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eli
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mercoledì 31 maggio 2006
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bellissime!
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"Bellissime", per dirla con Visconti al quale è reso un azzeccatissimo omaggio, le protagoniste di quest'ultimo lavoro di Almodovar. Fin dai titoli di testa ripresi in carrellata come fossero parte della scena si capisce che questo film è sapientemente costruito di tanti dettagli perfetti, incastrati al meglio. Ironia e surrealismo per esprimere passioni reali e Donne reali, anime e corpi di donne reali. Magnifica la Cruz, rende omaggio alla nostra Loren e all'intensità della grande Anna Magnani aggiungendo ovviamente la sua personalità e il suo vigore spagnolo, perfettamente "orchestrata" dal maestro insieme alle sue altrettanto brave ed espressive colleghe. Assolutamente meritati i premi di Cannes.
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"Bellissime", per dirla con Visconti al quale è reso un azzeccatissimo omaggio, le protagoniste di quest'ultimo lavoro di Almodovar. Fin dai titoli di testa ripresi in carrellata come fossero parte della scena si capisce che questo film è sapientemente costruito di tanti dettagli perfetti, incastrati al meglio. Ironia e surrealismo per esprimere passioni reali e Donne reali, anime e corpi di donne reali. Magnifica la Cruz, rende omaggio alla nostra Loren e all'intensità della grande Anna Magnani aggiungendo ovviamente la sua personalità e il suo vigore spagnolo, perfettamente "orchestrata" dal maestro insieme alle sue altrettanto brave ed espressive colleghe. Assolutamente meritati i premi di Cannes.
In superficie si sorride e in fondo si rimane commossi.
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susanna
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mercoledì 31 maggio 2006
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che delusione!
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Dove è finito Pedro?Quello che coniugava reale, surreale, follia, semplicità,emozioni contrastanti che provocavano riso e pianto nello stesso istante?Voi penserete...sono tutti ingredienti di questo film...e invece no!Sono severa con un genio come lui!Il film mi è sembrato banale, lento e a tratti un po' noioso.Una trama che rapportata alla sua precedente produzione cinematogafica risulta scontata, troppo semplicistica nella scelta degli episodi e nel modo di risolverli, priva del senso della sorpresa, dello stupore e dell'imprevedibilità del mondo almodòvariano Alla scena iniziale,in cui c'è questa splendida contrapposizione di immmagini tra un ammasso di tombe e donne supervitali segue la quotidianità di quattro donne (e attrici) straordinarie che si mettono a nudo e svelano sè stesse nella loro vincente semplicità.
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Dove è finito Pedro?Quello che coniugava reale, surreale, follia, semplicità,emozioni contrastanti che provocavano riso e pianto nello stesso istante?Voi penserete...sono tutti ingredienti di questo film...e invece no!Sono severa con un genio come lui!Il film mi è sembrato banale, lento e a tratti un po' noioso.Una trama che rapportata alla sua precedente produzione cinematogafica risulta scontata, troppo semplicistica nella scelta degli episodi e nel modo di risolverli, priva del senso della sorpresa, dello stupore e dell'imprevedibilità del mondo almodòvariano Alla scena iniziale,in cui c'è questa splendida contrapposizione di immmagini tra un ammasso di tombe e donne supervitali segue la quotidianità di quattro donne (e attrici) straordinarie che si mettono a nudo e svelano sè stesse nella loro vincente semplicità. E fin qui siamo alla fantastica e irresistibile ossessione del regista spagnolo per il sesso femminile, ma il problema mi è sembrato un altro:la storia viene dispiegata senza comunicare quella straordinaria intensità emotiva di cui A. è capace e senza l'ironia tragicomica che lo caratterizza,riscuotendo in me solo sorrisi accennati e...ahimè nessun dolore allo stomaco!
Forse sono troppo nostalgica di film come Tacchi a spillo, Carne tremula, Tutto su mia madre e Parla con lei?Perchè lo ammetto il Pedro dissacrante degli inizi mi diverte e mi entusiasma ma amo profondamente il Pedro più intenso ed emotivo.
P.S.Come invidio coloro a cui questo film ha comunicato tante emozioni. Mi sento un pesce fuor d'acqua leggendo il resto delle recensioni,ma il divario con gli altri suoi film è troppo netto per far finta di niente!
Ciao Pedro,alla prossima!!!
