xoting
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mercoledì 14 ottobre 2015
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sicilia struggente assite al dolore
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Il titolo del film è “L’attesa” non a caso. Tutto lo svolgimento della pellicola è permeato dalla attesa necessità di dare alla vicenda una interpretazione, una posizione, una conclusione. La trama la si deduce subito, ma gli ingredienti sono tanti e ci trascinano come un pendolo tra i contrastanti aspetti di una tragedia difficile da eleborare, impossibile da superare. Lo spettatore sente la pressione di dover prendere una posizione, imboccare una svolta, ma viene incatenato da immagini che lente scivolano con gli stessi tempi del dolore dal quale a volte ci si distrare ma che ritorna sempre pressante e sordo. La presenza di Jeanne si introduce come un cuneo nel presente dopo tragedia dei personaggi divaricando la diastasi tra i comportamenti legittimente attesi e quelli irrazionali e per questo autenticamente sinceri.
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Il titolo del film è “L’attesa” non a caso. Tutto lo svolgimento della pellicola è permeato dalla attesa necessità di dare alla vicenda una interpretazione, una posizione, una conclusione. La trama la si deduce subito, ma gli ingredienti sono tanti e ci trascinano come un pendolo tra i contrastanti aspetti di una tragedia difficile da eleborare, impossibile da superare. Lo spettatore sente la pressione di dover prendere una posizione, imboccare una svolta, ma viene incatenato da immagini che lente scivolano con gli stessi tempi del dolore dal quale a volte ci si distrare ma che ritorna sempre pressante e sordo. La presenza di Jeanne si introduce come un cuneo nel presente dopo tragedia dei personaggi divaricando la diastasi tra i comportamenti legittimente attesi e quelli irrazionali e per questo autenticamente sinceri. Fa da sfondo la Sicilia silente e struggente delle tende di lino, della pietra lavica, dei paesaggi senza tempo. La Sicilia che alle stereotipate coppole e lupare oggi contrappone, con la stessa intensità degli sguardi e dei desideri, ragazzi gay che vivono passioni e gelosie eterne. Messina al di la delle critiche di Sorrentinismo vince con un prodotto di altissimo contenuto artistico-estetico. I dibattiti appena fuori dal cinema testimoniano la non univocità delle posizioni. Premi meritati, auspico, alle interpreti, alla fotografia, luci, montaggio, musica e , ovviamente, alla regia!
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angelo umana
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domenica 4 ottobre 2015
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tragica attesa
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Dovesse assegnarsi un premio per la tragicità del tema di un film, L'attesa lo meriterebbe. Una madre (la matura e intensa Juliette Binoche) che perde il figlio eppure riceve e ospita la fidanzata francese di lui, venuta da Parigi a trovarlo. La invita a fermarsi alla sua dimora nella campagna siciliana in attesa di lui, tacendole che Giuseppe non potrà tornare mai più.
Anche questa madre o mancata suocera è di origine francese e l'intesa tra le due donne è subitanea. La masseria dove vivono è una di quelle ville patrizie della campagna siciliana, e come non pensare a quella del Gattopardo! Il regista è di Caltagirone (CT) e le inquadrature celebrano il fasto antico della residenza, il soggiorno e la grande cucina, ci mostrano la scalinata alta e illuminata di San Giacomo nella città del regista e luoghi della zona.
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Dovesse assegnarsi un premio per la tragicità del tema di un film, L'attesa lo meriterebbe. Una madre (la matura e intensa Juliette Binoche) che perde il figlio eppure riceve e ospita la fidanzata francese di lui, venuta da Parigi a trovarlo. La invita a fermarsi alla sua dimora nella campagna siciliana in attesa di lui, tacendole che Giuseppe non potrà tornare mai più.
Anche questa madre o mancata suocera è di origine francese e l'intesa tra le due donne è subitanea. La masseria dove vivono è una di quelle ville patrizie della campagna siciliana, e come non pensare a quella del Gattopardo! Il regista è di Caltagirone (CT) e le inquadrature celebrano il fasto antico della residenza, il soggiorno e la grande cucina, ci mostrano la scalinata alta e illuminata di San Giacomo nella città del regista e luoghi della zona. Celebra, pare di vedere, i costumi siciliani, come una processione in settimana santa, la pasta con le carrube, le pennellate di calce sui tronchi d'albero contro certi insetti.
