cinephilo
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giovedì 25 luglio 2019
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ancora un buon almodovar
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Un Almodovar che non delude, alle prese con i fantasmi del passato e i problemi del presente in un dramma di buona fattura e una sceneggiatura delle sue, ovvero di discreta originalità.
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ennio
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venerdì 16 marzo 2018
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film valido per leggersi un buon libro
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Che senso ha questo film? Unicamente quello di autocelebrazione di un regista ormai datato e megalomane, che ripete ogni volta le stesse cose, con gli stessi attori negli stessi ambienti. Tra l'altro le protagoniste sono tutte donne, ne conseguono dialoghi di una noia mortale. I pochi uomini sono relegati a ruoli meschini o insignificanti. Del resto è noto l'astio di Almodovar verso gli uomini che ricoprono ruoli tradizionali, se non sono un pò particolari a lui non piacciono.
A un certo punto ho interrotto la visione, dedicandomi alla lettura. Ormai i miei pensieri erano indipendenti da ciò che appariva sullo schermo. Passi la noia, ma a metà del film salta fuori anche l'americanata, si restaura l'eterna musa del regista, Carmen Maura, per farla riapparire da morta.
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Che senso ha questo film? Unicamente quello di autocelebrazione di un regista ormai datato e megalomane, che ripete ogni volta le stesse cose, con gli stessi attori negli stessi ambienti. Tra l'altro le protagoniste sono tutte donne, ne conseguono dialoghi di una noia mortale. I pochi uomini sono relegati a ruoli meschini o insignificanti. Del resto è noto l'astio di Almodovar verso gli uomini che ricoprono ruoli tradizionali, se non sono un pò particolari a lui non piacciono.
A un certo punto ho interrotto la visione, dedicandomi alla lettura. Ormai i miei pensieri erano indipendenti da ciò che appariva sullo schermo. Passi la noia, ma a metà del film salta fuori anche l'americanata, si restaura l'eterna musa del regista, Carmen Maura, per farla riapparire da morta. Et voilà, che genietto originale!
Un biasimo anche ai redattori della critica: alcuni scrivono film "drammatico", altri "commedia", evidentemente anche loro ci hanno capito poco.
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great steven
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martedì 22 dicembre 2015
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dramma corale d'intensità e sagacia impareggiabili
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VOLVER – TORNARE (SP, 2006) diretto da PEDRO ALMODOVAR. Interpretato da PENELOPE CRUZ, CARMEN MAURA, LOLA DUENAS, BLANCA PORTILLO, YOHANA COBO, CHUS LAMPREAVE, ANTONIO DE LA TORRE, CARLOS BLANCO, MARIA ISABEL DIAZ, NEUS SANZ
Premiato al Festival di Cannes 2006 per l’intero cast femminile, e la ragione è ben comprensibile osservando con attenzione la recitazione corale che lo permea dalla prima sequenza, in cui le donne spolverano e mettono in ordine le tombe dei loro cari al cimitero, fino alla scena conclusiva che, nel buio della vecchia casa della zia acciaccata che assurge quasi a personaggio immateriale della vicenda, vede l’anziana madre Irene che scompare su per le scale per curare Agostina, malata di cancro.