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chiara
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lunedì 29 maggio 2006
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almodovar ( tutto sulle mie donne)
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“Volver”, “Tornare”, motivo portante di un film che vede il cineasta ispanico ritornare (per l’appunto) alle origini, alla Mancha, alle sue donne ( una per tutte Carmen Maura). Ma Volver è anche il titolo di una canzone di Carlos Gardel e Alfredo Le Pera, qui interpretata con lacrime e viscere da una strepitosa Estrella Morente che si fa voce e canto per Penelope Cruz, mai così bella. Sembra che Almodovar soltanto abbia il privilegio di svelare la bellezza di questa attrice, di esternarne il talento, feroce, pieno e istintivo: una via di mezzo tra Anna Magnani (“Bellissima”) e Sofia Loren. E’ una storia di donne, sopravvissute al vento e al fuoco. Protagonista il passato, l’umana tragedia che si tramanda di generazione in generazione, celata dal sorriso, in una scollatura abbondante, nascosta tra i fornelli, tra sapori forti e speziati, nel sollievo di un abbraccio.
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“Volver”, “Tornare”, motivo portante di un film che vede il cineasta ispanico ritornare (per l’appunto) alle origini, alla Mancha, alle sue donne ( una per tutte Carmen Maura). Ma Volver è anche il titolo di una canzone di Carlos Gardel e Alfredo Le Pera, qui interpretata con lacrime e viscere da una strepitosa Estrella Morente che si fa voce e canto per Penelope Cruz, mai così bella. Sembra che Almodovar soltanto abbia il privilegio di svelare la bellezza di questa attrice, di esternarne il talento, feroce, pieno e istintivo: una via di mezzo tra Anna Magnani (“Bellissima”) e Sofia Loren. E’ una storia di donne, sopravvissute al vento e al fuoco. Protagonista il passato, l’umana tragedia che si tramanda di generazione in generazione, celata dal sorriso, in una scollatura abbondante, nascosta tra i fornelli, tra sapori forti e speziati, nel sollievo di un abbraccio. E’ un racconto costruito da grandi interpreti: litigano, piangono, si accapigliano, ma alla fine si ritrovano sempre, una accanto all’altra. Il ritorno di Irene, madre di Sole e Raimunda è un tornare per riconciliarsi, per chiedere perdono. E sembra di rispolverare Pirandello e le pagine de “Il fu mattia Pascal” nella storia di una donna che tutti credono morta, un fantasma, capace di ripresentarsi per aiutare, consolare, lenire la tragedia di un passato che incombe. Una fra tutte resta impressa l’immagine di Carmen Maura, rannicchiata nella macchina della figlia Sole: lacrime e singhiozzi ascoltando Raimunda cantare come ai tempi dell’infanzia, quando madre e figlia erano ancora unite e gli spettri, i demoni, quelli veri, incesto e omicidio, erano ancora una manifestazione inimmaginabile e remota. Almodovar ci guida per mano, fin dalle prime immagini. Il vento pazzo della Mancha che sragiona e spazza via ogni cosa rende quasi impossibile alle donne di paese la consueta visita alle tombe di famiglia. Il regista ha tempo per ritagliare un altro ritratto di donna: Augustina, amica di infanzia delle due sorelle. Presaga di una morte imminente ha già acquistato la propria tomba e ogni giorno si reca al camposanto per curarla, come fosse un giardino: lì trova serenità, lì riesce a non pensare. E per qualche istante cancella l’ossessione per una madre scomparsa improvvisamente, anni prima, il giorno stesso in cui i genitori di Raimunda e Sole morirono in un incendio. Le atmosfere di paese, la campagna e i mulini a vento riportano in vita i personaggi de “Il fiore del mio segreto”. Le vicine di casa, le donne che si ritrovano sulla soglia per cucire o recitare il rosario. “Questo film è un omaggio a mia madre” dice Almodovar. E’ un omaggio alle donne, del cui animo Almodovar si fa cantore, da sempre. «Le donne per me sono l'origine della vita e anche di tutta la fiction possibile, perchè ho vissuto la mia infanzia circondato da donne che raccontavano storie e cantavano e questo è l'universo che ho voluto omaggiare in Volver».
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a.l.
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lunedì 29 maggio 2006
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l'altrove non e' che un ritorno
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Nel sedicesimo film di Almodovar, “Volver”, l’assenza quasi totale di uomini è scelta felice e il femminismo c’entra sì e no: un autore così rispettoso delle differenze, è probabilmente consapevole che ciascun individuo soffre a modo suo e un sesso non ha il privilegio della sofferenza rispetto all’altro. Tuttavia la figura femminile, relegata fra le pareti domestiche, storicamente sottomessa all’autorità del padre e a un marito padrone, ha da sempre nutrito i suoi silenzi e la sua inattività obbligata con un’interiorità più complessa e con una sensibilità più acuta per gli aspetti della vita meno ovvii e visibili: madri sorelle e mogli nel corso dei secoli hanno acquisito una capacità innata di confortare e una saggezza pratica per sopravvivere ai mali del mondo.