Il dolore di Juliette è tremendo, la scuote, ma la vicinanza della ragazza è come trattenere con sé qualcosa del figlio o rimandare il distacco definitivo con lui: l'assenza ne fa una presenza costante tra le due donne. Arriva infine a dissuadere la ragazza dall'aspettarlo, le tace ancora la scomparsa: "lascialo andare, forse avrà anch'egli una famiglia, tu vivrai ugualmente" e sembra dire queste cose a sé stessa, immagina del figlio la vita che non può più avere.
C'è una buona dose d'estetismo nel film, il regista non rinuncia a celebrare la sua terra, in questo ricorda molto Tornatore, pure se si dice abbia appreso molto da Sorrentino. La grande osservazione dell'ambiente probabilmente lo rallenta, ma le intenzioni sono ottime.
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homer52
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venerdì 2 ottobre 2015
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il lutto tra fantasia e realtà
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Un bel film caratterizzato da una sequenza ben ordinata di immagini ed inquadrature degne di una tela d'autore condite di buona musica e solcate da lunghi silenzi intervallati ad un dialogo essenziale ma profondo. Un'attesa spasmodica che coinvolge lo spettatore calandolo con buona immedesimazione nella tragica ricerca dell'elaborazione di un lutto sconvolgente e inaccettabile. Sfruttando a dovere le capacità ineguagliabili di espressività della Binoche, il regista costruisce con maestria il personaggio della madre colorandolo di tutte quelle sfumature ambivalenti (riso-pianto; speranza-disperazione...) che sono tipiche di quella fase di elaborazione che consegue ad un grave lutto come la perdita di un figlio.
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Un bel film caratterizzato da una sequenza ben ordinata di immagini ed inquadrature degne di una tela d'autore condite di buona musica e solcate da lunghi silenzi intervallati ad un dialogo essenziale ma profondo. Un'attesa spasmodica che coinvolge lo spettatore calandolo con buona immedesimazione nella tragica ricerca dell'elaborazione di un lutto sconvolgente e inaccettabile. Sfruttando a dovere le capacità ineguagliabili di espressività della Binoche, il regista costruisce con maestria il personaggio della madre colorandolo di tutte quelle sfumature ambivalenti (riso-pianto; speranza-disperazione...) che sono tipiche di quella fase di elaborazione che consegue ad un grave lutto come la perdita di un figlio. La negazione della triste realtà da parte della madre è favorita, paradossalmente, dall'arrivo della fidanzata (cui cela la tragedia) che, in quanto appartenente al figlio morto, l'illude nella delirante idea di sentirlo ancora in vita. Il tutto ambientato in una Sicilia visionaria sospesa come è fra la dura realtà della vita terrena e gli sfarzi celebrativi delle cerimonie religiose.
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great steven
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lunedì 28 settembre 2015
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debutto coadiuvato dalla bravura degli interpreti.
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L'ATTESA (IT/FR, 2015) diretto da PIERO MESSINA. Interpretato da JULIETTE BINOCHE, LOU DE LAAGE, GIORGIO COLANGELI, DOMENICO DIELE, GIOVANNI ANZALDO, CORINNA LO CASTRO, ANTONIO FOLLETTO
In un paese siciliano a metà strada fra il paesaggio campestre-lacustre e la vicinanza del mare, arriva Jeanne, giovane ragazza di origine francese fidanzata con un italiano di nome Giuseppe la cui madre proviene anch’essa dalla Francia. Anna (così si chiama la donna) ospita la futura nuora nella casa in cui vive insieme all’inserviente Pietro dopo aver sepolto il fratello, improvvisamente morto, e il cui funerale l’ha straziata profondamente.