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VOLVER – TORNARE (SP, 2006) diretto da PEDRO ALMODOVAR. Interpretato da PENELOPE CRUZ, CARMEN MAURA, LOLA DUENAS, BLANCA PORTILLO, YOHANA COBO, CHUS LAMPREAVE, ANTONIO DE LA TORRE, CARLOS BLANCO, MARIA ISABEL DIAZ, NEUS SANZ
Premiato al Festival di Cannes 2006 per l’intero cast femminile, e la ragione è ben comprensibile osservando con attenzione la recitazione corale che lo permea dalla prima sequenza, in cui le donne spolverano e mettono in ordine le tombe dei loro cari al cimitero, fino alla scena conclusiva che, nel buio della vecchia casa della zia acciaccata che assurge quasi a personaggio immateriale della vicenda, vede l’anziana madre Irene che scompare su per le scale per curare Agostina, malata di cancro. È un film di donne nel quale la centralità della figura femminile è ribadita attraverso le storie, comuni ma comunque eccezionali e di straordinaria intensità emotiva, di tre generazioni che devono conciliare le esigenze del presente con un passato spesso ingombrante che fa ritorno nelle loro esistenze portando seco un carico non indifferente di tormenti e sofferenze. La stessa madre di Soledad (una C. Maura eccellente nell’abbinare un parlato disinvolto e spigliato a una strepitosa mimica facciale), parrucchiera illegale, e di Raimùnda (una P. Cruz più raggiante e solare che mai), ex cameriera che prende autonomamente in gestione il ristorante di un amico per adattarlo in occasione dei festeggiamenti di una troupe cinematografica, ricompare in sordina dopo esser stata creduta morta in un incendio nel quale è scomparsa in realtà la madre di Agostina, le cui ceneri sono state tumulate al suo posto. Il suo ritorno avviene, come lei stessa rivela, nel tentativo estremo ma pur sempre speranzoso, di raccontare a Raimùnda verità scottanti e scomode delle quali lei stessa non era a conoscenza, fra cui un terribile dramma famigliare a sfondo incestuoso e numerose incomprensioni che avevano allontanato fra loro le due donne, che per l’appunto non si sono parlate per anni. Molto forte la scena in cui Raimùnda rientra a casa e trova il cadavere del compagno riverso a terra in una pozza di sangue, ucciso dalla figlia Paola che viene a scoprire che non era il suo padre biologico: la potenza di una violenza sessuale solo tentata riesce a scaturire con un’energia autoalimentante senza essere mostrata, e proprio qui sta uno degli indiscutibili punti di forza del regista Almodòvar nella sua squisita veste di autore, ovvero la capacità di coinvolgere lo spettatore evitando di fargli vedere cose che però si intuiscono come se capitassero sotto i suoi occhi, e la trasparenza magnifica della messinscena filmica, coadiuvata anche dalle esigenze pur sempre imprescindibili dello spettacolo audiovisivo, fa tutto il resto, agendo sulla sensibilità del pubblico e levigando laddove è necessario smussare il dolore e rappresentare una verosimiglianza che mai e poi mai dev’essere nascosta. Un film stupefacente e irripetibile che assurge al titolo irrevocabile di capolavoro, soprattutto perché riesce a tener dietro a una materia narrativa davvero sconfinata senza ricorrere a nessuna forzatura e senza perdere di vista neanche un solo tassello per strada, tant’è che tutte le sottotrame vengono abilmente intessute e portate felicemente a compimento. Con un lavoro di limatura così stratosferico e imponente, Almodòvar ha superato sé stesso, consegnando alla storia del cinema spagnolo un’opera che meriterà indubbiamente di essere ricordata come caposaldo di quel genere drammatico con tendenze al grottesco che annovera fra le sue doti anche l’impiego della reminiscenza come mezzo di crescita interiore e di recupero di antichi valori che si credevano ormai perduti e inutilizzabili. L’importanza del ricordo e della memoria, intesi in senso particolarmente ampio e altruistico, è anche accreditata dallo stesso titolo della pellicola, che rimanda a quella canzone folkloristica che la Cruz (anche se doppiata, a onor del vero) interpreta nel corso della festa degli attori, accompagnata da una chitarra acustica e ascoltata con grande meraviglia dalla figlia e dalla sorella, entrambe ugualmente estasiate al suono melodico della sua voce. Non bisogna però credere che la compagine maschile venga trascurata, al contrario: il regista sa trarre il meglio anche dai compatrioti del suo sesso e lo dimostra fornendo un disperato e paradossalmente ridicolo recupero di dignità a Paco, il marito ubriacone e disoccupato di Raimùnda che cerca di assaltare sessualmente la figlia che ha riconosciuto ma della quale non è il padre biologico, e anche offrendo un senso di riscatto ad Emilio, il ristoratore che parte per l’estero confidando nei comportamenti equi e giusti di Raimùnda. Quello che non viene direttamente mostrato, ma solo rievocato mediante i racconti, assume comunque una rilevanza cruciale: la potenza della rimembranza è onnipresente e non manca mai di sorprendere specialmente per come affronta tutte quelle cose che, una volta svelate, provocano shock destabilizzanti ma al tempo stesso investono queste donne flagellate e tuttavia forti e capaci di rialzarsi di uno strumento in più per guardare con ottimismo al futuro e combattere le avversità di un destino sgarbato con tutta l’energia che soltanto loro, piccole persone dotate di cervello fino e tenacia inarrestabile in un mondo che non mostra certo clemenza, né mai la mostrerà, sanno di possedere in quantità industriali. Bellissimo, bellissimo davvero: da vedere più di una volta per capirne tutte le sfumature e anche quei dettagli significativi che ad una prima visualizzazione possono sfuggire. Nemmeno un’ombra oscura o una piccola imperfezione in un oceano immensamente stupendo e meraviglioso di brio, carisma recitativo, spirito di sacrificio, professionalità d’autore e stile inconfutabilmente personale e inimitabile.