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Nel sedicesimo film di Almodovar, “Volver”, l’assenza quasi totale di uomini è scelta felice e il femminismo c’entra sì e no: un autore così rispettoso delle differenze, è probabilmente consapevole che ciascun individuo soffre a modo suo e un sesso non ha il privilegio della sofferenza rispetto all’altro. Tuttavia la figura femminile, relegata fra le pareti domestiche, storicamente sottomessa all’autorità del padre e a un marito padrone, ha da sempre nutrito i suoi silenzi e la sua inattività obbligata con un’interiorità più complessa e con una sensibilità più acuta per gli aspetti della vita meno ovvii e visibili: madri sorelle e mogli nel corso dei secoli hanno acquisito una capacità innata di confortare e una saggezza pratica per sopravvivere ai mali del mondo. Il maschio spiazzato dall’idea della morte ne prende le distanze razionalizzando freddamente e teorizzando con linguaggio aulico su immortalità dell’anima e su materialismo oppure diventa crociato di una qualche religione per lasciare di sé impronta indelebile, la donna invece asciuga le lacrime e lucida le lapidi: il vento tutto spazza via, portando incendi e pazzia, fa girare le pale eoliche, mulini a vento per i don Chichiotte di ogni tempo, restano nella mente i volti e i gesti delle persone defunte e di loro bisogna continuare ad aver cura, come fossero ancora vivi e avessero bisogno di abiti puliti, di cibo caldo e di un po’ di compagnia nei giorni tristi. Ed è tale simbolo di pietas calda e forte che Almodovar, il più umanista del registi oggi in circolazione, recupera dai ricordi d’infanzia nel paese natio della Mancha, Calzada de la Calatrava, e da quelli di cinefilo, innamorato delle incarnazioni della magna mater mediterranea, rigogliosa datrice di vita, del cinema italiano, Sofia Loren, Claudia Cardinale ed Anna Magnani. Ma, per fare del suo dolore il dolore di tutti, egli lo priva di qualsiasi riferimento specifico e costruisce un complicato reticolo di sentimenti attorno a un intreccio volutamente pieno di luoghi comuni da fueilleton con la provvidenziale rimozione di personaggi negativi privi di spessore. In “Volver” la banalità della trama ha lo scopo di riportare alla salutare prosaicità del quotidiano dei quartieri popolari ciò che è oggetto di astratta indagine metafisica: vivi e morti si prendono per mano ed affrontano insieme il mistero insolubile dell’essere al mondo, nell’unico modo possibile a qualsiasi essere umano, perspicace o stupido, ovvero con la solidarietà e con l’intelligenza del cuore. Non è solo questo però: i fantasmi malvagi o buoni, per esercitare la loro funzione salvifica, necessitano dell’intimità familiare, di luoghi chiusi e appartati, e per colloquiare con noi devono restare invisibili agli altri. Il ritorno anacronistico all’universo arcaico della madre feconda e consolatrice e ai riti secolari di paese segna anche la volontà di rinnegare l’aridità di una società, dove il senso del pudore è sconosciuto: la televisione paga l’ ammalata di cancro, perché metta in piazza i suoi segreti, e la tragedia si trasforma in “spazzatura”, per entrare nel bidone ricettacolo dove si getta al macero ogni parte di se stessi. Pure l’illuminazione sta lì in un canto malinconico di una figlia abbandonata e nel pianto di una madre nascosta in ascolto, nella riconciliazione e nelle confidenze fatte, attraversando distanze siderali, solo ai propri cari, vivi o morti, lontani o vicini che siano: su questa terra l’altrove non è che un ritorno….
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hal70
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sabato 27 maggio 2006
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censura
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Accenni all' incesto, una canna, l' omicidio del patrigno e le sue molestie ( raccontate ) sulla ragazzina.
Questi, credo, i motivi addotti.
Ma è vomitevole che ancora si vieti, ed in ispecie film innocui come questo.
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mario conti
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sabato 27 maggio 2006
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mi butto su mia madre (o sul di lei fantasma)
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Questa volta Pedro (chiamiamolo cosi, rovesciando il suo vezzo di firmare le opere con il solo cognome) e le sue donne carburano con fatica. Il tema del passato e della solidarietà femminile, filo conduttore di ben altri capolavori, ha ceduto il passo a strane suggestioni iperrealistiche e ad agnizioni un po' semplicistiche. Intendamoci: una volta accettata l'idea del ritorno della madre (fantasma? mero ideale? effettiva presenza "in carne ed ossa" riemersa da un passato diverso da quello conosciuto?) la pellicola riprende quota e riparte la nota sarabonda di figure e figurine femminili che, nei consueti dialoghi frizzanti e surreali, si fanno interpreti della calda vitalità del regista e della sua filosofia, al contempo malinconica e scoppietante.