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L'ATTESA (IT/FR, 2015) diretto da PIERO MESSINA. Interpretato da JULIETTE BINOCHE, LOU DE LAAGE, GIORGIO COLANGELI, DOMENICO DIELE, GIOVANNI ANZALDO, CORINNA LO CASTRO, ANTONIO FOLLETTO
In un paese siciliano a metà strada fra il paesaggio campestre-lacustre e la vicinanza del mare, arriva Jeanne, giovane ragazza di origine francese fidanzata con un italiano di nome Giuseppe la cui madre proviene anch’essa dalla Francia. Anna (così si chiama la donna) ospita la futura nuora nella casa in cui vive insieme all’inserviente Pietro dopo aver sepolto il fratello, improvvisamente morto, e il cui funerale l’ha straziata profondamente. Anna e Jeanne divengono ben presto amiche e condividono numerose esperienze piacevoli insieme, ma il mancato arrivo di Giuseppe comincia ad insospettire la ragazza, e Anna dovrà occultare faticosamente la verità perché il suo rapporto con suo figlio nasconde alcune pesanti magagne che nemmeno lei riesce a riconoscere con totale sincerità. È un esordio nel lungometraggio poco traumatico e ricco invece della tranquillità plateale che oggi rappresenta un mezzo indispensabile per realizzare film d’essai che meritino l’attenzione della critica e il consenso del pubblico, o meglio: occorre inserire nelle prove cinematografiche, specialmente in quelle di debutto, una dose piuttosto consistente di significativi silenzi, messaggi non verbali dal valore recondito ma pur sempre specifico e scene dove a dominare siano semplicemente le immagini e i suoni uditi in lontananza. P. Messina centra l’obiettivo almeno per un buon 80%, e affida l’esito positivo del suo non facile esperimento all’esperienza rodata ma comunque rinfrescata di J. Binoche (che è bravissima a non farsi nemmeno doppiare, nonostante la pellicola abbondi di dialoghi in francese), perfetta nell’incarnare una madre di provincia che preferisce stendere un pietoso abbandono sulle sue triste vicende famigliari per non dover affrontare gravi cordogli né fastidiosi malintesi. Al suo fianco, L. De Lȃage è una comprimaria di prim’ordine che sa scavare tutt’altro che in superficie l’elaborazione di un lutto che porta seco un mare di emozioni deprimenti e un pervasivo, ineliminabile senso di delusione. Da non tralasciare la libera origine letteraria dell’opera, che attinge la propria ispirazione a una fonte pirandelliana: La vita che ti diedi. Pirandello è notoriamente un autore complesso da rappresentare in versione audiovisiva, tanto più che la Sicilia ritratta nei suoi immortali capolavori fornisce ritratti intimi di una terra che costituisce da sempre un crocevia popolare e internazionale di diverse etnie che a volte non sanno convivere pacificamente e dunque arrivano allo scontro. Ed è proprio uno scontro, per quanto sentimentale e blando possa apparire, a imperniare una trama silente e latente attorno ad un crogiuolo di pathos, tradimenti, frasi pensate, omissioni volute, bisogni affettivi e voglie inappagate. Il regista sa anche mettere da parte la sua natalità più strenuamente folkloristica (è nato infatti a Caltagirone) per inviare agli spettatori un messaggio che fa della sicilianità un mezzo espressivo univocamente rivolto e per di più avvertito ad un livello che praticamente si innalza su un lecito piedistallo di carità, antimoralismo e sensazioni descrittive. Notevoli anche le interpretazioni degli attori secondari, tutte alquanto sotto le righe ma completamente caratterizzate da una placida e fascinosa orizzontalità. Premiato a Venezia 2015 con riconoscimenti minori, ma candidato addirittura al Leone d’Oro: ha ricevuto anche numerose citazioni che testimoniano come la critica, non solo italiana e francese (i due paesi che l’hanno coprodotto), ha trovato al suo interno una densa ricchezza di parti interessanti e spunti degni di lode.
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buio in sala
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domenica 27 settembre 2015
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una burrasca di emozioni. straordinaria binoche
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A volte, nella vita di ciascuno di noi, può capitare di dover fare un passo doloroso. E di non riuscire a farlo perché il dolore è troppo forte, perché qualsiasi suono o rumore è troppo forte, perché non c’è parola o gesto che riesca a lenire la sofferenza. Può accadere per un lutto, ad esempio. Ma quando il lutto è il più duro da sopportare, un genitore che sopravvive a un figlio, il barcollare alla ricerca di un appiglio che possa trattenerci in una qualche forma di equilibrio è l’evento più naturale, e scusabile, che possa accadere. “L’attesa” è questo: il barcollare di una madre.