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eleum�s
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domenica 6 dicembre 2015
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sempre il solito almodòvar (connotazione negativa)
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"Grandioso, poderoso e doloroso, proprio come un enorme pino piantato su per il giardino"
Come ogni opera partorita dall'utero confuso del semi-genio Almodovar, anche "Volver" si dimostra ridondante nella sua maestosità.
Sono anni che continuo a chiedermi come si faccia a non notare, che il signor Pedro puntualmente, in ogni sua "magistrale" prova artistica, giunga ai limiti del sublime, salvo poi oltrepassarlo ostentando una drammaticità eccessiva e totalmente fuori luogo. (Volver ne è un esempio discreto. Abusi peggiori ve ne sono stati e ve ne saranno negli anni a venire).
In questo caso specifico è evidente l'utilizzo dello stesso espediente narrativo (il tentativo di stupro e lo stupro stesso, a danno prima della figlia-sorella e poi della stessa protagonista) in maniera del tutto caotica, per non dire casuale.
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"Grandioso, poderoso e doloroso, proprio come un enorme pino piantato su per il giardino"
Come ogni opera partorita dall'utero confuso del semi-genio Almodovar, anche "Volver" si dimostra ridondante nella sua maestosità.
Sono anni che continuo a chiedermi come si faccia a non notare, che il signor Pedro puntualmente, in ogni sua "magistrale" prova artistica, giunga ai limiti del sublime, salvo poi oltrepassarlo ostentando una drammaticità eccessiva e totalmente fuori luogo. (Volver ne è un esempio discreto. Abusi peggiori ve ne sono stati e ve ne saranno negli anni a venire).
In questo caso specifico è evidente l'utilizzo dello stesso espediente narrativo (il tentativo di stupro e lo stupro stesso, a danno prima della figlia-sorella e poi della stessa protagonista) in maniera del tutto caotica, per non dire casuale. Sono scioccato dall'enorme quantità di imbarazzanti elementi superflui e privi di utilità pro-attiva ai fini dello sviluppo della vicenda stessa.
Altri elementi caratteristici dell'approccio "Almodovarico" sono: La dozzinale caratterizzazione dei propri personaggi, la strumentalizzazione di QUALSIASI tipologia di evento al fine di ricondurre il tema generale dell'intreccio, alla solita ed unica tematica cara al regista ed infine la sconcertante mancanza di CONSEGUENZE a lungo termine nell'agire dei suoi soffici ed inattacabili protagonisti. Spesso mi domando se Almodovar viva nella stessa realtà in cui io sono presente, ossia quella in cui gli uomini (non necessariamente antagonisti) e le donne, combattono costantemente contro i demoni dei propri errori, disperandosi e fallendo; differentemente dalla leggerezza tipica del "modus vivendi" dei personaggi cari a Pedro.
Sono addolorato e stanco.
Ogni qualvolta io speri in un approccio soft, ma più riflessivo ed attento, Almodovar riesce sempre a ricacciarmi le lacrime fin dentro l'apparato. Film dopo film, anno dopo anno, non mi capacito come errori grossolani ed evidentissimi, complici di un atteggiamento infantile nei riguardi del cinema e dello spettatore, risultino capolavori della cinematografia mondiale.
