo” le dice un sacerdote che le appare nell’incubo: i topi sono simbolicamente i preti, sacro e demoniaco si mescolano. E’ questa mirabile scena lo snodo del film. Cambio di genere in modo netto e repentino: dalla commediuola sciocca, senza che lo spettatore abbia avuto il tempo di decifrare i contorni, si passa al thriller, al gotico, al demoniaco. La scena successiva si svolge di nuovo la mattina, al risveglio, nel letto sfatto come nella più classica commedia sentimentale con Guy che dice ammiccante a Rosemary che è stata una notte infuocata, come se nulla di strano fosse accaduto, visto che lei non ricorda quasi niente a causa della luciferina pozione somministratagli la sera prima dal marito in combutta coi satanisti. Quel quasi è la chiave perché Rosemary, in parte già sospettosa, è riuscita a rimanere parzialmente vigile non avendo bevuto tutta la pozione somministratagli dal marito che in pratica ha venduto l’anima al diavolo per la sua arte, in concreto per ricevere la parte in un’importante commedia. Sono queste continue interpolazioni incubo-realtà, angelico-demoniaco a inquietare e a prendere per mano lo spettatore che nella compenetrazione dei due piani si smarrisce come se si trovasse in una casa stregata dalla quale non riesce a uscire, come si sente Rosemary in preda al complotto dei “brutti stregoni”, lei con la quale ci troviamo a svolgere lo stesso percorso, progressivamente sempre più inquietante, in un’immedesimazione pressoché totale, un espediente d’autore che aumenta a dismisura il contenuto ansiogeno del film.Non è solo un classico film di genere, imitato a più non posso con esiti discutibili, perché Rosemary’s Baby e anche molto di più, è un capolavoro che nei suoi meccanismi interni genera una profonda riflessione sull’ arte.

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