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A volte, nella vita di ciascuno di noi, può capitare di dover fare un passo doloroso. E di non riuscire a farlo perché il dolore è troppo forte, perché qualsiasi suono o rumore è troppo forte, perché non c’è parola o gesto che riesca a lenire la sofferenza. Può accadere per un lutto, ad esempio. Ma quando il lutto è il più duro da sopportare, un genitore che sopravvive a un figlio, il barcollare alla ricerca di un appiglio che possa trattenerci in una qualche forma di equilibrio è l’evento più naturale, e scusabile, che possa accadere. “L’attesa” è questo: il barcollare di una madre. Il regista, il giovane Piero Messina, riesce a rendere con esatto rispetto il mare in burrasca che si agita dietro il silenzio di un volto pietrificato del dolore. Con un’ampiezza di orizzonte che porta l'immagine molto al di là dei confini dell’inquadratura. Con una continua e mai fastidiosa ricerca e cura del dettaglio. Certo, tutto diventa più semplice se si ha a disposizione una Juliette Binoche di straordinaria bravura (perché a Venezia nessun premio?), cui basta un cenno di sopracciglio, una piega di labbra o un silenzio prolungato per rendere con assoluta esattezza quel tormento di madre che attende, disperata, il momento in cui dovrà rassegnarsi a non poter attendere più. Ma “L’attesa” è anche il confronto garbato tra il mondo degli adulti, spesso indurito dalle disillusioni (eccellente il ruolo disegnato da Giorgio Colangeli), e l’appassionato candore della gioventù, grazie a un’assai espressiva Lou de Laâge. Qualche pecca nel finale, dove Messina offre inutile spazio ad allegorie già viste: qui il film inciampa, ma senza farsi troppo male. E dispiace vedere poca Sicilia dopo così suggestive promesse iniziali. Straordinaria la fotografia. Colonna sonora all’altezza del film. Per Piero Messina un esordio nel lungometraggio che fa davvero ben sperare.
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uppercut
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sabato 26 settembre 2015
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belle le silhouettes
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E' strano che un film così curato in ogni aspetto tecnico (salvo la presa del suono) ed estetico (soprattutto i primi dieci minuti) , sia stato abbandonato a se stesso nella scrittura. Nessun consulente? nessun occhio un po' più esperto? il comportamento della ragazza è fuori da ogni logica: Non si scuote di un centimetro davanti a battute e personaggi assolutamente stralunati e, di colpo, trasalisce davanti a un cellulare un po' crepato. Perché? poniamo che lo riconosca: è quello di Giuseppe. Embé? gli sarà caduto e ne avrà comprato uno nuovo. No, lei deve controllare: e allora sente il messaggio rivelatore della madre. Ma rivelatore da che? Potrebbe essere che Giorgio se ne sia andato incazzato, sbattendo magari il cellulare sul pavimento.
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E' strano che un film così curato in ogni aspetto tecnico (salvo la presa del suono) ed estetico (soprattutto i primi dieci minuti) , sia stato abbandonato a se stesso nella scrittura. Nessun consulente? nessun occhio un po' più esperto? il comportamento della ragazza è fuori da ogni logica: Non si scuote di un centimetro davanti a battute e personaggi assolutamente stralunati e, di colpo, trasalisce davanti a un cellulare un po' crepato. Perché? poniamo che lo riconosca: è quello di Giuseppe. Embé? gli sarà caduto e ne avrà comprato uno nuovo. No, lei deve controllare: e allora sente il messaggio rivelatore della madre. Ma rivelatore da che? Potrebbe essere che Giorgio se ne sia andato incazzato, sbattendo magari il cellulare sul pavimento. Mah.In ogni caso un indizio per nulla definitivo. Il cinema italiano va così: si curano le silhouettes all'aeroporto e non gli snodi narrativi. Peccato.
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no_data
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sabato 26 settembre 2015
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lutto e poesia in equilibrio sullo schermo
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C'è della magia in questo film: e non solo quella di una fotografia patinata ma commovente, di oggetti, alberi, volti, angoli domestici, ma anche quella di una tensione emotiva continua che lo spettatore vive in sospensione, costruita con la lentezza del racconto, il 'raccoglimento' di ogni inquadratura, il dettaglio dei volti, la cura minuzuiosa dei dialoghi, dove, pure, il 'non-detto' prevale sulle informazioni narrative. La pesantezza del lutto si scioglie continuamente in lirismo; le metafore del 'materno' (un tema chiave del film), poche, ma incisive, trapelano da poche sequenze che si riallaciano alla fine nella scena della processione di paese. La alternanza di musiche così diverse fra loro, un'interpretazione delle attrici sempre all'altezza, le location suggestive, splendide (interni ed esterni), completano un mosaico di magie cooperanti.
