Il filo nascosto |
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Un film di Paul Thomas Anderson.
Con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps, Lesley Manville, Sue Clark.
continua»
Titolo originale Phantom Thread.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 130 min.
- USA 2017.
- Universal Pictures
uscita giovedì 22 febbraio 2018.
MYMONETRO
Il filo nascosto
valutazione media:
3,98
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Daniel creò la donna e scoprì i propri limiti
di Emiliano Morreale La Repubblica
Paul Thomas Anderson si conferma uno dei più grandi registi americani di oggi, forse il più grande, con un film in apparenza diversissimo dal magnifico Vizio di forma: protagonista è Woodcock (Daniel Day-Lewis), celebre sarto inglese che, assistito dalla sorella, trova ispirazione in sempre nuove modelle-muse. L'ultima scoperta, Alma (l'ipnotica Vicky Krieps) rischia però di mettere in crisi il suo ossessivo equilibrio. I modelli estetici sono dichiarati: anzitutto Kubrick, da Arancia meccanica a Barry Lyndon a Eyes wide shut (e, attraverso Kubrick, Max Ophuls); ma forse più profondi sono i riferimenti letterari, come certi racconti di Henry James dominati dall'opposizione tra vita e arte e dall'attrazione-terrore per la Donna. Il film è anche un autoritratto deformato: Woodcock è un esteta-asceta che usa la stoffa come il regista la pellicola (Il filo nascosto, come i precedenti film di Anderson, è girato in 35mm, e il regista, pur senza firmarla, ha curato in pratica anche la fotografia). Ma se solo di questo si trattasse, non sarebbe poi molto. Il film è proprio l'opposto di un gioco auto-referenziale: mentre riflette su di sé, si sporge sull'ignoto, affrontando il rapporto tra maschile e femminile come opposizione primaria e storica forse mai pacificabile. La struttura da romance allegorico, né realista né psicologico, permette una abbagliante riaffermazione delle potenzialità del cinema, che vanno molto oltre la semplice narrazione. Il filo nascosto è in equilibrio mirabile tra una fortissima sensualità (è come se il film cercasse di rendere visibile anche l'olfatto, il gusto, il tatto) e, a partire da essa, una dimensione teorica non astratta, ma fatta della sostanza di ciò che si vede. Anderson racconta il tentativo di creare una donna, che diventa invece il riconoscimento dell'altro e il riconoscimento della propria finitezza da parte dell'uomo; ma lo fa in maniera allusiva, in una parabola senza morale. Come nelle commedie della Hollywood classica, che erano anche un interrogarsi sul proprio posto nel mondo e sull'esistenza dell'altro. Lo spettatore è continuamente spiazzato, fino a un epilogo quasi beffardo. Il film tuttavia non è mai cervellotico: se è impervio, è per l'intensità di ogni inquadratura, di ogni movimento di macchina, per la sottile ambiguità che attraversa ogni gesto, come leggere pieghe nel tessuto del film.
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