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Questa volta Pedro (chiamiamolo cosi, rovesciando il suo vezzo di firmare le opere con il solo cognome) e le sue donne carburano con fatica. Il tema del passato e della solidarietà femminile, filo conduttore di ben altri capolavori, ha ceduto il passo a strane suggestioni iperrealistiche e ad agnizioni un po' semplicistiche. Intendamoci: una volta accettata l'idea del ritorno della madre (fantasma? mero ideale? effettiva presenza "in carne ed ossa" riemersa da un passato diverso da quello conosciuto?) la pellicola riprende quota e riparte la nota sarabonda di figure e figurine femminili che, nei consueti dialoghi frizzanti e surreali, si fanno interpreti della calda vitalità del regista e della sua filosofia, al contempo malinconica e scoppietante.
E, tuttavia, la prima parte vive un po' troppo sulle spalle della fulgida Penelope Cruz, eroina proletaria che carica di inusuali tinte gialle l'eliminazione del marito (ancora una volta l'uomo,in Almodovar,- se si eccettua il capolavoro "Parla con lei" - è orpello inutile , adatto alla eliminazione, magari all'ibernazione...). Nè mancano personaggi di contorno assolutamente pleonastici, sintomo di inconsueti deficit di messa a fuoco: la compagnia di attori, il titolare del ristorante, l'acquirente facilmente trombato... Sicchè tutto inizia a ruotare su una assenza (e si sa quanto un'assenza possa fare enorme rumore nelle vite di quelli che la patiscono). E la madre (una straordinaria Carmen Maura, attrice-feticcio di Almodovar, splendidamente truccata ed invecchiata) ritorna: limitata sorpresa tra il pubblico, e qualche facile trucco di sceneggiatura (la paura del passato e, dunque, la scelta di non incontrare una delle figlie; la ricerca d una nuova identità; le lacrime quando il passato ritorna sotto le speglie di uno splendido tango di Jardel intonato dalla Cruz).
Dopo ciò, come detto, il film va: non perdetevi la comparsata in televisione di Agustina, scena in cui il regista ritrova i suoi migliori accenti salaci e la finale riconciliazone; riconciliazione che non è soltanto tra esseri umani ma anche tra uomini (meglio: donne) e la vita o la morte e tra queste e la voglia di continuare a guardare avanti, nonostante quel vento che spira impetuoso e trascina con sè il soffio delle anime e qualche senno.
"Volver" è un film sulla morte e su ciò che ne sta a monte e a valle: sulla vita, quindi, sul lutto e sulle difficoltà della sua elaborazione, sulla malattia, sull'amore che resta e non muore. Quell'amore che si trasferisce anche sulle lapidi, lucidate con passione dalle donne in nero. E' la scena iniziale del film, molto bella ma che non mantiene ogni sua promessa.
Sarà una nostra ossessione: ma, dopo "Parla con lei", Almodovar aveva ormai poco da dire (o da dire splendidamente) sulla vita e sulla morte.
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antonello villani
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venerdì 26 maggio 2006
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cruz, maura e portillo dirette da almodovar
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Dopo oratori, collegi e preti pedofili, Pedro Almodovar riprende il tema degli abusi sessuali parlando di incesti, assassini, e strane sparizioni. “Volver”, ovvero il ritorno del passato ed il ritorno di una madre creduta morta, è l’ultimo capolavoro presentato al 59esimo Festival di Cannes dal regista spagnolo. Almodovar esplora l’universo femminile lasciando sullo sfondo quello maschile fatto di violenza e tradimenti, rende omaggio alle donne con spirito femminista riunendo attorno a sé personaggi diversi grazie agli incastri della sceneggiatura; tanti fili da tenere legati eppure il film riesce a superare i limiti del dramma alternando umorismo e tragedia con grande disinvoltura. Scenografie kitsch e confessioni dell’ultima ora, “Volver” si conferma uno dei film più belli della stagione, un melodramma che strappa qualche sorriso anche quando a parlare ci sono bambine abusate dai genitori.
