Lost in Translation - L'amore tradotto

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Un film di Sofia Coppola. Con Bill Murray, Scarlett Johansson, Giovanni Ribisi, Anna Faris, Fumohiro Hayashi Titolo originale Lost in Translation. Sentimentale, durata 105 min. - USA 2003. MYMONETRO Lost in Translation - L'amore tradotto * * 1/2 - - valutazione media: 2,92 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

L'arte del silenzio Valutazione 4 stelle su cinque

di Giovanni (Gvnn)


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martedì 9 settembre 2008

Un uomo e una donna americani si incontrano in Giappone mentre stanno attraversando un periodo molto confuso della loro vita. Lui è un maturo attore nella fase calante della carriera arrivato in Giappone per girare alcuni spot pubblicitari; lei una neo-sposina che si sta chiedendo se ha fatto davvero la scelta giusta. Nella vita di una persona a volte capita di entrare in crisi, di non riconoscersi in quello che si è diventati e nel trovarsi immersi in una grande solitudine. Nel film di Sofia Coppola ciò è rappresentato con estrema cura e precisione, soprattutto grazie ad una straordinaria interpretazione dei due attori protagonisti Bill Murray (nomination all’Oscar) e Scarlett Johannson (ricordate la tenera bambina di “L’uomo che sussurrava ai cavalli?”). Il disagio dei due lo si percepisce costantemente nel film come sensazione di fondo ed è proprio tale disagio che muove tutta la pellicola. I dialoghi spesso sono del tutto assenti o comunque ridotti all’essenziale, ma il film non risulta mai noioso, tutt’altro. I lunghi silenzi dei protagonisti sono paradossalmente molto espressivi e in quei silenzi prende rilievo un solo gesto, un’espressione, un’atmosfera particolare. Ogni pensiero dei protagonisti si riesce ad afferrare senza che essi parlino, ma semplicemente osservando le loro azioni o i loro sguardi. La confusione mentale viene amplificata e resa ancora più evidente dal paesaggio circostante: sullo sfondo troviamo infatti una Tokyo modernissima in cui tutto va ad una velocità supersonica, in cui i palazzi scorrono veloci attraverso il finestrino di una macchina e in cui la lingua incomprensibile ti fa sentire sempre più solo, una città insomma in cui è facile perdersi. I due protagonisti, pur così lontani nell’età, si ritrovano estremamente vicini e simili nella crisi che stanno vivendo. Nasce così una intima complicità, fatta di momenti eccezionalmente dolci (si pensi alla tenerezza con cui il grande Bill Murray intona alla ragazza le note di “More than this”), ma che tuttavia non sfocia mai nella sfera sessuale, cosa che a mio giudizio aumenta notevolmente il gradimento di questo film. Non serve una scena di sesso per descrivere un vero sentimento tra due persone. Basti pensare che nella pur grande intimità che si viene a creare tra i due, la cosa più vicina al sesso sono due piedi che si sfiorano appena tra le lunghe gambe di Bill e quelle raggomitolate di Scarlett. Sono incontri casuali che segnano la vita di una persona: a volte si può vivere più intensamente qualche giorno con una persona appena conosciuta e grazie ad essa ritrovare ciò che si era perso da tempo. Ciò è limpidamente raffigurato nell’addio finale tra i due, accompagnato dalla deliziosa colonna sonora di “The Jesus and Mary Chain” “Just like honey”, dolce come il miele, dolce come il sapore che lascia questo film. L’addio è tutt’altro che triste e melanconico, ma resta in ognuno di noi la serenità di chi è di nuovo felice con se stesso, la serenità dello sguardo di Bill, che come all’inizio del film, si scorge nel riflesso dei finestrini dell’auto, mentre dietro scorre la città che ora non fa più paura.

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roberto domenica 28 dicembre 2008
ehhh
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Per favore... ma hai mai seguito il cinema orientale ? Quella è l'arte del silenzio... Con questo non voglio dire che il film sia malvagio, però, per chi segue (ad esempio) Kim ki-duk, questo film è veramente poca cosa... Inizio sinceramente a credere che in America non abbiano più niente da dire.

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