A History of Violence |
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Un film di David Cronenberg.
Con Viggo Mortensen, Maria Bello, Ed Harris, William Hurt, Heidi Hayes.
continua»
Drammatico,
durata 96 min.
- USA 2005.
- 01 Distribution
uscita venerdì 16 dicembre 2005.
MYMONETRO
A History of Violence
valutazione media:
3,35
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La doppia identità di un uomo dall'oscuro passato.di Great StevenFeedback: 70013 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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domenica 5 luglio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
A HISTORY OF VIOLENCE (USA, 2005) diretto da DAVID CRONENBERG. Interpretato da VIGGO MORTENSEN, MARIA BELLO, ED HARRIS, WILLIAM HURT, HEIDI HAYES, ASHTON HOLMES, PETER MACNEILL, STEPHEN MCHATTIE, GREG BYRK, KYLE SCHMID
Tom Stall è un tranquillo e pacifico ristoratore del Midwest che gestisce una tavola calda insieme alla moglie, che gli ha dato due figli. La vita matrimoniale procede serena e l’affetto di tutti i suoi famigliari lo rende un uomo felice. Una notte due criminali tentano di rapinare il suo ristorante, ma Tom risolve la situazione uccidendoli per legittima difesa quando alzano le mani. Nella sua vita entrano i mass media, che lo dipingono all’unanimità come un eroe per la gloriosa azione di salvataggio compiuta. Gli echi del suo duplice omicidio arrivano però anche alle orecchie di due malavitosi: Carl Fogarty, vegliardo con un occhio di vetro, e Richie Cusack, gangster arricchito che lo ritiene suo fratello minore. Entrambi ritengono che Tom in realtà sia Joey Cusack, un assassino appositamente addestrato a sostenere combattimenti al limite delle possibilità umane col quale hanno un passato in comune. Tom fa di tutto per tenere lontano Fogarty dalla sua famiglia, in particolar modo da quando questi comincia ad insidiare sua moglie, ma la verità emerge a galla piuttosto velocemente: negli anni trascorsi, Tom ha effettivamente passato un periodo nel deserto prima del quale ha commesso una serie di uccisioni, e durante l’esilio forzato ha cercato disperatamente di cancellare il suo sanguinoso passato. Una volta tolto di mezzo Fogarty, a Tom/Joey non resta che affrontare il fratello maggiore, che ora vive a Philadelphia in una sfarzosa villa: anche ad egli l’insospettabile combattente/omicida riserverà un trattamento tutt’altro che tenero. È un esempio (meno classico di quanto potrebbe apparire) di film che comincia con una situazione idilliaca, con un’abbondanza di pace, linearità e semplicità, poi un evento inaspettato scombussola l’equilibrio e fa entrare in scena il fattore indispensabile della violenza, per poi precipitare l’intera vicenda in una spirale di terrore e inquietudine che genera morti necessarie (non ce n’è effettivamente una di troppo) e infine si conclude con la vittoria del protagonista che però non è certo se definirsi eroe o antieroe. Stilisticamente e narrativamente parlando, la storia è costruita alla perfezione: un’architettura di suspense e tensione drammatica che si concentra negli attimi di calma per poi esplodere a ripetizione in tre sequenze fondamentali (l’assalto nel ristorante, l’arrivo dei criminali alla fattoria degli Stall, la carneficina conclusiva nella villa di Richie), nessuna delle quali si compiace di esporre comportamenti irrispettosamente violenti per non perdere di vista l’obiettivo principale. Il quale consiste poi nella valutazione lucida e critica di un mondo che non può fare a meno del crimine perché esso è radicato nella natura umana e già di per sé è consapevole che verrà combattuto da varie forze, le quali non sempre si affiancheranno completamente o incondizionatamente dalla parte del Bene. Non si tratta di distinguere fra giusto o sbagliato. La questione verte intorno alla capacità di crearsi una duplice identità per poi verificare se si è verosimilmente in grado di distruggere tutta una vita allo scopo di abbracciare valori autentici e confidare nella sincerità di emozioni che scaturiscono dall’amore e da altri sentimenti positivi. Nel tracciare questo complesso quadro che da paradisiaco si trasforma inesorabilmente in infernale, Cronenberg è magistrale nel dirigere uno strepitoso apologo che non si contraddice mai e avvalora fra i suoi pregi una straordinaria schiettezza espressiva ed espositiva che va a braccetto con uno sguardo disincantato e trasversale che analizza i meccanismi della mente umana e dei rapporti sociali ponendo, non come giustificazione ma bensì come strumento assolutamente attivo, il bisogno di danneggiare il prossimo per assicurarsi una sopravvivenza più lunga possibile. Attori da applauso (fra i quali spicca un V. Mortensen che interpreta uno dei personaggi più mutevoli e amorali della sua carriera), laconica e sentenziosa sceneggiatura che non perde un colpo e stupendi contributi tecnici che arricchiscono di una perla preziosa questo capolavoro di insostituibile ambiguità, interrogativi categorici, mali occorrenti e affannose rincorse per inseguire un disperato ideale di limpidezza e trasparenza.
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