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Dopo oratori, collegi e preti pedofili, Pedro Almodovar riprende il tema degli abusi sessuali parlando di incesti, assassini, e strane sparizioni. “Volver”, ovvero il ritorno del passato ed il ritorno di una madre creduta morta, è l’ultimo capolavoro presentato al 59esimo Festival di Cannes dal regista spagnolo. Almodovar esplora l’universo femminile lasciando sullo sfondo quello maschile fatto di violenza e tradimenti, rende omaggio alle donne con spirito femminista riunendo attorno a sé personaggi diversi grazie agli incastri della sceneggiatura; tanti fili da tenere legati eppure il film riesce a superare i limiti del dramma alternando umorismo e tragedia con grande disinvoltura. Scenografie kitsch e confessioni dell’ultima ora, “Volver” si conferma uno dei film più belli della stagione, un melodramma che strappa qualche sorriso anche quando a parlare ci sono bambine abusate dai genitori. D’altra parte il regista madrileno preferisce la teatralità non politacally correct ai chiaroscuri dei perbenisti perchè in ogni sua storia la madre è sempre pronta ad accogliere i figli, il sesso forte si macchia di colpe inenarrabili e la Chiesa diventa complice se non addirittura responsabile di tali misfatti. In quest’ultimo film tre generazioni a confronto, un “fantasma” che aggiunge un pizzico di mistero, una provincia ridicolizzata con le signore riunite al capezzale per spogliare il defunto. Immagini oleografiche impreziosite da attrici formidabili –Penelope Cruz interpreta pure la canzone che dà il titolo al film; Carmen Maura torna dopo quasi vent’anni ad essere diretta dal regista spagnolo; Blanca Portillo e Lola Duenas si meritano un plauso speciale per la superba recitazione- e da un regista troppo impegnato a tenere in equilibrio diversi generi cinematografici. Le questioni irrisolte dei protagonisti hanno già convinto i giurati di Cannes: qualcuno si commuoverà, qualcun altro sorriderà. Bentornato, Pedro.
Antonello Villani
(Salerno)
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chiara
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venerdì 26 maggio 2006
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venere non è mai stata così bella e disordinata
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Ogni scena è un piccolo capolavoro. Fin dall'inizio, con l'immagine delle tombe e il contrasto tra l'immobilità sotterranea e il lavorio tutto femminile al di sopra. Queste donne non stanno mai ferme, sempre alle prese con questioni pratiche e questioni sentimentali che lasciano il segno. E i segni passano di generazione in generazione e il vento levantino che porta il germe della follia periodicamente ripassa a scuotere le menti e le gonne.
La realtà è surreale e il surreale non è mai stato così reale.
Il lessico,gli occhi, la gestualità, il corpo di Raimunda (il personaggio interpretato da Penelope Cruz)sono così vivi e vitali che incantano gli occhi dello spettatore che ipnotizzato la seguono muoversi sullo schermo.
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Ogni scena è un piccolo capolavoro. Fin dall'inizio, con l'immagine delle tombe e il contrasto tra l'immobilità sotterranea e il lavorio tutto femminile al di sopra. Queste donne non stanno mai ferme, sempre alle prese con questioni pratiche e questioni sentimentali che lasciano il segno. E i segni passano di generazione in generazione e il vento levantino che porta il germe della follia periodicamente ripassa a scuotere le menti e le gonne.
La realtà è surreale e il surreale non è mai stato così reale.
Il lessico,gli occhi, la gestualità, il corpo di Raimunda (il personaggio interpretato da Penelope Cruz)sono così vivi e vitali che incantano gli occhi dello spettatore che ipnotizzato la seguono muoversi sullo schermo. In questo mondo tutto femminile fatto di liti, risate, insulti,confidenze,pianti,omicidi,ricette,sangue,alcolici, ricordi,abusi e canzoni, lo spettatore vorrebbe esserci, potersi sedere su una poltrona accanto al letto dove chiaccherano madre, figlie e nipote e gustarne il sapore.
Forse per un attimo anche l'uomo più insulso può vedere quanto contine il cuore di una donna e quanto di tutto ciò gli sfugge ogni giorno.
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[+] brava!!
(di federica)
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[+] mai il surreale è stato così reale
(di cri)
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sofia
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giovedì 25 maggio 2006
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vietato ai minori?
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La mia non è una recensione, ma una domanda. Chi di voi riesce a spiegarsi come abbiano potuto vietare questo film ai minori di 14 anni? Cosa avete trovato di così scabroso, indecente o violento che un minore di 14 non veda o non abbia già visto in TV o altrove? Resto senza parole, convinta che non si sia voluto vietare tanto il film quanto Almodovar in quanto tale. Vieterebbero anche un suo eventuale cartone animato....
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enrico2006
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giovedì 25 maggio 2006
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molto intrigante
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La storia e' molto intrigante. Un film che fa riflettere e che ogni tanto fa fare anche delle risate. Molto brava la Cruz.
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