Nonostante l'evidente ridondanza di drammaticità patologica e tipica dei film di Almodovar, "Volver" si dimostra comunque figlio di un maestro della tecnica e dell'intreccio, capace di grandi prodezze stilistiche, così come di pessimi PENSIERI, PAROLE E SOVRABBONDANZE.
In alternativa, si può semplicemente considerarlo un genio, maestro indiscusso della cinematografia europea e mondiale, primo tra i primi, patriarca di tutto il blablaba ed il resto, così, per sentito dire.
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luca scial�
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mercoledì 5 agosto 2015
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a volte ritornano
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Il film più riuscito di Pédro Almodovar, dato che per la prima volta riesce ad essere originale ma in modo credibile. Una sorta di evoluzione rispetto a Tutto su mia madre e ritorno alle origini rievocando tematiche viste in Che ho fatto io per meritare questo? Il film oscilla tra il dramma e il fantastico, ma in modo credibile e lineare. Senza forzature e ammiccamenti allo spettatore.
Ciò che non cambia è il fatto che protagoniste siano tutte donne, con i loro segreti, le loro affinità e i loro contrasti generazionali. Diversi colpi di scena messi insieme come un filo lega le perle. A volte ritornano, per mettere tutto in ordine.
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sasa83
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martedì 26 maggio 2015
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un film emozionante
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Bellissima opera di Almodovar che ci fa commuovere raccontandoci l'amore tra madre e figlia, un legame indissolubile che passa attraverso il sangue e l'omicidio di chi ferisce la parte più cara di te. Eccezionale
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goodfellas
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martedì 5 maggio 2015
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Opus numero 16 di Almodovar che inscena la storia di una riconciliazione tra madre e figlia. Un altro piccolo grande capolovaro del regista, che con toni ora beffardi, ora teneri, ora crudeli, ci narra la vicenda di Raimunda e della sua famiglia. E' una storia tutta " al femminile " dove vengono rappresentate tre generazioni di donne. Gli uomini, all' interno della storia, sono figure marginali e molto spesso violente e misere (come Paco e il padre di Raimunda). Più che la storia di per sè, contano molto le tematiche che le gravitano attorno e che il regista coordina e mischia con sapiente maestria. Superstizione, credenze popolari, morte, perdono, affetto, orgoglio.
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Opus numero 16 di Almodovar che inscena la storia di una riconciliazione tra madre e figlia. Un altro piccolo grande capolovaro del regista, che con toni ora beffardi, ora teneri, ora crudeli, ci narra la vicenda di Raimunda e della sua famiglia. E' una storia tutta " al femminile " dove vengono rappresentate tre generazioni di donne. Gli uomini, all' interno della storia, sono figure marginali e molto spesso violente e misere (come Paco e il padre di Raimunda). Più che la storia di per sè, contano molto le tematiche che le gravitano attorno e che il regista coordina e mischia con sapiente maestria. Superstizione, credenze popolari, morte, perdono, affetto, orgoglio. Si rappresenta una vittoria, la vittoria delle donne, ed un omaggio a queste ultime: generatrici di vita e consolatrici nel momento della morte. Interpretazione intensa e passionale della Cruz e dell' anziana Augustine. Momento di alto livello emotivo reso dalla canzone al ristorante, cantata dalla magnetica Penelope Cruz
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stefano bruzzone
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mercoledì 11 dicembre 2013
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cruz strepitosa
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non sono un amante di almodovar, ma questo film è un piccolo gioiello spagnolo con una penelope cruz strabordante di bellezza e bravura interpretativa. una vita complicata fatta di lavoro e solo lavoro con una figlia adolescente molestata dal compagno di lei disoccupato. la cruz troverà riparo nella sua passione, la cucina, gestendo quasi abusivamente il ristorante chiuso di un amico che le lasciò le chiavi nel caso qualcuno fosse interessato a rilevarlo. la situazione famigliare sarà tragica per una serie di eventi luttuosi inaspettati, ma lei è forte, fortissima e riuscirà a farla in barba a tutti, compresa sua mamma morta anni prima che torna dall'aldilà per "sistemare le cose".