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C'è della magia in questo film: e non solo quella di una fotografia patinata ma commovente, di oggetti, alberi, volti, angoli domestici, ma anche quella di una tensione emotiva continua che lo spettatore vive in sospensione, costruita con la lentezza del racconto, il 'raccoglimento' di ogni inquadratura, il dettaglio dei volti, la cura minuzuiosa dei dialoghi, dove, pure, il 'non-detto' prevale sulle informazioni narrative. La pesantezza del lutto si scioglie continuamente in lirismo; le metafore del 'materno' (un tema chiave del film), poche, ma incisive, trapelano da poche sequenze che si riallaciano alla fine nella scena della processione di paese. La alternanza di musiche così diverse fra loro, un'interpretazione delle attrici sempre all'altezza, le location suggestive, splendide (interni ed esterni), completano un mosaico di magie cooperanti. Si poteva sforare nel barocco e nel patetico. Che invece sono stati evitati e surclassati da una poesia della perdita.
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cannataalessio
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venerdì 25 settembre 2015
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splendita fotografia, carente sceneggiatura.
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L'Attesa, primo lungometraggio di Piero Messina. Viene da molti paragonato ad un film di Sorrentino, ma l'unica cosa che hanno in comune è l'enorme quantità di fotografia, i movimenti di macchina molto lenti ed alcune soluzioni di regia. I film di Paolo Sorrentino hanno comunque sempre un messaggio, un significato ben preciso ed una sceneggiatura forbita ed articolata. Ne L'attesa invece non sono bastati quattro sceneggiatori per eliminare alcuni tempi morti e forse inutili. Pochi dialoghi, giochi di sguardi, inquadrature stupende, fotografia incantevole ed una Juliette splendida come sempre. Un bel film, con una regia particolare ed al quanto sofisticata, ma da non definire assolutamente una "sorrentinata".
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L'Attesa, primo lungometraggio di Piero Messina. Viene da molti paragonato ad un film di Sorrentino, ma l'unica cosa che hanno in comune è l'enorme quantità di fotografia, i movimenti di macchina molto lenti ed alcune soluzioni di regia. I film di Paolo Sorrentino hanno comunque sempre un messaggio, un significato ben preciso ed una sceneggiatura forbita ed articolata. Ne L'attesa invece non sono bastati quattro sceneggiatori per eliminare alcuni tempi morti e forse inutili. Pochi dialoghi, giochi di sguardi, inquadrature stupende, fotografia incantevole ed una Juliette splendida come sempre. Un bel film, con una regia particolare ed al quanto sofisticata, ma da non definire assolutamente una "sorrentinata". I due sono registi differenti ed è ovvio che Messina avendo lavorato come assistente alla regia per due film di Sorrentino, tra cui uno Premio Oscar, ne abbia tratto ispirazione. Solo ispirazione L'Attesa è un'altra cosa.
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venerdì 25 settembre 2015
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perplessità
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cannataalessio
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venerdì 25 settembre 2015
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spendida fotografia, carente sceneggiatura.
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L'Attesa, primo lungometraggio di Piero Messina. Viene da molti paragonato ad un film di Sorrentino, ma l'unica cosa che hanno in comune è l'enorme quantità di fotografia, i movimenti di macchina molto lenti ed alcune soluzioni di regia. I film di Paolo Sorrentino hanno comunque sempre un messaggio, un significato ben preciso ed una sceneggiatura forbita ed articolata. Ne L'attesa invece non sono bastati quattro sceneggiatori per eliminare alcuni tempi morti e forse inutili. Pochi dialoghi, giochi di sguardi, inquadrature stupende, fotografia incantevole ed una Juliette splendida come sempre. Un bel film, con una regia particolare ed al quanto sofisticata, ma da non definire assolutamente una "sorrentinata".
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L'Attesa, primo lungometraggio di Piero Messina. Viene da molti paragonato ad un film di Sorrentino, ma l'unica cosa che hanno in comune è l'enorme quantità di fotografia, i movimenti di macchina molto lenti ed alcune soluzioni di regia. I film di Paolo Sorrentino hanno comunque sempre un messaggio, un significato ben preciso ed una sceneggiatura forbita ed articolata. Ne L'attesa invece non sono bastati quattro sceneggiatori per eliminare alcuni tempi morti e forse inutili. Pochi dialoghi, giochi di sguardi, inquadrature stupende, fotografia incantevole ed una Juliette splendida come sempre. Un bel film, con una regia particolare ed al quanto sofisticata, ma da non definire assolutamente una "sorrentinata". I due sono registi differenti ed è ovvio che Messina avendo lavorato come assistente alla regia per due film di Sorrentino, tra cui uno Premio Oscar, ne abbia tratto ispirazione. Solo ispirazione L'Attesa è un'altra cosa.
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