Volver - Tornare

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Un film di Pedro Almodóvar. Con Penélope Cruz, Carmen Maura, Lola Dueñas, Blanca Portillo.
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Titolo originale Volver. Drammatico, durata 120 min. - Spagna 2006. - CG Entertainment uscita lunedì 10 giugno 2024. - VM 14 - MYMONETRO Volver - Tornare * * * 1/2 - valutazione media: 3,86 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Dramma corale d'intensità e sagacia impareggiabili Valutazione 5 stelle su cinque

di Great Steven


Feedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven
martedì 22 dicembre 2015

VOLVER – TORNARE (SP, 2006) diretto da PEDRO ALMODOVAR. Interpretato da PENELOPE CRUZ, CARMEN MAURA, LOLA DUENAS, BLANCA PORTILLO, YOHANA COBO, CHUS LAMPREAVE, ANTONIO DE LA TORRE, CARLOS BLANCO, MARIA ISABEL DIAZ, NEUS SANZ
Premiato al Festival di Cannes 2006 per l’intero cast femminile, e la ragione è ben comprensibile osservando con attenzione la recitazione corale che lo permea dalla prima sequenza, in cui le donne spolverano e mettono in ordine le tombe dei loro cari al cimitero, fino alla scena conclusiva che, nel buio della vecchia casa della zia acciaccata che assurge quasi a personaggio immateriale della vicenda, vede l’anziana madre Irene che scompare su per le scale per curare Agostina, malata di cancro. È un film di donne nel quale la centralità della figura femminile è ribadita attraverso le storie, comuni ma comunque eccezionali e di straordinaria intensità emotiva, di tre generazioni che devono conciliare le esigenze del presente con un passato spesso ingombrante che fa ritorno nelle loro esistenze portando seco un carico non indifferente di tormenti e sofferenze. La stessa madre di Soledad (una C. Maura eccellente nell’abbinare un parlato disinvolto e spigliato a una strepitosa mimica facciale), parrucchiera illegale, e di Raimùnda (una P. Cruz più raggiante e solare che mai), ex cameriera che prende autonomamente in gestione il ristorante di un amico per adattarlo in occasione dei festeggiamenti di una troupe cinematografica, ricompare in sordina dopo esser stata creduta morta in un incendio nel quale è scomparsa in realtà la madre di Agostina, le cui ceneri sono state tumulate al suo posto. Il suo ritorno avviene, come lei stessa rivela, nel tentativo estremo ma pur sempre speranzoso, di raccontare a Raimùnda verità scottanti e scomode delle quali lei stessa non era a conoscenza, fra cui un terribile dramma famigliare a sfondo incestuoso e numerose incomprensioni che avevano allontanato fra loro le due donne, che per l’appunto non si sono parlate per anni. Molto forte la scena in cui Raimùnda rientra a casa e trova il cadavere del compagno riverso a terra in una pozza di sangue, ucciso dalla figlia Paola che viene a scoprire che non era il suo padre biologico: la potenza di una violenza sessuale solo tentata riesce a scaturire con un’energia autoalimentante senza essere mostrata, e proprio qui sta uno degli indiscutibili punti di forza del regista Almodòvar nella sua squisita veste di autore, ovvero la capacità di coinvolgere lo spettatore evitando di fargli vedere cose che però si intuiscono come se capitassero sotto i suoi occhi, e la trasparenza magnifica della messinscena filmica, coadiuvata anche dalle esigenze pur sempre imprescindibili dello spettacolo audiovisivo, fa tutto il resto, agendo sulla sensibilità del pubblico e levigando laddove è necessario smussare il dolore e rappresentare una verosimiglianza che mai e poi mai dev’essere nascosta. Un film stupefacente e irripetibile che assurge al titolo irrevocabile di capolavoro, soprattutto perché riesce a tener dietro a una materia narrativa davvero sconfinata senza ricorrere a nessuna forzatura e senza perdere di vista neanche un solo tassello per strada, tant’è che tutte le sottotrame vengono abilmente intessute e portate felicemente a compimento. Con un lavoro di limatura così stratosferico e imponente, Almodòvar ha superato sé stesso, consegnando alla storia del cinema spagnolo un’opera che meriterà indubbiamente di essere ricordata come caposaldo di quel genere drammatico con tendenze al grottesco che annovera fra le sue doti anche l’impiego della reminiscenza come mezzo di crescita interiore e di recupero di antichi valori che si credevano ormai perduti e inutilizzabili. L’importanza del ricordo e della memoria, intesi in senso particolarmente ampio e altruistico, è anche accreditata dallo stesso titolo della pellicola, che rimanda a quella canzone folkloristica che la Cruz (anche se doppiata, a onor del vero) interpreta nel corso della festa degli attori, accompagnata da una chitarra acustica e ascoltata con grande meraviglia dalla figlia e dalla sorella, entrambe ugualmente estasiate al suono melodico della sua voce. Non bisogna però credere che la compagine maschile venga trascurata, al contrario: il regista sa trarre il meglio anche dai compatrioti del suo sesso e lo dimostra fornendo un disperato e paradossalmente ridicolo recupero di dignità a Paco, il marito ubriacone e disoccupato di Raimùnda che cerca di assaltare sessualmente la figlia che ha riconosciuto ma della quale non è il padre biologico, e anche offrendo un senso di riscatto ad Emilio, il ristoratore che parte per l’estero confidando nei comportamenti equi e giusti di Raimùnda. Quello che non viene direttamente mostrato, ma solo rievocato mediante i racconti, assume comunque una rilevanza cruciale: la potenza della rimembranza è onnipresente e non manca mai di sorprendere specialmente per come affronta tutte quelle cose che, una volta svelate, provocano shock destabilizzanti ma al tempo stesso investono queste donne flagellate e tuttavia forti e capaci di rialzarsi di uno strumento in più per guardare con ottimismo al futuro e combattere le avversità di un destino sgarbato con tutta l’energia che soltanto loro, piccole persone dotate di cervello fino e tenacia inarrestabile in un mondo che non mostra certo clemenza, né mai la mostrerà, sanno di possedere in quantità industriali. Bellissimo, bellissimo davvero: da vedere più di una volta per capirne tutte le sfumature e anche quei dettagli significativi che ad una prima visualizzazione possono sfuggire. Nemmeno un’ombra oscura o una piccola imperfezione in un oceano immensamente stupendo e meraviglioso di brio, carisma recitativo, spirito di sacrificio, professionalità d’autore e stile inconfutabilmente personale e inimitabile. 

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