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non sono un amante di almodovar, ma questo film è un piccolo gioiello spagnolo con una penelope cruz strabordante di bellezza e bravura interpretativa. una vita complicata fatta di lavoro e solo lavoro con una figlia adolescente molestata dal compagno di lei disoccupato. la cruz troverà riparo nella sua passione, la cucina, gestendo quasi abusivamente il ristorante chiuso di un amico che le lasciò le chiavi nel caso qualcuno fosse interessato a rilevarlo. la situazione famigliare sarà tragica per una serie di eventi luttuosi inaspettati, ma lei è forte, fortissima e riuscirà a farla in barba a tutti, compresa sua mamma morta anni prima che torna dall'aldilà per "sistemare le cose".
Voto: 8
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fede_
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domenica 16 giugno 2013
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follia gestita in maniera impeccabile
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I paradossi surreali che Almodóvar inserisce nei suoi film fanno sì che questi siano per niente banali, seppur facenti parte di una cornice di storie dallo sfondo semplice, quotidiano e veritiero.
"Volver", che tocca temi e problematiche ancora attuali e molto attinenti alla società odierna, fa quasi apparire come normali situazioni che nella realtà non lo sono per niente.
Le donne protagoniste si ritrovano ad affrontare situazioni inaspettate in maniera folle, follia probabilmente conseguente alla circostanze complesse in cui si ritrovano.
Si sfiora il confine dell' al di là, giusto in tempo per accorgersi che ciò che si pensava di sapere non rappresenta la realtà dei fatti.
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jacopo b98
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giovedì 2 maggio 2013
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almodovàr fa un grande film, dolcissimo e colorato
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Raimunda (Cruz) torna a casa e trova il marito morto in cucina, scopre che è stata la figlia (Cobo), per difendersi dal padre che la voleva violentare, ad ucciderlo. In una serie di tragicomiche avventure acquisirà un ristorante, dovrà disfarsi del cadavere del marito e soprattutto ritroverà la madre che credeva morta. Totalmente al femminile è un film drammatico mascherato abilmente da commedia: fa ridere, commuove e fa riflettere. Scritto e diretto da Almodòvar ha per protagoniste un eccellente cast di attrici (tutte premiate a Cannes), capitanate dalla Cruz, strepitosa. Sono donne, ma sono energiche, si aiutano e soprattutto non riescono ad avere un buon rapporto con gli uomini, come dice la madre (Maura): “Nessuna di noi è mai riuscita molto con gli uomini”.
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Raimunda (Cruz) torna a casa e trova il marito morto in cucina, scopre che è stata la figlia (Cobo), per difendersi dal padre che la voleva violentare, ad ucciderlo. In una serie di tragicomiche avventure acquisirà un ristorante, dovrà disfarsi del cadavere del marito e soprattutto ritroverà la madre che credeva morta. Totalmente al femminile è un film drammatico mascherato abilmente da commedia: fa ridere, commuove e fa riflettere. Scritto e diretto da Almodòvar ha per protagoniste un eccellente cast di attrici (tutte premiate a Cannes), capitanate dalla Cruz, strepitosa. Sono donne, ma sono energiche, si aiutano e soprattutto non riescono ad avere un buon rapporto con gli uomini, come dice la madre (Maura): “Nessuna di noi è mai riuscita molto con gli uomini”. Fantasioso, superstizioso immerge in una Spagna di provincia (grazie anche alle musiche di Alberto Iglesias) mai così coinvolgente e ben dipinta. La madre, come già in Tutto su mia madre, ha un ruolo centrale nella storia: “Mamma, non posso vivere senza di te” dice la Cruz nel finale. Mai volgare, diverte come pochi film e in certe scene alcune atmosfere piuttosto thriller rendono il film più avvincente di quanto già non sia. In certe parti ha un qualcosa persino del genere fantastico, vedi i fantasmi e gli spiriti che ritornano quando hanno qualcosa in sospeso da fare. Eccellente regia, colorata e pittoresca. In concorso a Cannes 2006. La Cruz è stata anche nominata all’Oscar.
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