Nameless Gangster: Rules of the Time

Film 2012 | Thriller 134 min.

Titolo originaleBumchoiwaui junjaeng
Anno2012
GenereThriller
ProduzioneCorea del sud
Durata134 minuti
Regia diJong-bin Yoon
AttoriChoi Min-sik, Ha Jung-woo .
TagDa vedere 2012
MYmonetro 3,50 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Jong-bin Yoon. Un film Da vedere 2012 con Choi Min-sik, Ha Jung-woo. Titolo originale: Bumchoiwaui junjaeng. Genere Thriller - Corea del sud, 2012, durata 134 minuti. - MYmonetro 3,50 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 19 settembre 2014

Il film getta luce sull'universo di gangster che negli anni Ottanta soggiogava la città di Busan, in Corea.

Consigliato sì!
3,50/5
MYMOVIES 4,00
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
Uno spietato e lucido thriller che omaggia i grandi classici del passato.
Recensione di Emanuele Sacchi
Recensione di Emanuele Sacchi

Busan, 1990. Nel quadro di un'operazione di polizia anti-mafia, Choi Ik-hyeong viene arrestato come capo di una gang. La vera storia di Ik-hyeon è un'altra, quella di un ispettore doganale incline alla corruzione e vessato dai suoi capi che finisce casualmente in possesso di una partita di droga e decide di venderla a un boss della mafia di Busan, Choi Hyeong-bae. Durante la trattativa, scopre un grado di parentela con il giovane boss e cerca quindi di inserirsi nella sua organizzazione malavitosa mettendo a disposizione una rete di contatti e parentele costruita negli anni.
Il gangsterismo, o la ricerca della via più breve alla ricchezza, come un virus profondamente radicato nella società, inestirpabile. Questo il tema profondo di Nameless Gangster, una mini-saga di un paio di ore abbondanti che indossa in apparenza le vesti - giacca sgargiante con cravatta sopra le righe - dell'affresco di vita mafiosa, tra ascese, cadute e tradimenti; come in una versione sudcoreana di Quei bravi ragazzi o Casinò di Martin Scorsese, con tanto di colonna sonora che rievoca surf e K-pop anni Ottanta e meticolosa ricostruzione di abiti e ambientazioni per ricreare la Busan anni Ottanta. Tutto vero, ma tutto in superficie. Sottopelle Yoon Jong-bin (The Unforgiven) cerca di raccontare ben altro ed è lì che rivela la sua natura di lucida e spietata sintesi di decenni di storia sudcoreana: quello che emerge dalle vicende tragicomiche del protagonista è un sistema profondamente malato, a tutti i livelli. Così marcio e così guidato dalla pratica della commendatio, spesso nepotista, o del favoritismo coatto, che i gangster sembrano il minore dei problemi o comunque una semplice sfumatura differente del canone; specie quando ad essere altrettanto corrotti o asserviti ai medesimi meccanismi di potere e prove di forza sono anche poliziotti, magistrati e politici, fino alle più alte cariche di governo. Non è un caso che la storia si concentra sugli anni a cavallo tra Ottanta e Novanta, quelli del regime dittatoriale corrotto fino al midollo, passando per la pantomima delle Olimpiadi di Seoul, tentativo del governo di riverniciare la propria immagine (qui abbondantemente sbeffeggiato da Yoon Jong-bin). Ma il cinema sudcoreano ci ha insegnato che la stessa gerarchia piramidale, ipocrita e servile si può ritrovare anche nelle scuole, o in qualunque prototipo in miniatura di società sia possibile ricreare.
Choi Ik-hyeon incarna alla perfezione tutti questi difetti e se ne serve a profusione sia per uscire da ogni impiccio che per scalare i vertici di un'organizzazione criminale in cui altrimenti non avrebbe avuto chance (e i confronti tra lui e il "vero" gangster Hyeong-bae sono memorabili pezzi di bravura in questo senso). Un'organizzazione che, evidentemente, in quanto coreana, è minata dai medesimi e atavici difetti di anti-meritocrazia che gravano sui suoi corrispettivi "legittimi". È chiaro fin da principio che Choi Ik-hyeon non abbia la stoffa per indossare i panni del gangster, ma è altrettanto evidente che questa sorta di Fantozzi, che scopre il suo lato più malvagio e cerca avidamente di alimentarlo, trovi ogni pertugio offerto dal sistema per ottenere qualcosa in più quando meriterebbe qualcosa in meno. Monumentale in questo senso la prova di Choi Min-sik (Oldboy), ingrassato e imbruttito per la parte, nei panni di un personaggio assai più complesso, multiplo e stratificato di quanto qualche tratto macchiettistico possa far trapelare.
Assai lusinghieri gli incassi in patria, al pari del plauso critico nei diversi festival in cui il film è circolato.

Sei d'accordo con Emanuele Sacchi?
Un thriller criminale che omaggia i grandi classici del passato, primo su tutti Il Padrino.
a cura della redazione

Sul punto di essere licenziato, un funzionario doganale corrotto trova una partita di droga e decide di approfittarne, unendosi a un brutale gangster per formare la coppia di criminali più potenti dell'intera Busan.
Raccontata come una sorta di memoria del crimine, questa vicenda getta luce sull'universo mafioso che negli anni Ottanta soggiogava la città portuale di Busan, in Corea. L'ambizione del regista, Jong-bin Yun, è quella di dare vita a un Padrino coreano. Infatti, il film spesso cita i grandi classici internazionali del genere thriller criminale, a volte omaggiandoli, altre parodiandoli, per aggiungere un pizzico di divertimento a una trama basata su una storia cruda, ambientata in un mondo dominato dal machismo e dalla mascolinità, con sottili allusioni sessuali e rimandi alla grafica visuale caratteristica di questo genere cinematografico.

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