Un affare di famiglia

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Un film di Kore'eda Hirokazu. Con Lily Franky, Sakura Andô, Mayu Matsuoka, Kirin Kiki, Jyo Kairi.
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Titolo originale Shoplifters. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 121 min. - Giappone 2018. - Bim Distribuzione uscita giovedì 13 settembre 2018. MYMONETRO Un affare di famiglia * * * * - valutazione media: 4,14 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Memorie (di una famiglia) dal sottosuolo Valutazione 4 stelle su cinque

di Eugenio


Feedback: 33754 | altri commenti e recensioni di Eugenio
venerdì 22 febbraio 2019

Un piccolo capolavoro l’ultimo film del regista Koreeda Hirokazu, palma d’Oro al Festival di Cannes del 2018 e ora in dvd., Un film fatto di silenzi, delicato, intenso, che ha come cuore il fulcro familiare, un dramma alla Yausjiro Ozu che abbraccia anche echi del cinema di Kurosawa.. E con Un affare di famiglia (titolo originale Shoplifter), quell'abbraccio è feroce, bello e amorevole come quello di una madre che cerca di eliminare tutte le paure di suo figlio.
C’è una summa del pensiero di Koreeda Hirokazu in questo film: tristezza, degrado, felicità, passione e apparenza.
Perché in Un affare di famiglia niente è ciò che sembra e l’analisi a misura d’uomo lucida e spietata di una famiglia giapponese “improvvisata” all’ultimo gradino della scala sociale non sembra proprio un modello da seguire con la sua alternanza di lavori molto umili e piccoli furti o prostituzione. Qualcosa di cui in parte potremmo rimaner indignati, un rivolo di rabbia che si gonfia, si ramifica e poi esplode a delta nei momenti finali in una foce di un fiume nervoso ed empatico, in un umanesimo che abbraccia il cinema moderno dispiegando compassione.

Comincia con una vena delicatamente comica, leggera come una colonna sonora, il padre Osamu (l'insostituibile Franky Lily) e il tipo di figlio Shota (Kairi Jyo) si muovono con grazia in un supermercato con il figlioletto che viste le modeste necessità della famiglia, infila qualcosa nel suo zaino. Vivono in un appartamento angusto che appartiene alla loro nonna non vera (il bravo Kilin Kiki) e che condividono con la moglie di Osamu Nobuyo (Sakura Ando, ​​ottima la sua perfomance solitaria nella scena finale luminosa e straordinaria) e la prostituta Aki (Mayu Matsuoka). Nessuna di queste persone ha un vero e proprio legame di sangue, ma si definiscono collettivamente Shibata. Sono quindi una famiglia che sta per diventare più numerosa. Sulla strada di casa in una notte gelida, Osamu e Shota notano, infatti, una bambina, Juri (Sasaki Miyu), abbandonata e la portano con loro. All'inizio Nobuyo non vuole avere niente a che fare con lei, ma a tempo debito si affezionerà alla ragazza con una tenerezza penetrante, verso la quale crescerà progressivamente un legame affettivo, forse superiore a quella della madre “putativa”.

La bellezza di Un affare di famiglia non è la storia, o almeno, non è questo l’intento del regista. Sono i dettagli, piccoli, minimi a rendere la pellicola nelle sue due ore, intensa e unica. Il ballo sensuale di Aki dinanzi a un “cliente” incapace di parlare, l’abbraccio di due reietti che trovano nel sesso lo sfogo e il denaro, l’atmosfera da “mangiatori di patate” di un quadro di Van Gogh, è una bellezza così suggestiva da sembrare effimera eppure così acuta da apparir dolore. E l’abilità del cineasta è riuscire a trasmettere le emozioni, senza mai rallentar il colpo, senza un momento di noia. Persino all’inizio nel fischiettar incurante del piccolo Shota a sostituir merce dagli scaffali, invertendo prezzi e cifre, si aggira già qualcosa nel corridoio della nostra anima: emozione.
Un’emozione che Koreeda riesce a comporre al culmine, nello sviluppo lento ma necessario di una famiglia. La precarietà, l'unione incerta, introduce elementi sorprendenti e oscuri che ci costringono a rivalutare le motivazioni di Shibata, interrogandoci sull'idea, centrale nel corpo di lavoro di Koreeda di “famiglia”, coacervo consanguineo o acquisito? in una conclusione dai vaghi rimandi all’Arminuta della Pietrantonio (per citare un esempio “italiano” letterario) amara e ineluttabile, mettendo in campo società, felicità e libero arbitrio. In questo lamento sommesso e ameno di questi Shoplifters ovvero “taccheggiatori del sottosuolo”, in questo mondo che anche se preferiamo non vedere, appartiene a tutti noi.

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