Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York |
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Un film di Roman Polanski.
Con Mia Farrow, John Cassavetes, Ruth Gordon, Sidney Blackmer, Maurice Evans.
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Titolo originale Rosemary's Baby.
Fantastico,
durata 136 min.
- USA 1968.
MYMONETRO
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Un incubo all'ultimo respiro in piena regola.
di Great StevenFeedback: 70008 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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domenica 31 gennaio 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
ROSEMARY'S BABY – NASTRO ROSSO A NEW YORK (USA, 1968) diretto da ROMAN POLANSKI. Interpretato da MIA FARROW, JOHN CASSAVETES, RUTH GORDON, SIDNEY BLACKMER, MAURICE EVANS, RALPH BELLAMY, ANGELA DORIAN, PATSY KELL, ELISHA COOK JR.
Rosemary ha sposato di recente l’attore Guy Woodhouse, e la coppia sta per stabilirsi in un appartamento di New York. I due non hanno figli, ma sperano di metterne al mondo al più presto. Un giorno Rosemary fa amicizia con Teresa, un’ex vagabonda tossicodipendente che ora vive insieme ai signori Castavetes, Roman e Minnie, che l’hanno adottata praticamente come una figlia. Ma quando Teresa si defenestra dal balcone e muore suicida, l’evento tragico segna il definitivo ingresso dei Castavetes nella vita, anche intima, di Rosemary e Guy. Quest’ultimo, intenzionato più che mai ad avere successo sul palcoscenico, arriva a stringere un tacito patto col diavolo che coinvolge strettamente sua moglie. Poco a poco, Rosemary comincia a sentirsi infastidita dalle visite sempre più invadenti e oppressive di Roman e Minnie, finché non giunge a sospettare una congiura demoniaca architettata dai due vicini insieme al marito, a danno di lei e soprattutto del bambino che le sta crescendo in grembo. Quando il pargolo viene partorito, ha le sembianze del "figlio di Satana", e Rosemary deve arrendersi e constatare che il seme del male le è stato iniettato nel ventre e che, per pagare tutta la fortuna che lei e il consorte hanno ricevuto, questo è stato il relativo, e inevitabile, scotto. Il primo grande capolavoro di Polanski, un thriller perfettamente congegnato nella ricerca non affannosa della suspense e nella dovizia di particolari intriganti e inquietanti che crescono con l’aumento progressivo della tensione per l’intera durata del film, la cui narrazione non perde un colpo e aggiunge, nel sottotesto, una dose massiccia di umorismo nero o addirittura caustico nella descrizione di un ambiente tipicamente newyorkese del benessere che purtroppo si fonda prevalentemente sulla meritocrazia, sul clientelismo, sulle giuste conoscenze (che spesso si traducono in raccomandazioni) e, ultimo elemento ma solo in quest’elenco, sulla sopportazione di rapporti di vicinato frequentemente sfacciati e indelicati. Un quartetto di attori principali messo insieme e capace di rendere sulla scena una relazione di gruppo che evita accuratamente la recitazione corale e permette ad ogni interprete di esprimersi con pienezza ed efficacia nel suo personaggio, magari con una leggerissima discriminazione di genere: M. Farrow è una protagonista inquieta e tormentata che cerca un’esistenza "normale" e rincorre gli affetti che però sovente le arrivano a mancare, mentre R. Gordon (Oscar per la migliore attrice non protagonista) brilla di luce propria nell’imbastire la parte querula, pettegola e insistente di una donna di mezz’età che si interessa costantemente di affari che non la riguardano per poi rivelarsi, non all’improvviso ma in maniera perfidamente graduale, collaboratrice nel patto diabolico che infiltra il germe della malignità nel corpo di Rosemary. E non è da mettere in secondo piano il fatto che Rosemary, per quanto risulti una vittima inconsapevole, burattino nelle mani di un gioco soprannaturale che le rimane pressoché sconosciuto nonostante le sue ricorrenti incursioni notturne nei sogni di lei, tenti di agguantare uno spiraglio, seppur minuscolo, di serenità interiore e innato desiderio materno mentre intorno a lei aleggiano con una spaventosa continuità le vogliose intenzioni di affermazione del marito, i commenti sarcastici e sadici delle petulanti amiche di famiglia e specialmente la presenza ingombrante e invasiva di Roman e Minnie, coniugi all’apparenza espansivi e socievoli, per quanto comunque incontestabilmente narcisisti, che hanno già ben chiaro in mente un piano da architettare a discapito di una povera donna nella cui mente, dopo il parto, aleggerà per un tremendo momento il pensiero di non voler accudire il bambino. A tal proposito, anche a livello grafico, è eccezionale l’idea di mostrare, per due fuggevoli secondi, il volto mostruoso, ma anche bisognoso di affetto e a suo modo sfortunato, del fantolino demoniaco. Polanski dirige un apologo sulle figure genitoriali e sulla necessità del male per conquistare importanti obiettivi di vita in una metropoli statunitense indifferente che accoglie questi caratteri squilibrati plasmandoli a proprio piacimento e punendo chi non merita sanzioni o tribolazioni. In questo senso, il suo congenito gusto per l’impunità e la tortura psicologica è già molto puntiglioso e maturo in questa pellicola che sicuramente si è ritagliata gagliardamente un posto d’onore nel cinema thriller di tutti i tempi per come analizza, con sardonico compiacimento, le volontà delle figure umane che popolano la sua storia. Tratto dall’omonimo romanzo (1967) di Ira Levin. L’opera ha avuto anche un sequel realizzato esclusivamente per la televisione, uscito nel 1976 e ingenuamente intitolato Guardate cosa è successo al figlio di Rosemary.
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