A History of Violence

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Un film di David Cronenberg. Con Viggo Mortensen, Maria Bello, Ed Harris, William Hurt, Heidi Hayes.
continua»
Drammatico, durata 96 min. - USA 2005. - 01 Distribution uscita venerdì 16 dicembre 2005. MYMONETRO A History of Violence * * * - - valutazione media: 3,35 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Liana Messina

D di Repubblica

Chi dice che David Cronenberg è cambiato, ha tradito se stesso? In apparenza ha spiazzato i fedelissimi, perché non è più il “Barone del Sangue”, ma certo continua a essere il Re delle Mutazioni. Solo che, invece delle possibili, infinite diversità fisiche, fatte di intrecci di cellule umane e animali, di carne e metallo, oggi si dedica a esplorare le più profonde trasformazioni della mente. Esattamente questo era Spider, sulla stessa linea è A History of Violence, ultimo film del regista canadese passato al Festival di Cannes 2006. Parte come un banale thriller, una gangster story contemporanea, e pian piano sposta il fuoco dentro l’anima dei protagonisti, pronto a scavare spietatamente, a documentare ogni impercettibile mutamento di personalità. In un attimo, la tranquilla vita di Tom Stall e famiglia diventa una discesa all’inferno: con, forse, un possibile ritorno. «È proprio l’iniziale semplicità della storia che mi ha attratto», racconta David con voce pacata, cortese. «Si parte da un intrigo classico, lineare, che si sviluppa poi pericolosamente, rivelandosi assai complesso, con agganci a molti temi diversi. Non mi piacciono le definizioni, ma ci trovo una suspense drammatica vicina allo spirito di Hitchcock, che era maestro nell’arte di rivelare gli elementi nascosti, le zone d’ombra dei personaggi». Ambientazione alla John Ford, in una tranquilla cittadina rurale dell’Indiana, dove il protagonista, Tom-Viggo Mortensen, conduce un’esistenza tranquilla, quasi noiosa: una moglie, due figli, la conduzione di una tavola calda. Tutto cambia quando una sera, nel locale, entrano due criminali: in un secondo lui tira fuori con destrezza da vendicatore solitario una pistola e spara ai due, diventando un eroe per i media e la comunità. Dovrà anche tornare a fare i conti con un altro sé, con una vita che pensava seppellita, lasciata alle spalle e invece riaffiora, invadendo subdolamente il suo universo. «Ho trovato interessante porre questa famiglia media in una situazione estrema, e mostrare come riusciva a uscirne. In generale è una riflessione sulla natura umana e la violenza, ma al tempo stesso una storia con elementi tipici della mitologia americana, come l’uomo solo che protegge la sua famiglia con un fucile in mano. C’è un detto nell’arte: per essere universale, devi essere specifico. E anche se il film non è apertamente politico, si pone domande di carattere esistenziale: è inevitabile vivere in questo modo? Non c’è via d’uscita da un circolo di violenza? C’è anche, sottintesa, una possibile lettura più attuale, e riguarda una nazione che ha una storia di violenza, oggi rinverdita dall’amministrazione Bush. Quanta violenza? Quanto potere militare è richiesto per difendere quella piccola città, i suoi graziosi steccati?». Quello di Cronenberg continua a essere uno sguardo critico esterno, il che rende tutto più lucido, inquietante: «I miei film sono psichicamente, fisicamente canadesi », dice con orgoglio. Può sembrare stra-no ma non ha mai girato una scena sul suolo americano, né in passato nè oggi, l’Indiana o Philadelphia sono stati ricreati nell’Ontario. Eppure questo progetto non nasce da un’idea originale sua, è un lavoro su commissione della New Line. «Spider era stato molto difficile da finanziare, per finirlo rinunciai al mio cachet. Non potevo continuare in quel modo. Ero alla ricerca di un progetto che avesse un budget confortevole e un buon distributore, che mi lasciasse però libertà d’azione. Ho letto molti soggetti ma pochi hanno attirato la mia attenzione. Anzi nessuno fuori di questo. Ho chiesto allo sceneggiatore Josh Olson di sviluppare alcuni punti, riscriverli insieme: ci siamo subito intesi. Non mi dispiace lavorare con altri, anzi mi eccita. Posso annoiarmi molto in fretta di me stesso, invece trovo interessante fondere la mia sensibilità con quella di altri. Possiamo formare una terza entità che non esisteva prima, creare esperimenti ibridi». Il regista ha voluto aggiungere due scene di sesso tra Tom e la moglie, interpretata da Maria Bello: «Non c’erano nel romanzo, e neppure nella prima stesura del film, ma per me sono importantissime, riflettono la loro trasformazione. La prima, più dolce e romantica, ha a che fare con la tipizzazione, ciò che le persone sognano di essere: la coppia si cala in personaggi codificati, la cheerleader, il giocatore di football. L’America in fondo è adolescente perpetuo. La seconda è più cruda, più vicina alla realtà: Edie vede qualcosa di spaventoso e insieme attraente in Tom, e allo stesso tempo le repelle questa sua reazione. Tutto ruota intorno al fatto che la famiglia diventa reale solo quando la violenza entra nelle loro vite. Prima erano imprigionati in una sorta di Disneyworld, una fantasia così perfetta da essere sinistra».
Il film pone molte domande, lasciando le risposte in sospeso, aperte alle interpretazioni dello spettatore. Ma Cronenberg non esita a dichiarare il proprio punto di vista: «Penso che tutti, o quasi, possiamo diventare violenti, se obbligati da certe condizioni. Ma accetto anche l’idea che la nostra identità non ci venga data geneticamente, come il colore degli occhi. È qualcosa di creato, in cui è coinvolta anche la volontà. Quindi c’è sempre la possibilità di cambiarla, una specie di rinascita. Penso che ogni mattina ti svegli e devi reinventare te stesso, ricordarti chi sei, riassemblare quella persona o diventare qualcun altro».
Il suo prossimo impegno avrà di nuovo i colori del giallo, almeno in superficie. l’adattamento del romanzo London Fields di Martin Amis. Il regista ci sta già lavorando, in coppia con lo stesso autore. La storia, scurissima, pare perfetta per lui, ma lo allontanerà per l’ennesima volta dal progetto tante volte annunciato, Painkillers, su un body-artist che si esprime attraverso tagli, operazioni sul proprio corpo. «Non mi sento pronto, non sono soddisfatto dello script: c’è ancora molto lavoro da fare. Inconsciamente, come ogni scrittore cerco ogni scusa per evitarlo. È un soggetto che mi affascina, ma è molto difficile. E a volte mi sembra che si rivolti contro di me».
Da D di Repubblica, 17 dicembre 2005


di Liana Messina, 17 dicembre 2005

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